Per «POLISCRITTURE 2». Prima parte.

Questo documento, che pubblichiamo in tre puntate, è stato elaborato tra luglio e ottobre 2017 dalla nuova redazione di «Poliscritture», composta ora da Ennio Abate, Luca Chiarei, Luca Ferrieri, Cristiana Fischer, Marco Gaetani, Annamaria Locatelli, Donato Salzarulo e Giulio Toffoli. Vi trovate un bilancio dei problemi affrontati nel nostro ultradecennale lavoro e il progetto per una nuova fase della rivista che prevede una proposta ai nostri collaboratori di impegnarsi con noi in vari *cantieri di ricerca* su alcuni temi che riteniamo rilevanti e attuali. A tutti chiediamo una lettura attenta e, se possibile, l’invio di osservazioni (anche critiche, anche in breve) all’indirizzo: poliscritture@gmail.com

La nuova redazione di Poliscritture

Sommario.
Un bilancio di dodici anni di «Poliscritture». Un «laboratorio di ricerca e cultura critica» e la «critica dialogante». Le ipotesi politiche che si sono confrontate in «Poliscritture» in questi anni. Apertura al confronto e rifiuto critico del neutralismo, dell’indifferenza e dell’antipolitica. Un atteggiamento militante-pedagogico.

1. Dodici anni dopo l’editoriale del numero zero: un bilancio e un nuovo inizio

Nel precedente progetto 2005 (editoriale n. zero di Poliscritture) scrivemmo: «Vogliamo verificare con rigore se e dove le scritture plurali diventino costruttive; e se e dove il riformismo, la rifondazione e gli esodi – per ora figure pallide, equivoche e troppo simboliche della politica postmoderna – mordano la realtà e si fanno più concrete e corporee».
A 12 anni di distanza riconosciamo che la nostra redazione e i suoi collaboratori non hanno fatto propria l’esigenza di condividere (non come obbligo, ma come proposta con cui misurarsi) alcune idee portanti e non negoziabili o ne hanno tenuto conto in misura ridotta, esprimendo per lo più singoli punti di vista che, malgrado i tentativi di «critica dialogante», non hanno contribuito a definire un “noi di Poliscritture” capace di attrarre l’attenzione di un’ampia fascia di lettori e orientarne con coerenza le opinioni. E questo non è accaduto soltanto per problemi “organizzativi” o “procedurali” o insufficienti motivazioni intellettuali e politiche.
C’è da notare infatti – e l’osservazione non suoni soltanto come giustificazione – che la situazione oggettiva non ci è stata favorevole. Stiamo vivendo, infatti, un passaggio epocale, una crisi organica che produce disorientamenti, dislocazioni di ceti e classi, mutamenti accelerati, derive culturali. La crisi della democrazia rappresentativa, ad esempio, è palpabile quotidianamente. E, insieme ad essa, assistiamo alla crisi dei partiti, delle organizzazioni sociali intermedie, delle istituzioni-cerniera fra masse, classi, gruppi sociali e ceti, più o meno, dirigenti.
La nostra rivista, sorta proprio per intervenire su questi problemi, si è trovata perciò in grandi difficoltà. Il lavoro fatto finora (12 numeri del cartaceo e una presenza on line quotidiana dal 2005) non ci pare, però, di poco conto; e sentiamo l’esigenza di ridefinirlo e rilanciarlo, perimetrando meglio il discorso fin qui svolto e vigilando di più sulle ragioni delle scritture che ospitiamo.

2. «Rifondazione della sinistra e/o esodo» e forma aperta/chiusa della rivista

«Poliscritture 1» (designiamo così la fase che diamo per conclusa) si è caratterizzata come “gruppo aperto” (Fachinelli) e con una discussione imperniata sulla «critica dialogante». Nella redazione si sono confrontate e in parte mescolate storie individuali per lo più di sinistra (influenzate ora dalla sua tradizionale “corrente calda” e “spontaneista” e ora da quella “fredda” e “razionale”), ma anche di altra provenienza, tanto che non è mancata l’attenzione al diversificato mondo dei cosiddetti “nuovi populismi”. E perciò, nella selezione dei temi o dei contributi da pubblicare e nelle discussioni tra redattori e commentatori (specie sul sito e in «Poliscritture FB»), il nostro discorso politico-culturale ha oscillato tra spinte al realismo e spinte in direzione utopica (o dell’ *esodo*, che di per sé, però, non è necessariamente utopico e men che meno utopistico), tra et et e aut aut, puntando ora al confronto tra “affini” (di sinistra) e ora con quanti denunciano la sinistra attuale in modi anche duri.
In «Poliscritture 2» (designiamo così la fase che vorremmo inaugurare) vogliamo confermare il nostro atteggiamento di apertura, indispensabile per un «laboratorio di ricerca e cultura critica». E tenere ancora più presente il fatto che, al momento e chissà per quanto tempo ancora, non s’intravvede la possibilità di superare la contraddizione che approssimativamente abbiamo riassunto nella formula di «rifondazione (della sinistra) e/o esodo». Anzi, in campo politico e culturale, dobbiamo prendere atto che sia i tentativi di rifondazione che di esodo, anche quando progettati da chi ha maggiori risorse e competenze delle nostre, non hanno prodotto risultati concreti e convincenti.
La durezza, l’indecifrabilità e certi sviluppi improvvisi e sconcertanti della crisi, specialmente a livello mondiale, ci inducono persino a chiederci se forse non stiamo sbagliando ad attardarci in ipotesi troppo astratte, rischiando di restare sempre più isolati; e, in conclusione, senza possibilità di procedere ad alcuna rifondazione e ad alcun esodo.
È meglio allora che, attraverso momenti seminariali, nuovi scambi e collaborazioni sia con riviste che svolgono un lavoro analogo al nostro sia con singoli interessati, «Poliscritture 2» s’impegni ad attuare quei suoi «cantieri», ventilati finora sulla carta, intensificando in tal modo un dibattito più approfondito e costante su alcuni temi urgenti e importanti.
È, infatti, nel fare pratico di tutti i suoi redattori e dei collaboratori – ad esempio, con la produzione di semplici schede di lettura, lo studio ben programmato e assegnato a singoli coordinatori su pochi ma precisi temi, l’ampliamento delle collaborazioni mirate – che potremo arrivare a far convivere le varie “anime” e a chiarire la validità o meno delle ipotesi presenti tra noi: ricostruzione di una nuova sinistra più decisamente anticapitalistica; spingersi verso una prospettiva esodante, che superi la stessa opposizione tra sinistra e destra; assunzione della crisi ecologica, non come tema n+1 tra altri, ma come uno dei paradigmi fondativi della riflessione e dell’azione politica; femminismo come confliggente sin dai suoi inizi con il patriarcato plurimillenario, e oggi con il capitalismo.
Su quanto «Poliscritture 2» dovrà continuare ad essere aperta e su come rendere fertile e non paralizzante tale sua apertura, ci sembra giusto confermare, contro le tentazioni all’intolleranza e all’esclusione o al diplomatismo e al “quieto vivere”, che si discuterà con tutti, ma rifiutando il neutralismo, l’indifferenza e l’antipolitica, pur comprendendone le motivazioni (tra le quali la disillusione, la delusione, l’esasperazione per lo stato di cose presente), e pure quella sorta di equivalenza o di equidistanza tra i campi politici che tuttora si richiamano alle tradizioni (entrambe in crisi) della sinistra e della destra.
Nei confronti delle posizioni che si deciderà di contrastare «Poliscritture 2» dovrà avere un atteggiamento attivamente esplorativo e critico. Non vogliamo correre il rischio di farci portavoce involontari al nostro interno e fra i lettori che ci seguono di un pensiero teso a smantellare qualsiasi progetto di cambiamento. E tale atteggiamento deve valere, in particolare, nei confronti del mondo culturale italiano odierno (in senso molto lato e con particolare attenzione all’universo della informazione-spettacolo: giornali-radio-tv-web). Esso richiede effettivamente una critica molto più serrata e acuminata di quella che «Poliscritture 1» ha prodotto. Nella crisi di civiltà in cui siamo pienamente implicati, sarebbe poi bene tener conto che parti di noi sono già “colonizzate” da stili di vita, immaginari e concetti “nemici”; e, quindi, va recuperata quella che una volta si definiva “autocritica”, perché è sempre bene gettare uno sguardo il più possibile spassionato e non autoconsolatorio su che cosa ci ha fatti diventare chi può largamente disporre delle nostre esistenze e coscienze.
La pratica della «critica dialogante», dove fondamentale resta la forza degli argomenti, in questi anni ci ha permesso di garantire lo spazio per il dissenso e la democrazia interna ed è diventata uno stile di lavoro consolidato. Essa in «Poliscritture 2» va dunque rafforzata e meglio strutturata. Questo per garantire il riconoscimento della qualità (anche formale: espositiva e argomentativa) dei contributi da pubblicare.
Si potrà pensare, ad esempio, di attribuire un punteggio, per cui ogni redattore, o ogni membro di un allargato comitato di lettura, dispone di un voto – e insieme occorrerà però garantire la cittadinanza ai contributi controcorrente, sempre all’interno dell’ispirazione del documento progettuale, magari con la fissazione di una maggioranza qualificata per le decisioni di escludere dalla pubblicazione; ma sempre ricordando che anche tali forme di “democrazia diretta” consistenti nel votare e nel contarsi non sono risolutive e devono essere adottate in modi problematici e non rigidi, perché potrebbero a volte indurre a decisioni affrettate o a rimuovere questioni ostiche, che i votanti conoscono vagamente o su cui hanno forti pregiudizi.
Occorre, inoltre, munire «Poliscritture 2» di un versante, per così dire, militante-pedagogico. Usando, cioè, magari in apposite rubriche, linguaggi adeguati a favorire la presa di coscienza dei “molti” anche rispetto alla propria condizione di minorità e deprivazione; non incoraggiando moti protestatari e attitudini vittimistico-ribellistiche disordinate e nebulose, l’antagonismo destrorso delle maggioranze incanaglite (fenomeni che però non andrebbero sempre liquidati frettolosamente come “populismo”, ma indagati per riconoscere nella ribellione sociale e culturale anche grossolana aspetti che potrebbero diventare – a certe precise condizioni – politicamente positivi nelle prospettive che diciamo della rifondazione della sinistra e/o dell’esodo).

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