6 spunti di studio: Massimiliano Tomba su Marx


a cura di Ennio Abate

1.  La tecnologia è capitalistica e non di per sé liberante

I computer non hanno liberato tempo, ma hanno dilatato il tempo di lavoro occupando anche la sfera privata. I telefoni portatili hanno reso reperibili in ogni luogo i lavoratori mobili. Non si tratta di guardare romanticamente a un passato precapitalistico, ma non si deve nemmeno enfatizzare lo sviluppo dei mezzi di produzione come portatori di una intrinseca possibilità di liberazione. I mezzi di produzione hanno un valore d’uso intrinsecamente capitalistico in quanto sono finalizzati all’aumento della forza produttiva del lavoro e alla sua intensificazione. La tecnologia che essi incorporano è segnata da quello stesso valore d’uso. Macchine e scienza non sono neutrali. Non sono nemmeno attraversate da un’intrinseca ambivalenza che ne racchiude splendide possibilità di liberazione. Esse, in sé, non racchiudono un solo atomo di liberazione. Ambivalente può invece essere il loro uso, quando è diretto contro il capitale. Contro la sua valorizzazione.

2. Mercato mondiale ergo rivoluzione mondiale

Il mondo è rotondo è il mercato mondiale mette in relazione le diverse aree geografiche e le diverse forme di sfruttamento. Il capitalismo non può più essere analizzato guardando solo ai Paesi dove esso è maggiormente sviluppato. E tanto meno si può pensare che questi costituiscano il locomotore che traina gli altri vagoni. Infine, e proprio da queste considerazioni, Marx si chiede e interroga l’amico [Engels] sulle possibilità di successo che può avere una rivoluzione non in un solo Paese, ma anche in Europa, a fronte della mondializzazione del mercato. Senza una prospettiva internazionale la rivoluzione sarà necessariamente schiacciata. Questi tre punti, che costituiranno la tavolozza di lavoro di Marx per gli anni successivi, saranno invece ignorati da molto marxismo novecentesco. E con gravi conseguenze.

3. Accumulazione capitalistica e violenza dello Stato
stroria

 controstoria

Il teatro della genesi del modo di produzione capitalistico è l’orbe terracqueo. Sterminio, riduzione in schiavitù e caccia alle pelli neri sono gli atti di questa fondazione:

La scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica. Questi procedimenti idilliaci sono momenti fondamentali dell’accumulazione origina- ria. Alle loro calcagna viene la guerra commerciale delle nazioni europee, con l’orbe terracqueo come teatro.

La violenza statale viene colta come momento di una ambivalenza: là dove essa distrugge delle forme, si aprono anche nuove possibilità se solo si riesce a cogliere come quell’azione statale è il prodotto relativamente autonomo della lotta alla lotta di classe. È in questo senso che Marx definisce la violenza (Gewalt) «la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una società nuova». Questa affermazione di Marx, tanto scandalosa da dover essere esorcizzata come filosofia violenta della storia o come apologia della violenza tout court, si riferisce proprio al potere dello Stato. Questa violenza concentrata e organizzata ha agito come «potenza economica [ökonomische Potenz]» là dove ha contribuito alla trasformazione del modo di produzione feudale in modo di produzione capitalistico. Si tratta della violenza coloniale, del trattamento delle popolazioni delle colonie da parte dell’Europa cristiana, dell’amministrazione coloniale olandese, del furto di uomini a Celebes per ottenere schiavi per Giava. Il sistema coloniale favorì lo sviluppo del sistema industriale capitalistico, ma non si tratta di una storia progressiva. Il materiale storico montato da Marx in queste pagine serve per raccontare la controstoria di uno sviluppo che ebbe luogo attraverso il «grande ratto erodiano degli innocenti». Il capitale si afferma nella scena mondiale con il sangue e dispiegando fin da subito il suo lato mortifero: «Dove gli Olandesi mettevano piede, seguivano la devastazione e lo spopolamento». Questa violenza diventa estrema «nelle piantagioni destinate soltanto al commercio di esportazione, come nelle Indie Occidentali, e nei paesi ricchi a densa popolazione, abbandonati alla rapina e all’assassinio, come il Messico e le Indie Orientali». Diventa estrema là dove deve strappare forza-lavoro da impiegare in piantagioni nelle quali il ritmo e l’intensità di lavoro è regolato sugli orologi delle borse mondiali. La schiavitù, sussunta nel modo di produzione capitalistico in quanto diviene lavoro destinato al commercio, assume una nuova forma. Così, con lo sviluppo del «carattere internazionale del regime capitalistico», «tutti i popoli vengono via via intricati nella rete del mercato mondiale». Le forme di lavoro schiavistiche in quanto entrano nel mercato mondiale in tanto non sono più residui di altri tempi. La rete del mercato mondiale (das Netz des Weltmarkts) tiene assieme non solo diverse forme di sfruttamento combinandole sincronicamente, ma mette anche in contatto le diverse popolazioni lavoratrici.

4. Autonomia (relativa) dello Stato

L’intervento dello Stato, in quanto non neutrale ma, come parte nella lotta di classe, nemmeno sempre riducibile agli interessi della classe dominante, va colto nelle ambivalenze della sua relativa autonomia. Interessa a Marx il suo uso operaio, ad esempio nelle legislazione sulla giornata lavorativa o sulla famiglia. Attraverso una legge universale sulla giornata lavorativa infatti, una vittoria della classe lavoratrice in un segmento della produzione o in una serie di battaglie, diviene valida per l’universalità della classe. Diventa così una vittoria politica della classe operaia. Marx dedica un intero paragrafo della IV sezione alla legislazione sulle fabbriche. Cogliendo la dinamica di questa legislazione strappata al capitale, Marx continua a ragionare sulla relativa autonomia dello Stato. Questo non è immediatamente coincidente con gli interessi della classe dei capitalisti. Può anche entrare in conflitto con il capitale: l’Atto sulle fabbriche del 1864 che, con l’autorità dello Stato, impose misure sanitarie e igieniche per i luoghi di lavoro, produsse come contraccolpo la trasformazione delle piccole officine in fabbriche47.

5. Tendenze e controtendenze del modo di produzione capitalistico

Per Marx le tendenze hanno concretezza solo in tensione e contrapposizione con le controtendenze. Così se c’è una tendenza alla centralizzazione dei capitali e alla crescita dello sfruttamento, c’è anche una crescita della «ribellione della classe operaia». Nel senso che la tendenza capitalistica non è una linea retta, ma una linea spezzata dai controtempi della lotta operaia. C’è in Marx un rapporto affatto originale tra scienza e politica. La scienza non è ancora tale finché non si è fissata in immagine capace di evocare e farsi carico di vecchie e nuove insorgenze operaie. Scrivere la storia del modo di produzione capitalistico è possibile solo attraverso quelle immagini. La forma capitalistica è come oggi la vediamo non perché essa ha seguito lo sviluppo immanente del concetto di valore, ma perché qui è stata portata dalle insorgenze proletarie in rapporto antagonistico con il processo di valorizzazione. Dalle controstorie che fanno la storia e dalle controtendenze che fanno la tendenza.
[…]
Il vampiro vive del sangue dei mortali, ma questi, appena possono, gli impiantano un paletto di legno nel cuore. Il Capitale racconta questo multiversum storico. Il lavoro vivo è condizione di possibilità del capitale, ma anche sua negazione. La «negazione della negazione» di cui parla Marx non è, come hanno voluto vedervi marxisti ortodossi e loro critici liberali, una legge dialettica applicata alla storia. Essa esprime piuttosto la possibilità che si apre in una asimmetria. Il capitale non può esistere senza lavoro vivo, mentre il lavoro vivo può esistere ed anzi realizzarsi senza capitale. In questa tensione si dà la possibilità del novum. La Negation der Negation è dunque l’istante di una lotta, l’azione delle controtendenze sulla tendenza. La sospensione della legge del valore

 Poiché la forma del modo di produzione capitalistico è caratterizzata dal rapporto antagonistico con la classe operaia, le tracce di questo antagonismo devono potersi ritrovare anche nelle forme istituzionali.

6. Letture e intento non moraleggiante ma teorico di Marx

servendosi di quei semilavorati che sono i Reports degli ispettori di fabbrica, Marx descrive i giovani sostituti della forza lavoro delle tipografie londinesi come «creature del tutto inselvatichite e anormali», che quando diventano inabili al lavoro, «diventano reclute del delitto» e che «per la loro ignoranza, la loro rozzezza e per la loro degradazione fisica e morale» sono impossibilitati a trovare nuove occupazioni. L’utilizzo marxiano dei Reports non è finalizzato a suscitare scandalo morale. Quelle condizioni di lavoro venivano raccontate dagli ispettori di fabbrica, e Marx non vi aggiunge pressoché nulla. Ciò che Marx compie è il montaggio di questi materiali, facendoli diventare parte integrante della teoria critica. La tecnica marxiana del montaggio deve ancora essere studiata. Le pagine nelle quali Marx ricopia i rapporti degli ispettori di fabbrica vanno lette e comprese all’altezza della sua esposizione categoriale. Se le si omette non si coglie l’oggetto specifico del Capitale. Lo si trasforma in un’opera di economia politica, e non di Critica dell’economia politica, quale invece è. Marx non espone il capitale e i rapporti capitalistici con la calma con la quale l’entomologo indaga il suo oggetto di ricerca, ma assume invece il punto di vista dell’oggetto, o, meglio, del lato soggettivo dell’oggetto. Rispetto ai Grundrisse, il Capitale non contiene un ‘di meno’ di lotta di classe, ma anzi riarticola la lotta di classe fin dentro il piano categoriale dell’esposizione. Smontando e rimontando quei Reports fino a farli diventare materiale teorico, Marx sviluppa un’idea di critica che non è indignazione di fronte all’abbrutimento, ma strategia storiografica tesa a mostrare da un lato ciò che nel reale è agente come possibilità, e dall’altro pronta a innescare nel presente la miccia per far saltare le cariche di esplosivo del passato. Marx mostra il basso continuo della violenza extraeconomica senza la quale il modo di produzione capitalistico non riuscirebbe a sostenersi e non sarebbe mai riuscito a nascere. Ma in questa immane storia di violenza Marx mostra anche come la classe operaia non sia stata una massa di vittime inerti, ma al contrario abbia interagito con la violenza statale esercitandone una propria. La violenza esercitata dalla classe operaia ha tracciato i vettori di controtendenza: i controtempi dello sviluppo capitalistico. E se oggi esiste ancora un mondo lo dobbiamo alla forza di quelle controtendenze.

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* I brani sono stati scelti da Tempi storici della lunga accumulazione capitalistica di Massimiliano Tomba (https://www.sinistrainrete.info/marxismo/23924-massimiliano-tomba-tempi-storici-della-lunga-accumulazione-capitalistica.html)

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