Un blog di critica artistica: “ri-Contemporaneo”

Giuseppe Guerreschi. Figura (Joan Baez) olio su tela

di Luca Chiarei

Uno dei riti della modernità, alla quale difficilmente ci sottraiamo, è quello della partecipazione alle mostre d’arte che il sistema della comunicazione, nel suo senso più ampio, ci propone. Ovviamente in questa pratica non c’è niente di male; l’osservazione è che sarebbe preferibile praticarla con consapevolezza e spirito critico piuttosto che senza. A giudicare dalle file che si creano all’ingresso di alcune mostre o eventi culturali e non per altri appare evidente che quello che orienta l’interesse della maggior parte del “pubblico” probabilmente è più legato al marketing culturale, come succede per tutti gli altri prodotti industriali che ci circondano, che da una capacità di selezione critica dell’offerta.

Non sottraendomi a questo rito ho sperimentato negli anni la mia impreparazione e incapacità ad orientarmi di fronte all’offerta di arte, insieme alla constatazione di come alcuni artisti siano costantemente sotto la luce dei riflettori e vengono continuamente riproposti. Non parliamo poi dell’arte contemporanea rispetto alla quale lo spiazzamento è ancora più forte come l’inadeguatezza a giudicarne il valore davanti a certe opere/installazioni.

Casualmente sono entrato in contatto con  Mario Borgese, un collaboratore del blog ricontemporaneo.org che segnalo all’attenzione di quanti, come me, interessati all’arte in generale e a quella contemporanea in particolare, sono privi di strumenti critici adeguati per orientarsi. Il blog, come scritto nella home, “pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso“, storico critico d’arte de L’Unità dal 1969 per oltre 20 anni, si caratterizza per due elementi importanti: da una parte la volontà di operare “una critica al concetto attuale di arte contemporanea, perché, nella nostra cultura, il senso comune ormai prevalente non considera arte contemporanea tutto ciò che viene realizzato oggi, bensì solo un particolare gruppo di linguaggi, di modalità e di tendenze, quelle, e non altre”, in uno sforzo di superamento delle mode culturali prevalenti; dall’altra esiste la coscienza di “una discontinuità nella memoria culturale” per la quale “…il “gruppo” rappresentato dal mondo dell’arte è oggi traversato qui da noi da una inaudita frattura storica. Vale a dire che il testimone, cioè il passaggio di esperienze e risultati tra una generazione e quella successiva, si perde per strada! Non riesce cioè a passare da una mano all’altra tra le diverse generazioni. In altre parole, non c’è più vera continuità di sostanze e di memorie tra ieri e oggi”. L’accento in particolare viene così messo sull’arte del secondo dopoguerra (quando si ebbe il cosiddetto “realismo esistenziale”) e sulla attuale diffusione delle performances e delle installazioni: tra questi due momenti si cerca di stabilire un legame, un processo evolutivo e non un salto nel vuoto dell’improvvisazione.
Il blog , operativo dal 2012 ed arrivato quest’anno al 10° numero, dedicato in particolare al realismo esistenziale, è di fatto una rivista on-line. Non mancano recensioni a mostre in corso, monografie su artisti e riflessioni filosofiche collegate all’ambito di ricerca di ri-contemporaneo. Leggendo i vari articoli del blog, legati quasi tutti al tema di fondo della denuncia della frattura creatasi tra l’arte del secondo dopoguerra e la contemporaneità, ho colto una analogia con le vecchie riflessioni sulla “poesia esodante” proposta da Ennio Abate; in particolare quando diceva che gli autori/scrittori  d’oggi dovrebbero “essere, in altri termini, poeti-critici, evitando la dissociazione impostasi – direi dopo gli anni Settanta del Novecento – tra poesia e critica”. La narrazione complessiva che emerge dai vari interventi su “Ri-contemporaneo” mi pare applichi al campo delle arti figurative  un approccio simile. L’arte è manifestazione di consapevolezza storica, come ben espresso da Luigi Timoncini nel suo intervento sull’arte a Milano nei decenni ’50 e ’60 del Novecento: “…L’assoluta necessità di capire l’uomo porta infatti, in quegli anni, un gruppo di giovani usciti dall’accademia di Brera a riprendere una pittura che non rifiutava la realtà e cercava in essa le motivazioni esistenziali che la condizionavano. Era una pittura che si esprimeva molto spesso in termini drammatici, sempre dovuti alla fatica del vivere e alle povere cose avanzate dalla guerra.”

3 pensieri su “Un blog di critica artistica: “ri-Contemporaneo”

  1. …interessante l’analogia che Luca Chiarei ha evidenziato tra il percorso delle arti figurative dal dopoguerra ad oggi in una contemporaneità che segna un frattura, una discontinuità con il passato e con il reale da ricomporre, e il percorso della poesia…
    Ri-Contemporaneo sembra una contraddizione stimolante

  2. Usando il topos del “Manoscritto ritrovato”, Chiarei richiama l’importanza della poesia critica, consapevole di politica e di storia, la poesia esodante di Ennio.
    Nell’articolo, riferendosi agli artisti del passato prossimo fino agli anni 70, Giorgio Seveso è categorico: i “livelli di profondità, di vera critica delle cose, di complessità umana, di torsione metaforica, di capacità lirica, di suggestione umana sono incommensurabili. Tanto sono state intense e pertinenti le realizzazioni, le invenzioni, le rivoluzioni di quell’altro ieri e tanto sono amorfe, superficiali, ripetitive e ripetute, opportunistiche e inconsistenti le trovate e trovatine di oggi”. Chi fa la critica della poesia? E che tipo di critica fa?

  3. Caro Luca,

    voglio dirti (scherzando): finalmente! Si conferma che Luca scrive alla velocità di una lumaca. Non lo dico pensando alle tue poesie, che a mio modesto avviso hanno un tempo interiore inarrivabile a chiunque (è un complimento), ma perché mi piacerebbe leggerti più spesso su queste pagine.
    Non ho una grande opinione dell’arte pittorica italiana del dopoguerra. A parte alcuni maestri conosciuti di indiscutibile valore, la gran parte degli altri pare a me che soffrirono di provincialismo. Questa è l’idea che mi accompagna ogni qualvolta mi trovo a visitare una mostra del novecento. Se ci pensi, dei pittori astrattisti non a caso solo Lucio Fontana trionfa stabilmente nei musei di tutto il mondo. Una ragione ci sarà.
    Non conosco la vicenda dei pittori del Realismo esistenziale, ma potrebbe darsi che siano stati interpretati all’estero come degli emuli di Francis Bacon e Jean Fautrier. D’altra parte la furbata dell’esistenziale parla da sé. Però erano bravi, quel Giuseppe Guerreschi che avete messo in copertina è davvero bello. In effetti non c’entra nulla con Bacon. Interessante.
    Ti ringrazio per la segnalazione del sito Ricontemporaneo, che non conoscevo. Mi sono iscritto.
    Da quel che dici mi sembra di capire che ci sia dietro un’impostazione critica ben precisa, di ampie vedute storiche, sulla quale si potrebbe discutere a lungo. Ad esempio, un po’ mi sorprende che non si prenda atto che tutto il Novecento è stato distruttivo, lo dico non solo per il nazismo e le guerre ma perché è stato un secolo cannibalismo. Di gente impazzita nel cercare qualcosa, senza sapere nemmeno cosa.
    Ma qui cadiamo nel tranello dell’arte: in realtà, nella storia non sono mai esistiti l’informale, il realismo o l’astratto, perché si tratta solo di arte. Tutt’al più di marketing, compravendita – epperò musei, luoghi di cultura… –. Ma delle cosiddette correnti d’arte pochissime asciarono un segno nella popolazione. L’unica spiegazione che mi do al voler discutere di “contemporaneo” è che il secolo appena scorso non è stato ancora capito (quindi incasellato). Chi vorrà ricordarlo si meraviglierà del fatto che non ci siano tutti suicidati. Tutto perché nei cambi di generazione non siamo riusciti a passarci il testimone? Può essere, ma è andata così. Questo è stato il Novecento. Punto. L’accelerazione degli eventi innaturali fa sì che tutto nasca e muoia in fretta. Il comportamento isterico del capitalismo ci ha resi altrettanto isterici. Io non rifarei quel genere di Contemporaneo, piuttosto mi impegnerei a vivere il presente, vale a dire il contemporaneo che ci tocca di affrontare. Le esperienze artistiche del passato, così come ci sono arrivate, sono inservibili.

    Ti mando qui una poesia che ho scritto da poco, perché credo sia pertinente con la definizione di Realismo esistenziale. Però scritta in modo nuovo.

    S’intitola
    POLSINI

    Annullato.
    La scarpa bianca della sposa tra le mani di un pistolero messicano, nel film che chiameremo Le vie del vento. In commedia con John Wayne.

    Chiusa l’immagine e messo il lucchetto, i rovi del film – quasi gli stessi che abbiamo qui, nella pianura Padana – un bel mattino si spostano nell’aula di Montecitorio.

    Mettiamoci anche qualche topo vivo. Sicché i parlamentari sarebbero seduti a terra – dove è vietato fumare – . Discuterebbero della legge elettorale?

    Il verso annullato sta piangendo da qualche parte. John Wayne scende da cavallo. Mentre la notte corre, appare una finestra. Siamo nella casa del bambino che viveva nascosto dentro lo scarico del gabinetto.

    Sono sicuro che qualche parlamentare si sbottonerebbe subito i polsini della camicia, per dare una mano. In culo l’economia.

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