27 aprile 1983. Si può uscire dagli anni di piombo?

RIORDINADIARIO 1983

di Ennio Abate

In questi miei appunti personali del 27 aprile 1983 è fissata la convinzione, che ancora mi guida nella riflessione sugli anni Settanta: «l’oggetto “terrorismo” non trova alcuna spiegazione soddisfacente. L’ammissione di non essere stati in grado di fermare il fenomeno o di averlo fermato con costi sociali e politici così rilevanti è rimasta a mezza bocca o addirittura respinta. Era inevitabile che si dovesse eliminare ogni movimento per sconfiggere il terrorismo? Se si risponde sì a questa domanda, bisognerà anche ammettere che il terrorismo, barbaro quanto si vuole, da noi è stato quasi un fenomeno di massa [o comunque di grande rilievo]». E mi accorgo, rileggendoli e pubblicandoli ora, che alcuni ragionamenti che ho fatto di recente su quegli anni lontani (ad es. partendo dal romanzo di Luca Visentini, Sognavamo cavalli selvaggi: qui) sono in sintonia con le cose dette in quell’occasione soprattutto da Gad Lerner («Quanto ai reati associativi, se «Rosso» tra 1973 e 1978 fu «banda armata» allora tutta la Nuova sinistra era banda armata», Romano Madera («Negare qualsiasi continuità? Significherebbe negare che non c’è differenza tra acqua, ghiaccio e vapore. Se è permesso dire certe cose per Potere Operaio allora bisogna dirle per tutti i gruppi. Se è caduta con fragore la nostra ipotesi, si deve dire che sono cadute tutte le altre [della Sinistra]»), Marco Boato («La testa in questi anni non se la sono spaccata solo i terroristi: nel 1968 e nel 1977 intere generazioni sono state devastate senza riuscire a trovare interlocutori validi: prima questi fenomeni sono stati trattati come eresie e poi, nel 1977, si è arrivati allo scontro frontale») e Alberto Magnaghi («Bisogna fare una distinzione tra partito armato, che si può criticare, e bisogno di lotta armata, che è fenomeno da capire perché nasce dalla sovversione per mancanza di sbocco politico di un movimento di massa nuovo. Altrimenti sarà la sinistra nel suo complesso a ridursi al pentitismo. Ecco la tragedia storica.»).

27 aprile 1983. Casa della cultura di Milano, Si può uscire dagli anni di piombo? Appunti degli interventi e mio commento

Ibio Paolucci (giornalista de L’Unità) –

Premessa per uscire dagli anni di piombo: la sconfitta del terrorismo da parte di polizia e magistratura. Apporti eccezionali venuti dal pentitismo. Contro la cultura dell’ambiguità. Nessun azzeramento. Recupero alla democrazia di chi («persone ingannate e strumentalizzate») ha subito il fascino perverso del terrorismo. Ma prima ci vuole un radicale rifiuto della lotta armata. Riconoscimento della buona fede di chi partecipava agli espropri proletari.

Gad Lerner (ex Lotta Continua) –

È necessario porre accenti diversi… Partire dalla lacerazione della sinistra negli anni Settanta. Dal 1973 al 1980 si sono intrecciate storie diverse. No alla logica dell’”io non c’ero, che me ne frega”. Pci e Psi furono controparti di quell’insorgenza sociale. Non tutto era “terrorismo” allora, lo diventò. Quanto ai reati associativi, se «Rosso» tra 1973 e 1978 fu «banda armata» allora tutta la Nuova sinistra era banda armata. C’erano tratti comuni, una comune tendenza alla militarizzazione (slogan, sprangate, servizi d’ordine, ecc). Problema. Quale atteggiamento avere verso chi non fece il salto nella clandestinità e ha una serie di addebiti specifici?

Diodà ( avvocato) –

Nessuno, tranne la magistratura, ha saputo dare una lettura precisa di quegli anni. Perché gli strumenti giuridici non sarebbero utili per questa necessaria lettura? Lettura processuale e lettura storico-politica non sono incompatibili. Premessa indispensabile: collocarsi nell’orizzonte costituzionale. Perciò difesa del pentito e necessità di non esorcizzare lo strumento processuale.

Romano Madera (mi pare che fosse del «Gruppo Gramsci», oggi è psicanalista) –

Nel dibattito vengono unificate figure diverse attorno ad una continuità inesistente. Tra 1968 e 1973 è esistito un movimento sovversivo che ha giocato di rimessa di fronte al terrorismo (nero). Era una necessità per la vita di quel movimento. [Cita] Gramsci: la piccola borghesia si unisce soprattutto nella formazione paramilitare. Se siamo diventati cattivi dopo, ricordare che ci sparavano ad alzo zero anche se giravamo solo con i libri sottobraccio. È dal 1976 in poi che si hanno formazioni tipicamente terroriste. Negare qualsiasi continuità? Significherebbe negare che non c’è differenza tra acqua, ghiaccio e vapore. Però la continuità terroristica dal 1971 al 1980 è un falso storico. Se è permesso dire certe cose per Potere Operaio allora bisogna dirle per tutti i gruppi. Se è caduta con fragore la nostra ipotesi, si deve dire che sono cadute tutte le altre [della Sinistra]. È emersa una nuova repubblica «triviale» (scandali, ecc.). Di fronte a questa nuova repubblica bisogna ritessere un confronto con la sinistra su 3 temi: – crisi; – forme organizzative e loro rapporti con i movimenti; – liberazione e qualità dei bisogni. Chiedersi anche quali posizioni la Sinistra ha più «vezzeggiato».

Franco Calamida (ex dirigente di AO e allora di DP) –

In disaccordo con un’analisi fondata sulla logica bene-male di Paolucci. L’ambiguità va vista come fattore positivo. Il ’68-’69 vide una lotta culturale durissima tra coloro che terroristi non sarebbero mai diventati e quelli che lo sarebbero diventato senza saperlo. Alla base un’ideologia: quella del fine che giustifica i mezzi, quella del partito. Convinzione che la Sinistra avesse un’identità precisa e si distinguesse nettamente dalla Destra. [Oggi?] Grande politica del sospetto. Non solo i prigionieri ma intere generazioni hanno perso le sedi per fare politica. Non è il terrorismo ad aver bloccato la grande avanzata della Sinistra. Il PCI negava una crisi di valori della sinistra che già c’era. I pentiti si muovono anch’essi nella cultura del bene-male. La dissociazione è il percorso politico positivo.

A. Parini (?) –

Durante l’occupazione del ’68 noi studenti del Parini parlavamo di Sten e di come i fascisti avrebbero fatto il golpe. Era una cultura della Sinistra. La violenza dei fascisti legittimava la contro violenza. E poi c’era il mito della Resistenza.

Sorbi (lo ricordo come uno dei leader studenteschi della Cattolica) –

La Sinistra non ha compreso le lotte operaie e del terziario. È in causa l’arroganza di una certa tradizione dello storicismo assoluto del PCI. La miseria profonda dell’estremismo e poi del terrorismo discende anche dalla rozzezza di certe interpretazioni [storiciste]. Quella generazione che vi si oppose non ha voglia di rfarsi recuperare da una Sinistra che ancora pretende il monopolio della verità. Bisogna misurare miseria e meriti della tradizione comunista italiana. Non si discute la pratica antiterroristica ma la cultura che ne è alla base.

Marco Boato (altro leader storico del movimento studentesco, negli anni 0ttanta mi pare parlamentare dei Verdi?)

Un anno fa questo seminario sarebbe stato impossibile. [Critica Diodà]: Il processo penale [al fenomeno terroristico] è irrimediabilmente inquinato. Siamo in una fase in cui i cambiamenti in carcere [dei detenuti politici, anche degli «irriducibili»] sono più veloci di quelli che avvengono fuori. Bisogna portare la storia di questi anni in questi processi. Evitare che nel ricostruire la storia di quegli anni ci si reidentifichi con essa. Bisogna chiudere questo capitolo della storia del nostro Paese. Quegli anni sono finiti. L’epoca storica del terrorismo è finita. Ma non sono ancora chiusi i conti storici. C‘è forse meno scandali, emarginazione, ecc? Il terrorismo non è nato dall’incazzatura sociale. La spiegazione è più complessa. C’è stato un crollo dei riferimenti sociali, ideologici, ecc. Forse stiamo vivendo la fine di un secolo di storia del m.o. È la chiusura di un ciclo secolare. Per 4-5 anni, mentre fischiavano le pallottole, la Sinistra è stata in casa e, quando ha rimesso la testa fuori, il panorama era completamente cambiato. Il filtro processuale è adesso inevitabile per migliaia di persone, ma la riflessione storica autonoma influenzerà positivamente gli stessi processi. La testa in questi anni non se la sono spaccata solo i terroristi: nel 1968 e nel 1977 intere generazioni sono state devastate senza riuscire a trovare interlocutori validi: prima questi fenomeni sono stati trattati come eresie e poi, nel 1977, si è arrivati allo scontro frontale. Il sistema politico non è affatto cambiato. Non ci sarà una riproduzione di massa del terrorismo, anche se terrorismo ci potrà ancora essere. Bisogna far uscire dal carcere tutti quelli che è giusto far uscire. C’è un rimosso nella società italiana. Dal terrorismo si è usciti da Destra con una grossa involuzione.

Alberto Magnaghi ( urbanista milanese finito in carcere il 7 aprile 1979) –

Niente colpi di spugna. Niente azzeramento. Non voglio l’amnistia. Voglio giustizia per i 3 anni di carcere preventivo che ho fatto. Il «teorema Calogero» o è dimostrabile o va respinto. O è esistita questa organizzazione fantasma che ha ridotto a burletta un grande movimento [o no]. [ Mi pare che oggi?] si esca dal terrorismo non con la sconfitta di un pugno di terroristi, ma facendo un repulisti di tutto il movimento. La riduzione a complotto di tutta una cultura è un’operazione che va al di là dei quattro gatti del 7 aprile. [ Legge un articolo di Libertini intitolato «Da Fioroni a Zampini» (un truffatore pentito nel 1983)]: «basta confessare per essere scarcerati». E se lo chiede adesso? Troppo tardi. Non c’è stata nessuna diga in grado di salvare i valori emersi negli anni Sessanta. Nella stessa acqua [del terrorismo] nuotava anche Lotta Continua ecc. Nel 1968 tutti i gruppi si posero il problema dell’esito di quel movimento. Il limite di quei gruppi sta nell’essersi riferito troppo alla tradizione del m.o. Il movimento se l’è cavata diffondendo comportamenti culturali nuovi. Ma il ceto politico nel suo complesso (riformisti e rivoluzionari) è stato sconfitto. È stata sconfitta tutta la Sinistra. Siamo di fronte ad una selvaggia ristrutturazione capitalista. È possibile [?] solo una resistenza. Bisogna fare una distinzione tra partito armato, che si può criticare, e bisogno di lotta armata, che è fenomeno da capire perché nasce dalla sovversione per mancanza di sbocco politico di un movimento di massa nuovo. Altrimenti sarà la sinistra nel suo complesso a ridursi al pentitismo. Ecco la tragedia storica.

Massimo Cacciari (…) –

Questa iniziativa segnala la possibilità di uscire dagli anni di piombo. Abbiamo avuto in Italia un terrorismo che non ha nessun riscontro con la storia europea. Sfugge alla catalogazione sociologica per durata e radicamento sociale e ha caratteri di straordinaria novità. L’assassino di Moro è l’assassino politico più rilevante del XX secolo per le sue straordinarie conseguenze politiche. [Sono ostile] a qualsiasi logica di amnistia. Non è una soluzione politica. La nostra realtà è imparagonabile a quella tedesca. (Parlare di «anni di piombo» è deviante). Si è trattato di un fatto italiano molto specifico e che tira in ballo delle responsabilità generali. [Sono] contro il calderone: anche quello che tira in ballo i servizi segreti. No alle spiegazioni sociologiche [si riferisce a Magnaghi]. Sono fenomeni che hanno avuto una valenza politica specifica. E certe realtà specifiche non devono essere “sciolte” nel movimento. Bisogna distinguere. Nell’acqua comune a tutti circolavano pesci diversi. Già nel convegno di Padova [?] dicevo che certi gruppi [Lotta Continua?] sarebbero stati impotenti nel contrastare il partito armato e differenziavo i vari spezzoni. Vi erano fortissime contrapposizioni. E c’era una totale inadeguatezza del PCI a confrontarsi con le diverse realtà politiche operanti nel movimento. Da quel convegno non uscì nessuna inziativa politica. Attenzione alla faciloneria con cui si parla di post-terrorismo. Il sistema politico italiano ha gli stessi blocchi di dieci anni fa. Bisogna collocare il terrorismo in una situazione mondiale incerta. Il rapporto militare tra le grandi potenze viene condotto anche col terrorismo. Se i rapporti internazionali restano gli stessi, la certezza del post-terrorismo salta.

Giovanni Lanzone (Ex dirigente AO poi passato nel PCI) –

La litania terrorismo-servizi d’ordine, resistenza- ecc. non mi convince. I servizi d’ordine anche nei momenti più tragici mantenevano un universo di riferimento diverso da quello del terrorismo. Ci sono forme di violenza (di massa) che hanno legittimità storica. Il racconto di Barbone [fare nota] è completamente in una logica omicida. […]

Gentili ( avvocato) –

Esiste un’enorme differenza di come si parla qui dei fatti (rapine, ecc.) e di come se ne parla nei processi. Quei fatti sono veri o falsi? La proposta di legge fatta da Boato cancella i fatti storici. Non bisogna perdere il passo con quello che si discute nei tribunali e che sente l’opinione pubblica. Bisogna che il dissociato cominci ad ammettere i fatti.

Bepi Tomai ( sindacalista Cisl): –

L’ambiguità di certi processi sociali è stata una ricchezza. Noi assistiamo ai colpi di coda di un’ideologia che era già morta prima degli anni Settanta ed era incapace di spiegare quello che accadeva […]

Cominelli (ex Movimento studentesco della Statale) –

[Propone un gruppo di ricerca]

Motta (?) –

Il terrorismo non è stato sconfitto né dai pentiti né dalle istituzioni, ma da se stesso, dalla sterilità della sua proposta politica. Bisogna fare una distinzione tra chi ha scelto di uscire dai gruppi armati già prima dell’arresto e chi ha aspettato il giorno dopo l’arresto per pentirsi. Nel 1977-78 non c’è stato un attimo di tregua per fermarsi e chiedersi: c’è solo la possibilità della clandestinità e della lotta armata?

Novak (ex PO?) –

Non è strano per me che Peci [fare nota] abbia ricevuto 50 milioni per la sua apparizione in TV. L’avvocato Gentili faccia un appello pubblico affinché Fioroni [nota] venga a confrontarsi… Uscita dal tunnel? Non c’è legge o soluzione politica che cancelli la barbarie dell’art. 90 [nota] e delle carceri speciali

Grimaldi ( padre di un compagno incarcerato) –

Faccio una denuncia. Firme raccolte contro l’art. 90. Nessun giornale, tranne il manifesto e il Messaggero, hanno dato la notizia. Ho visto la vergogna di S. Vittore […]

*

Appunti miei dopo la serata alla Casa della cultura

Hanno parlato di “lacerazione” e di “post-terrorismo”, ma oscillando tra due constatazioni complementari e desolanti: “tutto è passato, si è chiuso un ciclo”; “il sistema politico è rimasto quello di dieci anni fa”. La portata storica del fenomeno è stata presente solo nelle parole di Cacciari. Boato, invece, è tutto proiettato nel futuro (“fine di un ciclo secolare”) e per adesso propone una leggina sulla dissociazione. La posizione di quelli che ancora si muovono in una logica di confronto con la tradizione comunista (Sorbi, Madera) ha uno sgradevole sapore “culturaleggiante”: si valorizza il confronto solo dopo che i movimenti sono stati spezzati; ma quando erano vivi e vegeti? Viene così eluso un fatto: il “confronto” c’è stato ed è stato purtroppo “lacerante”! Altri hanno fatto prevalere le questioni da “ceto politico” (Lanzone, Cacciari in parte). E qualcuno (del PCI o del PSI) bada solo al risultato portato a casa, indifferente ai costi sociali e politici. Il loro “recupero della democrazia” è l’elemosina degli arroganti. L’unico a piangere sulla morte del movimento (colpito come sottoprodotto o vero obiettivo della “lotta al terrorismo”?) è stato Magnaghi. In sostanza la ricerca sulle responsabilità della Sinistra resta incerta. E l’oggetto “terrorismo” non trova alcuna spiegazione soddisfacente. L’ammissione di non essere stati in grado di fermare il fenomeno o di averlo fermato con costi sociali e politici così rilevanti è rimasta a mezza bocca o addirittura respinta. Era inevitabile che si dovesse eliminare ogni movimento per sconfiggere il terrorismo? Se si risponde sì a questa domanda, bisognerà anche ammettere che il terrorismo, barbaro quanto si vuole, da noi è stato quasi un fenomeno di massa [o comunque di grande rilievo]. Come mai, infatti, ideologie così “vecchiotte” o già “morte” hanno potuto avere tanta risonanza? Se il motore è stato “il politico” (Cacciari) e se le rotture tra i gruppi extraparlamentari sono state influenti anche sul sociale, dato che politico e sociale s’intrecciano strettamente ( sia pur, in queste letture, con prevalenza del politico), allora bisogna riconoscere che lo “sbocco terroristico” e l’”antiterrorismo”, che ne è seguito, erano risposte inevitabili. In questo universo politicista c’era poco da scegliere. O, magari che, i movimento sociali di massa sono soltanto delle scale su cui i politici salgono per condurre le loro battaglie decisive. Io penso che terrorismo antistatuale e antiterrorismo armato e statuale non fossero sbocchi inevitabili. Penso che il movimento si sarebbe aperto altre vie per contrastare il terrorismo, se solo avesse avuto il tempo e la tradizioni partitica non avesse prevalso. Ci voleva un movimento capace di maturare ma senza subordinarsi alla forma partito o abbandonarsi agli estremismi movimentisti (nascenti dal suo stesso seno). A questa maturazione noi che siamo presto confluiti nella tradizione partitica della sinistra non abbiamo saputo contribuire. E quando ci si è accorti di quanto fosse stretta quella forma, sono prevalse reazioni estremistiche. Bisognava fare la nuova sinistra e non i partitini. Da questi discorsi della generazione del ’68 non si coglie in pieno la novità e la complessità di quanto di distruttivo e costruttivo era in gioco. Oggi, spezzata la soggezione all’ideologia dei miei ex compagni, li riascolto misurando la mia distanza da loro. Non mi procurano più quella sofferenza con cui subivo i loro discorsi in anni passati. Né mi sento più un pezzo del vaso al quale essi ritengono ancora di appartenere. In quegli anni ho operato in quella gabbia e posso anche interrogarmi in quale dei gruppi “gabbia” (AO, LC, ecc.) ci fu più ricchezza di spunti. E, pur nel comune fallimento, riconosco maggiore vitalità all’operaismo; e, potessi tornare indietro, non rimetterei gli abiti di AO. Se allora il problema fosse stato quello di “distinguersi” dal terrorismo, sarebbe bastato poco: solo Calogero e il PCI assimilarono gruppi e terrorismo. Ma le esperienze dei gruppi fallirono; e, tra loro, quella di AO fu debole e tradizionalista. Bisognerebbe consolidare questa mia convinzione in un lavoro storico sull’operaismo. [Ammetto che la polemica di Negri contro la sinistra extraparlamentare di allora mi colpisce: in AO si pensava proprio come lui dice alle pagg. 126, 127, 133 di Pipe line.]

3 pensieri su “27 aprile 1983. Si può uscire dagli anni di piombo?

  1. Lotta Continua cantava nei cortei, ancora prima del ’77: “Lotta, lotta di lunga durata, lotta di popolo armata…”. E la cito per tutti, perché anch’io davo per buono questo contenuto, non mi scandalizzava assolutamente. La violenza, sarebbe stata inevitabile (“Lo Stato borghese si abbatte e non si cambia” l’ho gridato chissà quante volte anch’io). Mica che il potere si sarebbe fatto da parte democraticamente… Per cui la mia censura al terrorismo di sinistra è soprattutto nella scelta dei tempi (la situazione non era affatto prerivoluzionaria), degli obiettivi (Tobagi!!! eccetera), nella sua debolezza intrinseca (appena catturati, raccontavano piangendo di tutto e di più). Insomma la contraddizione fu tra la sacrosanta lotta di classe e le inadeguate forme di lotta.
    Di quanto ho letto qui sopra mi colpiscono due frasi. “Altrimenti sarà la sinistra nel suo complesso a ridursi al pentitismo” (Alberto Magnaghi). Ed è ciò che purtroppo in larga parte è avvenuto, anche da parte di alcuni dei miei ex compagni e dirigenti.
    E “Bisognava fare la nuova sinistra e non i partitini” (Ennio Abate). E’ vero!

  2. Conosco solo i più noti di questi intellettuali, vale a dire Gad Lerner, Massimo Cacciari e Marco Boato.

    Non so esprimere un giudizio politico o storico sulle varie posizioni espresse, che per me sono troppo astratte, mi limito ad annotare, come nel mio stile, alcune precise considerazioni pragmatiche, basate sui fatti concreti.

    1) Nessun movimento dura molti anni, a meno che non si trasformi in partito. Quindi, non credo sia possibile una “maturazione” al di fuori della forma partito e del movimentismo spinto. I movimenti finiscono in pochi anni.
    Esempi: Social Forum, Girotondi, Lista Di Pietro, Popolo Viola, Movimento pacifista contro guerra Iraq che per qualche mese ha organizzato le più grandi manifestazioni mondiali, Cambiare si Può, L’Italia con Tsipras. Lotta Continua, Manifesto e di recente Micromega sono stati vicini a diventare un vero partito, ma alla fine sono tornati a essere giornale.

    2) Ricordo che c’è stato di recente un movimento nato dal basso, ma col patrocinio di un padrone carismatico, che si è trasformato in Partito: il M5S. Prima c’erano i meet up, fatti da cittadini che non avevano mai fatto politica e che erano concentrati su temi specifici come l’acqua pubblica ecc. e da lì è nato un partito. Senza i meet up non sarebbe nato. Senza Grillo come icona, e col potere assoluto in grado di convogliare il popolo dei meet up non sarebbe nato.

    3) Lotta Continua si è distinta per aver distribuito molti suoi militanti in tutti i partiti e giornali italiani. Unico legame: l’avversione per la magistratura. In seconda istanza, il filosionismo.

    4) Nei Verdi, Manconi e Boato hanno cercato di fare una riforma della magistratura (la famigerata Bozza Boato) che di fatto era quella della P2, e che voleva Berlusconi. Da Ferrara a Boato, tutti gli ex di Lotta Continua erano contrari, tranne credo Lerner e Deaglio, che sono quelli che più rispetto. I verdi di Manconi e Boato, oltre ad aver sdoganato la guerra al Kosovo, hanno trasformato i verdi in un partito che di ecologista non aveva nulla, e che ha preconizzato tutti i gruppi rossobruni attuali. Il fatto che Manconi scrivesse per il Foglio, già dice tutto. Una sinistra che è collusa con Berlusconi, che persegue i suoi stessi obiettivi giudiziari, è esecrabile.
    Come se fossimo ancora negli anni Settanta, come se Mani Pulite fosse la giustizia di classe che colpiva i proletari. Una fetta di sinistra non s’è accorta che con Mani Pulite la magistratura per la prima volta ha colpito il potere che Lotta continua e il Partito armato in genere combatteva.

    5) Lerner, Ferrara e altri tra cui Eco, hanno fondato Sinistra per Israele, che per me è una contraddizione in termini. Al suo interno, peraltro, le posizioni di Lerner erano molto più critiche verso Israele rispetto a quelle degli altri. Tra gli altri, Fulvio Colombo, uno che si batte, negli ultimi 10 anni, per far passare il concetto che non c’è differenza tra antisionismo e antisemitismo. Ferrara ha fondato il giornale più filosionista credo d’Europa, con posizioni estremiste e a mio avviso razziste.

    6) Molti esponenti del Partito armato, diventati giornalisti, hanno difeso la polizia e i carabinieri che a Genova 2001 hanno manganellato un’intera generazione di giovani.

  3. Correzioni:

    Da Ferrara a Boato, tutti gli ex di Lotta Continua (tranne credo Lerner e Deaglio, che sono quelli che più rispetto) erano contrari ALLA MAGISTRATURA CHE COLPIVA I POLITICI E GLI IMPRENDITORI E IN NOME DI UN GARANTISMO, QUELLO Sì DI CLASSE, HANNO UNITO LA LOTTA PER LA GRAZIA A SOFRI CON IL SOSTEGNO ALL’IMMUNITà PARLAMENTARE DI UNA CLASSE POLITICA CHE HA MANDATO IN CRISI L’ECONOMUA ITALIANA ANCHE PER I SOLDI CHE HANNO RUBATO. MANCONI E BOATO, oltre ad aver sdoganato la guerra al Kosovo, hanno trasformato i verdi in un partito che di ecologista non aveva nulla, e che ha preconizzato tutti i gruppi rossobruni attuali.

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