Poema a due voci

George Grosz, La voce del popolo

di Gianmario Lucini & Erminia Passannanti

Questo poema del 2004, scritto a due mani, già pubblicato su “absolute poetry” e  “anafabetiere” ma non più reperibile su questi siti, tocca  il tema  attualissimo del populismo (concetto, come si sa, fin troppo generico) impersonato  in quegli anni da Berlusconi. Con  indignazione che non evita toni plebei e disperati in Lucini.  Con  sarcasmo che ancor attinge a termini nobilmente letterari in Passannanti. Lo pubblico come ulteriore omaggio a Gianmario Lucini oltre che come esempio di collaborazione  possibile  sui temi di “poesia civile”. [E. A.]

 

Gianmario:

All’erta, popolo lezioso
che vivi un’effimera esistenza
di qualche mese soltanto
elettorale
poi t’infossi nell’oggidiano
come mitica patata per cinque lunghi anni
sotterra a maturare, all’erta!
un dio s’aggira fra di noi
sguardo corrusco, forte mascella
(fa la sua parte il trucco)
un dio che come ogni dio
s’e fatto da sé (e non ti lamentare
se cresce il prezzo della cocaina)
ed ha il potere di trasformare in oro
ogni monnezza, in senno
ogni cazzata, tutto per il meglio,
il mondo preso per la coda e rovesciato
perché lo sguardo si cambi
l’inizio diventi la fine e viceversa
la sostanza puzzolente di fogna
in qualche modo scoli,
e pur permanendo si disperda
di tutta questa merda
si faccian fiori, li si dipinga
con il blu del cielo
e il nero sullo sfondo
all’erta, un dio tremendo che sorride sempre
scintillano i suoi denti né sappiamo
cos’altro ancora scintilli nel segreto
(lo chiederemo alle veline,
ragazze di stomaco buono
a loro modo generose)
scintillano gli occhi e alto sui tacchi
domina le schiere vocianti.
Alè, allelujà
io per di qui
tu per di là
l’importante e capirsi
conquistare la plancia del comando
dividersi la nave i bottoni
tu premi questo e io quest’altro
col mare in bonaccia è gran divertimento.
O capitano, mio dio e capitano
che dai a parole e prendi con la mano
che spilli ai polli per dare ai coccodrilli
a me l’immane compito
di rivelarti al mondo
nella tua essenza più vera
(è una minchiata ignobile
ma pure mi diverto:
faccio la voce grossa, insulto
non mi importa di fare l’isterico
sputtanato sono, più di una volta
l’importante è la palanca e giocare
truccando bene il mazzo).
Questo il mio impegno prima di salire
nell’alto dei suoi cieli disciolto nell’etere
angelo folle che magnifica e contempla
la verità per risputarla al mondo.
Un dio si aggira (eravamo a questo punto)
e non avete occhi
per vedere, orecchi per sentire?
Anche il segno di Giona è stato dato
per più volte dentro la pancia del mostro
per più volte risputato sulla spiaggia
(in extremis, ma che conta?
innocenza o prescrizione
medesimo è l’effetto: salva la facciata
la merda sotto il tappeto).
Popolo lezioso, che cosa mai ti fece?
In cosa ti ha rattristato?
Ti ha insegnato a salvare l’onore
palpando il culo alle signore
ti ha creato una realtà virtuale
ha resuscitato il comunismo per darti un ideale
di libertà, il fascismo
per darti uno stile di vita rigoroso
lasciar perdere la vecchia politica
e farti i cazzi tui
nel beato trastullo dei circenses
di tette al vento dimenticandoti il pane
(che te ne fai dei pane
popolo etereo nell’ascesi della risata?)
eri lì lì allo sfascio ma tanto felice
orgoglioso d’essere italiano e di contare
come il due di coppe quando briscola è fiori
ma che c’entra! qualcosa
che contava c’era, c’erano statistiche
c’erano finanze creative, sogni
materializzati nei registri e nei numeri
tutto un contare e ricontare
un andare e tornare di conti e riconti
tattiche e paratattiche di profumate matematiche
per nascondere l’odore della merda
e funzionava, perdio, se funzionava
mai ci fu un’era più felice
in questa depressa repubblica
come dice il “Times”).
Ora, popolo, s’aggira l’artefice
di tutto questo fra noi in incognito
e vuole rivelarsi – e tu
memore di quel dio minore
(teologicamente solo per un terzo)
che finì sulla croce
non farai questo errore!
non cederai ai ricatti
dei comunisti senza dio
che mi vogliono crocifisso sul satellite
e lui deriso, trattato come un uomo
qualunque, uno che soffre
il mal di denti o la colite spastica
che invecchia e perde i capelli e forse
orrore – pure muore
magari sul water in un mattino di primavera
leggendo un pornetto di nascosto da sua moglie.

 

**

 

Erminia:

Ahi, Paese decaduto – o mai esistito – costruito
sulla follia di Nero. Dita invisibili
t’hanno frantumato, ogni snodo vitale
s’è inceppato, cassa d’oro
non atta a funzionare.
Ma la funzione a uccidere
non t’hanno atrofizzato,
a sopprimere il dissimile
sei attrezzato.
Ahi, pornomane, conformista,
xenofobo, sessista,
stupratore di figlie,
relitto reietto
con ciglia finte
e strati di belletto.
Paese, di gloria e declino,
d’ogni valore tuo
hai fatto zerbino.
Mangiatore di spade,
sputasentenze e fango,
che t’arrampichi sugli specchi
e ne hai vanto,
inetto bebè
privo di nozioni,
pelato capoccia
d’inganni e aberrazioni.

2004

 

 

 

 

 

3 pensieri su “Poema a due voci

  1. Quattordici anni dopo non è più con l’irresponsabilità dei pani e dei turpi circensi che si infinocchia un popolo, ma bastonandolo con la colpa e il timore. E’ un passaggio necessario? Forse sì, la stretta del potere finanziario ora gioca sui toni fondi e cupi, deve mordere per non perdere la presa.

  2. …e credevamo di aver toccato il fondo, ma non era così…Poeti di “poesia civile” che sanno svelarci una situazione sociale e politica davanti agli occhi di tutti, ma non all’intelligenza e al cuore…Per Gianmario Lucini la poesia si fa un “corpo a corpo” in cui davide affronta golia con le armi della rabbia e del disprezzo, mostrando un esempio di coraggio a un popolo sornione…Erminia Passannanti con altrettanta forza ideale stabilisce un confronto tra il ” Paese decaduto” e il suo degno (indegno) capo, dove la passione civile e lo sconforto si assommano…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *