Criticare, non calpestare Walter Benjamin

a cura di Ennio Abate

Da tempo su FB sempre meno mi sento di entrare  in polemica con  persone che mi paiono intelligenti, preparate e  affrontano le stesse questioni  (globalizzazione, populismi, nazionalismi, imperialismo, neocolonialismo,   guerra in Ucraina,  oltrepassamento  o riconferma della distinzione  tra destra e sinistra, abbandono o ripensamento delle opere dei  nostri “antenati”), sulle quali – da isolato –  io pure continuo a riflettere.  Perché le posizioni  che si confrontano sono sempre più divaricate e inconciliabili. Eppure a volte mi chiedo. ma perché dargliela per vinta? perché tacere sulle differenze che – pur in una apparente ricerca comune –  vengono fuori?  E allora mi sento di intervenire e di ragionare in pubblico.  Pur sapendo che lo scambio è diseguale e viziato in partenza dai rapporti  (sfavorevoli) di potere tra me (un isolato) e loro (ben inseriti e appoggiati da solide istituzioni). E’ il caso di questa mezza discussione su Walter Benjamin con il filosofo Vincenzo Costa (qui).  Pubblico l’istruttiva cronaca  dello scambio. Che ripropone per me la domanda cruciale: criticare sì, ma in quali modi e per quale progetto. 

Vincenzo Costa  Stereotipi culturali
Io amo sempre meno Walter benjamin. crescendo e liberandomi dall’esigenza di conformarmi agli stereotipi accademici e culturali lo avverto sempre più estraneo, anche fastidioso, pur conservando una grande pena per il suo tragico destino, di escluso dall’accademia prima e di suicida poi.
Ma tutto il suo lavoro mi infastidisce, anche se questo non vuol dire che non vi siano intuizioni interessanti. Ma nel complesso mi irrita.
Infanzia berlinese ho cercato di capirlo, di entrare in quelle emozioni. Ma mi sono estranee. Quel mondo borghese e le emozioni del bimbetto non mi appartengono. capisco che qualcuno possa riconoscersi. ma io sono cresciuto in un mondo contadino, avevamo le focacce, passavano le capre davanti a casa, erano giornate piene di sassate, partite di pallone in piazza. Niente, benjamin non può piacere ne può avere niente da dire a gente come me.
Ma anche basta con la solfa “è solo a favore dei disperati che ci è data la speranza”. Mi ha fregato troppe volte sta cosa. Il culto dei disperati, come se fossero i nemici del sistema. Li conosci e i disperati risultano sempre essere quattro stronzi, leccaculo, pronti a vendersi.
Benjamin viveva nel suo mondo di bimbo della borghesia.
No, non sono i disperati ciò che fa paura al sistema.
A fare paura è solo la gente normale, quella che levora, soffre, pena, i maledetti normali che gli alternativi odiano. Questi fanno paura, la loro collera, il loro divenire disperati.
Benjamin è un altro da mandare in soffitta, a uccidere la zia sul divano. Che palle
Si lo so che il post da fastidio. Che siete colti.
Ma questa cultura non è la risorsa: è il problema.
Io ne cerco un’altra, tutto qui. Questa mi ha nauseato

Ennio Abate  Sbarazzarsi di Benjamin perché lo usano a capocchia dei prof universitari? O perché la propria infanzia non è stata borghese- berlinese ma meridionale-contadina? Ma scherziamo? Su qualunque pensatore cresce col tempo una «solfa». E allora ci si liberi di questa. Comunque, sbarazzatevene pure. Però dite con chi o cosa lo sostituite e dov’è questa cultura «altra».

Vincenzo Costa io dico soltanto che a me non dice nulla, non mi aiuta a comprendere ne la mia esperienza ne quello che accade. Se secondo lei ci aiuta in questo io sono disposto a rileggerlo. Ma mi indichi i punti di interesse

Ennio Abate Alcuni “punti d’interesse” per rileggere Banjamin sono già stati indicati da alcuni commenatori. Ne indicassi altri io, non sarebbero comunque decisivi per rimuovere quello che a me pare un pre-giudizio. Ed è questo che non mi va. Perché confondere o sovrapporre degli stereotipi culturali oggi prevalenti con il pensiero di Benjamin.
Quegli stereotipi sono di lunga data e vennero già criicati e sbeffeggiati da Cesare Cases. Volevo indicare un suo saggio su un vecchio numero di “quaderni piacentini”, ma in questo momento non posso farlo, perché il sito della Biblioteca Gino Bianco è in manutenzione e non accessibile. Probabilmente l’argomento affrontato da Cases è sviluppato in questo saggio: “Far arrivare il Messia, in Caleidoscopio benjaminiano, a cura di Enzo Rutigliano e Giulio Schiavoni, Roma, Istituto Italia no di Studi Germanici, 1987, pp. 59-61. Relazione tenuta nel 1980, sulla ricezione di Benjamin in ambito italiano”. (Ho ripreso il titolo dalla bibliografia degli scritti di Cesare Cases).
Non possiamo fermarci agli stereotipi. C’è gente che ha riflettuto molto su Benjamin e io mi sento di studiare a fondo quello che hanno scritto su di lui e la sua opera. Ovviamene perché almeno un po’ ne sono attratto. O perché ho conosciuto di striscio alcuni autori che l’hanno studiato meglio di me o ho letto di loro cose che mi hanno attratto.
Mi permetto, perciò, di consigliare a chi cerca una cultura “altra” di continuare a controllare le “buone rovine” (Fortini). Fossero anche estranee – apparenemente o effetivamente – alla propria esperienza.
Un tentativo a mia conoscenza di riproporre Benjamin (non certo al pubblico di FB) nella sua complessità è in questo volume pensato da Michele Ranchetti prima della sua morte nel dicembre 2008: “Walter Benjamin, Testi e commenti a cura di Gianfranco Bonola, L’ospite ingrato ns 3, Quodlibet 2013.

Vincenzo Costa la ringrazio molto per le indicazioni. Qualcosa conosco. Ovviamente i discorsi sono complessi. Tuttavia su un punto vorrei dire una cosa semplice: il mio è un giudizio, non un pregiudizio. Il post non nega che si possano trovare intuizioni interessanti, ma esprime l’idea che si tratta di una filosofia che esprime un certo tipo di esperienza e una cultura. Si potrà discutere, ma è un giudizio, che si potrebbe articolare in maniera dettagliata. Certo, un lavoro di critica a benjamin non interesserebbe nessuno. Di solito si scrive per valorizzare. Non trovo più elementi per orientare e per comprendere. Ripeto, questo può essere criticato ma è un giudizio. Mi perdoni la franchezza

Ennio Abate  Franchezza per franchezza. Se è un giudizio il suo, vuol dire che con quella « filosofia [di Benjamin e penso anche di Bloch e altri] che esprime un certo tipo di esperienza e una cultura», quella cioè collegata alle esperienze comuniste del ‘900) ha chiuso. Non mi scandalizzo. È la posizione consolidatasi anche in Italia da tempo nell’intellettualità accademica e anche militante “di sinistra”. Però, le motivazioni con cui ha annunciato la necessià di demolire il lascito di Benjamin mi sono parse davvero ipersoggeivistiche e riduttive. Perciò ho commentato. E – ripeto – venisse almeno abbozzata questa cultura «altra». Cos’è? Da dove spunterebbe? E sarebbe la ricerca di Benjamin a impedire che sorga?

Vincenzo Costa no benjamin non esprime affatto l’esperienza comunista. Lo si potrebbe mostrare testi alla mano. Esprime una crisi interna alla borghesia. Questo ha un suo valore, ma anche i suoi limiti. Fallisce nel dare voce ai modi di sentire delle classi popolari, e dove lo fa io credo sia bassa retorica, per esempio “che hanno disimparato etc”. Poi benjamin coglie cose importanti, ma sul versante politico è stato disastroso, attraverso lui e altri la cultura socialista è stata privata di ogni radicamento popolare. Per me si tratta di spazzare via tutto quello che si è accumulato a sinistra negli ultimi decenni. Ripulire il terreno. Poi si vedrà. Le motivazioni che lei chiama soggettivistiche sono distinzioni di classe. Una classe ha propri modi di sentire. Nella mia classe nelle favole non c’erano fate, solo pericoli. È una battaglia tra due culture.

Ennio Abate D’accordo Benjamin non «esprime» (il termine è nella sua citazione che io ho semplicemente riportato) ma di sicuro è stato “toccato”, “influenzato” dalle esperienze (plurale d’obbligo!) comuniste del Novecento. E senza un suo legame con queste, non si capirebbe da dove nascerebbe la «crisi interna alla borghesia» che lei richiama.
Non mi pare poi che Benjamin sia stato uomo politico e quindi trovo improprio accusarlo di non «dare voce ai modi di sentire delle classi popolari». Ha fatto altro, ha pensato altri aspetti della possibile rivoluzione a cui lui pure, a suo modo, teneva. Quindi perché dire che «sul versante politico è stato disastroso»? Altri, «attraverso lui [Benjamin] e altri [chi? specificare…)», hanno combinato guai. Ma sarebbe meglio chiarire a quale fase storica si riferisce e a chi. Per ragionarci su. Anche perché spezzoni della sua opera sono stati introdotti nella cultura italiana soltanto negli anni ’60 del Novecento ( «Angelus novus» a cura di Renato Solmi, ecc).
Ben altri e ben altri eventi hanno reso inattivo il legame tra socialisti e “popolo”. E non capisco perché in « tutto quello che si è accumulato a sinistra negli ultimi decenni» rientri proprio Benjamin.
Se si riferisce alla «solfa», sarei d’accordo. A patto di precisare i nomi di costoro. Visto che i “benjaminiani”, che vanno al di la delle quattro citazioncine e conoscono la sua opera, mi paiono pochi.
Ripuliamo il terreno, ma – ripeto ancora – non delle «buone rovine». (E per me Benjamin è un’ottima “buona rovina”). Inoltre, per ripulire il terreno senza buttare via anche ciò che potrebbe servire, qualche tratto di questa cornice cornice nuova o «altra». dovrebbe essere almeno abbozzato. Se no, come si fa a distinguere ciò che va buttato?
Tabula rasa? Neofuturismo? Non ci sto.
«Una classe ha propri modi di sentire»? A patto di non confondere il sentire di classe, che è qualcosa di imprecisabile oggi, con il proprio personale, soggettivo sentire.

Vincenzo Costa spero vi siano occasioni di continuare il dialogo in maniera più precisa. Fb ha i suoi limiti e lo abbiamo sfruttato sino all’estremo credo. Il suo ultimo commento del resto in maniera precisi tutti i problemi sul tappeto. Una loro esplicitazione va oltre questo mezzo. Posso solo ringraziarla per il suo contributo alla discussione.

Ennio Abate D’accordo.

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APPENDICE

Stamattina 19 luglio 2023 ritorno sulla pagina FB di Vincenzo Costa. Trovo questa coda di discussione tra un  commentatore (Maurizio Guerri) e lui:

Maurizio Guerri  Il post non è che suscita fastidio è solo allucinante. E non perché io sia “colto” o fighetto. Come lo sarebbe qualsiasi post che in 5 righe pretende non di criticare, ma di liquidare un autore come Benjamin. Che si possa trattare così come un cane morto, – anzi come un alternativo fighetto – Walter Benjamin annientando tutto il suo lavoro filosofico e critico sulla società contemporanea, che si possa trattare come una comparsata da talk show la sua teoria critica sulla tecnica, sulla guerra, sulle immagini, sul capitalismo, sulla pace, sulla storia mi pare – questa sì – una boutade ad effetto che mal si concilia con il lavoro tuo sulla fenomenologia, ma anche sulla interpretazione del presente. Questa immagine di Benjamin pseudoalternativo ma assai ricco è pure falsa sul piano storico, come emerge da qualsiasi biografia seria. Che Benjamin sia nato dalla ricca borghesia berlinese è indubbio, come però è indubbio che negli anni da esule in Francia di certo abbia guadagnato meno non solo di un docente universitario, ma anche di un rider contemporaneo. Sinceramente trasformare Benjamin in un rutto filosofico novecentesco me lo aspetto in una pessima commedia all’italiana, non da un filosofo. C’era bisogno di mutare Benjamin in una sorta di capro espiatorio di che cosa? Delle colpe della sinistra negli ultimi 150 anni? Della personale antipatia di Vincenzo Costa nei confronti dei “benjaminiani”? La filosofia quando è filosofia – e quella di Benjamin è filosofia – la si può criticare e criticandola anche radicalmente non le si fa mai torto, anzi. Ma questa non è critica, questa è mera denigrazione, liquidazione, presa per il culo di cui facciamo tranquillamente a meno. Uno pseudo-pensiero che non aiuta nessuno.

Vincenzo Costa mah per me le tesi di filosofia della storia sono un insieme di boutades, retoricamente ben tornate, politicamente sterili, e quando parla della classe operaia emerge il solito retroterra borghese, aristocratico, contro questi operai imborghesiti che vogliono qualche lira in più invrce del regno di Dio. Io ste cazzate non le reggo più. Questa cultura sovversiva non la sopporto. Una richiesta di aumento salariale di 100 euro è più destabilizzante per il Sistema di tutti il resto. Certo per il bimbetto borghese che cerca qualcosa di eccitante ciò è misero. Poi, la miseria di questa filosofia si vede dagli esiti. Per me si tratta di liberare la tradizione socialista da queste cose. Del resto, c’è una tradizione alternativa a questa elitaria e romantica, quella hoggsrth, williams e Stuart hall. Ho molta pena per benjamin, ma sul piano teoretico non vale neanche la pena criticare. Sono retorica, boutades, sentimentalismi borghesi. La letteratura critica è illeggibile, toni di mistero su tutto. Poi a molti può piacere, ma entriamo in una fase in cui non si lavora più di fioretto. Si taglia con l’ascia. Nessuno ha indicato che cosa c’è da imparare da benjamin oggi. Quali sono le conquiste teoretiche. Vedo solo irritazione per il santino, il rimprovero di non aver letto le sue opere complete, la letteratura critica etc. Infatti leggo solo tex

 Prendo sul serio  la  lamentela di Costa (« Nessuno ha indicato che cosa c’è da imparare da benjamin oggi». E preparo questa mia replica:

« Nessuno ha indicato che cosa c’è da imparare da benjamin oggi».(Costa)
Se consultasse il numero de «L’ospite ingrato» che ho segnalato e, in particolare, almeno il saggio «Leggere Benjamin» di Michele Ranchetti, due cosette da imparare da Benjamin le troverebbe:
1. «l’idea che nulla dovesse andare perduto»  in vista di un «futuro ordinamento». Che è  (per Ranchetti) alla base del valore  paradossale di quella «sorta di dispersione della intelligenza critica di Benjamin in campi diversi» tanto da far pensare che «sprecasse» la sua straordinaria intelligenza occupandosi di scritti d’occasione».
2. Ranchetti considera  un valore anche la «reticenza [di Benjamin] nei confronti di una riduzione del campo, che direi visivo, più che teoretico un rifiuto del limite disciplinare e della scelta di una competenza parziale». In un certo modo  «una scelta, ma nell’ordine di una esperienza continua, di un percorso non indirizzato ad un fine, e la persuasione che solo nella disponibilità nei confronti di ogni aspetto della scrittura e della vita consistesse per lui il compito non eludibile, il suo proprio» (pag. 220).
3. «la necessità di costruire un ordine, e non di valersi, di appropriarsi e di usufruire del disordine, talvolta in modo puramene edonistico, e non ludico. Benjamin non è riuscito, o meglio ha dovuto abbandonare un progetto in cui si veniva riconoscendo il senso della sua esistenza, perché costretto a fuggire da una persecuzione.». Per cui Ranchetti critica sia i molti che «letta una riga di Benjamin, in particolare un passo dei frammenti del *Passagenwerk*, si [sono] sentiti autorizzati a mettersi in cammino con lui, a passeggiare per Parigi, o Poggibonsi, e a raccogliere materiali per una nuova fenomenologia dei detriti.». E sia Bataille che, disponendo di alcune delle carte lasciategli da Benjamin, ha usato le idee dell’amico «iscrivendole e disperdendole in un erotismo perverso» (pag. 221).

Vado per inserirla come commento, ma mi accorgo che il  post  anti Benjamin  è stato cancellato assieme al centinaio di commenti-interventi. Ripensamento? Dubbi?  Macché. Qui la coda di una infelice discussione:

Marte Costa [Il post su – con – Benjamin? volevo inviarlo ad amico. GRAZIE].

Vincenzo Costa cancellato come al solito. Mi rassegno. La sinistra è una collezione di santini che non vanno toccati

Ennio Abate Scusi, l’ha cancellato lei o si è cancellato da solo? Questo profilo non lo gestisce lei?

Vincenzo Costa  lo ho cancellato io perché si era smarrito il senso del post e aveva dato adito a discussioni oziose, dal mio punto di vista almeno.
Ennio Abate  La pagina è sua e può fare quel che vuole. Discussione oziose? Molti commenti erano invece puntuali e nel merito. Ci fossero stati anche commenti oziosi, non capisco perché ricorrere alla censura (perché io questa vedo). Avrebbero giudicato i lettori. Comunque, sono previdente. Ho conservato lo scambio tra me e lei e lo pubblicherò sul sito che curo. Buona serata a tutti/e.
Vincenzo Costa  lei soffre di paranoia. Ho cancellato il mio post, con il che spariscono anche i commenti. Se chiede sa che lo faccio quasi di prassi. Lo ho cancellato perché era diventato inutile. E poi perché non ho più voglia di discutere con gente di “sinistra”. Che lei abbia, da uomo prudente, conservato le prove del delitto mi lascia senza parole e pone termine a ogni scambio amichevole. Faccia quello che vuole ma si tolga dai piedi

Ennio Abate  Offende gratuitamente. Eppure io non credo proprio di averla offeso e ho sempre e soltanto argomentato. Ed è anche contradditorio: – mi aveva appena ringraziato per il contributo dato alla discussione e poi cancella tutto, senza alcun rispetto per quanti – non solo io – vi hanno partecipato; – non ha “più voglia di discutere con gente di “sinistra”, ma propone temi (Benjamin nel caso) che finora hanno fatto parte del lascito di “sinistra”. E per smantellarli in modo sbrigativo e umorale.
Cancella “quasi per prassi”? Io seguo da tempo la sua pagina perché tocca questioni che anche a me stanno a cuore. E – mi pareva – con una dichiarata volontà di approfondirle. Perciò sono intervenuto. L’ho fatto due volte: questa e il 29 gennaio 2022 (come può controllare da messaggio in privato che allora le mandai). E tutte e due volte ha cancellato i post. E, allora, che senso ha questa sua prassi? Se lo chieda.
“Le prove del delitto”? No, le prove della sua arroganza (“ma si tolga dai piedi”). Più semplicemente non sopporta le critiche. Eppure sta nell’area di quelli che vorrebbero una cultura “altra”. Che delusione.

Vincenzo Costa  credo sia inutile continuare questa discussione. Cordialmente

5 pensieri su “Criticare, non calpestare Walter Benjamin

  1. Sorprendono i toni umorali di Costa, il fastidio non diventa giudizio. È chiara la polemica verso una certa sinistra e mi pare che Benjamin funga da paravento. Invece avrei apprezzato una presa di posizione politica esplicita.

  2. penso anch’io che fastidio e disgusto verso l’opera di un autore non posono pervenire a un giudizio obiettivo, se non con un sapore vagamente medioevale…
    Un autore, cioè W. Benjamin, che nel suo arco di vita si è scontrato personalmente con l’enormità del male e ne ha dato testimonianza, forse soprattutto nelle sue pagine misteriose e oscure

  3. Mi pare che il comportamento di Costa non sia né da filosofo né da persona dotata di buon senso o di civile correttezza. Se una cultura “altra” lascia intravedere, è quella dell’anticultura.

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