Scrap-book dal Web: 11-17 maggio 2020

Mark Manders, scultura

a cura di Giovanni Carissimo

Su Silvia Romano la stampa italiana ha perso un’altra occasione per non fare schifo · The Submarine · 11 maggio 2020

https://thesubmarine.it/2020/05/11/silvia-romano-stampa-italiana-schifo/

Dopo un anno e mezzo di prigionia Silvia Romano è stata liberata. Ma i giornali italiani sono più preoccupati a raccontare la sua conversione spontanea all’Islam e a infangarne l’immagine, che a spiegarne lucidamente la liberazione.

Dove non arriva lo schifo fascistoide di Libero o il Giornale insomma arriva il paternalismo della stampa “giusta,” che agisce in modo non dissimile da quanto aveva fatto Gramellini nel suo tristemente famoso editoriale in cui dichiarava che Romano avrebbe fatto meglio a pensare ad altro per soddisfare “le sue smanie d’altruismo.” La stampa italiana è evidentemente condizionata dal fatto che Silvia Romano è una donna giovane che dichiara di aver scelto liberamente di abbracciare una religione — qualcosa di inconcepibile.

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Nuove forme di relazione. Ciò che non si vede né accade in telelavoro e teleconferenza · Avvenire · 15 maggio 2020

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/ci-che-non-si-vede-n-accade-in-telelavoro-e-teleconferenza?utm_medium=Social&utm_source=Twitter

Lo smart working e la scuola a distanza hanno allargato le nostre opportunità, ma aumentato le diseguaglianze, ridotto la socialità e la creatività del lavoro.

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Geografia del contagio e lavoro · Off Topic news · 11 maggio 2020

ATS ha pubblicato la prima mappa del contagio nell’area metropolitana di #Milano (che con quasi 22mila casi ufficialmente diagnosticati, a cui aggiungere altrettanto sommerso, si conferma epicentro del contagio), da cui risulta una maggiore incidenza del contagio per abitanti nei quartieri periferici settentrionali e a sud-est, assieme ai Comuni dell’hinterland nord. In ordine, troviamo infatti con un tasso tra 7 e <10 casi ogni 1000 abitanti Baggio, De Angeli, Affori, Niguarda, Comasina, Crescenzago, Quarto Oggiaro.

Nella cintura periferica invece Cinisello Balsamo (570 casi) e Sesto San Giovanni (448) registrano i numeri più alti di tutta la provincia, seguiti da Rho e dai Comuni del sud-est (Mediglia, San Giuliano). A essere stati più colpiti sembrano dunque i territori con maggior presenza di RSA ma anche con tessuto industriale e serbatoio di manodopera diretta sia verso Milano che verso le aree manifatturiere della bergamasca (o le zone focolaio del lodigiano).

Incrociamo questo dato con il rapporto INAIL sui contagi da lavoro aggiornato al 4 maggio, che riporta da fine febbraio 37.352 denunce totali (129 mortali), di cui il 34,2% in #Lombardia. A questo dato manca il calcolo del sommerso: ad esempio, un’inchiesta uscita ieri per Radio Popolare di Massimo Alberti e Claudio Jampaglia rivela che circa il 60% dei conducenti ATM risulterebbe positiva al primo giro di test sierologici avviati dall’azienda.

In un territorio ancora dilaniato, dove la maggior parte delle aziende (che per bocca di Confindustria hanno contestato la decisione di considerare il contagio da covid come “infortunio sul lavoro”) ha continuato a lavorare o riaperto senza aver ancora aggiornato il Documento di Valutazione dei Rischi né prodotto un protocollo aziendale anti #Covid19 – compreso lo stesso Comune di Milano -, chiediamo a Sindaco #Sala e Regione Lombardia se il pericolo siano le “passeggiate” o costringere le persone a lavorare in condizioni di insicurezza.

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Covid-19 e centri commerciali: crisi e ripartenze del turbo-capitalismo · Off Topic news · 13 maggio 2020

E’ di questi giorni la notizia che la multinazionale Westfield ha “cancellato dalla propria agenda” (per il momento) la realizzazione di un mega centro commerciale, l’ennesimo “più grande d’Europa” secondo i rendering promozionali, a Segrate (#Milano est). La società di real estate ha motivato la decisione con la necessità di tagliare 1,6 mld di investimenti a causa della crisi #Covid19 e delle ripercussioni economiche e finanziarie che avrà.

L’opera da 1,3 miliardi di costo per 155.000 mq di superficie, dopo diversi rinvii, aveva in previsione di terminare i lavori nel 2023: progettato nell’area allo scalo ferroviario di Segrate, vicino all’aeroporto di Linate, gli accordi commerciali con illustri gruppi come Galeries Lafayette, Gruppo Inditex e UCI Cinemas, lo avevano reso l’iniziativa Retail RE più in vista nel panorama nazionale.

Contestualmente vengono invece confermate dagli investitori le riprese lavori per il centro commerciale a Cascina Merlata (Milano) e per la costruzione di Milanord2 (#Cinisello Balsamo), interrotti per l’emergenza Covid. L’investimento complessivo di quest’ultimo supererà il miliardo di euro per 171.000 mq di architetture azzardate e spettacolari, con il sogno di diventare “La nuova Destinazione” a scopo ludico-commerciale, in corrispondenza al nuovo capolinea Bettola della #M1 (e relativo parcheggio di interscambio da 1500 posti auto).

Il Covid non ferma e anzi accelera la gara tra società immobiliare per il saccheggio di uno dei territori a più alta densità di consumo di suolo in Italia, dove già altri impianti sono falliti (Auchan) e che richiederebbe invece commercio di prossimità per la popolazione a basso reddito.

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L’ospedale in Fiera e la sanità regionale · Off Topic news · 14 maggio 2020

21 milioni di spesa, inaugurazione degna dei grandi eventi…e attualmente 5 pazienti (25 complessivi). Notizia di ieri che entro un paio di settimane l’Ospedale in Fiera potrebbe chiudere, secondo il direttore della Rianimazione del Policlinico che gestisce la nuova struttura, per manifesta inutilità dopo essere stato presentato come la soluzione in piena crisi #Covid19.

E’ divenuto invece tristemente il simbolo del fallimento conclamato non solo della gestione dell’emergenza ma del modello d’eccellenza della sanità lombarda, che lungi dall’essere trasformato viene invece confermato nella delibera regionale XI/3132 del 12 maggio che impone la tariffa al test sierologico. Si permette di lucrare senza ritegno sull’emergenza, non si sostiene la prevenzione.

Il pubblico ed il privato, per il Sistema sanitario in #Lombardia, sono di fatto la stessa cosa. L’ATS è ridotta a stazione appaltante e gli erogatori dei servizi, le Aziende Ospedaliere (AO), sono fra loro in competizione, il che stimola i processi di privatizzazione e gestione manageriale della sanità, secondo criteri valutativi della prestazione medica basati sul profitto. È un sistema unico in Italia, immune dal cambiare anche dopo i limiti che ha dimostrato.

A chiudere il cerchio la decisione del Governo, su pressione di #Confindustria, di sospendere l’IRAP per il mese di giugno: si tratta della tassa con cui si finanzia principalmente la sanità pubblica. Per la Lombardia, sul bilancio 2020-2022, avrebbe coperto 1/4 dei quasi 24mld di finanziaria per anno, destinato appunto al SSL assieme alla partecipazione regionale all’IVA (11mld) e ad altre risorse per un totale di 19 mld di euro (di fronte a cui i 3mld complessivi previsti nell’ultimo DPCM sono poca cosa). E’ l’ennesimo ricatto che pone in alternativa ripresa produttiva e salute pubblica, imposto anzitutto da #Assolombarda.

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«Io non ho il minimo dubbio». Il fallimento comunicativo di scienziati ed «esperti» nei giorni del Covid-19 · Wu Ming · 11 maggio 2020

L’idea che la scienza possa dare una risposta univoca e definitiva può venire in mente solo a chi ha enormi deficit di competenze epistemologiche. […] basti pensare a quel che succede nei dibattiti che riguardano la realizzazione di un’opera pubblica di una certa rilevanza. Negli schieramenti che finiscono per fronteggiarsi ci sono sempre «esperti» in entrambe le fazioni, per misurare gli effetti sulla salute, sulla viabilità, sulla qualità della vita ecc. Ciò non toglie che la decisione alla fine sarà sempre eminentemente politica, nel senso che favorirà alcuni interessi e ne danneggerà altri.

Stavolta gli scienziati si sono trovati improvvisamente al centro del palcoscenico e, come sarebbe stato ragionevole attendersi, hanno mostrato un certo impaccio nel rapportarsi a contesti poco frequentati. Nemmeno i più sobri erano attrezzati a comprendere l’effetto che semplici constatazioni “da laboratorio” possono avere all’interno di una comunità ben più ampia e magari attraversata dal terrore.

Soprattutto, gli scienziati non sono attrezzati ad avere a che fare con le dinamiche dei mass media. I pareri dei vari virologi ed immunologi, o i sunti dei report dei vari istituti epidemiologici, sono raccolti in interviste in cui in genere non mancano cautele, disclaimer, verbi al condizionale… Tutto questo, però, viene travolto dalle finalità differenti di chi materialmente redige l’articolo.

lo scienziato: quest’esperienza pandemica mostra quanto sia necessario un ripensamento profondo del suo ruolo pubblico. Questo ripensamento sarebbe il caso passasse anche dall’introduzione nella propria formazione di rudimenti di discipline umanistiche.

Abbiamo assistito con un certo sgomento a discorsi di straordinaria chiarezza sul comportamento del virus che però slittavano e sfociavano in suggerimenti sulla sanità pubblica per niente correlati: «Il virus si comporta così, però gli italiani sappiamo come sono quindi meglio cautelarsi e chiudere tutto». Non c’è nessun nesso tra le due affermazioni. […] il problema non è certo che il virologo o l’epidemiologo parlino di società, tutti devono farlo. Il problema è parlarne come se si fosse ex cathedra, pur non avendo competenze specifiche, e purtroppo senza l’umiltà di comprendere che anche altre discipline hanno acquisizioni a cui si arriva dopo uno studio approfondito. Di comprendere che magari si è lontani dalla determinatezza delle scienze fisiche ma che anche le scienze umane qualche regoletta l’hanno messa insieme.

L‘ingenuità di molti scienziati “duri” nel disinteressarsi di temi così complessi, o addirittura nel pensare di poterli maneggiare con disinvoltura non può e non deve essere trattata con troppa condiscendenza.

Capire quando un esperto non parla più “da esperto”. […] Solo la capacità di esercitare il nostro senso critico può in qualche modo cautelarci.

A essere completamente saltata in aria è la distinzione tra possibilità e probabilità.

Come abbiamo visto è possibile che uno starnuto particolarmente potente riesca a trasmettere il virus anche a distanza superiore a due metri, ma le probabilità che questo avvenga davvero sono nell’ordine dello 0,niente%. […]

anche stare in casa a pensarci non è poi così sicuro: c’è sempre qualche corto circuito in agguato, il phon che può caderci nell’acqua, si può inciampare e sbattere la testa su uno spigolo…

In molte zone i diritti costituzionali sono stati limitati per evitare eventi solo poco meno improbabili di quelli elencati, a volte altrettanto improbabili. Ad esempio, è stato detto da alcuni governatori e sindaci che non si doveva andare nei boschi a correre perché si poteva cadere, sbattere la testa e avere bisogno di cure, col che si sarebbero intasati gli ospedali.

L’azione combinata di provvedimenti e narrazione massmediatica, impattando su una società più terrorizzata di quanto forse non ci aspettassimo, lascerà strascichi non soltanto nella vita collettiva ma anche in quella individuale.

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矛盾 (máo dùn). In quali trappole cadiamo nel discutere di «emergenza coronavirus» · Wu Ming · 15 maggio 2020

Quella dell’«emergenza» – volta per volta l’emergenza-terrorismo, l’emergenza-conti pubblici e tutte le cornici emergenziali che abbiamo conosciuto – non è mai una narrazione qualsiasi. È una Grande Narrazione a lunga gittata, che una volta imposta nell’immaginario ha una spinta inerziale fortissima, e non può essere fermata a piacimento.

Quando l’«emergenza» comincia ad avere effetti disfunzionali, si lavora per attenuarne la presa, smussando gli spigoli, si rallenta e si lascia sedimentare, ma ci vuole tempo. E in ogni caso gli effetti saranno permanenti: tutte le emergenze che abbiamo conosciuto si sono accumulate, potremmo quasi farne una “stratigrafia”.

Figurarsi, dunque, se si potrà uscire con facilità dalla narrazione emergenziale imposta per affrontare questa pandemia. Stiamo parlando dell’emergenza più impattante e pervasiva a nostra memoria, e a livello planetario.

[…]

Tutto questo nella difficoltà di mettere in campo un’opposizione concreta, perché permarranno a lungo condizioni di «distanziamento sociale» che, se non rendono impossibili le lotte, comunque danno ancor più pretesti e strumenti di quanti ce ne fossero prima per reprimerle.

Poter dare alla pandemia la colpa di una crisi e di una recessione che stavano comunque arrivando è molto comodo per il capitale: per i suoi settori che da questa fase stanno traendo o cercano di trarre vantaggio, e per quelli che vogliono recuperare il terreno perso.

Grazie al virus Sars-Cov-2, il capitale ha avuto l’occasione di accelerare certe dinamiche per poterle gestire meglio. Stante l’inevitabilità di una recessione, di gran lunga meglio gestirla potendo scaricare le colpe su un evento presentato come “naturale”, sulla sfiga, su un disastro, su condizioni “esterne” al sistema (noi sappiamo che non è così, che la colpa della pandemia è del sistema, ma ogni volta dobbiamo spiegarlo).

Tutto questo, lo ribadiamo sempre, non è l’esito di un Piano, di un complotto del capitale. Il capitale risponde a quel che accade, com’è ovvio, in modo capitalistico. Il potere politico gestisce quel che succede nel quadro delle compatibilità capitalistiche. Una singola emergenza non è mai pianificata con grande anticipo: consiste nel prendere la palla al balzo.

Bisogna parlare di cosa ci lascerà quest’emergenza, e di come agire, come riconquistare spazi di dissenso e conflitto in quella realtà multi-strato.

C’è una contraddizione di fondo in tutte le discussioni sull’emergenza coronavirus […] ra il virus e l’emergenza. Non puoi guardare e tenere fermo lo sguardo su entrambi, ma o sottovaluti uno o l’altro. Sottovaluti agli occhi dell’altro. Cioè: per colui che vede bene il virus (o crede di vederlo bene) l’emergenza è solo una contingenza che passerà se passerà il virus; per colui che vede bene l’emergenza (o crede di vederla bene) il virus, per quanto serio e pericoloso, sarà sempre meno letale delle conseguenze che le politiche emergenziali stanno provocando. Ogni discussione ha questa instabilità al suo interno e farla venire a galla non può che essere un bene.

[…]

In giro c’è troppo pensiero binario, troppo manicheismo, troppo facile e tranciante tertium non datur. Invece non solo esistono tertia: esiste il molteplice, con la sua complessità.

Non ci libereremo né delle pandemie né delle emergenze, entrambe continueranno a colpirci.

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