I soliti stereotipi amicali alla “Quaderni Piacentini” ( “Sant’uomo, ma che pazienza!”). Non si capisce perché l’importante per Fofi era al massimo “voler bene a Fortini” o misurarne il valore dalle proprie reazioni edipiche (“non ho sempre accettato i suoi consigli”) senza mai spiegare (a se stesso e oggi “ai più giovani”) quanto e dove Fortini avesse ragione o torto. Su questo punto fondamentale resta reticente ( “ho avuto un rapporto conflittuale”). E anche in altre occasioni si è sempre rifugiato nell’aneddotica (se non nel pettegolezzo). Continua la lettura di Fofeggiamenti→
Abbiamo un presidente del Consiglio che dileggia il Parlamento ed irride i giornalisti. Che scappa davanti ai problemi che non le interessano, un Presidente della Repubblica che tace e quando parla fa danno.
Protestiamo sui social ma nessuno ci ascolta.
Ci mangiamo il fegato perché abbiamo empatia piena col popolo palestinese, e soffriamo perché ci sentiamo impotenti davanti al massacro a cui assistiamo.
Ma concretamente cosa possiamo fare per fermare tutto questo?
Ennio Abate
Rita D’Italia
Quello che possiamo fare è poco o niente: testimoniare sì, raccogliere firme (Amnesty), tenersi in contatto con chi sta a Gaza (se questi contatti si hanno), amplificare le voci autorevoli dissenzienti e anch’esse inascoltate (il Papa ad es.), manifestare in pochi purtroppo (perché tutta una cultura politica antiautoritaria e di sostegno alle lotte degli oppressi è stata sconfitta), contrastare la ben foraggiata propaganda antipalestinese.
E tornare ad imparare come si organizzarono i nostri antenati che si opposero al fascismo.
Parlo, invece, di una responsabilità collettiva e corale del giornalismo italiano. Lo stesso che non scende in piazza, non fa sciopero, non si rifiuta di continuare a lavorare quando in un posto di meno di 400 km quadrati, in un anno e mezzo, vengono presi a bersaglio i giornalisti palestinesi di Gaza e ne vengono uccisi 208 (numeri del 24 marzo 2025). 208 giornaliste e giornalisti palestinesi di Gaza uccisi dalle forze armate israeliane in massima parte perché prese a bersaglio. Niente a che vedere con la seconda guerra mondiale o con il Vietnam: il paragone non regge, non solo per l’infima misura in chilometri quadrati di Gaza rispetto al Vietnam o all’intero mondo. Non regge perché a Gaza sono stati in massima parte presi a bersaglio. Erano e solo gli unici a mostrare la mattanza, il massacro, la strage, il genocidio, i crimini di guerra e contro l’umanità. Senza immagini e senza voci, il genocidio non si vedrebbe. E noi, noi ‘giornalisti internazionali’, forti della nostra presunta credibilità – bianca e occidentale – non ci possiamo entrare, a Gaza. Le autorità israeliane non ci fanno entrare, a Gaza.
La responsabilità collettiva e corale del giornalismo italiano, però, può esprimersi anche senza andare a Gaza. Ci sono le testimonianze dei nostri colleghi palestinesi. Ci sono le interviste da fare, a distanza. Basta conoscere Gaza. Conoscere la terra. E intuiremmo cosa sta succedendo, in una terra distrutta, tutta distrutta.
Ed è qui il secondo ostacolo, che va dritto alla questione delle parole, del linguaggio impreciso che si usa non dal 7 ottobre, ma da 20 anni. Sono 20 anni, almeno, che non si affronta sui giornali la questione israeliano-palestinese (non è un conflitto, maledizione, non c’è nessuna possibile equiparazione tra i due “contendenti”, non è un duello, non è la guerra tra 2 stati ognuno dei quali detiene il monopolio dell’uso della forza). La questione israeliano-palestinese è stata considerata periferica, l’idea che Israele l’avesse vinta è stata pervasiva, e ancor più pervasiva la diffusione di un pensiero unico (i palestinesi non vogliono la pace, sbagliano tutto, sono terroristi, Israele è il simbolo della modernità, Tel Aviv è la modernità, Israele è l’unica democrazia del Medio oriente).
1.
Scorrono i discorsi: netanyahu è l’uomo
della simpatia spudorata verso trump e putin,
verso la cina e orban, ha portato
israele a una crisi senza precedenti
di consenso con l’america di biden
e indegnamente non si è schierato subito
a fianco dell’ucraina. Continua la lettura di Riordinadiario del 10 ottobre 2023→
non ero buona solo quando
attenzioni e calore di corpo donavo
buona restavo da te separata
quando d’altro mi curavo
nei parlatori di donne
sotto lastre di lingua morta
in mulinelli d’angoscia
crudeli e caparbie indagavamo
al lume di femminile intelligenza
storie oscure di madri e padri
stroncatesi in zuffe mortali o servili mutismi
ti apparvi allora amara
luccicante di lacrime
tenace nell’amore più proibito
distante fredda luna ti apparvi
piccola strega nervosa non più amante
e lontano dalla poltiglia dei timori tuoi
piantato nella mia casta lussuria
sfrigolò un paonazzo desiderio di felicità
i fondi oscuri vanno esplorati
non addomesticati nella chiacchiera
*
silenzio mi opponeva
si velava di ricordi e di odi
mi smorzava sul suo seno
non più colloquiante
per suo conto o con altre risplendeva
precipitò il mondo cangiante ma intero
che nell’infanzia sorse
e punse negli abbracci materni
in baci fuggevoli di donne
e quando lei
giovane feriale mia sposa
incontrai
sotto pacchiane luminarie
labbra sovraccariche di rossetto
una mano fredda da scaldare
nella tasca del mio metafisico paltò
e a lungo ancora nei cortei
di tanti e tante sotto bandiere rosse ma bagnate
o negli scantinati del pensare clandestino
adesso più non ci sfioriamo e poco ci parliamo
penosa la nuova ricerca
ambiguo il paesaggio
lento il passo
la cara ladra va per suo conto
non ruba più per me
né semina
si contorce senza mete nella contorta vita
seguendone gli anfratti
senza mete
dimenticato atlante
non sorreggo più i suoi ondeggiamenti
non la cullo come le donne e le madri
nella dolcezza del simile
la penso dissimile e con nuova pena
adesso che va
nel suo particolare immigratorio
fantasma che un poco muove l’ali
o mostra talvolta un seme dei suoi silenzi
anzitempo si è dovuto morire in sogni separati
fissare invano il giusto ormai diviso
Goffredo Fofi, Su Danilo Montaldi, una testimonianza in «Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento» a cura di Goffredo Fofi e Mariuccia Salvati (1)
Secondo me [Marchesini] così la butti un po’ in caciara. Quello che chiami “rapporto malato con la verità” era in realtà [da parte di Fortini] attenzione e fedeltà assoluta al “dover essere” (suo e dell’ambiente politico-culturale in cui ha pensato di volta in volta di riconoscersi), che magari portava a forzature ed “estremismi”, ma che ha sempre rappresentato un sincero sforzo di proiezione in avanti del pensiero. Lo stesso Bellocchio lo riconosce come tale.
Non è goliardica “caciara”. E’ scelta politica “fogliacea” abilmente mascherata di letteratura “etica” individualista. Sulla scia del suo maestrino Berardinelli “il saggio o il sapiente […] l’‘orientale’ che vive in un altro presente – un presente liberato dalle scorie delle ideologie, dalla chimera del futuro, e quindi dalle velleità dei progetti di dominio […] una mente taoista. “, come scrive sopra (PER ALFONSO BERARDINELLI, NATO L’11 LUGLIO (dal Foglio) https://www.facebook.com/…/pfbid02sXjtQD4USYnqNu9tubd8W…).
Francesco, questa – (Mughini non docuit?) – è la novissima “giovane critica”.
Che si è “dimessa da tutto” (ma non dai giornali, i quali – lo sanno anche i bambini – non hanno a che fare “con l’ordine sociale e con il potere economico e politico” (perché, se no, come e dove si va a fare i “Socrate giornalista”?).
Che sbandiera l’esser “nato “in una famiglia operaia old fashion”” per pavoneggiarsi della “condizione berardinelliana”(sic!) alias comunemente piccolo borghese.
Che finge “un senso di radicale inappartenenza”, ma s’appaga della nicchia (di potere piccolo borghese) in un rapporto ambivalente non opposto ma subordinato “a quello degli amici borghesi, rivoluzionari e no”.
Che quanto più la realtà sociale italiana è stata spronata negli ultimi decenni all’io-io dell'”individualismo proprietario” (Barcellona) tanto più si rappresenta in malafede un’Italia come “paese nemico dell’individualismo”.
E Berardinelli avrebbe “la gioia di vedere ogni mattina la realtà dalla prospettiva di chi non rappresenta altri che sé stesso”?
Ma mi faccia il piacere!
Parla a nome di questo individuo-massa ex piccolo borghese e lo gratifica e lo coccola nella sua pretesa di “diversità” dagli ex borghesi e dall’ex proletariato.
1. AL VOLO/UCRAINA/ADRIANO SOFRI
Mio commento a https://www.facebook.com/conversazioneconadrianosofri/posts/pfbid03232bAu69Bdx92JZG3pTpTuDwm7cnPXrUgLcKhoupNrVnDw2KKc3SE9pa5fUJWThul
Non ci sono guerre giuste e non ci sono neppure paci giuste. C’è un conflitto irrisolto tra quelli che hanno l’aria condizionata (e altro ancora) e quelli che non hanno né questa né l’altro. Continua la lettura di Duetto draghiano→
Crisi con gli amici di Ipsilon Fatico a sbrogliare i miei umori viscerali da quelli più politici. Invidia o difficoltà di affrontare le nostre reali differenze politiche? Io parlo di una piega “salottiera” di Ipsilon ma in fondo a dividerci è l’atteggiamento verso l’attuale centro sinistra locale. Poi ci saranno anche risentimenti e delusioni più personali per piccoli sgarbi o disattenzioni o diffidenze nei miei confronti. Mentre io gli faccio spazio nelle iniziative a cui vengo chiamato a collaborare, essi non fanno lo stesso con me e mantengono ( o sono costretti a mantenere?) separate altre loro attività da questa di Ipsilon, che facciamo insieme. Oscillo tra confronto, mediazione e voglia di staccarmi per riprendere più apertamente la mia funzione di dissidente samizdat. Continua la lettura di Riordinadiario 1997 (5)→
Ah, com’eran – ragazzini e belle e sveglie – i partigiani nel ’45!
Ma voi, invece, dietro i Violante, sdoganatori dei “ragazzi di Salò”.
Dietro i Pansa del “sangue dei vinti”(fascisti). E, ahi, pure dietro
gli sbeffeggiatori della Resistenza “rossa e non democristiana”.
E oggi vi beccate questi Letta, ciarlatani USA dai sorrisi cardinalizi?
E gli equiparatori d’un Zelensky nazionalfascistoide ai partigiani?
E gli sventolatori di bandiere Nato al posto dello straccio rosso?
Smartphone rotti? Bussola di Marx rotta? Eppur bisogna andar!
Difendiamo le “nostre verità” partigiane! Quali? Quali? Quali?
No alla guerra dei filoamericani! No alla guerra dei filoputiniani.
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