Il mio 11 settembre

di Raffaella Ferraiolo Depero

Ho sentito parlare dell’attacco alla prima torre mentre ero in cammino verso la scuola dove insegnavo. Ho pensato a un guasto alle torri di controllo. Quando sono arrivata a scuola, mi hanno detto che anche la seconda torre era stata colpita. Che era un attacco terroristico.
Mi ha invaso il terrore di aver perso la mia famiglia. Sapevo che mio marito sarebbe andato per lavoro al distretto finanziario e che mio figlio lavorava e viveva nei pressi delle Torri Gemelle.
Le lezioni di informatica erano già in corso, quando ho raggiunto il mio ufficio nel centro di computers, ma ho subito realizzato che in pochi minuti la notizia si era diffusa. Trasgredendo le regole della scuola, ho permesso agli studenti di usare il mio telefono e il mio cellulare. Mi sono sentita sollevata nel trovare sul telefono un messaggio vocale di mio figlio. Marco mi rassicurava dicendo che era al sicuro e che stava tornando al suo appartamento.
Non ci fu consentito di lasciare uscire nessuno studente a meno che un genitore fosse venuto a prenderlo. Il divieto si estendeva anche agli alunni delle scuole superiori.
A quel tempo a scuola non c’era la TV. Tutti i siti web erano giù, ma la email fortunatamente funzionava. Noi insegnanti, studenti, bidelli, abbiamo ricevuto tutte le notizie da mio cugino che continuava a inviarmi emails dall’Italia, descrivendo i tragici lanci dalle finestre, lo sbriciolarsi delle due torri, gli attacchi al Pentagono e l’abbattimento del quarto aereo in Pennsylvania.
Noi insegnanti ci siamo alternati per andare a vedere in strada una Manhattan paralizzata, senza auto, senza autobus, senza metropolitana e migliaia di persone che camminavano verso il Bronx a piedi. Non ero in pensiero per mia figlia e il suo compagno perché li sapevo fuori città nel loro studio di artisti, al sicuro in campagna. Mi hanno telefonato verso le 13 chiedendomi che cosa stesse succedendo. Stavano per tornare a NY e avevano acceso la radio della macchina. Ho detto loro di rimanere allo studio per qualche giorno. Solo allora sono riuscita a raggiungere mio marito per telefono. Cosi, intorno alle 14, ho finalmente saputo che tutti i membri della mia famiglia erano salvi.
Quando i genitori sono venuti a prendere l’ultimo studente erano ormai le 17. Due colleghe sono venute a casa mia per passare la notte. Abitavano troppo lontano per tornare a casa a piedi. Prima siamo passate dalla Croce Rossa per donare sangue. Abbiamo comprato del pane e del prosciutto in fretta, perché tutti i negozi stavano freneticamente chiudendo. Poi siamo andate a casa, dove, atterrite, abbiamo guardato gli orribili eventi in TV.
Mio figlio, in lacrime, è venuto a darmi un abbraccio, facendo a piedi parecchi kilometri. È stato un meraviglioso gesto d’amore, perché abitavamo lontani. Era sotto shock e in preda al dolore di aver perso tutte le persone con cui stava lavorando, che, al momento degli attacchi, si trovavano in un piano delle Torri Gemelle.
Mio marito, che stava gestendo il disastro nella banca dove lavorava, non poteva tornare a casa fino a tarda notte.
Ero molto grata che le mie due colleghe erano con me. Insieme abbiamo appreso che i padri di due dei nostri studenti erano morti.
Dopo due giorni, la scuola ha riaperto con un’assemblea generale. E’ stata una assemblea da ricordare a vita: piena di emozioni e lacrime, di tolleranza, di supporto per l’America, soprattutto da parte degli studenti che venivano dai paesi mussulmani, e che si sentivano isolati.
Tutti – studenti, insegnanti e bidelli – sono stati invitati a condividere i propri pensieri. La Dwight School è una scuola internazionale, frequentata da studenti provenienti da tutto il mondo. È stato commovente sentire i ragazzi pakistani professare, tra le lacrime, il loro amore per gli Stati Uniti e il loro dolore. È stato commovente vedere i ragazzi americani mostrare loro amore e sostegno. È stato commovente anche vedere gli studenti delle scuole superiori piangere al microfono, mentre quelli più piccoli, vedendo quelli grandi piangere, si rassicuravano che fosse normale piangere.
Abbiamo raccolto tutte le riflessioni (espresse durante l’assemblea e dopo) in un libro che è stato pubblicato e venduto alle scuole di tutto il mondo. Il ricavo è stato donato alle famiglie dei vigili del fuoco e dei poliziotti periti in quella tragedia.
Il giorno dopo il giornalista, Piero Sansonetti, nostro amico, è venuto appositamente dall’Italia per intervistare i nostri alunni. Ha scritto un pezzo sull’Unità del 20 settembre 2001.

Nonostante la mia passione per le foto, non sono stata in grado di scattare una singola foto per cinque mesi; e ci sono voluti quindici anni prima di essere in grado di scrivere qualche riga su quella tragedia.
Ricordo l’odore di bruciato. E tutta quella polvere, ancora sui palazzi, sui vestiti, in bocca. L’odore era quello di quando brucia il manico di una pentola. Tutta Manhattan sentiva quell’odore. E questo odore è durato per i quaranta giorni in cui ancora il fumo usciva dalle macerie. Macerie alte cento metri e larghe come un miglio quadrato. Con le verghe d’acciaio piegate che spuntavano sopra una massa grigia, dove gli addetti setacciavano, smontavano e portavano via tutto. Ogni tanto spuntava un moncone del corpo di una vittima. E facevano il funerale anche ad una mano. Le cornamuse si schieravano la mattina del funerale, in una lunga fila davanti la cattedrale di San Patrick e suonavano una triste cantilena d’addio.
E non dimenticherò mai tutte quelle foto, tutte quelle foto per tutta la città. Accompagnate da strazianti richieste: “L’avete visto? È disperso, segno particolare: una fede al dito.”; “Buon 21° compleanno, piccola mia!” era spesso il commento sulle foto, spesso accompagnate da un orsacchiotto di pezza.
Straziante era l’immensa pietà per chi non si rassegnava. E il silenzio. Il silenzo resterà indelebile nella mia memoria.
Abbiamo scritto agli amici vigili del fuoco parole accorate di gratitudine, ma non c’erano parole.

E poi – invece e come sempre – qualcuno ha approfittato della tragedia. Rudy Giuliani ha approfittato della ritrovata popolarità per rifarsi una verginità ed è così diventato il “Sindaco di America”. Alla luce dei fatti di oggi, alcuni che lo ammiravano si chiedono: “Che cosa è successo a Rudy Giuliani?” Niente. Era ed è sempre stato un brutto personaggio, uno sfruttatore, un approfittatore, una cattiva persona. Ma questa è un’altra storia.
Per mesi dopo l’11 settembre I tassisti mussulmani sventolavano dai loro taxi la bandiera americana. Il mondo intero si è stretto intorno agli USA. Avevamo il supporto di tutto il mondo.
Ma invece Bush, Cheney e il loro accoliti, dichiarando guerra all’Afganistan, sono stati capaci di distruggere in pochi mesi questa ondata di simpatia e di solidarietà nei confronti dell’America. E anche questa è un’altra storia.
Ho sempre contestato le guerre della mia generazione (Vietnam, Afganistan, Iraq, etc) e sento più che mai il dovere morale di esporre, criticare e combattere le bugie dei potenti che mascherano il male con gloriose retoriche.

3 pensieri su “Il mio 11 settembre

  1. Tre mesi fa pubblicavo il pezzo ‘Come ho imparato ad amare la bomba…’ che come ultima parte aveva una dimostraxione irrefutabile che la versione ufficiale sulle Torri era una falso…con tutto quello che ne consegue.
    Mi sembra il modo migliore di parlare dell’argomento

  2. Ho letto con interesse il suo 11settembre lei ci fa partecipi di quello che ha visto ,delle emzioni che ha provato trovandosi sul luogo dell’attentato e della commozione nel vedere tanta solidarieta’ da parte prima di tutto dei mussulmani e del mondo intero verso gli USA pero’ mi chiedo : lei si e’posta qualche dubbio su chi e perche’ sia successo tutto cio’ ? Qualche dubbio e la ricerca in seguito delle possibili cause avrebbe dato un colore diverso ai suoi ricordi .

    1. Grazie moltissime per il commento. Per brevità mi sono limitata solo alla cronaca della mia esperienza. Da cui il titolo, il MIO 11settembre.
      Ma lei ha ragione, io penso fermamente che non dobbiamo nascondere nulla e che anche nell’11 settembre c’è stata la responsabilità degli US, dalla altezza arrogante delle torri agli l’aiuti ai dittatori dell’America del sud etc etc.
      Chiederò ad Ennio se posso inserire una appendice al mio articolo. Grazie.

      Comunque mi interessa molto la sua opinione.

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