Ancora nella gabbia del lockdown

Mail a un amico insofferente

di Ennio Abate
Caro XY,
anche la nostra città è in “zona rossa” da domani fino al 3 dicembre e questi sono i miei pensieri all’annuncio delle nuove restrizioni:

1. Per non finire come l’asino di Buridano, bisogna scegliere. Di fronte ad esse ci sono due domande da porsi: – il virus c’è, è una minaccia reale o non c’è ed è un pretesto, un bau bau usato dai potenti per aumentare il loro controllo sulla società; – danneggia solo alcuni, solo determinate categorie (i vecchi) o, se non tutti, parti consistenti della società. Io, ragionando sulla base delle informazioni che sono riuscito a trovare, mi sono convinto che la minaccia è reale; e che, anche se colpisse solo o soprattutto determinate categorie, un danno rilevante e non trascurabile c’è per tutti.
2. Se la minaccia è reale, si pone il problema di come affrontarla per contrastarla ed eliminarla o almeno ridurne il danno. E qui il discorso deve tener conto del tipo di società in cui viviamo, della sua struttura, delle sue differenze e diseguaglianze, dei suoi contrasti sociali e politici che preesistevano al manifestarsi di questa minaccia (il virus). E appare subito evidente che in una società complessa e attraversata da conflitti di ogni genere, avremo teorie e strategie diverse e contrapposte. Avremo forze che tendono a negare l’esistenza del virus o o a minimizzarne la minaccia. E altre che portano prove per dimostrarne la realtà e la pericolosità. E non c’è da stupirsi che la propaganda – sia delle une che delle altre – enfatizzerà al massimo la propria “verità” e predisporrà anche misure o contromisure per rafforzare il proprio peso politico e ridurre o, se possibile, azzerare quello delle forze opposte.

3. Dopo queste premesse apparentemente “teoriche” o “astratte”, vengo al tuo messaggio. Scrivere: “Di nuovo trattati come bambini” o chiedersi “Perché ci lasciamo umiliare così?”, dice subito molto del tuo spirito anarchico-libertario e del rifiuto (istintivo o ragionato) delle nuove misure governative. Poi ci sono dubbi (sui risarcimenti previsti dal governo), obiezioni particolari che ritengo legittime (sul grado di libertà personale concesso, sul coprifuoco, sullo spostamento fra comuni, ecc.). E anche una strizzatina d’occhio simpatizzante per i “ 4 assatanati che spaccano le vetrine (e in Campania hanno ottenuto quello che volevano tra parentesi)”; e pure una certa antipatia per “la gente che subisce” (e si lascia trattare, dunque, “come bambini”) o per quanti approvano senza fiatare la nuova chiusura. Infine il tuo sogno personale d’evasione (andarsene, smart working, ecc).
4. Se ti convincessero le considerazioni che ho fatto ai punti 1 e 2, non dovresti parlare di trattamento da bambini o di umiliazione. Se la minaccia del virus è (tornata) pericolosa, se erano previsti nuovi picchi della pandemia, la necessità di una nuova chiusura apparirebbe ragionevole. Semmai resta aperto il discorso sulla gestione della pandemia da parte del governo o delle regioni o dei sindaci e il loro comportamento oscillante, incerto, imprevidente o addirittura indifferente agli avvertimenti di numerosi esperti, che dopo la prima ondata avevano chiesto di darsi da fare con misure precauzionali indispensabili. Parato alla peggio il primo colpo, se sai che ne arriveranno altri, ti prepari e non ti addormenti o lasci addormentare la gente. Quindi per me va bene contestare tutte queste autorità per le scelte particolari fatte o per quelle necessarie e non fatte. Oppure – diciamocelo apertamente – proporsi di contrastarle apertamente fino in fondo e sostituirle. Ma per gestire meglio di quanto hanno fatto la pandemia (come minaccia reale) non per negarla.
5. Fin dall’inizio (febbraio 2020 all’incirca), avendo considerato seriamente e non minimizzato il rischio di una gestione autoritaria dell’epidemia tesa a aumentare oltre il necessario il controllo sociale da parte del governo (vedi i post che ho pubblicato sulla posizione di Agamben), mi sono posto questo problema: c’è oggi in Italia una forza alternativa – ma non semplicemente negazionista – capace di gestire la pandemia (e tutto il resto) in modo migliore di questo governo? A me non pare. La si può costruire in brevissimo tempo?
6. Contestiamo le scelte fatte o non fatte come possiamo, ma sapendo che abbiamo, oltre alle autorità litiganti tra loro, altri due ostacoli da mettere in conto: – la strumentalizzazione che possono fare di questo nostro ragionevole discorso di contestazione i negazionisti; – la paura e la confusione della gente, che si trova effettivamente, se non si metterà di nuovo a ragionare (cosa impedita sia dalla propaganda negazionista che da quella dogmaticamente scientista), nella posizione dell’asino che ho citato o si chiude ancor più nella rassegnazione. Poi ci sono le minoranze che spaccano le vetrine. Andiamo anche noi con loro?
7. Per me, detto qui in slogan frettoloso, manca una STRATEGIA POLITICA ANTICOVID&KAPITAL. E’ il nodo irrisolto, Siamo di fronte al ripresentarsi luttuoso di due false alternative: governo Conte PD-M5S o Governo Conte Lega-M5S. In più, come residue minoranze ancora pensanti, abbiamo degli interlocutori (pubblico, elettorato, ecc.) che o sono epigoni e ripetono stancamente i vecchi schemi di azione politica del ”900 o sono giovani ma cresciuti a moderatismo, a individualismo, a cancellazione della storia. Le prospettive per gente come noi, se i conflitti si esasperassero disordinatamente, non sono lusinghiere: finire in una sorta di “zona grigia”? aggregarci ai “meno peggio”? isolarsi in una pavesiana “Casa in collina” o seconda casa? (io non ce l’ho neppure!).
Attendo le tue obiezioni.

6 pensieri su “Ancora nella gabbia del lockdown

  1. SEGNALAZIONE / DA POLISCRITTURE FB

    Alberto Rizzi

    1) La minaccia del virus è reale ED è un’ottima scusa per fare esperimenti di controllo sociale; per questo motivo la pericolosità del virus è fatta sovrastimare dagli apparati governativi, anche se – ripeto – è reale.
    Tale percezione è ottenuta forse manipolando alcuni dati (ancora non è chiaro quanti siano morti PER Covid e quanti AVENDO ANCHE il Covid: e non è precisamente la stessa cosa), ma soprattutto evidenziando i dati negativi a scapito di quelli “positivi”. Facendo un esempio “grezzo”, se dico “sono morte x-centinaia di persone, più che negli ultimi tot giorni”, calco sulla negatività del dato; se dico “c’è stata una lieve crescita nel numero dei morti, che però rappresentano lo 0,8% dei contagiati (e le assicuro che la percentuale è credibile)”, fa tutto un altro effetto, anche se l’invito a non prendere sottogamba la cosa arriva all’ascoltatore.
    Compito del cittadino intelligente sarà quindi quello di informarsi su quali dei provvedimenti presi dal Governo hanno una reale incidenza sul controllo dell’epidemia; e quali sono palliativi o, peggio, creano paranoie e criticità psicologiche. E, ovviamente, combattere con ogni mezzo questi ultimi.

    2) – E’ lecito mostrare almeno “un certo distacco” (lasciatemi usare per una volta un’espressione “politically correct”…) verso quella maggioranza di cittadini che ha votato lo sfascio della sanità pubblica e che acriticamente si beve qualsiasi panzana (non mi riferisco necessariamente ai provvedimenti presi contro l’epidemia in corso), pur di sentirsi sollevata dalle proprie responsabilità: quantità è opposto di qualità e non c’è modo di dimostrare il contrario (anche se Ennio ci proverà, lo sento…).
    È altrettanto lecito sentire simpatia verso chi ha la possibilità di contestare fattivamente l’attuale situazione; cum grano salis, però: è evidente che chi andava in giro a spaccar vetrine, non era realmente interessato alla riapertura dei cinema e dei teatri… E bisognerebbe chiedersi se il dietro-front dell’arcigno De Luca, sia stato dovuto alla frangia violenta, o al timore che la protesta si allargasse e andasse a stimolarla anche in altre Regioni. Non credo sia stato un caso, se dal Governo gli hanno detto di moderare i toni.
    Altrettanto lecito, anzi indispensabile, seguire con attenzione quanti, oltre a manifestare, propongono o cercano di mettere in atto soluzioni alternative al di fuori del “sistema”: per capirci, manifestare per la riapertura delle scuole, va bene; ragionare se sia possibile autoorganizzarsi per creare una struttura alternativa, va meglio.

    3) – Non c’è in Italia una forza capace di gestire in maniera organica l’epidemia in corso, né dentro né fuori lo Stato. Non c’è perché è faccenda tecnica e non politica: e in una società a-meritocratica come quella italiana, i “tecnici” sono quantomeno antipatici; le recenti vicende del Prof. Crisanti lo provano. Ma soprattutto perché da un lato la politica ha colpito pesantemente la sanità pubblica, col consenso della maggioranza della popolazione; e la “minoranza sana” si è sempre rivolta a inesistenti soggetti politici per ripristinarla: anziché organizzarsi al di fuori delle aree politiche stesse; siamo in corto circuito, insomma. Inutile dire che pensare di organizzare adesso una simile struttura, è fantascienza.
    Per quanto riguarda le domande espresse nel suo “punto 6”, è chiaro che la maggioranza non si metterà a pensare, perché non ha sufficienti capacità critiche per decodificare le balle che le raccontano.
    Il rischio che proposte alternative vengano strumentalizzate da altri c’è sempre, in qualunque situazione. Tra parentesi, mi preoccupo più di coloro che – paladini del pensiero unico – danno dei negazionisti e dei complottisti agli avversari (fa parte dei trucchi per condizionare la maggioranza di cui ho scritto appena sopra), che dello sparuto gruppo di veri negazionisti e/o complottisti che girano in rete.
    Su chi spacca vetrine, ho già scritto il mio parere all’inizio.

    4) – Riguardo alle domande del suo “punto 7”, direi che qualunque delle tre soluzioni proposte andrebbe bene: dipenderà dalle circostanze, quale potrebbe essere di volta in volta più fattibile e “sicura”. Tenendo sempre presente, che ognuna delle tre ipotesi prevede che venga offerta la possibilità di costruire qualcosa di alternativo al sistema attuale, pur alla piccola scala nella quale sarà possibile operare, per essere efficace. Se no, diventa solo un mettere la testa sotto la sabbia, nell’attesa che passi la tempesta; pratica che può anche funzionare, ma non mi sembra un atteggiamento molto positivo.

  2. Questo post è in parte analogo, per argomento, a quello di ieri di Paolo Di Marco. Si passa dall’aspetto statistico a quello politico. E allora si può cominciare col dire che anche dal punto di vista statistico questa emergenza da Covid non è gestita in modo trasparente. Il governo nasconde dei dati, altri li pubblica solo in forma aggregata e non nei dettagli, altri in serie non coerenti. I media peggiorano la situazione e si fa fatica a capire qual è il reale livello di emergenza e di pericolo. Lo affermano diversi studiosi, i quali si lamentano anche della mancata autorizzazione a eseguire autopsie sui morti da Covid, il che fa mancare un importante tassello alla ricerca sulle effettive cause di morte di oltre, ormai, 40.000 italiani.
    Infine, la mancata trasparenza è stata sollevata, da studiosi e uomini politici, anche a proposito dei 21 indicatori in base ai quali alcune regioni sono classificate “rosse”, altre “arancioni” e altre “gialle”. In particolare non si conosce qual è il “peso” di ognuno di questi indici, qual è, cioè, la ponderazione statistica applicata.
    Non sono cose da poco, ma tuttavia sono poca cosa rispetto alla gestione complessiva di cui la poca trasparenza è solo una conseguenza. Gli aspetti più gravi, a mio parere, sono:
    1) Il centralismo. La gestione tramite provvedimenti normativi che non passano in Parlamento e che sono dettati da una stretta cerchia di persone, in pratica solo una parte del Governo. Non solo non viene coinvolta l’opposizione, ma nemmeno tutta la maggioranza. Nascondersi dietro i dati e i consigli forniti da esperti non serve a nulla, perché le decisioni finali sono politiche e non tecniche.
    Gli italiani sarebbero un po’ più fiduciosi se ci fosse un accordo maggiore, di almeno il 60/70 per cento del Parlamento, il che sarebbe possibile ottenerlo se Giuseppe Conte e una parte del Governo non si fossero arroccati in una solitaria battaglia che sempre più appare piena di difetti e di personalismi.
    Ma i personalismi, quando centinaia di italiani muoiono ogni giorno, permettono di qualificare chi prende le decisioni come assassini, non in senso metaforico ma in senso stretto.
    2) Si corre dietro all’emergenza e non si è fatto nulla per prevenirla, né alla prima né alla seconda ondata e, a quanto assistiamo, non si sta facendo nulla nemmeno in vista delle eventuali successive ondate, visto che l’inverno è ancora lungo e che il virus resterà in circolazione almeno per gran parte del 2021, come diversi esperti prevedono.
    3) Non si affronta in modo decisivo, mirato e intelligente né l’emergenza sanitaria né quella economica, ma si mette insieme un po’ tutto, in una specie di “media” che sta dando risultati negativi, perché è inutilmente punitiva per alcuni settori e territori e comunque insufficiente anche per gli altri.
    4) Il centralismo statalistico, la stupidità e la burocrazia ancora una volta colpiscono la libertà e l’autonomia dei diversi territori impedendo di adottare misure di prevenzione e di assistenza mirate ai diversi e specifici problemi. Che hanno in comune, oggi, Milano e Bergamo, dove la situazione di emergenza è di gran lunga inferiore, o un paesino calabrese della Sila con tremila abitanti e nessun contagiato? Eppure si dettano normative uniformi per tutti e si vietano ai poteri locali di articolarle e adattarle, salvo il caso che non vogliano aggravarle.
    5) E già la divisione dell’Italia in tre colori nasce da un difficile e contrastato compromesso fra Stato e Regioni e, come sempre quando si fanno pasticci, si finisce poi che nessuno se ne assume la responsabilità e si esercita l’italico antico gioco dello scarica barile.
    6) Intanto, come tutti gli osservatori denunciano, si trascurano sempre di più tutti i settori sanitari e ospedalieri non Covid, con un sensibile aumento di morti per malattie oncologiche, cardiache ecc. Si rinviano sine die operazioni urgenti, visite di tutti i tipi, esami clinici ecc.
    7) La tanto consigliata vaccinazione antinfluenzale è ancora in alto mare. Non si sa a chi rivolgersi, il vaccino non si trova e non lo si sta distribuendo in quantità sufficienti.
    8) Idem per i tamponi e per altre forme di previdenza consigliate come utili e in molti casi necessarie.
    *
    Dalle statistiche pubblicate dai giornali sembra che la mortalità, per i contagiati sintomatici da Covid inferiori ai 50 anni, sia all’incirca del due per cento, mentre sale al 20% per i settantenni e al 50% per gli ottantenni.
    Eppure il «coprifuoco» è uguale per tutti. Si chiudono le scuole, i negozi e tante altre attività, però non si è predisposto nessun sistema di assistenza agli anziani, come soggetti più deboli. Le direttive inviate ai medici di base sono confuse e in gran parte inapplicabili, e in pratica ogni medico si gestisce da sé. Molti ricevono solo per appuntamento, ma poi il telefono suona quasi sempre occupato e il povero anziano non sa come fare ad avere un appuntamento. La normative prevede un massimo di 1500 assistiti per ogni medico di famiglia, ma in molte parti d’Italia, per mancanza di medici, l’autorità sanitaria ha assegnato forzatamente un numero maggiore di assistiti, anche fino e oltre 1800. E tanti medici di famiglia, per difendersi, ricevono solo per appuntamento ma tengono il telefono disponibile solo per una o due ore al giorno e non si riesce a contattarli, o addirittura è necessario prenotarsi via mail o per messaggino col cellulare. E già questo taglia fuori tanti anziani poco pratici delle tecnologie moderne.
    Sta di fatto che troppo spesso ci si rivolge al Pronto soccorso degli ospedali o si telefona al 118 non sapendo cos’altro fare. Eppure dovrebbe essere prassi normale, non solo per l’emergenza ma per sempre, che il medico di famiglia contatti periodicamente, almeno una volta al mese, di propria iniziativa, i suoi assistiti di età superiore ai 65 o ai 70 anni, come si fa in Paesi più civili e organizzati dell’Italia.
    Le gravi deficienze dell’organizzazione sanitaria di base rivolta alle famiglie e in particolare ai soggetti più deboli per età o per particolari malattie si nota in modo particolare e aggravato nelle situazioni di emergenza e il governo non ha fatto nulla per farvi fronte.
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    Una articolazione della normativa e delle direttive per territorio, lasciando maggiore autonomia innanzitutto ai sindaci, e alle Regioni; e per età, stabilendo forme di controllo e assistenza più dedicate ai soggetti a maggior rischio, permetterebbe una minore severità nella chiusura di scuole e attività economiche di ogni tipo, diminuendo l’emergenza economica e probabilmente anche quella sanitaria.
    Il principio dovrebbe essere di aiutare tutti i soggetti che vogliono cautelarsi e che vogliono liberamente e spontaneamente adottare comportamenti adeguati, non obbligare per forza a forme di dubbia cautela anche chi non vuole farlo, preferendo continuare la propria attività nelle sue forme consuete e in forme da lui scelte.
    In fondo, dovrebbe essere anche garantito il diritto di affrontare liberamente il rischio, per chi si sente di farlo. Il governo invece obbliga tutti ad adottare le stesse precauzioni, che risultano esagerate per alcuni e insufficienti per altri. Non credo che in questo modo la scelta garantisca un numero inferiore di contagi, di ospedalizzazioni e di morti.
    *
    Da sempre le situazioni di emergenza hanno costituito il pretesto per l’accentramento e l’aumento di potere dello Stato a danno degli enti locali e dei cittadini. Guerre, crisi economiche e pandemie sono storicamente al centro di molte svolte autoritarie. E a questo stiamo assistendo oggi anche in Italia. Ormai il governo si è trasformato in un direttorio ristretto che ha assunto poteri straordinari, scavalcando il Parlamento, le Regioni e i Comuni. Si tratta di una vera e propria dittatura che emette provvedimenti normativi in forme non costituzionali che incidono pesantemente sulla vita e sulla morte dei cittadini.
    Quando si tornerà alla “normalità” resterà qualcosa della dittatura di oggi. Certamente in relazione all’aumentato centralismo, ma anche, dati i gravi problemi economici che si stanno accumulando, anche in relazione al prevedibile aumento della fiscalità e all’aumento della burocrazia (nonostante che oggi tutti accusano l’inefficienza burocratica come una delle cause maggiori dei tanti ritardi e problemi italiani).
    Ciò renderà l’Italia ulteriormente meno competitiva rispetto a Germania, Francia, Usa, Cina ecc. e la ripresa economica, che in Italia, dopo ogni crisi, è sempre stata lenta e in ritardo rispetto ai Paesi concorrenti, sarà lentissima e farà scendere l’Italia di qualche posto nelle graduatorie internazionali.
    L’economia capitalistica – e in Italia non mi pare che ci sia nessuno, nemmeno a sinistra, e non certamente Zingaretti o Speranza o Di Maio o Conte che contesti l’economia capitalistica – ha bisogno di libertà e di scatto e di normativa adeguata, che non intralci chi ha idee e capitali.
    Se invece si vuole prevedere un futuro diverso, con un’economia più sostenibile, con stili di vita mutati ecc., bisognerebbe allora cominciare da subito. Ma non mi pare che le inefficienze, dal punto di vista dell’economia capitalistica, dell’attuale governo siano dovute a un approccio diverso e migliore. Piuttosto mi sembra che siano dovute semplicemente a incapacità e mancanza di programmi, all’attaccamento alle poltrone, a uno scadente populismo di tipo peronista, pieno di retorica delle chiacchiere e di spicciolo assistenzialismo e privo di sostanza e lungimiranza.
    Dal punto di vista geopolitico il diverso impatto della pandemia nell’economia e nella vita sociale dei Paesi porterà a dei prevedibili aggiustamenti a danno di alcuni e a favore di altri. Per il momento, ad esempio, tutto lascia credere che la Cina ne sarà avvantaggiata rispetto all’Europa e agli Usa e in Europa ne sarà avvantaggiata la Germania rispetto al resto e sicuramente rispetto all’Italia.
    Già le pandemie di peste del 1348 e del 1630 hanno prodotto conseguenze molto significative, sia nel senso di rafforzare gli Stati assoluti e centralizzati sia nel senso di spostare molte attività e flussi commerciali verso le zone meno colpite. Anche allora gli Stati italiani, che hanno avuto un numero di malati e morti superiori ad altre zone europee, ci hanno rimesso scendendo di grado nel confronto, ad esempio, degli stati tedeschi, della Francia e dell’Inghilterra, contribuendo al declino dei commerci e delle industrie dell’area del Mediterraneo.
    *
    Ci sono alternative? Non mi pare. Su questa linea sono sostanzialmente schierati anche i sindacati, salvo le differenze dovute al ruolo. Anche il centrodestra, a parte differenze di stile, è assai simile al centrosinistra. Le posizioni veramente alternative credo che oggi non superino il due per cento, suddiviso in correnti diverse e anche contrapposte, per cui non ha alcun peso effettivo.
    In quanto ai contestatori che rompono vetrine e danno fuoco ai cassonetti, per me sono semplicemente dei criminali, qualunque sia la loro motivazione e la loro rabbia. Criminali che danneggiano chi vorrebbe trovare una via d’uscita dalla merda attuale, paghi di spargerla, la merda, per le strade, anziché rimuoverla dalla vita quotidiana delle persone.
    Tolti questi violenti, il resto della protesta è legittimo e spesso giusto, ma quasi sempre all’interno di un orizzonte corporativo. Non vedo da nessuna parte un cencio di programma capace di darci qualche indicazione sul futuro e sulle vie per arrivarci.

  3. Non voglio sbrigarmela facilmente, ma personalmente concordo con il post di Luciano Aguzzi qui sopra. In una società complicata (termine che preferisco all’abusato “complessa”) come la nostra, la detenzione d’informazione è di strategica importanza (come già ci aveva detto, con profetica intuizione, Poe col suo racconto “La lettera rubata”), e sempre più lo sarà in futuro, ed è proprio per questa ragione, a mio avviso, che i poteri dominanti e i saperi scientifici mainstream, coadiuvati in ciò dalla cassa di risonanza dei meRdia, giocano sull’informazione per intimorire o spaventare la gente. O comunque confonderla con informazioni non necessariamente false, ma decontestualizzate ed amplificate ad hoc. Del resto, la specializzazione in quest’epoca è al suo apogeo, per cui una persona “normale” non può aver competenze tali da poter star dietro alla scienza medica o all’economica come la situazione imporrebbe per smascherare e denunciare i “giochetti” che i poteri dominanti fanno, spesso per interposti agenti, a loro vantaggio. Per cui non è un caso che le zone d’ombra riguardanti la pandemia (o meglio sarebbe sindemia, per dire col neologismo usato dal direttore di “The Lancet” Richard Horton) rivaleggino coi cosiddetti buchi neri. Non c’è casualità in tutto ciò, anche mettendo in conto l’incapacità dimostrata dall’attuale governo (ma dubito che altri eventuali avrebbero fatto meglio) nel fronteggiare con misure adeguate la sindemia.
    Una delle poche critiche che mi sento di fare ad Aguzzi riguarda questo suo brano ottimista: “Quando si tornerà alla “normalità” resterà qualcosa della dittatura di oggi”. Non credo che si potrà ritornare alla “normalità”, ossia a situazioni (politiche, economiche, ecc) simili all’ieri “normale”, per il semplice fatto che la “faccenda” Covid è così strategicamente importante per il potere dominante che, come si dice, (poco o) nulla sarà come prima. E il verso che UE e governi nazionali vorranno far prendere alla crisi economico-sociale post-sindemia chiarirà o preciserà le cose e forse allora molti interrogativi verranno sciolti (per chi se li è posti, naturalmente, non per la cosidetta opinione pubblica, alias la ggente).

    1. @ Roberto Bugliani
      Avrai notato che il termine “normalità” l’ho messo fra virgolette, proprio per indicarne la problematicità. Sarà una normalità diversa di poco o di molto, in meglio o in peggio, oggi è difficile fare previsioni. Le uniche previsione che ho fatto nel mio commento sono negative e riguardano il maggiore autoritarismo, l’allontanamento ulteriore della Costituzione materiale dalla Costituzione scritta, la difficile ripresa economica, l’aumento del fiscalismo e della burocrazia, il peggioramento dell’Italia in relazione ai rapporti politici ed economici con altri Paesi, a partire dalla Germania. Insomma, si scivola ancora di qualche passo verso una situazione latinoamericana, dove certi problemi di mancanza di democrazia, di tendenze caudillistiche, di crisi economica ecc. sono ormai croniche da decenni e decenni, anche nei Paesi più avanzati, come ad esempio il Cile.

  4. Due rilievi, più che altro di metodo.
    I morti di Covid, quanti sono? E’ facile controllarlo, e invito a farlo: si va sul sito Istat e si confrontano i morti medi in Ottobre degli ultimi dieci anni con quelli di adesso; la differenza sono i morti per Covid. E sono tanti. E comprende non solo quelli diretti, ma anche quelli indiretti, che sono quelli che a causa del sistema sanitario intasato non hanno potuto operarsi o curarsi per altre malattie. E’ un dato certo (per una nota sulla statistica invito a leggere l’articoletto di Rovelli citato nella mia bibliografia), con un margine del 5% sulla misura esatta.
    E il controllo dei dati è l’antidoto migliore contro lo scetticismo.
    Il potere, la democrazia, la libertà: ho sentito molti lamentare ‘il potere ci fa questo …per i suoi interessi..’: quale potere?? O mettiamo nome, cognome, indirizzo o evitiamo affermazioni fumose; il ‘a chi giova’ dovrebbe sempre avere consequenzialità logiche e anche qui possibilmente controllabili.

  5. @ Paolo di Marco
    Non so a chi sia rivolta la sua domanda «quale potere?», visto che lei non mette nome e cognome. Se per caso è rivolta anche al mio commento, preciso: ho usato il termine potere tre volte e in ognuna mi pare di avere precisato esattamente ciò che intendo dire.
    Nella prima ho scritto «poteri locali», e si sa che si tratta di Comuni e di Regioni, visto che le Province non hanno più poteri diretti in materia. Il secondo riferimento parla di «potere dello Stato», e anche qui mi pare che sia chiaro: lo Stato apparato è l’insieme delle istituzioni politiche che detengono i poteri politici, cioè il Governo, il Parlamento, il Presidente della Repubblica e, in misura minore costituzionalmente (ma spesso anche maggiore per deformazione costituzionale), la Magistratura. Lo Stato come apparato si contrappone allo Stato come comunità, che è trasformata – come proprio avviene nella gestione del Covid – in vittima senza potere. Il terzo riferimento si ha nella frase «direttorio ristretto che ha assunto poteri straordinari», e anche questo mi pare un riferimento chiaro: si tratta di quell’area ristretta che forma una parte del Governo, la parte che detiene i ministeri più importanti a capo dei quali si trovano i più influenti dirigenti politici del governo stesso. Questo direttorio fa riferimento anche ai suoi partner che non fanno parte del Governo, fra i quali, ad esempio, Zingaretti.
    Il potere, nel suo esercizio concreto, ha sempre dei nomi e cognomi, ma per indicare i nomi non sempre è necessario darne la lista, perché l’organico delle istituzioni a cui si fa riferimento è pubblicamente noto e si trova in vari siti Web e in apposite pubblicazioni.
    Per quel che riguarda il potere della magistratura sarebbe troppo lungo fare i nomi di persone, ma che non sia estranea all’esercizio del potere anche nel caso della gestione del Covid basta guardare una serie di indagini e alcune sentenze, vedere la loro contraddittorietà (il Tar di due regioni diverse si è pronunciato in modo opposto in relazione a situazioni del tutto analoghe) e il fatto che di fronte ad analoghe fattispecie concrete alcune procure aprono inchieste e pubblicano liste di indagati, altre tacciono completamente. Ma è noto che in Italia, Paese campione del formalismo romanistico nell’applicazione della legge, in realtà l’applicazione è soggetta all’interpretazione più che in altri Paesi con tradizioni meno romanistiche. E anche questo è un aspetto della degenerazione dei poteri costituzionali e della distanza fra la Costituzione scritta e quella materiale, quella cioè effettivamente vigente nella prassi quotidiana dei poteri.
    Concordo pienamente con il metodo di controllo dei morti: «si va sul sito Istat e si confrontano i morti medi in Ottobre degli ultimi dieci anni con quelli di adesso; la differenza sono i morti per Covid». Naturalmente non mi limiterei a ottobre. Questa stessa osservazione l’ho fatta, in risposta a posizioni negazioniste, in altri miei commenti in Facebook.
    Del resto, per un controllo più diretto mancano alcuni dati fondamentali, quali il risultato di autopsie, non fatte, per divieto, preferendo cremare i morti senza indagini necroscopiche. Ecco un altro abuso del potere, contro il parere dei medici più avveduti. Un’indagine più accurata nei mesi di febbraio-marzo scorsi, cioè all’inizio della prima ondata di morti, avrebbe evitato l’applicazione di protocolli terapeutici sbagliati che hanno provocato la morte di migliaia di persone. Alcuni specialisti l’hanno subito detto, ma sono stati zittiti e in qualche caso addirittura repressi in modo non tanto democratico e non tanto scientifico.
    E anche questo è abuso di potere, che coinvolge parecchie autorità, dall’OMS che prima ha nascosto o negato e poi ammesso diverse cose, fra le quali la trasmissibilità via aerea del virus; al nostro Giuseppe Conte, bugiardo e chiacchierone a oltranza, non so in che misura in buona o malafede, per incapacità o per necessità di conservazione della sua poltrona, ma certamente inaffidabile (a mio parere).
    Non c’è pertanto da meravigliarsi se ormai decine di giornalisti hanno notato una differenza di fondo fra il modo con cui la popolazione ha affrontato l’emergenza Covid nei mesi febbraio-maggio con quella odierna: la fiducia e la solidarietà dei mesi passati è evaporata o comunque diminuita di parecchio. La gente non si fida più e in Internet si sono moltiplicati gli interventi critici, compresi quelli negazionisti e a mio parere sbagliati e dannosi, ma quel che è peggio è vedere come questi interventi vengano ripresi, condivisi e rilanciati sempre più spesso anche da persone comuni che non hanno la preparazione necessaria per distinguere il vero dal falso ma che sono sfiduciate e stanche e quindi inclini ad accogliere ogni tipo di critica.
    Mentre scrivo queste righe, in pochi minuti, me ne sono arrivati ben tre, uno via Facebook e due via Messenger, da persone semplici che rilanciano video di altri, fra cui uno di Loris Mazzorato, ex sindaco del comune di Resana in provincia di Treviso, un altro di Vittorio Sgarbi.
    E la fiducia, o sfiducia, conta e fa una certa differenza. La sfiducia e la paura aumentano il rischio, “deprimono” il sistema immunitario, di poco o di molto, secondo la predisposizione individuale.

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