di Paolo Carnevali
Si conclude il viaggio di una rivista storica che si è trasformata nel tempo, lavorando con estremo realismo, senza credersi ago di nessuna bilancia diceva Mariella Bettarini. Con questo ultimo numero che esce fuori tempo termina una fase di un percorso culturale cominciato più di cinquant’anni fa. La mia collaborazione con la rivista “L’Area di Broca” è tardiva, nasce da un ritorno. Dopo una vita girovaga, fatta di continui spostamenti. Un giorno ho incontrato Mariella Bettarini: parlammo molto ricordo, seduti attorno a quel tavolo rotondo con caffè e biscotti Walter’s portati dalla Scozia. Il tavolo delle riunioni di redazione. Parlammo soprattutto del passato e delle nuove forme di comunicazione letteraria, di un mondo globalizzato, ma dall’aspetto solitario, narcisistico, sempre più in contrasto con la storia della rivista.
Al termine di quella lunga chiaccherata, mi propose di collaborare ed entrare in redazione. Fui grato. Pensai che anche la sorte crea legami e i ricordi spesso rappresentano luoghi mentali dove si drammatizza ciò che muore e il tentativo di recuperare un passato che aveva prodotto dialogo letterario. Mariella aveva ancora una certa influenza negli incontri redazionali, viveva in opposizione un certo modo di interpretare il mondo della poesia. Comunicava il senso della responsabilità nel tempo del cambiamento. Entrato in redazione, percepii quella mancanza di unione collaborativa, le battaglie verbali, la presenza di poeti come Gabriella Maleti, Attilio Lolini di cui sono stato amico, Silvia Batisti con la quale partecipai ad una lettura di poesie alle Piramidi Ostiensi a Roma, ricordo c’era anche Valentino Zeichen….
In queste ultime riunioni c’era un’ostinazione verso un nuovo cambiamento di comunicazione, percepivo che l’avventura della rivista non aveva futuro e al tempo stesso ammiravo la forza di una rivista che continuava nel suo stile consolidato da cinquanta anni. Una tra le più longeve nel panorama letterario. Posso dire di essere orgoglioso di avere partecipato alla testimonianza in questo lungo cammino. Infatti nel 1973 due giovani, Mariella Bettarini e Silvia Batisti, decisero di dare vita ad una rivista in qualche modo simbolico: “Salvo Imprevisti”. Eravamo nel mezzo di quel decennio che va dal 1968 al 1977 in cui accaddero molte cose fondamentali per lo sviluppo della cultura e della società dell’Italia di quegli anni, sporcate dalla violenza di certo estremismo politico che ha finito per oscurare le luci di quegli anni di cambiamento purtroppo ricordati soltanto come “gli anni di piombo”. Ma questa esperienza che era quanto di più lontano dall’immagine cupa che ancora si utilizza per descrivere, svilendolo, quel periodo.
“Salvo Imprevisti” era cultura, poesia, politica, era riflessione e tolleranza, inclusione, critica delle cose presenti e sostegno al movimento delle donne. Alla prima fase di questo percorso che si esaurì dopo circa vent’anni con il modificarsi del contesto culturale durante gli anni ’80 e l’inizio dei ’90, ne seguì una seconda meno impegnata politicamente e più orientata a proporre delle analisi interdisciplinari. Daltra parte la cultura europea stava vivendo un momento di passaggio che vedeva la fine di certi modelli, senza che ne fossero altri a prenderne il posto. Non ci fu solo la caduta del muro di Berlino e la fine del marxismo, ma pure tutti i grandi intellettuali, da Sartre a Moravia, da Calvino a Foucault ecc. via via scomparvero lasciando dei vuoti che non verranno riempiti. Oppure vennero sostituiti dal cicaleccio assordante della rete. Nacque così, grazie al contributo di Gabriella Maleti, l’esperienza dell’ “Area di Broca” più concentrata sulla riflessione culturale e sull’approfondimento di temi che risultassero paradigmatici di questi ultimi decenni.
Due fasi che rappresentano cinquant’anni di lavoro culturale e pedagogico svolto non certo in silenzio, ma lontano dai clamori mediatici, sempre facendo attenzione a coltivare i rapporti personali e con il proposito di apprendere, di imparare, di migliorare le nostre conoscenze attraverso lo scambio di proposte letterarie, attraverso il porsi domande, attraverso il suggerire risposte aperte al dubbio e alla confutazione. Trascorso ormai più di mezzo secolo è sembrato alla redazione che fosse giunto il momento di dare inizio ad una terza fase: quella in cui ci si consegna alla memoria e, se possibile, alla storia. Abbiamo cominciato a raccogliere i materiali, almeno quei documenti che possono essere interessanti come oggetti di studio e ricerca, e abbiamo cominciato a offrirli ad archivi e biblioteche. Le raccolte complete di “Salvo Imprevisti” e “L’Area di Broca” (oltre che in rete) sono custodite alla biblioteca del Gabinetto Vieusseux di Firenze, così come parte dell’archivio di Mariella Bettarini. Troveremo una collocazione anche per i volumi editi in parallelo alle riviste, come per esempio tutta la collezione delle Edizioni Gazebo. Allo stesso tempo, promoviamo anche la riflessione su questa esperienza in ambito accademico. Sarà complicato perchè fino ad oggi il nostro lavoro si è svolto sempre all’esterno o ai margini delle aule universitarie, ma è pur vero che si contano già alcune coraggiose studentesse che hanno discusso tesi di laurea su Mariella Bettarini e Gabriella Maleti. In rete, oltre ad arricchire i materiali presenti sul sito delle riviste (http://www.emt.it/broca), abbiamo anche la voce dell’enciclopedia online Wikipedia.
Il viaggio è tutt’altro che concluso, nel frattempo ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato come collaboratori e lettori e li invitiamo a sostenerci ancora nel tenere viva la memoria di questa esperienza.
Archivi categoria: SULLA GIOSTRA DELLE RIVISTE E DEL WEB
Riordinadiario agosto 2025 (3)
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Stralci di letture da Facebook e dal Web
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1 agosto 2025
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di Ennio Abate
4 APRILE 2024
Ennio Abate
“Allora, da dove può venire una convalescenza? Penso che possa venire solo dagli uomini “vecchi”, da chi abbia sperimentato fino in fondo il vicolo cieco dell’oltranzismo e si ricreda:” (Sofri)
Lei dimentica i danni di quell’*oltranzismo* dei vecchi capi “pentiti” (?) e dà il lasciapassare a quello degli attuali “sergenti” diventati “generali”. Anch’essi si “pentiranno”- stia sicuro – ma dopo aver fatto il loro “dovere”.
5 APRILE 2024
DOPO AVER LETTO “l’URLO E IL FURORE” DI W. FAULKNER E AVER ASCOLTATO LA CONFERENZA DI EZIO PARTESANA (QUI)
E PAVESE? PAVESE/FAULKNER
https://www.ajol.info/index.php/issa/article/view/158781
Dopo una breve rassegna delle reazioni alla produzione di William Faulkner in Europa, l’articolo analizza la ricezione di Faulkner in Italia, gli atteggiamenti mostrati da critici e intellettuali italiani nei confronti della sua narrativa e le diverse strategie che sono state adottate nella traduzione in italiano delle sue opere più importanti negli anni. Cesare Pavese, il cui interesse per la letteratura statunitense è noto, sembra non aver prestato grande attenzione a William Faulkner e il suo rapporto con lo scrittore statunitense si fonda soprattutto sulla recensione (negativa) di Sanctuary e sulla traduzione del romanzo L’Amleto (1940) come Il borgo (1942).
Ma c’è ancora bisogno di leggere “Frames of war” per concludere che ” è proprio una débacle”? Nel “nel regime di guerra” viviamo solo da “oggi”? Ex Jugoslavia, Guerra del Golfo, Libia, Afghanistan? Tutto dimenticato? Non sarebbe da chiedersi da quanto data questa débacle? E da ricordare che prima della caduta dei “tanto sbandierati valori europei e occidentali” c’è stato il tracollo dei tanti sbandierati valori della Sinistra da parte di buone parte della Sinistra stessa confluita da tempo “nel mainstream guerrafondaio”?
P.s.
https://www.poliscritture.it/…/composita-solvantur-2024/
Ida Dominijanni Ennio Abate veramente io lo scrivo da più di vent’anni
LPLC/ GUIDO CATALANO, PRESO SUL SERIO
Giovanni
Uno sguardo acuto sulla scena poetica italiana contemporanea
DORIANO FASOLI
Ennio Abate
” orrenda pasta fradicia. Marzapane intriso d’olio, cioccolata fumante con dentro fette di salame. Panna montata di stucco, crema d’oro falso”
Qualcosa non mi quadra: sono state usate troppe immagini per criticare l’Immaginifico…
7 APRILE 2024
SALVO LEONARDI
Nel vedere questo documentario mi sono inevitabilmente chiesto se e quale analogia vi possa essere fra la vicenda irlandese e quella palestinese. Non poche. E infatti è notorio il legame fra i due movimenti di lotta. Che hanno ad esempio portato il governo di Dublino ad associarsi a quello di Pretoria nel chiedere al Tribunale dell’Aja l’eventuale genocidio a Gaza. Ora, l’Inghilterra condusse contro L’IRA una guerra senza quartiere. In reazione a quella con e sin dentro l’Inghilterra, da parte dell’IRA. Una guerra dura, di occupazione, con i soldati della RUC (Royal Ulster Constabulary) dispiegati ad ogni angolo di Belfast e Derry. La guerra sporca dell’intelligence, MI5 ed MI6. Le leggi dell’emergenza. Le sentenze sommarie, come quelle famigerate contro i 6 di Birmingham. Le prigioni H-Block e la carcerazione speciale. Contro una organizzazione paramilitare micidiale e spietata. In grado di provocare circa 1.300 vittime, fra bombe indiscriminate e assassini mirati. Che arrivò a un soffio dall’eliminare persino Margaret Thatcher. Sempre con un sostegno diffuso e di massa, al di que e al di là del confine con la Repubblica. E tuttavia, nulla del genere uguaglia l’operato di Israele in Cisgiordania e Gaza, nei decenni. I rastrellamenti sommari non furono mai come quelli dell’IDF. Mai una abitazione di un militante venne demolita. Un’intera famiglia punita per rappresaglia. Nessuna azione osò mai e poi mai violare i confini e la sovranità dell’Eire, da cui notoriamente partivano molte delle incursioni dei Provisionals. E in cui subito dopo rinculavano. Il sostegno ai gruppi unionisti protestanti, incomparabili a quelli offerti sfacciatamente ai coloni. Nessun leader del braccio politico Sinn Fein fu fatto fuori in auto da un razzo telecomandato. O magari avvelenato, in puro stile putiniano. E i suoi leader storici, eletti persino a Stormont (il vecchio parlamento nordirlandese) e a Westmister, potevano regolarmente portare a spalla, e a viso scoperto, le bare dei capi militari dell’IRA, che avevano piazzato bombe e ucciso nei pub e centri commerciali di Birmingham, Londra e Manchester. Alla fine, proprio con loro, e persino coi più efferati autori diretti di quegli attentati, avrebbe negoziato e siglato gli accordi pace della Pasqua 1998. Con lo Sinn Fein oggi al governo sia a Dublino che a Belfast.
Ovvio; ci sono state delle differenze e pure significative. Ma di certo, in Israele, sarà bene che prima o poi si studino per bene la lezione anglo-irlandese.
8 APRILE 2024
Laddove s’intende io faccia analisi e scriva di geopolitica, spesso in realtà mi avvalgo di un tentativo di nuova disciplina che non altrimenti si dovrebbe chiamare MONDOLOGIA. Se ne è vista forse la concreta applicazione recente nelle analisi poi culminate del Trittico mediorientale.
E’ una disciplina che ritengo oggi viepiù necessaria, basata sull’impostazione M-I-T-disciplinare (Multi-Inter-Trans), parte strutturale del metodo sistemico-complesso applicato all’oggetto e fenomeno del mondo.
Io non amo particolarmente il termine geopolitica e il suo uso eccessivo soprattutto aggettivato come un prezzemolo. Ben vengano quindi approcci più complessivi all’interno dei quali la geografia politica e i fattori di potere in un determinato spazio sono configurati come una variabile tra le altre. Grazie ancora! PS So che ogni tanto fa degli interventi su qualche canale YouTube. Mi piacerebbe tanto una volta conversare con lei sul quadrante mediorientale e, soprattutto, sull’area del Mar Rosso e del Corno d’Africa. Sono un ragazzo dell’Eritrea e da poco ho completato gli studi in relazioni internazionali e cerco di approfondire quella parte di mondo.
A MO’ DI ESORCISMA E INCORAGGIAMENTO:
Al mondo di Andrea Zanzotto.
Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.
Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»
un po’ più in là, da lato, da lato.
Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa’ buonamente un po’;
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, Münchhausen.
Caro Adriano, il costo del massimalismo politico abbracciato dalla classe dirigente post-Majdan si è rivelato altissimo: anziché traghettare il paese verso il regno promesso del benessere e della prosperità, la scelta dell’integrazione euroatlantica quale unico strumento di sviluppo del paese ha trasformato l’Ucraina da terra di frontiera in campo di battaglia, e quindi, in landa desolata da cui sono fuggiti oltre 14 milioni di persone, tra rifugiati e sfollati (su una popolazione di 41). Del resto non è solo “colpa” dell’Ucraina. Nell’aprile 2022 infatti essa stava per firmare un accordo con la Russia che avrebbe posto fine alle ostilità in cambio della neutralità ucraina. Fu Boris Johnson precipitarsi il 9 aprile a Kiev per chiarire a Zelens’kyj che “anche se l’Ucraina è pronta a firmare alcuni accordi sulle garanzie con Putin, noi (l’Occidente collettivo) non lo siamo”.
Quella di Mosca è una ribellione all’ordine internazionale americano, e gli americani volevano approffittarne per indebolire l’ “impero” russo. La guerra finanziata dall’Occidente invece sta distruggendo l’Ucraina. Traducendosi in un inconcludente bagno di sangue alleporte d’Europa. Nessuno gongola. Forse qualcuno ha gongolato troppo prima, anche se bastava non essere ciechi volontari per capire che la sproporzione di forze era tale da rendere inimmaginabile un risultato diverso. Chi voleva vedere lo vide da subito. Lei è stato tra quelli che non hanno voluto vedere
LANFRANCO CAMINITI
il “piano” di trump per chiudere la guerra d’ucraina – svelato dal «washington post» – ovvero: cedere il donbas e la crimea a putin, è spaventosamente uguale a quello dei pacifisti italiani e d’ovunque. è anche uguale a quello dei più smaccati filoputiniani come dei più mimetizzati. costringere gli ucraini alla resa: basta non dare loro armi (c’è chi – come i 5stelle, come i santoro e i la valle, come varie declinazioni “di sinistra”, con pericolose sbandate della schlein – ne ha fatto una vera e propria “linea politica” identitaria) e aiuti per resistere, e è fatta. come sta accadendo. naturalmente, il tutto viene declinato per non spargere ancora sangue ucraino, dando per acclarato che l’irrompere delle truppe russe avverrà portando fiori nei loro cannoni. come già a bucha, d’altronde.
DAI COMMENTI
Giulia Borelli Per fortuna, al momento, la nato è più cauta di voi tre intelligentoni.
Chicco Galmozzi Giulia Borelli non ti facevo cosi cogliona…
Giulia Borelli Chicco Galmozz lo sono, lo sono
Una newsletter di “Valigia Blu”

| 23 luglio 2022 | Apri la newsletter sul browser |
- Il governo Draghi: né migliore né peggiore dei suoi predecessori
Anche il Governo Draghi è arrivato al capolinea. Fino a ridosso del suo insediamento, data la caratura del personaggio e il difficile momento politico (si era nel pieno dell’emergenza pandemica), la nomina di Draghi ha suscitato forti reazioni nella stampa. Da un lato l’adorazione a tratti eccessiva del Presidente del Consiglio da parte dell’intellighenzia liberale del paese: basti pensare all’appellativo Governo dei Migliori. Dall’altro, il governo di Mario Draghi è stato accusato di essere un governo che porta il paese sulla strada della rovina, un liberista spietato. Entrambe queste visioni in realtà non fanno altro che sposare una linea drammatica rispetto al governo Draghi, un governo della provvidenza, in un caso distruttivo, nell’altro rigenerativo. La verità, ben più banale, è che il Governo Draghi è stato né più o meno alla pari dei suoi predecessori.
Continua la lettura di Una newsletter di “Valigia Blu”Un’orchestra sul Titanic
di Cristiana Fischer
Diversi strumenti musicali compongono nell’orchestra una ricca tavolozza timbrica. Ci sono i suoni gravi e vibranti che danno una colorazione drammatica al discorso, insieme al corpo centrale degli archi che lo sostiene con continuità e senza interruzioni. Il discorso ininterrotto cui mi riferisco è quello che trasmettono imperterrite tutte le fonti di comunicazione scritte, orali e visive, sui canali ufficiali delle tv, di stato o quasi (come sono quelle dei grandi gruppi privati), più la selva di fonti diffuse, come gli alberi le rocce e i rivi di una larga foresta che corrisponde all’intrico dei social. È il discorso della guerra, al 99% impegnato a sostenere la validità di un quadro che non si smette di abbellire e rafforzare: la povera Ucraina invasa dal rabbioso capo russo.
Continua la lettura di Un’orchestra sul Titanic
E poi all’Epifania arriva Erode…
Scrap-book da FB: Spulciando qualche commento ( a cura di E. A.]
C’è qualcosa che non capisco. Come è stato possibile che qualche decina di miglia di supporter di Trump siano riusciti ad assediare ed invadere il Campidoglio ? Poliziotti pochi e a mani nude. Siamo nel cuore del potere usa. I conti non tornano. Continua la lettura di E poi all’Epifania arriva Erode…
Scrap-book sul finire del 2020 (2)
a cura di E. A.
8 dicembre 2020 – Censis, 5 milioni di precari “scomparsi” con il Covid, mentre i “garantiti” risparmiano altri 41 miliardi – di Rosaria Amato (qui)
In un’Italia che “è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica”, osserva il Censis in apertura del Rapporto Annuale, il Covid-19 ha dimostrato che “il grado di protezione del lavoro e dei redditi è la chiave per la salvezza”: a pensarlo è l’85,8% degli italiani. La pioggia dei sussidi, 26 miliardi di euro erogati a una platea di oltre 14 milioni di beneficiari, non è riuscita neanche lontanamente a rimettere in pareggio una situazione disastrosa che, solo nel terzo trimestre di quest’anno, ha portato via il lavoro a quasi mezzo milione di giovani e di donne, le categorie più fragili del mercato del lavoro, e che si è abbattuta con violenza sui redditi degli autonomi: meno di un quarto ha mantenuto le stesse entrate di prima. Continua la lettura di Scrap-book sul finire del 2020 (2)
Scrap-book sul finire del 2020 (1)
di Ennio Abate
4 dicembre 2020 – Che pesti – di Alberto Zino (qui)
Ho trovato sulla rivista ALTRAPAROLA questo scritto ironico e saggiamente impertinente verso parecchi stereotipi che hanno corso tra i fan più ingenui della psicanalisi. Quando scrive: “Se una persona sapesse a cosa va incontro quando fa una domanda di analisi, non la farebbe mai. Una buona parte delle arti analitiche consiste anche nel lasciar credere alla persona che le cose stiano effettivamente come lei pensa o spera; mi rendo conto che non è il massimo della morale”, parrebbe dar credito a certi pregiudizi popolari contro gli “strizzacervelli”. E, invece, subito dopo ribadisce un dato decisivo: “la psicanalisi non è una morale né una credenza, neppure un’essenza o un’idea del bene. L’analista non fa finta e non inganna. Tuttavia, all’inizio, sa che deve lasciar correre una serie di cose, di parole, perché non può sempre strozzare l’analizzante alla prima seduta”.







Ennio Abate
(commento censurato dal LPLC)
A me, invece, pare uno sguardo compiaciuto e complice sulla Nuova Prostituzione Poetica.