di Giorgio Mannacio
I.
Ho appena finito di leggere quello che – dopo gli attentati islamici di Parigi – può essere definito “ il libro del giorno “. Si tratta del romanzo “ SOTTOMISSIONE “ dello scrittore francese Michel Houellebecq ( da qui in poi: M.H. ). In Italia è stato pubblicato nei primi giorni del 2015 da Bompiani ( traduzione di V. Vega ).
Non mi occuperò degli aspetti strettamente stilistico-estetici, pur osservando – di sfuggita – che la traduzione mi pare agile e disinvolta e tale da consentire un pieno accesso al “ senso” complessivo del libro stesso.
Quest’ultimo si articola in due filoni che si presentano – durante la narrazione – variamente intrecciati.
Il primo è costituito dalla “ storia personale “ del protagonista ( che parla in prima persona)
Il secondo dalla “ storia –cronaca “ delle elezioni francesi per la nomina del Presidente della Repubblica con indicazioni di vario genere sulla situazione economico-sociale –politica della Francia.
II.
Il protagonista è un Professore universitario arrivato al dottorato e poi alla conferma dell’incarico sulla base di un ponderoso e molto apprezzato studio su J.K. Huysman ( di seguito: J.K.H ) .
J.K.H ( Parigi 1848- 1907 ) deve la propria fama soprattutto al romanzo A’ rebours
( A ritroso ) il cui protagonista – Des Esseintes – si è scelto una vita solitaria, artificiale e rarefatta contrapposta alla volgarità dell’esistenza reale. Tale romanzo fu assunto a manifesto del Decadentismo. L’autore – però – superando, alla fine, il confine esclusivamente estetico- decadente della propria opera, rivolse la ricerca verso la metafisica e la religione e si converti al cattolicesimo ritirandosi nel 1892 nel convento di Ligugè.
L’ accostamento che M.H fa tra il protagonista del proprio romanzo e il personaggio di J.K H, non sembra casuale e appare, in senso positivo, “ un artificio “ per la comprensione del primo.
Anche il protagonista di M.H è un solitario ( single ) ; non nutre molta considerazione per la propria professione; non stima particolarmente i colleghi dei quali accentua gli aspetti negativi; non ha più rapporti – da molti anni – con i propri genitori ( interverrà ai funerali del padre solo su chiamata della di lui moglie e per questioni legate all’eredità ); non si occupa particolarmente di politica. Quanto alle sue relazioni sentimentali non si può dire che nutra sentimenti convenzionalmente ascrivibili alla categoria “ amore “ o altro equivalente
( salvo, forse, per una donna che lascerà Parigi per Tel Aviv ). I rapporti che egli ha con le donne sono improntate ad un fisicità assoluta descritta in termini crudamente realistici e per certi aspetti, a volte inutilmente ( cioè non funzionali al “ senso del romanzo “ ) volgari, almeno a mio giudizio .
Tale personaggio – che cita spesso Nietzsche – sembra condividere con il filosofo tedesco la
“ crisi di ogni valore “ . Aleggiano, a mio giudizio, in varie parti del romanzo , svalutazioni di miti e conquiste proprie della nostra civiltà ( la democrazia, l’illuminismo, la distinzioni tra destra e sinistra politiche etc ) .
Anche il personaggio di M.H – non si capisce con quanta reale e profonda determinazione – arriva a Ligugè, ma ne riparte poco dopo senza alcuna conversione e, forse, neppure realmente deluso.
III.
Come, quando e in che misura si incrociano la storia personale del professore e la situazione socio-politica della “ cronaca del suo tempo “ ?
M.H immagina che i fatti narrati nel proprio romanzo avvengano alla vigilia delle elezioni presidenziali di un anno individuabile in uno qualunque dei nostri anni a venire . Il protagonista si accinge a seguirle con uno spirito non dissimile da quello con cui seguirebbe i Campionati del Mondo di calcio ( pag. 67 ) .
Sta di fatto che la situazione della Francia nell’anno considerato è caratterizzata dalla forte presenza di un Partito islamico capeggiato da un certo Mohammed Ben Abbes (M.B.A ), personaggio che i fatti dimostreranno essere un politico accorto e lungimirante.
Di questo avviso è anche un saggio e lucidissimo ex funzionario dei Servizi segreti francesi
( certo Tanneur, marito di una docente universitaria collega del protagonista ) che, in un colloquio con quest’ultimo, pacatamente gli riferisce la visione politica di M.B.A. Costui sogna – ma attraverso un programma fortemente razionale – la creazione di un impero islamico di vaste proporzioni, una sorta di ricreazione dell’Impero romano di Augusto, tollerante quanto basta. Sul piano delle azioni contingenti immediate M.B.A ritiene indispensabile che il Partito islamico sia titolare del Ministero dell’istruzione.
IV.
Le elezioni si concludono con la vittoria del Fronte nazionale di Marine Le Pen , il secondo posto del Fronte islamico ( 22,3% ) e il terzo del Partito socialista ( 21,9% ) che è dunque eliminato dal secondo turno ( pag. 69 ).
M.H non individua espressamente le condizioni che hanno reso politicamente possibile l’ingresso del Partito islamico nell’agone politico francese ma tale operazione è piuttosto agevole laddove si considerino questi elementi : a ) la presenza in Francia di islamici
“ francesi a pieno titolo “ con diritto di voto; b ) l’incremento demografico di tale tipo di popolazione con l’aumento di famiglie islamiche “ francesi a pieno titolo “; c ) le politiche di c.d integrazione legittimate dal credo progressista ( e illuminista ) della società francese; d ) la forte coesione ( identità ) religiosa degli islamici.
A pag 189 del libro in esame è contenuta la seguente affermazione di Khomeyni: “ Se l’Islam non è politica non è niente “ .
V.
Da pag. 129 in poi il romanzo prende un ritmo incalzante che rispecchia il corso frenetico – ma allo stesso tempo rigoroso – degli avvenimenti.
Ne elenco le tappe che mi sembrano più significative.
1 ) Il Partito socialista ( identificato in una vecchia figura di esso e contro il quale si appunatono – per interposta persona – gli strali ironici di M.H ) e alcune forze politiche marginali decidono di appoggiare al ballottaggio il candidato della Fratellanza musulmana forse per non cedere al movimento di Marine Le Pen.
2 ) Marie Francoise ( universitaria collega del protagonista ) e suo marito, il funzionario Tanneur, vengono messi in pensione . Ad una cena familiare ( di alto livello gastronomico ) tra costoro e il protagonista, Tanneur ribadisce le linee portanti della filosofia politica di M.B.A e ne riporta alcune affermazioni estremamente significative come: il vero nemico dell’Islam sono il secolarismo, la laicità, il materialismo ateo; il Cattolicesimo è, in fondo, una religione del Libro: basta che si convertano; con gli Ebrei il rapporto è un po’più complicato.
3 ) M.B.A vince il ballottaggio con largo margine.
4 ) Breve viaggio “ mistico “ del protagonista nella località religioso/turistica di Rocamadour. Di ritorno a Parigi trova una comunicazione con la quale viene licenziato e messo in pensione in forza del nuovo statuto dell’Università islamica Parigi III Sorbona. La lettera è firmata dal nuovo Rettore, Roberte Rediger, già collega del protagonista e a quel tempo di tendenze nazionaliste anche se non xenofobe e fasciste. Sull’università brilla la Mezzaluna.
5 ) Altro viaggio più propriamente mistico del protagonista al Convento di Ligugè, già meta di J.K.H.
6 ) Successivamente il protagonista riceve dal nuovo Direttore delle Edizioni La Pléiade la proposta di curare una edizione delle opere di J.K.H per tale collana. Proposta accettata.
7 ) Rediger lo invita a casa sua a “ prendere un the “ e a far quattro chiacchiere, invito accettato.
8 ) L’appartamento di Rediger si trova in un quartiere “in“ ed è molto prestigioso. Il protagonista viene ricevuto “ dalla nuova sposa “ di Rediger, molto imbarazzata perché si presenta senza velo. Durante il colloquio vengono serviti, senza economia, un vino pregiato ed una squisita grappa tunisina di fichi. Il protagonista viene a sapere molte cose sia sulla nuova situazione socio-culturale della Francia sia sulla vita privata del padrone di casa che si è convertito all’islam ed ha più mogli. Le mogli hanno diritto tutte ad un pari trattamento e dunque il numero di esse dipende dalle condizioni economiche del maschio.
9 ) Al protagonista viene proposto il rientro come docente nell’università islamica a condizione che si converta. Si ventila un ottimo trattamento economico. Alla fine il padrone di casa offre in lettura al protagonista un libricino intitolato “ Dieci domande sull’islam “ in cui sono contenute le linee essenziali della cultura e religione islamica e i presupposti teorico-religiosi di esse. Rediger non ha dubbi che il protagonista possa, senza alcun ostacolo interno, convertirsi all’islam .
V.
Lascio al lettore il piacere della scoperta di una serie di dettagli e – ovviamente – la ricerca della ragione della conversione di Rediger e – a quanto sembra – anche del protagonista.
Le ultime parole del romanzo di M.H. sono le seguenti:
“ Un po’ come era successo, anni prima, a mio padre, avrei avuto una nuova opportunità e sarebbe stata l’opportunità di una seconda vita, senza molto nesso con la precedente. Non avrei avuto nulla da rimpiangere “.
VI
Non intendo sostituirmi ai lettori nell’interpretazione dei fatti narrati dal M.H; neppure esprimere valutazioni sull’esito politico illustrato dal romanzo e sulla sua concreta possibilità
In Italia o in altro paese dell’Occidente.
Mi pare utile, invece, mettere in evidenza alcuni problemi che la vicenda ci sottopone senza equivoci.
Il primo riguarda il punto relativo ai meccanismi della democrazia di tipo occidentale che consentono in astratto risultati che possono essere anche “ indesiderati “ da chi di tali strumenti si serve.
Il secondo attiene alla “ interna coerenza “ che lega l’adozione del sistema democratico all’esito di esso.
Sotto un terzo aspetto la vicenda narrata lega indissolubilmente e con aporie difficili da sciogliere le “ conquiste della cultura illuministica “ e del “ laicismo “ con le identità religiose.
Il laicismo ci rende “ indifferenti “ verso opzioni religiose e dunque in astratto ci rende tolleranti verso ogni confessione religiosa, ma quest’ultima vede nel laicismo il vero avversario.
Ho udito con le mie orecchie un predicatore domenicano – teologo – affermare : “ Il laicismo è PECCATO “.
Altra aporia si scorge nelle pratiche della c.d “ integrazione “ che in realtà significa
“ sottomissione “ a chi– qui ed ora – è più forte. Quando non si verifica questa situazione e ciascuno mantiene – più o meno latente – la propria “ identità “ il conflitto è dietro l’angolo e sulle probabilità che esso esploda incidono “ anche “ le condizioni socio-economiche dei c.d integrati.
La più umana nozione di “ tolleranza “, che esige reciprocità, è praticabile solo tra popoli con equivalenti stadi di organizzazione politica e di opzioni culturali.
La Chiesa cattolica è doppiamente “ ambigua “ perché da un lato vive profondamente “ nel secolo “ e dall’altro ne contesta il laicismo quanto mai diffuso.
Non c’è dubbio che la religione “ non secolarizzata “ presenta elementi di fascinazione come quelli che – nella crisi dei c.d valori ( termine che uso per comodità per descrivere il disagio della nostra civiltà ) cercano di ridare un “ senso alla vita “.
Poiché il “ progresso “ è nozione relativa, la religione, per certi aspetti , può essere anche
“ conveniente “ ( Nel romanzo si accenna – pensate ! – alla convenienza economica della poligamia come. quella che, espellendo istituzionalmente le donne dal mercato del lavoro….favorisce la diminuzione della disoccupazione ).
Una “ convenienza più sottile e quasi filosofica “ si può cogliere anche nella “ perdita della libertà “ che l’adesione ad una religione comporta, libertà che è senza dubbio esercizio di grave peso comportando complesse situazioni di responsabilità.
E si può continuare. Gli attenti lettori possono cogliere ad ogni passo intrecci di idealismo,
cinismo, convenienze alte e basse etc. che punteggiano il romanzo.
A parte i pregi letterari, sui quali non mi pronuncio, il romanzo di M.H apre su problemi di grande attualità e di grande complessità e quindi può essere letto come un saggio di (fanta: non poi tanto ) politica.
Non ho letto il romanzo,ma per come lo racconta Giorgio Mannacio direi che lo snodo di tutto è l’ottusità politica del Partito Socialista (che sembra il primo bersaglio dell’opera). Escluso dal ballottaggio, pur di non favorire la Le Pen, fa in modo di consegnare la Nazione a un sistema di potere ben più irreversibile di un fascismo europeo oggi. La Le Pen sarebbe potuta andare in crisi alla prima incongruenza grave (anche solo per i disordini che sarebbero conseguiti alla sua politica islamofoba in una nazione a forte componente islamica). Gli islamici, invece… e sono loro il secondo bersaglio, tanto più efficace perché visti non nella versione tagliagole ma di moderati magnanimi attorno alle cui scelte, se non ho letto male la recensione, si potrebbe anche convenire, benché modifichino ben più profondamente le basi di storia e cultura. Quanto alle considerazioni sulle convenienze della poligamia (le donne stanno a casa, quindi fine della disoccupazione), no comment. Oltretutto detesto il matrimonio.
ma.. al contrario da come è stato dipinto dal mainstream mediatico sull’onda dei fatti di Parigi, il libro di Houellebecq non è affatto islamofobo.. è essenzialmente una critica del nichilismo della società occidentale.. poichè ogni buon lettore di M.H. sa che per questo autore una società senza religione si riduce ad un fremente ammasso di particelle elementari destinate ad aumentare le collisioni all’aumentare dei gradi di libertà.. per questo ritiene indispensabile una qualche forma di religione che sappia “religere” tenere insieme gli umani perchè una società possa durare.. Houellebecq è essenzialmente critico nei confronti dell’illuminismo, come si evince del resto anche da quest’ultimo libro nonchè da interventi ed interviste passate e recenti.
Cari Fabio e William, grazie del riscontro al mio scritto e per il quale avete diritto a qualche precisazione.M.H mantiene – rispetto alla vicenda – una certa dose di ambiguità. Hai ragione, Fabio, quando rilevi una critica di M.H rispetto alle scelte del Partito socialista per quanto riguarda l’appoggio dato al Fronte islamico. Ma anche tu William hai ragione quando rilevi una non poi tanto scoperta critica ai ” valori dell’Occidente “. Senonchè – ecco l’ambiguità di M.H – non è l’autore che esprime adesione o dissenso. Egli fa parlare – in sua vece – i vari personaggi che esprimono le loro idee. In questo senso il libro non è islamofobico. M.H lascia ai lettori il giudizio etico,politico e sociale
sulla sottomissione che egli descrive – date le premesse ( integrazione, cittadinanza, incremento demografico ) come un evento inelluttabile. In questa descrizione – così mi pare – anche alcune premesse filosofiche ( come illuminismo ,tolleranza etc ) venfgono additate – ambiguamente – come fattori favorenti la sottomissiione in quanto impongono il rispetto delle opinioni altrui ( anche politiche ) in assenza – aggiungo – di reciprocità. Anche il mito dell’integrazione viene quindi indicato – mi pare – come fattore di conseguenze ( positive o negative è lasciatio a noi lettori di dire ). Anche la valutazione sulla scelta di Rediger viene lasciata ai lettori. A prima vista Rediger opera in base ad una ” bassa convenienza ” ( riacquisto di posizioni di prestigio, disponibilità di più donne etc ),ma cosa pensi realmente M.H non lo sappiamo. Rediger ammanta la conversione di elementi per così dire nobili ma, ripeto, a noi ancora una volta il giudizio. In M.H io vedo comunque – si vedano i suoi richiami a Nietzsche e Huysman – più di un elemento di adesione ad una critica dei quelli che chiamiamo valori occidentali. Questa è – almeno – la mia opinione. Grazie ancora e un cordialissimo saluto. G.M
Dovrei leggere il libro prima di parlare, ma mi sono annoiata con le Particelle Elementari perciò non credo che leggerò questo ultimo.
Voglio fare una osservazione per fare emergere qualcosa che scorre muto eppure di una evidenza folgorante nel riassunto e commento di Mannacio.
Mannacio osserva che il protagonista del romanzo ha con le donne rapporti improntati a una fisicità assoluta, descritta in termini a volte inutilmente volgari. (Come dire che nel sesso l’altra non è un soggetto intero.)
Osserva poi un altro particolare della nuova vita del rettore, più mogli, e rileva che nel romanzo si accenna alla convenienza della poligamia per fattori economici: uguaglianza di trattamento per le mogli, e per di più le donne non portano via il lavoro agli uomini. Non so però chi, nel romanzo, faccia queste osservazioni “economiche”.
Bene, ma a questo punto i problemi proposti alla riflessione da Mannacio su democrazia e laicismo, sarebbero proposti allo stesso modo anche dai soggetti donne? Vale a dire democrazia e laicismo hanno per le donne LA STESSA interna problematicità? Mi sento di dire di no.
SEGNALAZIONI: SU HOUELLEBECQ
http://quattrocentoquattro.com/2015/01/21/contro-houellebecq-la-sottomissione-di-sisifo/
http://www.minimaetmoralia.it/wp/sottomissione-lintervista-a-michel-houellebecq/
Grazie, Ennio, dei rimandi. E’ un bel tradurre “islam” con “sottomissione” del titolo. So che tu non credi al femminismo come concreto soggetto politico però capisci che il “rapport entre l’ absolue soumission de la femme à l’homme, telle que la décrit Histoire d’O, et la soumission de l’homme à Dieu, telle que l’envisage l’islam” è un’opzione che le donne occidentali (magari non tutte, però…)non accettano più.
Capisco anche che la politica degli uomini oggi non è disponibile per un “ritorno dei padri”, occorre quindi una nuova via.
Pensavo di rivolgermi alla trattazione della “forza” di Simone Weil, per uscirne in qualche modo, ma mi occorre del tempo.
Cara Cristiana, sull’argomento Simone Weil mi piacerebbe discutere con te. Ti lascio la mia email, se vorrai contattarmi: giusynet@connection.it
…ringrazio Giorgio Mannacio per la sua recensione del libro “Sottomissione” di M. H., che mi suggerisce alcune riflessione…spero di non uscire troppo dal tema. Intanto lo stesso concetto di sottomissione mi ispira una certa insofferenza…Non ho alcuna riserva invece in merito alla dipendenza, quando sia consapevole e non distruttiva, perchè penso che gli umani non possano sottrarvisi. Penso alla nostra dipendenza materiale, affettiva dagli altri, dalle cose…Ma la sottomissione, ottenuta non necessariamente o soltanto con l’impiego della forza “esteriore”, mi richiama troppe negatività: i popoli sottomessi per colonialismo o per imperialismo, donne, bambini, schiavi sottomessi e percio’ alienati, la natura sottomessa…Che anche forme di liberismo e di laicismo oggi manifestino nella nostra società dei limiti non ho dubbi: che possano portare a forme di individualismo estreme, che non sempre pratichino concretamente il rispetto di altre sensibilità, che siano di parte con i potenti…Tuttavia una prospettiva di sottomissione ad una religione, con tutta la sua componente politica, non mi ispira proprio. L’islam sarà diverso, ma abbiamo visto quanto é successo con il cattolicesimo…
Forse potremmo accettare un solo atto di sottomissione (dovuto dopo tanta sopraffazione) cioé quello nei confronti della natura…In realtà sarebbe giusto sentirsi in continuità con essa, ma le dobbiamo tali scuse…Maggiore armonia nel rapporto dell’uomo con la natura magari farebbe cessare quel sistema di sopraffazione tra gli uomini stessi…Certo queste dinamiche sono antiche come il mondo, ma oggi si è arrivati troppo lontano
@ a tutti
Grazie dei riscontri. Ma voglio precisare – mi sembra assolutamente indispensabiloe – che io non ho inteso fare se non il ” resoconto ” del libro letto indicando quali problemi esso oggettivamente pone alla nostra atetnzione. Dunque il mio modesto scritto non può essere letto come se proponesse un giudizio di valore ( positivo o negativo che sia ) sulle questioni – davvero molteplici e complesse – che M.H suscita e che ciascuno affronterà a proprio modo. Ancora grazie e un cordiale saluto. G.M
Il tema: che in fondo il libro di H. “prescinda” da un buona metà del cielo, è venuto in mente anche a lui http://www.corriere.it/editoriali/15_febbraio_06/fantapolitica-houellebecq-l-argine-femminile-sottomissione-724239be-ae0f-11e4-92f5-d80ea89fe184.shtml
Non ho affatto creduto che Mannacio proponesse un qualunque giudizio di valore su Sottomissione. Rilevavo che, di questo prescindere, non si facesse alcun cenno.
incredibile invecchiamento dell’ipotesi
di Sottomissione di Houellebecq
per via passivamente elettorale
ora viene una guerra e i conflitti
sull’onda dell’ideologia non la mia
neanche la tua
vale la pena di insistere… http://www.huffingtonpost.it/ida-dominijanni/paris-decadence-la-fantasia-di-houellebecq_b_6724672.html?utm_hp_ref=italy
SEGNALAZIONE
Sì, è giusto insistere…:
https://cartesensibili.wordpress.com/2015/01/23/impero-nadia-agustoni/
Commentatori/trici, vi invito a fare degli scrap-book quando segnalate link interessanti. A selezionare cioè i passi per voi cruciali o centrali del testo.
Ad es. in quello di Dominjanni (http://www.huffingtonpost.it/ida-dominijanni/paris-decadence-la-fantasia-di-houellebecq_b_6724672.html?utm_hp_ref=italy) sceglierei questo stralcio molto polemico:
La profezia di Francis-Houellebecq si rivela così per quello che è, una fantasia: la fantasia, dichiarata, di un ritorno al patriarcato fuori tempo massimo. Farebbe sorridere, se non fosse per la totale mancanza di ironia e autoironia dell’autore, nonché per il silenzio stupefacente, ed evidentemente complice, che in molte recensioni del libro, maschili ma anche femminili, sorvola sul punto in questione. Che pure è l’architrave del romanzo, come l’immaginario sessuale dell’autore ne è la cucitura.
[…]
Ben costruita e benissimo supportata dal lancio su Charlie Hebdo poche ore prima della strage del 7 gennaio, l’operazione di Houellebecq ha il solo e involontario merito di rovesciare la retorica guerrafondaia occidentale fondata sulla favola della “liberazione delle donne dal patriarcato islamico” mostrandone il rovescio fantasmatico inconfessabile, ovvero l’invidia dei “nostri” uomini per i loro nemici “esotici” e per la sottomissione femminile di cui essi, secondo uno stereotipo che peraltro fa torto al variegato mondo femminile islamico, sono supposti godere. All’indomani dell’11 settembre, quando questa retorica impazzava – anche qui da noi, in Italia e in Europa; e anche sulle testate di sinistra e a firma di radicalissimi intellettuali di sinistra – per legittimare la guerra in Afghanistan, fu premura del femminismo internazionale, americano, europeo e islamico, smontare la favola e mostrare il fantasma, ovvero le segrete simmetrie che intercorrono fra patriarcato islamico e patriarcato cristiano, fra la misoginia evidente dei nuovi fondamentalismi e la misoginia nascosta della tradizione politica occidentale, fra l’ingiunzione a coprirsi e l’ingiunzione a mostrarsi indirizzate alle donne dalla religione del Corano e dalla religione del mercato.
Come di tutto l’enorme dibattito successivo al crollo delle Torri gemelle, anche di questo cruciale tassello il dibattito europeo di oggi sembra aver perso completamente memoria; e deve averla effettivamente persa, se premia tanto generosamente un romanzo misogino come “Sottomissione”.
P.s.
Farò al più presto una scelta anche del link di Nadia Agustoni
OK
SEGNALAZIONE: A proposito di Sottomissione di Houellebecq…
dI Romano Luperini
http://www.laletteraturaenoi.it/
@ Luperini: bella domanda (che se non si trova una ragione per vivere ecc.)
io, per me, (evviva io e me) dico che se non si affronta -si mette di fronte- la questione dei due sessi, le ragioni evaporano…
il libro di M H ne prescinde, o meglio la dà per già risolta, in quel vile modo che ripete
io per me so con certezza che il nodo tra i sessi (la madre e il figlio maschio, la Chiesa e il clero, la generazione e la guerra) va sbrogliato perché oggi è al massimo (per oggi) dell’imbroglio e dell’impotenza
SEGNALAZIONE
L’utopia di Houellebecq
di Lorenzo Marchese
[Stralci di lettura]
Nella costruzione impossibile di scenari sospesi fra un passato secondonovecentesco da abiurare, magari secondo lo schema latente della conversione disperata[4], e un futuro di estinzione e disumanità accolto con ambiguo piacere, risiede la spinta più autentica del romanzo per Houellebecq, che con sempre maggior forza negli anni Zero ha creato futuri ipotetici, via via avvicinando cronologicamente questo avvenire
[…]
Lo scenario descritto da Houellebecq non prevede meccanismi politici internazionali, è imbarazzante per quanto è francocentrico, inscena l’allontanamento dal circuito produttivo delle donne e la messa al bando dell’omosessualità senza che, a quanto pare, si abbozzi qualche contestazione o si formino minime forze antagoniste. Nessuno fiata per il crescente antisemitismo che, presente per accenni già nelle prime pagine di Sottomissione, fa intuire una sostanziale messa al bando degli ebrei nella nuova Francia. Ci vuole coraggio per lasciare da parte tutte queste variabili, o, per dirla con altri termini, una superficialità un po’ sciocca, che rende il mondo possibile del romanzo (formula della narratologia da intendere, in questo caso, alla lettera) a dir poco implausibile.
Nonostante ciò, credo che la ristrettezza prospettica dell’autore sia in parte comprensibile se visto sotto una certa luce. Lo sforzo secondo me da compiere, il quale giustificherebbe in parte l’irrealismo complessivo che sembra inamidare il tessuto di Sottomissione, è per un’interpretazione utopica. Immaginare una Francia ormai islamizzata sembra per Houellebecq uno scenario appartenente alla letteratura dell’utopia, fin nelle diramazioni novecentesche della science-fiction e del fantasy cui l’autore guarda da sempre con grande ammirazione
[…]
La visione di Houellebecq sul suo mondo di finzione non è quella di Orwell sul Grande fratello, perché è evidente che la descrizione del cambiamento storico non è condotta secondo un rifiuto integrale, bensì con raggelata accettazione. Per essere più precisi, a Houellebecq interessa proporre attraverso l’Islam una visione storicista di un modo di produzione concorrenziale al capitalismo avanzato della Francia odierna, nella convinzione che tale modello, fallimentare, sia maturo per essere sradicato.
[…]
il lettore avveduto non ha problemi a vedere che le convinzioni di François collimano in parte, pur deformate dal filtro dell’«umorismo generoso» di cui si diceva prima, con quelle di Houellebecq, e che la visione del protagonista si limita ad accentuare valutazioni di rifiuto del modello capitalista in favore di un modello patriarcale cui sin dai suoi primi scritti l’autore ha guardato con nostalgia, come qualcosa di perso per sempre dopo gli anni ‘60. Anche per questo mi sentirei di parlare di utopia – pur con risvolti poco incoraggianti.
[…]
Siamo di fronte al caso raro di un’utopia regressiva.
[…]
A fronte di una paralisi della modernità, Houellebecq non propone molto di più di un ritratto di uomo, divertente fin che si vuole, e una mistione destinata a crollare subito. È pur vero che il tentativo di potenziare la forma del novel come racconto pseudoautobiografico, attraverso l’inserzione di ambigui narratori onniscienti o di un elemento fantascientifico, era evidente in tutta la produzione di Houellebecq. Ma rispetto ai precedenti romanzi, Sottomissione manca di efficacia perché compie il movimento che caratterizza François (e che mise in scacco Huysmans): andare controcorrente, non riuscendo a muoversi che a ritroso.
(Da http://www.leparoleelecose.it/?p=18123)
SEGNALAZIONE
Houellebecq che legge nel futuro
Scritto da Nicola Lagioia
Martedì 24 Febbraio 2015 11:47
Democrazia? Libero mercato? Civiltà occidentale?) a cui non siamo più in grado di riconoscere alcuna vera autorità.
In altre parti del mondo, la fede ruota intorno a oggetti infinitamente più solidi, nulla di paragonabile a ciò che noi consideriamo feticci svuotati di forza. Questo, non può non fare la differenza. Ecco il ragionamento di Houellebecq in Sottomissione. Da un lato molti suoi lettori non riescono a non subirne il fascino (secondo il romanzo il destino del mondo non si starebbe giocando sull’economia, bensì sugli scacchieri della cultura, delle idee, dell’istruzione, della demografia, in particolare su ciò che – come la religione – può imprimere alle nostre energie mentali, emotive e spirituali una forza sconosciuta al mondo laico). Dall’altro, il risultato finale (l’Eurabia) ci atterrisce. Uno spavento che acquista tuttavia – ed è questo il merito maggiore del romanzo – più di una sfumatura comica quando molti cittadini francesi del 2022, dopo la vittoria del candidato islamico alle presidenziali, scoprono che, tutto sommato, vivere sotto la mezzaluna è molto meglio che averlo fatto sotto Hollande (sorta di Romolo Augustolo di un mondo sull’orlo della dissoluzione).
Sottomettiti, e tornerai a essere felice. Le donne, sottomesse ai maschi, possono rientrare in quella condizione di eterno infantilismo che le sottrae alle torture della competizione professionale ed erotica, fattasi ultimamente insopportabile; mentre i maschi, finalmente poligami, sottomessi a loro volta all’autorità di Dio, possono tornare a sorridere: la solitudine, in particolare, questo lascito terribile del mondo occidentale a ogni singolo individuo, viene spazzata via dal ritorno di una vera comunità. Cosa importa (facendo un rapido calcolo tra costi e benefici) se tutto questo avviene nel nome di Allah? Una distopia che al suo interno contiene la più disturbante (per noi) delle utopie. Ecco il colpo da maestro di Houellebecq. Geniale, come si diceva, sul piano delle idee. Ma a un romanzo è lecito chiedere anche altro.
Sul piano squisitamente letterario (la dimensione magica che ci fa entrare in comunione con un libro a un livello più intimo e profondo di quanto accada rispetto alla semplice messa in scena di idee e ragionamenti), ho trovato toccanti le pagine di Sottomissione in cui il protagonista soffre a causa della sua condizione di occidentale di ceto medio. Frustrazione. Senso di inadeguatezza. Mancanza di una vera vita affettiva. Incapacità di rispondere alle sfide lanciate da un mondo decisamente più forte e spietato di noi. Quando racconta la disperazione ai tempi degli ipermercati, Houellebecq è insuperabile, si tratti anche solo di descrivere l’angoscia del protagonista davanti alla propria buca delle lettere piena di documenti amministrativi e lettere del fisco. Da questo punto di vista, l’autore di Le particelle elementari resta il più efficace cantore della depressione come malattia sociale. Solo che la depressione (per quanto diffusa) non esaurisce le possibilità di quella strana creatura che ancora siamo nel XXI secolo.
(Da http://www.lostraniero.net/archivio-2015/172-marzo-n177/918-houellebecq-che-legge-nel-futuro.html)
…se ho ben capito, si parla di utopia come sottomissione che vedrebbe due specie (una sola o nessuna?)umane ben distinte: la specie donna che nella sottomissione all’uomo recupererebbe la felicità dell’infantilismo( ma a cosa deve rinunciare?), la specie uomo che nella sottomissione ad Allah perderebbe nella comunità poligamica quel senso di solitudine che lo attanaglia nella società occidentale…Se si potesse bisognerebbe interrogare Allah per conoscere quali vantaggi a sua volta ne trarrebbe…