Due modi di guardare le cose

a cura di Samizdat

Mi ha molto colpito il resoconto spoglio di Lanfranco Caminiti sugli effetti dell’epidemia in corso in un paese del Sud, mentre sono rimasto irritato dalla lettura di uno dei tanti “diari della quarantena” che si vanno scrivendo in queste settimane: quello pubblicato dallo psicanalista Sergio Benvenuto su Le parole e le cose 2. E non ho resistito alla tentazione polemica di contrapporli. Preferisco nettamente il primo modo di guardare quel che sta accadendo in questo Paese, pur avendo grande attenzione all’esplorazione psicanalitica dell’inconscio. Questa di Benvenuto mi pare però fondata su un pensiero politicamente pigro e immiserito. Discutiamone. [E. A.]



Lanfranco Caminiti, In paese

La donna che viene per qualche ora al giorno a stare appresso a mamma, è preoccupata per il suo compagno che ha una piccola impresa edile, insieme con il fratello. Sono bravi lavoratori – li conosco bene perché hanno costruito la casa in cui abito – e mettono in regola i loro operai e fatturano tutto. Ma l’edilizia è tutta ferma, non si può lavorare in cantiere e d’altronde anche i grossisti di materiale edile sono chiusi. Così hanno lasciato gli operai a casa. Lui aveva pensato di sfruttare questo momento per sistemarsi la casa in cui prima o poi si trasferiranno – adesso stanno nella vecchia abitazione della mamma di lui – ma gli hanno detto che non può fare neppure questo, che non può andarsene in giro con la lapa su e giù.
Davanti casa mia ci sono tre negozi – un fioraio, la parrucchiera e un ottico, tutti chiusi. Il fioraio faceva anche il carpentiere e quando trovava un lavoro lasciava la moglie in negozio, ma l’edilizia è ferma e quindi non fa nulla. L’ottico aveva preso il posto ATA al nord e ogni tanto veniva giù e la moglie tirava avanti il negozio anche se l’optometrista è lui – qualche tempo fa avevano anche provato a fare un bed&breakfast ma non ha funzionato; ora, lui è rimasto intrappolato al nord e lei sta a casa. La parrucchiera, non so. Più in su – il bar ha chiuso, il negozio della “signora mille-lire” è aperto ma non c’è nessuno, il fotografo ha chiuso, il bombolaro è aperto: qui ancora resiste l’uso delle bombole – soprattutto tra gli anziani e le case vecchie, per la stufa e spesso anche per la cucina: costa 21 euro una bombola media, da 15 lt, ma credo che il suo margine sia proprio quell’euro, e tu gli dai qualcosa in più per il caffè. Più in giù, la parafarmacia è aperta, ma il proprietario non c’è perché ha problemi fisici e basterebbe un raffreddore a stirarlo, così hanno messo una commessa, non so per quanto. Il bar è chiuso, e le sue ragazze a turnazione che aiutano i fratelli proprietari sono a casa, e il negozio di scarpe è chiuso, la cartoleria-oggetti da regalo è chiusa – e anche qui le due commesse saranno a casa.
Ancora più giù, la pescheria-surgelati ha chiuso e il giovane che da poco aveva aperto non si vede, e è chiusa anche l’altra cartoleria, ma è aperto il negozio di latticini e formaggi – che è un punto-distribuzione, dove lavorano tre ragazze su due turni. Ma Fiore che vendeva all’angolo i cestini che intrecciava lui, non c’è più – e neppure la signora che porta i funghi o i babbaluci che va a prendere lei in campagna quando piove che dio la manda. Nella piazza piccola, il bar ha chiuso e anche un piccolo alimentari e un fotografo. C’è un altro alimentari che funziona da qualche mese che invece è aperto, dove una giovane coppia tira avanti. All’angolo, il negozio di abbigliamento ha chiuso.
Sul corso, ha chiuso il negozio di abbigliamento per i giovani, quello di forniture per la pesca e il gioielliere. Il gioielliere in questi anni è stato bravo, ha investito ristrutturando dei negozi che poi ha affittato: potrebbe adesso tirare avanti con questo reddito, ma i suoi negozi sono tutti chiusi e non so se gli pagano l’affitto.
Nella piazza grande – ha chiuso il bar e il barbiere e resiste il tabacchino; di fronte c’è la farmacia, che fa i turni con un’altra. All’affaccio, ha chiuso il bar più “in”. Nello stradone, è aperto il negozio a franchising di detersivi dove ci lavorano tre ragazzi a turno, ha chiuso la rosticceria, che portava avanti una giovane coppia aprendo solo la sera – avevano fatto un tentativo per il giorno ma non ha funzionato – la pasticceria, che gestivano due ragazze e il negozio di elettrodomestici. Resiste il supermercato e, dirimpetto, il frutta e verdura della “signora sì-sì”, perché qualunque cosa le chiedi se l’abbia, ti risponde sempre così. Ma ha chiuso un altro bar, il barbiere di fronte e l’edicola – che gli hanno intimato di non fare fotocopie (ma la rata del leasing la devo pagare, mi ha detto) o vendere una matita o un quaderno e per quattro giornali preferisce restare a casa, con i due figli. ancora più avanti hanno chiuso due negozi.
Al curvone che porta fuori paese, ha chiuso il negozio di pelletteria e profumi, l’altro negozio di “tutte cose” e l’altro fioraio e lo studio del pediatra – resiste il macellaio che ha la carne proprio buona e ci lavorano anche i due figli. Più giù ha chiuso il ferramenta.
In paese non gira più nessuno, e “i lavoretti” non possono essere fatti: andare nei campi a potare e concimare, dipingere facciate e balconi, trasportare cose, riparare un tubo che è scoppiato dentro un muro o un impianto elettrico che è saltato – tutto a nero, tutto in evasione. Il mercato della domenica quando vengono gli ambulanti che gli altri giorni vanno negli altri paesi del circondario e ti portano vestiti e mutande e piatti e padelle, o i neri che ti vendono la custodia dei cellulari e le borse finte o i bangla che hanno collanine e perline, e ci sono tanti banchi della frutta e della verdura e dei formaggi e di satizzi e nduja – niente.
Qui, se e quando passerà l’epidemia, sarà rimasto il resto di niente.

Nicotera, 23 marzo 2020.
(da https://lanfrancocaminiti.com/2020/03/28/in-paese/ )



Sergio Benvenuto, IL VIRUS E L’INCONSCIO. DIARIO DELLA QUARANTENA
http://www.leparoleelecose.it/?p=38023

Stralci (miei e tendenziosi):

– Soprattutto i primi giorni di blocco del paese, c’è la voglia di trasformare la clausura imposta in festa patriottica: bandiere italiane, persone che dai balconi urlano “Vita l’Italia!” o cantano l’inno nazionale… Da sempre, ho trovato indigesto il patriottismo, ma in questo caso non mi dispiace: il paese è in guerra contro il virus, è inevitabile che in stato di belligeranza si ritrovi un significante unificante, Italia.

– Non esiste in Italia alcuna identificazione patriottica all’Europa. E poi ce la prendiamo con i leader europei, che sarebbero grigi burocrati: come possono non esserlo, quando nessun italiano si sente prima di tutto europeo? 

– I profumi sono essenziali, soprattutto in epoca di umiliante reclusione (ogni clausura è un’umiliazione del proprio libero arbitrio): sono il dono più elementare che si possa fare a una persona, in particolare a una donna. Come i fiori, e mi chiedo perché i fiori non siano considerati, anch’essi, generi di prima necessità affettiva. I fioristi dovrebbero restare aperti. Pochi doni veri, non utilitari, devono essere possibili: un profumo, dei fiori.

– L’emergenza ci rivela l’essenzialità di cose che non avevamo pensato fossero tali. A casa mia si rompe sky, chiamiamo il numero verde: con straordinaria solerzia, sky ci insegue sui telefonini, il giorno dopo viene il tecnico ad aggiustarci la TV tenendo la mascherina. La televisione e internet, che tanti filosofastri hanno attaccato come modi di alienazione, si rivelano invece generi di prima necessità, il pane e il vino per soddisfare la fame di vita.

Stupore generale per come gli italiani – popolo così individualista, disobbediente, “cinico” come diceva Stendhal, che pur si sentiva italiano – abbiano obbedito alle leggi ferree emanate dal governo. Il 70% della gente condivide le misure governative, molti altri ne vorrebbero di ancora più stringenti. Perché così poco mugugno “populista”?

Perché la quarantena colpisce tutti, anche i ricchi e i potenti. E tutti sono esposti all’infezione, anche i ricchi e i potenti. Non c’è spazio, insomma, per invidia sociale, per il rancore contro chi ha di più. Il fatto che alcuni politici, come Nicola Zingaretti, si siano dichiarati positivi al virus li rende più vicini, più “umani”.

– Da noi si mormora di oscure manovre politiche e militari… Gira la fake theory secondo la quale gli americani sarebbero in Europa per fare la guerra alla Russia, che i soldati americani sarebbero vaccinati contro il covid-19 (l’America ha il vaccino ma finge di non averlo)…. e non vado avanti sulla linea di questo delirio.

– Molti carcerati sono morti perché, impossessatisi della farmacia, hanno trangugiato a caso varie medicine come cura preventiva, o del metadone

– In questi frangenti epidemici il primo ministro Conte e il suo governo godono di massima popolarità. Ed è vero che molta gente comune esprime anche a voce la propria ammirazione per un governo che ha saputo fare delle scelte impopolari e ardite, come quando Churchill promise ai britannici “lacrime e sangue”. 

– Bisogna sempre trovare qualche untore. Così, tra le tante teorie che stanno fiorendo sulle origini della pandemia di coronavirus, ce ne sono alcune che puntano un indice burbero contro la super-industrializzazione: l’inquinamento, l’effetto serra, l’urbanizzazione iperbolica, la riduzione della biodiversità…

– La verità è che le epidemie ci sono sempre state, e sempre ci saranno. Semplice, ma vero. Malgrado tutto, siamo ancora in balia della natura. La peste nera che annientò la metà della popolazione europea nel XIV° secolo non era certo effetto dell’industrializzazione, ma di una mutazione del tutto naturale che il darwinismo ha reso perfettamente intelligibile.

– Non sottovaluto affatto le minacce dell’inquinamento, dell’effetto serra, della riduzione della biodiversità… Ma il potere umano non va nemmeno sopravvalutato. Per molti versi la nostra vita è la stesa di quella agli albori di Homo sapiens: per lo più generiamo con un coito, i bambini nascono neotenici e quindi soggetti a una lunghissima infanzia, prima o poi moriamo, e siamo falcidiati, di tanto in tanto, da epidemie. Sarà sempre così. Attribuire agli umani tutti i mali è l’altra faccia di quella divinizzazione dell’Uomo (che risale a Pascal) che la filosofia più moderna ha denunciato: se si pensa che l’essere umano sia nel fondo potente come Dio, si penserà anche che possa avere la malvagia onnipotenza di Satana. Ma gli uomini non sono né Dio né Satana.

Ennio Abate, Commento lasciato su LE PAROLE E LE COSE 2

Sveglia!
Non crogiolatevi nei vostri “diari di quarantena” cetomedisti.
Guardate un po’ fuori dalle vostre belle finestre. Più lontano.
Ad esempio al Sud: https://lanfrancocaminiti.com/2020/03/28/in-paese/

3 pensieri su “Due modi di guardare le cose

  1. La lettura di un resoconto come quello di Caminiti (o anche di Marisa Salabelle su “Vicofaro”), oltre che empatia, produce in me una grande preoccupazione. Cosa accadrà?… Il virus non guarda in faccia il ricco o il povero. Indubbiamente, però, chi non ha una casa, un lavoro, una prospettiva sente addosso un morso ulteriore…Benvenuto non ha probabilmente di questi problemi e sviluppa riflessioni più o meno condivisibili sul “virus e l’inconscio”. Gli abitanti di Nicotera o gli emigrati di Vicofaro hanno problemi più urgenti ai quali pensare e giustamente se ne strasbattono. Però le tesi dello psicoanalista sull’inconscio di noi tutti mi sembrano abbastanza preoccupanti: a) il dolore forse non migliora gli esseri umani, b) gli anziani hanno fatto “la loro parte” (e quindi, meglio che si tolgano di mezzo), c) l’effervescenza patriottica dura lo spazio di una settimana e, finita l’epidemia, si tornerà ai soliti vizi e meschinità; d) non ci sentiamo europei però continueremo a prendercela con i burocrati europei; e) non sempre riusciamo a definire con chiarezza ciò che è essenziale e necessario (se lo è il negozio di profumeria, perché non anche il fioraio?…); f) le statistiche continueranno a non interessarci, continueremo ad amare le storie e le leggende metropolitane (fake news); g) gli esseri umani non sono divini né diabolici, inutile pensare a poteri miracolosi, ad uomini della provvidenza a medici e scienziati con la bacchetta magica, ecc. ecc.
    Non ho dubbio: sono due modi di guardare diversi perché sono il risultato di esperienze e urgenze diverse. Stiamo pure empaticamente dalla parte dei resoconti di Caminiti e di Salabelle, ma interroghiamoci quante di queste idee-tesi, che girano pessimisticamente nel cervello di Benvenuto, albergano poi nei cervelli di tutti (magari anche degli abitanti di Nicotera).

  2. …penso che le motivazioni coscienti e quelle no siano profondamente intrecciate nel nostro sentire e agire, ma non ho alcuna preparazione in proposito…Credo, tuttavia, che in una situazione di pandemia diffusa le prime in genere occupano ( o dovrebbero occupare) maggiormete i nostro pensieri …Gli abitanti di Nicotera, ma sono solo un esempio, e i migranti di Vicofaro, come penso dovrebbero le autotità, giustamente si preoccupano, e non si tratta di retro-pensieri, per le necessità di sopravvivenza nell’immediato presente o per il prossimo futuro: vedi la mancanza o il finire a breve dei mezzi di sostentamento, quindi alla necessità di far fronte ai bisogni primari: cibo, abitazione, protezione sanitaria…Riguardo alle motivazioni dell’inconscio umano di fronte alle emergenze esposte da Sergio Benvenuto, sollevo un mio dubbio quando scrive: “…una convinzione inconscia molto radicata: che, nel fondo, i bambini sono deboli, i vecchi sono forti…bisogna proteggere soprattutto i bambini (?)”. A me piu’ che una motivazione inconscia sembra un luogo comune, infatti se osserviamo con maggiore attenzione come è organizzata la nostra società -anche nel passato se penso ai giovinetti e alle giovinette sacrificati al mostro minotauro- i bambini, e i giovani in generale, sono spesso sacrificabili sull’altare degli interessi dei furbi, scorretti, avidi…avranno maggiori difese immunitarie per affrontare i virus ma per il resto sono in “nostra balia”…Con questo non voglio affermare che i vecchi siano sacrificabili, ma che si debba arrivare ad un vero equilibrio di diritti tra le generazioni…

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