di Cristiana Fischer
“Ripensare l’uguaglianza in termini di interdipendenza” scrive Judih Butler in Feminist Post, 26 dicembre 2020 (all’origine su New Statesman, 22 settembre 2020), “capire come vivere in un mondo in cui siamo fondamentalmente dipendenti dagli altri, dalle istituzioni, dalla Terra, e renderci conto che questa vita dipende da un’organizzazione che sostenga le varie forme di vita. Se nessuno sfugge a questa interdipendenza, allora siamo uguali in un senso diverso.”
L’articolo tratta in modo approfondito il conflitto tra femministe radicali e i diritti trans, perciò lo userò per esaminare il commento negativo che posta su facebook Franca Tombari a un articolo di Adriana Cavarero, tanto più perché il nome di Judith Butler ricorre sia nell’articolo di Cavarero sia, in modo più superficiale, nel commento di Tombari.1
Butler vuole limitare e circoscrivere il conflitto: “La mia scommessa è che la maggior parte delle femministe sostenga i diritti trans e si opponga a tutte le forme di transfobia. Trovo quindi preoccupante che improvvisamente la posizione femminista radicale trans-escludente sia intesa come comunemente accettata o addirittura mainstream. Penso che in realtà si tratti di un movimento marginale che cerca di parlare in nome del mainstream: è nostra responsabilità impedire che ciò accada.”
Al contrario, il commento di Franca Tombari ad Adriana Cavarero (tra le fondatrici di Diotima, la comunità filosofica femminile presso l’Università di Verona, che poi ha lasciato), accentua il conflitto tra sé e lei. Insinua un interesse privato di Cavarero nello scrivere il suo articolo: “l’intervista probabilmente nasce come operazione pubblicitaria visto che prossimamente usciranno le ristampe delle sue opere e due nuove sue pubblicazioni, e come sappiamo non c’è meglio che alzare un polverone per suscitare interesse”.
Accusa anche il femminismo radicale, di cui sospetta un possibile accordo con la destra: “In quest’anno abbiamo avuto l’insediamento di un governo neo-fascista con a capo la prima presidente del governo donna, un rafforzamento del sito delle femministe radicali che invece di centrarsi sulle donne appare un concentrato di odio (sic!), essendo sempre più violento contro le minoranze del mondo LGBTQ+, con uno stile tra le fake news e la spettacolarizzazione di notizie di poco conto, una femminista storica ed influente come Alessandra Bocchetti che dice pubblicamente che Giorgia Meloni è simpatica (aprendo le porte ad intessere un’alleanza con lei?)“. Sospetto che diventa poi certezza: “Cavarero invece suggerisce di salvare le apparenze e continuare a dividere il mondo solo tra maschi e femmine, usando nel linguaggio solo il femminile e il maschile. Tesi che piace anche alle destre che sostengono che le famiglie sono istituzioni naturali basati sull’unione di un uomo e una donna biologica.”
Il richiamo di Tombari alle posizioni di Butler è abbastanza generico: “anche l’idea di sesso, come ha dimostrato Judith Butler, è culturale”. Butler nell’articolo racconta se stessa in modo articolato: “Per come ricordo la mia posizione in ‘Questione di Genere’ (l’ho scritto più di 30 anni fa), il punto era piuttosto diverso. In primo luogo, non c’è bisogno di essere una donna per essere una femminista, e non dobbiamo confondere le categorie. Gli uomini femministi, non binari, e trans che sono femministe, fanno parte del movimento. Si deve considerare il fatto che le istanze fondamentali di libertà e uguaglianza fanno parte di qualsiasi lotta politica femminista […] la domanda che mi stavo ponendo allora era: abbiamo bisogno di un’idea stabile delle donne o di qualsiasi genere se vogliamo fare avanzare gli obiettivi femministi? Ho posto la domanda in questo modo per affermare che le femministe sono impegnate a riflettere sui diversi significati del genere, e storicamente mutevoli, e sugli ideali della libertà di genere. Per libertà di genere non intendo che tutti noi possiamo scegliere il nostro genere. Piuttosto, possiamo avanzare la pretesa politica di vivere liberamente e senza timore di discriminazioni e violenze contro i generi ai quali apparteniamo.”
Butler afferma: “Il femminismo è sempre stato impegnato nell’affermare che i significati sociali di ciò che vuol dire essere un uomo o una donna non sono ancora stabiliti”, ma Tombari scrive, impavida: “Quello che critico del pensiero della differenza è quella di dare un contenuto valoriale alla parola donna senza analizzare quello che essa implichi”. Da qui l’uso insistito del termine persone invece che donne e uomini: la neolingua, dirà Cavarero! In conclusione: “con NUDM [NON UNA DI MENO] è stato sdoganato il transfemminismo”.
Ancora: Tombari attribuisce alle femministe radicali l’idea che il valore di essere donna consiste nell’essere madri: “della maternità e del primato delle donne in quanto madri la politica della differenza ha fatto uno dei suoi centri nevralgici”. Ma nel femminismo della differenza non conta che una donna diventi o no madre, conta il fatto di essere “come” la propria madre!
Ma basta con la critica di Tombari a Cavarero, di cui ora riassumerò l’articolo. Il suo obiettivo è la critica della neolingua, quella che cancella la differenza sessuale: “è vietato dichiarare che i sessi sono due” perché nominare questa realtà fattuale, che riguarda noi umani come anche altri animali, significherebbe escludere quelli che transitano da un sesso all’altro, quelli che non si riconoscono in nessuno dei due sessi, quelli che si percepiscono come fluidi. E’ vero che esistono persone intersex, ma sono una minoranza che “assurge a paradigma regolativo, da cui la famosa frase ‘sesso assegnato alla nascita'”, per Cavarero una summa della neolingua, visto che la maggioranza degli esseri umani è “maschio oppure femmina perché tale ‘appare alla nascita’ come direbbe Hannah Arendt”.
La neolingua cancella il femminile usando perifrasi che riducono il corpo intero a un singolo organo: “In che senso sei femminista – chiede Cavarero- se accetti di sostituire la parola ‘donna’ con l’espressione ‘persona con utero’? Come mai la neolingua non è altrettanto accanita nel sostituire la parola ‘uomini’ con ‘persone con testicoli’?”.
Cancella il femminile usando l’asterisco oppure lo schwa (una specie di “e* rovesciata, che si pronuncia con un suono vocalico medio) nelle desinenze, formando una specie di neutro universale che in realtà è maschile: questo perché “nella galassia lgbtqi+ gli omosessuali maschi sono largamente egemoni”, invece le femministe hanno sempre rivendicato la parzialità del corpo sessuato, pretendendo un ordine simbolico e immaginario per il nostro sesso. 2
Anche assolutizzare il desiderio di un figlio, come fosse un diritto, legittima la GPA [gestazione per altri].
La posizione di Cavarero su Judith Butler è articolata: anche il sesso, e non solo il genere, per Butler è un prodotto culturale ma quella tesi è stata appropriata dal mondo queer per dire che “il sesso con cui nasciamo non è un fatto che ci inchioda a un’identità sessuale bensì qualcosa che dipende dalla nostra auto percezione, fluido e modificabile”. Dal mondo queer è nata la neolingua di cui Cavarero ha scritto, lei crede che Butler viva con un “certo imbarazzo” il danno che ne è derivato al femminismo.
In effetti Butler conclude il suo articolo suggerendo di ripensare l’uguaglianza in termini di interdipendenza: “Se le femministe radicali transescludenti si considerassero in una condivisione del mondo con le persone trans, in una lotta comune per l’uguaglianza, la libertà dalla violenza e per il riconoscimento sociale, non ci sarebbero più femministe radicali trans-escludenti ma il femminismo sopravviverebbe sicuramente come pratica di coalizione e come visione di solidarietà.”
NOTE
1. Sulla pagina facebook di Annarosa Buttarelli del giorno 16 agosto sono riportati sia l’articolo di Adriana Cavarero sia il commento di Franca Tombari.
2. La critica dell’universale neutro come reale maschile è nel primo libro di Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, 1987, in cui il testo Per una teoria della differenza sessuale è scritto da Adriana Cavarero: “nel discorso che dice, ad esempio, l’uomo è mortale, l’uomo di cui qui si parla è anche donna, anzi, non è né uomo né donna, ma il loro neutro universale […] Uomo dunque vale innanzitutto come sessuato maschile, ma vale anche, e proprio per questo, come neutro universale del sesso maschile e di quello femminile”.
È molto interessante che in questi tempi di dialettica povera,all’interno del femminismo si problematizzino in maniera articolata certi temi.Certo,il parterre è sempre quello degli happy(or un-) few,ma di questo vento qualcosa arriva fuori…
Temo che il tentativo di definire circoscrivere precisare con il linguaggio con la parola scritta, insomma la scrittura tradisca sempre la realtà esistenziale. Capisco che è con il linguaggio che si traducono i discorsi ma come ha ben detto la magnifica Cavarero che leggo e seguo da sempre, noi abitiamo il linguaggio dell’atro , che ci è estraneo, ci estraneizza , è la lingua del padre “nella quale ci diciamo non dicendoci” . Pesino nel tentativo di partire dalla propria esperienza, l’atavica educazione alla scrittura rischia sempre di deragliare nel logos che è il tradimento dell’essere. Non sono un’intellettuale, Certamente i miei termini non rispettano le costruzioni critico filosofiche ma la distanza, lo iato tra scrittura e vita, a me, sembra sempre più lampante. Il mio lavoro di immagini sui Ruoli femminili è stato proprio il tentativo di fuoriuscire dal linguaggio fotografico che, come quello della parola è un’invenzione “dell’altro “, per inventarne uno diverso, mio, tra amiche, parodiando una supposta identità imposta dal maschile per il proprio comodo e piacere.