Fulvio Ventura: porte del paradiso

di Paolo Di Marco

Luce ben misurata, nuvole che vagano intorno a un punto di equilibrio lontano, ombre di fate, maschere in giardini incantati: un salto in un altro stato di coscienza, dove tu sei dentro la foto e insieme lei è il tuo specchio e insieme percepite altre dimensioni

in bianco e nero, prevalentemente, perchè è diretto, non immediato ma più capace di penetrare nei tuoi livelli profondi che , ancora, forse, non conoscono i colori

ma anche il colore, anche se più difficile da assimilare, da pensare ed elaborare dunque in modo differente

questo richiede e genera perfezionismo e puntigliosità, necessaria ma anche a volte eccessiva: ricordo un giorno a Modena nella casa di Ghirri, che da lui aveva preso lo spunto del ‘catalogo di nuvole’ , quando arrivarono le bozze del libro di foto di Fulvio: alcune scelte di sequenza o impaginazione lo irritarono a tal punto da rimandarlo indietro..per sempre

o quando a casa mia, mentre mostrava a Battiato una sequenza di diapositive, una mia osservazione irrispettosa gli fece trasformare la sequenza in una corsa irriconoscibile di immagini..

eppure anche quel puntiglio che gli fa centellinare le foto, che gli impedisce ampia notorietà, è un filtro derivato da un lungo percorso culturale, comune ai migliori figli degli anni ’60, che sceglie ‘Il verbale’ di Le Clezio piuttosto che La recherche di Proust, il ‘Congedo dai genitori’ di Peter Weiss piuttosto che ‘La montagna incantata’ di Mann, che segue ‘A scuola con lo stregone’ di Castaneda, le esperienze psichedeliche, le ricerche spirituali, il sufismo come un percorso verso una realtà diversa e migliore di quella ereditata. Un percorso che alla fine ricomprende anche Proust, la filosofia classica e la fisica quantistica, Bartok insieme a Ravi Shankar e Nat Adderley.

è un percorso insieme culturale e percettivo:

questa realtà più profonda, diversa dall’immaginario corrente, non può essere sbandierata, dichiarata, ma si può solo alludere; chi vuole può trovare gli indizi sparsi in piena luce nelle nuvole misteriose , o nelle ombre e nelle presenze fatate dei giardini, o intravederli nei paesaggi incerti colti in movimento.

Ma non ci ha lasciato: è sempre lì nelle ombre e tra le nuvole, con un guizzo felice negli occhi quando scopre che il tempo, come in fisica, non esiste

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