La nebbia

nebbia a

di Franco Nova

I vetri sembravano sporchi. X si avvicinò alla finestra e si accorse che era nebbia; un nebbione fitto fitto che non lasciava intravedere praticamente nulla, essendo anche calata la notte. X fu meravigliato perché in quella zona non si era quasi mai vista nebbia; e poi così spessa, proprio mai. Era infastidito. Non doveva uscire quella sera, aveva già progettato di darsi alla lettura sul comodo divano davanti alla TV, rigorosamente spenta. Adesso, però, i suoi programmi erano disturbati dal nebbione. Certo, era già deciso che sarebbe rimasto a casa; ma senza nebbia avrebbe avuto la piena consapevolezza che fuori c’era un paesaggio, c’erano edifici, auto che passavano, gente sul marciapiedi un po’ più in fondo.

Tutto era sparito, avrebbe dovuto leggere come se fosse solo al mondo, come se un morbo terribile avesse cancellato ogni segno di vita, animale e vegetale insieme. Un pensiero orribile. L’ultimo uomo rimasto sulla Terra, risparmiato dal morbo in virtù di meriti speciali che non si riconosceva. No, in effetti era impossibile dedicarsi ad una serena lettura con quella sorta di “fine del mondo” capitatagli tra capo e collo senza alcun minimo segnale di preavviso. Cercò di calmarsi e di razionalizzare. In fondo, era solo un fenomeno atmosferico che impediva la vista. Il mondo in realtà esisteva come prima, solo l’avrebbe rivisto l’indomani o appena un po’ più in là; comunque sarebbe riapparso. Capì tuttavia che era irrilevante: il mondo non doveva sparire all’improvviso, non doveva eclissarsi mentre lui progettava una tranquilla serata di lettura.

Il fenomeno, al di là della sua concreta manifestazione in un semplice calare della nebbia, aveva una significazione ben più ampia: nulla può essere progettato, la pace interiore viene sconvolta senza un preannuncio qualsiasi. Tutto appariva allora precario, nulla si poteva mai progettare, volere, desiderare, porre in esecuzione per una realizzazione. Anche un semplice evento atmosferico ci sovrasta, aggira i nostri propositi, delude le aspettative. Figuriamoci quando intervengono altre volontà, altri desideri, altri progetti, altre esecuzioni. Meglio prendere atto di essere burattini in mano al Grande Caso. Tanto valeva buttarglisi in braccio, farsi accogliere da lui. Aprì la finestra e…. mosse un passo incontro alla fitta nebbia. Per sua fortuna, l’appartamento era a pianterreno, rimediò solo una storta. L’apparente piccola lezione di quella sera fu invece una grande scoperta: non si può decidere nulla, nemmeno una modesta serata passata in lettura. E se anche si affronta l’ignoto, movendo un passo nella nebbia, sempre il Caso sceglie qual è il finale della storia.

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