Segnalazione

Don Chisciotte ha l’artrosi: il menisco del deserto
è pure una vergogna per il suo cammino e il suo bacile.
Come resero folli i suoi sogni i Libri della Cavalleria!*
Il suo cuore era miniato come i libri del Medioevo!
Le quattro labbra di Dulcinea come mulini a vento
furono il sudario di marmo delle sue imprese erotiche.
La finzione eretica fu il trionfo di Santa Clitoride.

Dulcinea, la Bella, soffriva di visioni in fotocopia,
fu una femmina fatale, cavaliera, esperta di aste armate.
Su una veronica tracciò i punti cardinali
—ah, anima candida! —dei suoi viaggi erogeni.
Pianse la Colomba nell’alcova – pietre!
Era tranquilla, statuaria come una Iside sedotta dai misteri,
lubrificava di continuo le sue quattro ali,
perché potessero le sue ginocchia sacrileghe
sollevare il Cavaliere in alto – pozzo o luna —
e abbattere i malleoli del suo Minotauro!

*Variante: per i suoi sogni, folli i Libri della cavalleria!


 
Don Quijote tiene artrosis: el menisco del desierto
es también una afrenta para su aventura y su bacía.
¡Como lo son sus sueños delirantes por los Libros de Caballerías!*
¡Su corazón era miniado como los libros medievales!
Los cuatro labios de Dulcinea, como molinos de viento,
fueron el sudario de mármol de su aventura erótica.
La ficción herética fue el triunfo de San Clítoris.[i]
 
La Bella Dulcinea padecía alucinaciones en fotocopia,
fue una mujer fatal, experta amazona armada de venablos.
Con una verónica trazó los puntos cardinales
—¡ah, alma cándida!— de sus viajes erógenos.
¡Gime la Paloma en el nicho-piedra!
Estaba tranquila, inmóvil como una Isis por el enigma seducida,
continuamente lubricaba sus cuatro alas
para que pudieran sus sacrílegas rodillas
alzar en alto al Caballero —vacío o luna—
¡y abatir los maleolos de su Minotauro!
 
 
 
*Variante: ¡para sus sueños, locos Libros de Caballería!

 


[i] Traduzco imperativamente en masculino porque ‘clítoris’ tiene en español este género; no en italiano (‘clitòride’), que es femenino y, en consecuencia, sería ‘santa’ y no santo. (NdT).

NOTAS BIOBIBLIOGRÁFICA

Antonio Sagredo (Lecce, Salento, 1945) vive en Roma. Doctor en Filología
Eslava, es un profundo conocedor y fecundo reseñista y estudioso de la
literatura rusa (Mayakovski, Pasternak, Mandelshtam, Tsvetáyeva) y checa
del siglo XX (en especial de las obras Josef Kostohryz y de Otákar Brˇezina
–autor sobre el que versó su tesis doctoral–, pero también de la llamada
«Generación Poetista» checa, coetánea de la G-27 española, a la que,
entre otros, pertenecen Vladimír Holan, Jaroslav Seifert Viteˇzlav Nezval y
Frantisˇek Halas). Íntimo amigo de Carmelo Bene y autorreconocido deudor
del magisterio de Angelo Maria Ripellino, dedicó al teatro buena parte de su
vida. Sus poemas no fueron publicados en Italia hasta 2016 (Capricci, Roma,
GSE Edizioni), pero sí lo hicieron por primera vez en España: el poema «Yo
que a la paloma niego el vuelo» apareció en los Pliegos de creación Malvís,
número 1, Madrid (1988). En 1991, y con presentación de Manuel Martínez
Forega, el número 17 de la revista Turia ofreció una muestra más amplia
de su poesía y, en 1992, con traducción de Inma Muro y Ángel Guinda e
introducción de Martínez-Forega, Lola Editorial presentó sus Tortugas en la
colección «Cancana» (nº 5, 1993). También en Lola Editorial, esta vez en su
colección «Libros de Berna» (nº 8, 2001), aparece Poemas, cuya selección
y traducción corrió a cargo de Joaquín Mateo Blanco. Por fin, la traducción
inglesa de sus Leggioni apareció en Estados Unidos y Gran Bretaña en 2003.
Más tarde llegarían Il Giardino (Roma, GSE Edizioni, 2018) y La gorgiera e
il delirio (Fasano, Schena Editore, 2019).

La responsabile della casa editrice TRINIDAD RUIZ MARCELLAN e la sua amica MARIA JOSE SAENZ

4 pensieri su “Segnalazione

  1. Lasciate che ve lo dica, Cervantes ha un debito con Sagredo: quel che si evince da questi versi è chreabbiamo davanti un nuovo Don Chisciotte e una nuova Dulcinea: sono versi straordinari : semplici ed efficaci che dipingono un nuovo quadro erotico. Sagredo conosce a fondo Cervantes, e credo che uno dei primissimi libri che ha letto fosse proprio il Don Chisciotte. Qui, in questa poesia vi sono almeno tre o quattro versi senza pari, e penso che in questo ciclo di 10 componimenti ve nesia no a decine!
    il verso “Come resero folli i suoi sogni i Libri della Cavalleria!” e la variante danno da soli
    il valore della poesaia di Sagredo.

  2. Ammirevole poema del “quijotesco” Sagredo. Seguo ad Antonio dal suo magnifico “Legioni” e non mi lasciano mai di sorprendere i suoi giochi linguistico-semantici.

  3. Ogni tanto vado su “L’Ombra delle Parole” per controllare a che punto è “a nuttata” della poesia degli “ombreggiatori”. Oggi vi ho trovato giudizi sulla poesia di Antonio Sagredo: https://lombradelleparole.wordpress.com/2022/05/11/antonio-sagredo-poesie-da-cantos-del-moncayo-ediciones-olifante-zaragoza-2022-traduzione-in-spagnolo-di-manuel-martinez-forega-antonio-lopez-garcia-figure-in-una-casa-1967/

    Ne riporto alcuni. Sono per me una riconferma del mio giudizio negativo sul modo di vivere e affrontare la crisi (non certo soltanto della poesia) di alcuni di questi ex amici. E anche la mia distanza ( in passato qui argomentata:https://www.poliscritture.it/2015/12/04/date-a-sagredo-quel-che-e-di-sagredo/ ) dallo stesso Antonio Sagredo (alias Alberto Di Paola) che di quei giudizi si compiace.

    giorgio linguaglossa
    11 Maggio 2022 alle 8:55

    in altre parole il linguaggio, ogni linguaggio mostra ed esibisce la propria impotenza, l’essere una apparenza, un gioco di artificio, che dietro di essa non c’è nulla

    …il fatto è che un poeta ci mette tutto l’impegno e una intera esistenza per costruirsi un «luogo» linguistico in cui sostare e riposarsi, una «abitazione» che lo protegga dalle intemperie, e Antonio Sagredo l’ha finalmente trovata. Ma una «abitazione» linguistica è anche una «prigione» linguistica, prima o poi un autore scopre che non può più uscire di lì, e che quella «abitazione» è diventata una «prigione». A questo punto un poeta tenterà con tutte le proprie forze di fermare il tempo, di arrestare il decadimento e la metamorfosi delle parole, farà di tutto per opporsi al cambiamento, lancerà accuse e anatemi contro chiunque tenti di convincerlo, con le buone o le cattive, a traslocare dalla vecchia «abitazione» ad una più nuova e confortevole… il fatto è che ogni linguaggio si feticizza, tende prima o poi a diventare inerte, un osso di seppia, alla fine ogni linguaggio è il prodotto della densità della storia e degli accadimenti, non una proprietà privata di un singolo… Il sigillo delle opere moderne LO si può rinvenire nella loro appartenenza alla cosità dei linguaggi. Nelle opere moderne si incontra una mancanza-a-essere radicale, una incompletezza ontologica strutturale, in altre parole il linguaggio, ogni linguaggio mostra ed esibisce la propria impotenza, l’essere una apparenza, un gioco di artificio, che dietro di essa non c’è nulla, c’è una parete spoglia e monocolore.

    milaure colasson
    11 Maggio 2022 alle 20:48

    è una poesia che si basa sulle iperboli e sulle metafore improprie, linguaggio iperbolico e sontuosamente barocco dove ci trovi di tutto, dal linguaggio della Contro Riforma ridotto a spezzoni e mutilato fino alle soluzioni plebee, una poesia ilare e atea che gozzoviglia con il linguaggio allo stato dell’implosione. E’ un linguaggio neutro, infingardo e pseudos, uno pseudo linguaggio che non vuole significare niente

    direi che la lingua spagnola amplifica il diapason sonoro di cui è ricca la poesia di Antonio Sagredo, che sicuramente ha una caratteristica rarissima: è una poesia che si basa sulle iperboli e sulle metafore improprie, linguaggio iperbolico e sontuosamente barocco dove ci trovi di tutto, dal linguaggio della Contro Riforma ridotto a spezzoni e mutilato fino alle soluzioni plebee, una poesia ilare e atea che gozzoviglia con il linguaggio allo stato dell’implosione. E’ un linguaggio neutro, infingardo e pseudos, uno pseudo linguaggio che non vuole significare niente (questo è un punto di contatto con la NOe), però i testi sono tutti attraversati dalle convulsioni e dalle eruzioni dell’io sagrediano. Questa caratteristica è funzionale alla mancanza di un piano di significazione, voglio dire che alla fine della lettura ti rendi conto che Sagredo ha messo su una cortina fumogena per distrarre i distratti e confondere i bravi professori, sicuramente Sagredo in Russia verrebbe subito ammanettato e arrestato, è un tipo di cui il regime non si può fidare, ma per sua fortuna qui, nello stivale, le cose sono diverse, il poeta può dire tutto quello che vuole, tanto non conta nulla. Non conoscevo la poesia di Sagredo penso che sia un caso assolutamente singolare nella poesia italiana, non è fratello di nessuno e non può lasciare nessun adepto, perché è la poesia di Nessuno, scritta per il Signor Nessuno, indirizzata a tutti i Nessuno. E’ una poesia di cui non ti puoi fidare nel modo più assoluto. Una poesia kitsch e pseudo kitchen direi.

    alberto di paola
    12 Maggio 2022 alle 5:01

    uno pseudo linguaggio che non vuole significare niente ” e aggiungo il Tutto allo stesso tempo.

    “E’ una poesia di cui non ti puoi fidare nel modo più assoluto. “,
    che poi è lo stato di grazia della grande Poesia: sono d’accordo.
    Così come non ci si può fidare della poesia di Campana, ma ci si può fidare della poesia di Montale che è la comodità divanesca.
    ———————————————————————————–
    Quanto al Nulla… siamo di fronte alla poesia di Polifemo, scritta per il Signor Polifemo, indirizzata a tutti i Polifemo…. cioè Poesia di Giganti, poesia dunque dotata di un occhio solo, poesia dunque del Faro che illumina ogni cosa per 360 gradi.
    —————————————————————————————-
    “una poesia che si basa sulle iperboli e sulle metafore improprie,”.
    perciò una poesia fuori del comune, perchè ha superato la dimensione del “proprio” e va a caccia del suo contrario, e ci vuole più che potenza (che è già contenuta) possanza che è caratteristica di un ” linguaggio iperbolico e sontuosamente barocco dove ci trovi di tutto, dal linguaggio della Contro Riforma ridotto a spezzoni e mutilato fino alle soluzioni plebee, una poesia ilare e atea che gozzoviglia con il linguaggio allo stato dell’implosione.”,
    cioè allo stato ideale, direi epico, direi “titanico” come scrive Donato di Stasi.
    —————————————————————————————–
    Alla poesia di Sagredo tutta la poesia del passato secolo deve dei debiti
    perchè possa rompersi tutte le ossa e sgretolarsi miseramente: nessun poeta è dotatto di così valente quantità di metafore e di iperbole!
    ———————————————————————————————–
    Ogni verso (e non dico soltanto dei Cantos) è il trionfo della metafora o della iperbole sorrette da una conoscenza deformata o perfetta della visione a sua volta deformata e perfetta… da qui “un linguaggio neutro, infingardo e pseudos, uno pseudo linguaggio che non vuole significare niente ” e aggiungo il Tutto allo stesso tempo.
    E’ dunque un linguaggio a tutto spiano che gioca con le citazioni (il grande Osip Mandel’stam era un poeta prevalentemente di citazioni, e il suo maestro fu Dante!), come a un gioco d’azzardo si insinua Dante nelle visioni di Sagredo mettendo ” su una cortina fumogena per distrarre i distratti e confondere i bravi professori”, che invano a tutt’oggi cercano una “significazione”, che poi esiste davvero, ma bisogna cercarla nella lotta mostruosa (le sue poesie mostruose!) tra il significante e il significato da Sagredo che fa la parte del direttore d’orchestra raffinatissimo (come un Toscanini, un Abbado e infine un Muti) o non tanto miseramente il puparo siciliano di raffinata arte gestuale e fantoccesca!
    Adieu

    Lucio Mayoor Tosi
    12 Maggio 2022 alle 18:22

    e tutti sono più felici.

    Certo che aver abbandonato il suo super superio dona alla poesia di Antonio Sagredo; senza l’ingombro dell’io si aprono paesaggi, l’universo si predispone alla scrittura e tutti sono più felici.

    milaure colasson
    13 Maggio 2022 alle 19:53

    La poesia di Antonio Sagredo reagisce intensificando la depoliticizzazione della semantica

    le società depoliticizzate producono un’arte depoliticizzata, e l’arte depoliticizzata è uno pseudos, un minus… La poesia di Antonio Sagredo reagisce intensificando la depoliticizzazione della semantica, fa una poesia anomica… Viviamo tutti in una società occidentale che è depoliticizzata, e questo è indispensabile per poter mettere sul mercato prodotti depoliticizzati, neutri, che vanno bene per tutti i gusti standardizzati… in queste condizioni la poesia è per forza di cose ridotta ad essere un’isoletta in un mare pallido e quieto, la quietudine della depoliticizzazione.

  4. Le analisi di questi esperti in Poesia mi sono indifferenti: sono fandonie, raffazzonamenti, inutilità critiche, guastatori che brillano di fallimenti e di disinneschi
    mal riusciti, approfittatori delle visioni altrui, diffamatori, falliti assassini, distrofici delle parole e dei versi, inutilità stilistiche i loro sforzi di far poesia, aspiranti alle nullità ecc.

    Mancano di visioni ed esaltano le divisioni. Assenti a se stessi trionfano di mancanze, ideologi da strapazzo, pescatori di critiche obbrobriose ecc.
    ———————————————————————————————————-
    Il novello dittatore
    (dottor Cessantibus)
    ai pastori-dittatori

    Debuttò con una giovane morte, e prese il volo,
    come un novello dittatore.

    Il morto sfilò un anello dal vivente,
    l’oriente si ribellò, voltò la schiena e andò via,
    perché sovrane regnassero sui tarocchi
    le infelicità nerastre della Nemesi.

    (presi per mano quel buon diavolo
    di Dio, lo accompagnai per portarlo
    sulla buona strada: poverino, come un orfano
    s’era smarrito da quando gli angeli
    non lo avevano più riconosciuto).

    La debolezza di un secolo è legge naturale
    che muta i vagiti in rostri insanguinati,
    è fede saldata a patiboli untuosi e circospetti,
    conteggio dei viventi prossimi alla cenere,
    Senza speranza è la carne che ritorna dalla croce.

    I passionisti del cuore creano le rivoluzioni
    quando le ragioni declinano il tedio in azione.

    Non ho da spartire che pulsanti arterie ai funerali, eventi
    e chiacchiere sono beffardi come i quattro evangelisti.
    Tumuli di bocche gonfiati dal martirio infame
    celebrate languidi carnefici, morituri in ceppi, roghi
    e, sulle ruote, vanità di pezzi di ricambio!

    Come i tradimenti dei padri marcano i sentieri!

    Le leggende non sono destini circolari e rattrappiti:
    ovvietà che l’umano stregone diffonde sconcertato.
    Calici e mani sono fusi in un presagio empirico
    perché il sangue dagli occhi non generasse una gloria – di letame!

    antonio sagredo

    Vermicino, 26/02-06/03 2002

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