Via crucis stazione zero

hostess

di Luciano De Feo

Non c’è gusto ad attendere il Destino!

Un giro nelle chiese, il ticchettio che ricomincia, lento e inesorabile!

A volte penso che siano reali, quei fili invisibili dietro le schiene incurvate. Ma non c’è piacere a vestire i panni di un Pupo siciliano dell’ottocento! …

… ero seduto, come ogni sera, dietro il tavolo del salotto, a scarabocchiare alcuni fogli strappati da un blocchetto. L’aria era densa e pastosa, come di fragole e arance andate a male. Il senso più acuto, l’udito, era a caccia di suoni oltre la barriera dei vetri sporchi della finestra.

Guardai la foto rubata dalla valigetta di Kamp, e la trovai orribile: cumuli di spazzatura, “lui” e mia moglie abbracciati … ancora spazzatura .. ancora LEI! Un gatto certosino, poi un altro grigio e marrone, ma di porcellana … mah, valli a capire, questi porno maniaci dello scatto selvaggio!

Ci sono persone che riempiono la casa di foto, però dimenticano di pagare le bollette!

Ma contro DestinyDestino c’è ben poco da fare. E’ come se uno volesse provare, una volta, a guardare dal buco della serratura dal lato sbagliato, là dove si perdono le ante tenebrose dell’animo.

Ma non ci casco, stavolta. Rinuncio a ogni tentazione letteraria, ne ho le palle piene degli stereotipi infiocchettati!

Qualche volta penso che farei meglio a svoltare, ma sul serio, senza quei tentennamenti che hanno disegnato un solco enorme, come una ruga di desolazione nel cuore della vanità. Mi spiego: la vita non è tutta pizza, sballo e fica, ci sarebbero anche altre cose, tipo l’impegno in politica con i cortei no war, le marce della pace, le cariche contro i Centri Sociali …

 Ma sono cazzate!

Solo quelli in gamba non hanno mollato. Sono tutti là, un manipolo di corazzieri intorno ai quali LORO innalzeranno muri di filo spinato, bunker anti esplosione e superbi Cavalli di Frisia!

C’ero anche io, tra Questi, prima che dall’alto delle NUBI D’ARGENTO i Porci mettessero a fuoco i cannocchiali del Cielo, appena in tempo per scorgere le mega esplosioni dietro le Croci e le Stelle Nazistoidi.

Andai via quando vidi la testa di Weller spiccare il volo, come la colomba nel suo bouquet di fuochi colorati. Fu un colpo di mortaio a portarsela via, io ero vicino a lui, appoggiato al muretto dello scolo fecale.

Dormiva, come la prima volta! Franklin, che si occupava delle scorte viveri, urlò: – Weller, mon dieu … Weller! L’hanno massacrato, bastardi!!!

Quando lo seppellimmo, il mio fu l’ultimo pugno di terra, e una prece, sull’orlo innaturale delle armi automatiche e dei morti che ardevano nell’immenso falò grigio scuro!

Sembra passato un secolo, eppure era meno di un anno fa …

… Miriam passava a prendermi tutte le sere alla Casa Verde Del Combattente, con la sua Ford nera del ’74. L’ultima volta che la vidi, era la vigilia di Pasqua.

– Ce ne andiamo, – disse lei, semplicemente. Suo padre, Nephtalj, era nella Blacklist del Ministero. Van Heverlo, il perfido colonnello d’acciaio, aveva un conto aperto con lui, per quella vecchissima storia delle stoviglie di plastica, finite, chissà perché, nel “taccuino” di quell’arpia nefasta!

– Andiamo via, – ripeté lei, quando cercai di prenderle la mano. Tremava. Era il mio giorno libero, ma il freddo faceva battere i miei denti, e il dolore mi obbligava a piegare la testa, per non esplodere!

Miriam si aggiustò il golfino a quadroni rossi e neri, la gonna di lana scozzese lasciava intravedere appena le sue agili gambe olivastre.

– Ti rivedrò? – le chiesi, mentre suonava la sirena di allarme.

– Il mondo è impazzito, amore mio. Due guerre sanguinose e tante vergogne non sono bastate, – disse lei, – la gente dimentica troppo in fretta.

– Io ti amo, Miriam!

– Ma io sono EBREA, lo vuoi capire, o no?

Continuammo a camminare fino alla palizzata blu arancio. Serghej dormiva, appoggiato al mitragliatore, nella garitta improvvisata con taniche vuote e grossi lastroni di aminolite. Mai come quel giorno, il verso dei gabbiani mi stava facendo impazzire!

Presi la mira, e cercai di abbatterne uno, ma Miriam mi fermò.

– Vedi? – mi disse sorridendo, e il suo era il sorriso più triste che si potesse immaginare. – Anche tu sei diventato come Loro: basta un niente per liberare la bestia dentro di te!

Finsi di non aver sentito, e continuai a camminare. All’altezza dei Muraglione Occidentale, stuprato dai bombardamenti degli ultimi giorni, lasciai che il mio sguardo stanco schizzasse in direzione dell’orizzonte, là dove le linee di fuga della Creazione si combinavano in uno scenario da brivido.

CIELO. MARE. NUBI. MONTAGNE. MACCHIE D’INFINITO!

E dietro questa nebbia, si nascondevano promesse oscure di morte!

– Sei bello, – disse Miriam, – quando smetti di guardare con i tuoi occhi.

– Sentiamo, come guarderei, adesso? – la stuzzicai io.

– Come solo TU sai fare, – e si portò una mano sul petto, all’altezza dello stemma dorato cucito sul golfino.

– So che non mi crederai – sentii sussurrare, mentre potevo indovinare le lacrime che le bagnavano il viso.

– Tu sei l’unico uomo che abbia mai amato!

Le grida strozzate dei gabbiani si alzarono di tono, fino a coprire ogni altro suono. L’orizzonte cominciò a tingersi di FIAMMA e porpora. Un’enorme corona di luce si aprì nel mezzo della notte, a est, cancellando interi villaggi.

Fuori si gelava.

– Miriam?

In risposta, si udirono solo bui colpi di artiglieria, dietro le colline a nord delle cittadelle fortificate. Non mi restava altro che rientrare.

Miriam era solo un sogno! Sdraiarsi, un po’, e aspettare il proprio turno, nel gelo delle buche scavate nella Sala d’Armi del Palazzo delle Scienze, tutto noir, come l’anima!

Mentre camminavo a zig zag in mezzo ai corpi dei miei compagni, pensavo a quanto fosse carogna la vita, o quel che mi ostinavo a chiamare: VERGUENZA …!

***

… vidi un posto chiuso, nascosto  sulla parete di fronte. Come fluttuando, esile fumo, fantasma di sogno o di morte, mi ritrovai oltre la Porta. Era di legno, marcia e tarlata ai bordi. Eddie era passato di là, non c’era dubbio. Un tanfo di chiuso, orrendo, opprimente, mi costrinse a piegarmi, per non vomitare il magro pasto!

Il pavimento era di maiolica chiara, qua e là chiazzata di fango, nei punti in cui entravo quasi in contatto con la suola degli stivaletti indossati da Eddie.

In fondo alla Sala, quasi incastonato tra due altissime librerie, stipate di volumi che a me parvero antichissimi, c’era un divano imbottito, sul quale sgocciolava la luce di un’alta lampada a stelo.

Mi spostai lentamente, fino al centro dell’alone chiaro scavato dalla luce cruda, che feriva le cornee. Nella condensa salmastra di quel luogo da incubo, intuivo una figura dai contorni vaghi, tremolanti, quasi “agganciata” al muro da un esile filo di vapore che pareva finto, come ogni cosa là dentro!

Sulla destra, una lunga scrivania antica che sembrava il bancone di un bar di Las Vegas. Lo sguardo scivolò sulle suppellettili posate sul ripiano: erano d’oro massiccio!

La sagoma circonfusa di luce e vapore cambiò immediatamente posizione, sulla soffice imbottitura, tracciando una scia arancione nella semioscurità. Per un istante rimasi scioccato, a osservare la ragazza e il suo negativo! Poi, lentamente tutto si dissolse, succhiato dalla tenebra alla sue spalle.

– Accomodati, – disse una voce metallica, che sembrava arrivare da un punto qualunque della Sala.

Ubbidendo a quell’ordine, mi diressi verso il divano, prendendo posto accanto a lei …

Per uno strano effetto ottico, ebbi la sensazione che lo spazio intorno si dilatasse ancora. Le due enormi librerie, che un attimo prima potevo quasi toccare, ora distavano metri e metri su entrambi i lati. Anche la luce, da semplice distillato della lampada azzurra posta a pochi centimetri sopra la mia testa, adesso inondava la sala, rivelando dettagli sorprendenti!

L’uomo, disteso in posizione fetale sulla lucida pavimentazione, conservava ancora qualcosa della bellezza di un tempo. I lunghi capelli color del miele, morbidi, quasi una schiuma densa intorno al bel viso da atleta olimpico, erano incrostati di sangue!

La sua testa sembrava aver assunto naturalmente la posizione ad angolo ottuso, marcata da una striscia scura che si allungava a delta, coagulandosi intorno al piede di una poltrona dall’alto schienale di gabardine.

– Non è uno spettacolo per gasteres forthies, – sibilò la voce raschiante.

Adesso si percepiva più distintamente un odore di fiori marci e lozione da almeno 100 dollars, sovrapposti al tanfo della decomposizione.

– Da quanto è in quello stato, – mi sforzai di chiedere, con un tono che mi uscì strozzato dalla gola, secca come carta vetrata. Avevo bisogno di mandare giù qualcosa di pesante! Leggendomi nel pensiero, l’estranea mi porse un lungo calice pieno di un liquido scuro, in cui galleggiavano biglie di ghiaccio.

– Grazie, – fu tutto quello che riuscii a biascicare, prima di chiudere le palpebre e ingollare il contenuto, tutto di un fiato.

– Era suo amico, vero?

Un mio amico! Eddie?

Gli occhi risalirono per un ultima volta lungo la veste da camera, quasi appoggiata sul corpo disteso sul pavimento.

Eddie Barcrose.  51 anni, imprenditore, ma forse era meglio definirlo mafioso, ricco da fare schifo e padre di tanti figli di donne diverse, sparse lungo il pianeta.

Eddie faccia d’Angelo, per via della sorprendente somiglianza con un attore francese, molto in voga nei primi anni del secolo scorso.

Eddie, l’uomo che mi aveva salvato la vita a Taiwan, beccandosi in un braccio la lama di un sicario destinata al mio petto.

Eddie, figlio di una gran puttana, fuggito con la MIA ragazza, che aveva sposato a Sorona, facendone una moglie infelice …

– Si sente bene?

– Sì … credo di sì, – risposi io al NULLA che mi stava accanto.

No, Eddie non poteva dirsi mio amico!, eppure gli volevo bene. A lui dovevo la mia recente fortuna, visto che era stata la sua Compagnia ad acquisire i diritti del mio ultimo best seller da Abner Stroeb, il mio editor, facendone un successo planetario, oltre che un film di grande presa, con incassi da capogiro.

Quando avevo ricevuto la sua lettera, non mi ero fatto pregare per seguirlo, in un’assurda guerra che non era la mia, ma della PARS OPULENS DELL’OCCIDENTE, il PARADISO delle MULTINAZIONALI del PETROLIO, della COCA/DROGA e dei suoi stermini di massa!

Il Presidente l’aveva invocata in nome e per conto della Cristianità, ma c’era ben poco di sacro in quello scenario da Tregenda che aveva fatto di ME un morto vivente, sepolto dalle macerie, mentre la mia sanità mentale andava a farsi benedire.  Ero uno spettro in mezzo alle bombe, agli stupri, ai saccheggi, alla vendetta, alla totale distruzione di ogni sogno di CIVILTA’ e di amore …

– … dopo aver trovato il cadavere, – riprese a parlare l’Essere, – ho parlato con gli Anziani, spiegando LORO che non esistevano più i PRESAPPOST per combattere.

– Già, – feci io, tirando fuori le sigarette dal giaccone inzuppato di sudore e umidità. Ne accesi una con l’accendino di platino a forma di campana, che una mano color gesso mi porgeva.

– Non mi sembrate convinto, vero?

Per la prima volta, il timbro della COSA si stemperò in una tonalità chiara, come cristallo liberato dalla crosta che lo ricopriva, a colpi di martello, rivelando un’inflessione a me nota, un accento che mi riportava indietro di dieci anni …

… in un albergo malfamato di Tunisi, durante una notte di maggio che non avrei mai più dimenticato!

– Tu sei la ragazza dell’anello! – urlai io, balzando in piedi.

Per la prima volta guardai in faccia la ex aliena. Le tenebre si erano magicamente dissolte, come un antico incantesimo, richiamando dalle profondità del tempo, dai meandri più oscuri della Mente, il volto disteso della ragazza ebrea che mi aveva fatto da guida in Tunisia e Nova Libia, quando mi era messo sulle tracce della Confraternita della Croce.

– Non si agiti, su, beva ancora un goccio, – e tornò a riempirmi il bicchiere. Mandai giù tutto, e il mio volto riprese il suo colorito.

L’attimo dopo, con il calice nuovamente colmo, tornai a sedermi – ANCORA UNA VOLTA! –  sul divano. Ero esausto! Sorseggiai il dolce nepente, sotto lo sguardo attento della donna/marziana. Il tempo sembrava essersi fermato, per poi ripartire, in quel viso allungato, dai magnifici tratti orientali.

Gli zigomi sporgenti avevano ancora quel caratteristico incarnato roseo, che sembrava spargersi a macchie lungo la pelle olivastra del viso, liquefacendosi nelle tante efelidi che rendevano il volto irresistibile.

Gli occhi, di un nero tanto brillante da accecare, non tradivano la minima emozione. Dieci anni erano scivolati via, lambendo appena quel corpo esile, dalle curve sode, piene, addirittura straripanti sotto il leggero tessuto marrone che la ricopriva come un’odalisca.

Voltai la testa, per nascondere le emozioni, quasi risucchiate dalla centrifuga ardente del suo sguardo ipnotico!

– Deborah … ti chiami ancora così, vero?

Lei annuì, muovendo la testa con una tale leggerezza, da rendere greve persino l’aria che cercavo di succhiare con le labbra.

– L’hai ucciso tu? – azzardai.

Per tutta risposta, mi lanciò un’occhiataccia che disegnò al centro esatto degli occhi un’incandescenza, che li fece brillare, di una luce quasi demoniaca!

Poi, con la stessa indolenza, la vidi alzarsi e fare un passo verso il cadavere.

– Quest’uomo era un mostro! – disse lei, con studiata lentezza, che tradì appena un’incrinatura del suo tono vocale.

– La Mano che ha fatto fuoco contro di lui era guidata dal Signore. Questa è la fine degli Assassjn, questa la volontà di Dio!

Amen, avrei avuto voglia di dire, invece scelsi il silenzio, giocherellando con il mazzo di chiavi. Il viso di Deborah era tornato di pietra. Fissarla era come andare in estasi davanti a una statua che i secoli avevano risparmiato!

– A Loro, comunque, non ho detto nulla, – si premurò di informarmi. Capii subito a CHI si riferisse. LORO! Che andassero all’inferno tutti quanti, pensai, mentre studiavo il modo per uscirmene di scena.

 Avevo una voglia disperata di ritornare allo squallore di un mondo che stava per finire, ma che comunque mi apparteneva.  In un lampo rividi casa mia, le ramblas illuminate di notte, mentre donne bellissime e stupide mi sfilavano davanti! Nostalgia dell’infinita dolcezza del TEDIO, cui anni di inattività mi avevano assuefatto, prima che l’ENIGMA DELLA CROCE ANSATA si impadronisse del mio volere, scaraventandomi in quell’inferno di morte e squallore!

 Eddie era kaputt! Io non potevo farci più niente. Il segreto di quella spilla che lui mi aveva fatto recapitare, con un bel mazzo di banconote nuove di zecca e il biglietto Aereo per il Medio Oriente, sarebbe sprofondato negli abissi, insieme a Lei, consumandosi nel vortice impazzito della decomposizione molecolare.

 Requiem a TE, vecchio bastardo!

 – Non abbiamo più niente da fare, quaggiù, – disse la donna, estraendo da un grande portamonete un cartoncino color avorio, che mi passò!

C’era scritto qualcosa … in arabo?, sotto il suo nome a caratteri dorati.

– E’ tardi, per riparlarne, – disse LEI/DEBORAH. – Magari possiamo contattarci, quando le cose si saranno <<calmate>>!

Ficcai il suo bigliettino nella tasca dei pantaloni, insieme alle chiavi e alle sigarette.

– Prendi anche questi, – e mi consegnò una scatola di latta, che doveva aver contenuto dei biscotti, anni addietro.

– E’ meglio che li tenga tu … adesso usciamo di qua, comincia a scarseggiare l’aria!

Scossi il capo, e mi incamminai dietro di LEI, lungo il corridoio intasato dall’orrendo fetore della morte.

Le porte di metallo su ambo i lati portavano delle scritte cui prima non avevo fatto caso. Lessi dei nomi: J. Marcovitz, agrimensore, Baldovino von Testhess, informatore farmaceutico, R. Crowe, scrittore … l’ultima porta a sinistra, prima dello slargo sterrato che conduceva finalmente all’esterno, era socchiusa.

Provai a fermarmi, per dare un’occhiata dentro, ma fui strattonato con violenza, quasi sollevato di peso, un attimo prima che l’uscio si chiudesse, con uno sonoro rimbombo, che riecheggiò per tutto l’ambiente, rimbalzando contro l’alta volta di pietra, e rotolando lontano, fino a fondersi con altri suoni che cominciavano a farsi strada fino a noi, lottando contro l’oscurità nero seppia.

– Non provarci, mai più, figlio di puttana! – ringhiò LEI, sollevando la mano per schiaffeggiarmi, prima di lasciarla cadere stancamente lungo il fianco.

 Mi sembrò spaventata! Tremava da capo a piedi …

–  … l’aria gelida della notte, – disse.

Eravamo arrivati a pochi centimetri dal ciglio della scogliera. Potevo sentire il mare infrangersi contro la mezzaluna di sabbia ritagliata dai frangiflutti a ferro di cavallo.

Aspirai a lungo l’odore acre e salmastro del mare, assaporando qualcosa che poteva somigliare alla libertà! Non si sentiva alcun rumore, lassù. Sopra di noi, un cielo stellato feriva lo sguardo, con l’indicibile bellezza dei suoi colori da favola.

– Scusami, per prima, – disse LEI, interrompendo il silenzio. – Sono stata scortese, con te, ma era l’unico MODO per scongiurare il MALE … poi sei simpatico, e molto sexy!

Le feci segno di stare zitta …

ZITTA ZITTA ZITTA!!!

… l’unica cosa che desideravo veramente, era filarmela da quella terra che non sentivo mia, e dalla guerra che non mi apparteneva …

… E da quel magnifico fantasma di donna che mi riportava alla memoria immagini e nomi che volevo cancellare, per sempre!

Con la scatola di biscotti, che nessuno avrebbe più assaggiato, sognavo un comodo sedile di Aerkraft, fuori dagli antichissimi sortilegi e dalle incantevoli maledizioni!

– Prima di lasciarci – e nel rivolgerle per l’ultima volta la parola, cercai di imprimere alla mia voce tremante – di rabbia? – il suo tono più cattivo. Ma ero un pessimo attore!

– Perché avete detto a Eddie di mettersi in contatto con me, se era tutto deciso?

Nessuna risposta. Maledetta donna, avrei avuto voglia di strangolarla e, dopo, magari così, giusto per togliermi lo sfizio …

– Non pensarci nemmeno! – mi fulminò lei, come se mi avesse letto la mente. Già!

– Vuoi far compagnia al tuo amico? – e tornò a indicare l’inferno che ci eravamo appena lasciati alle spalle.

– Va bene, come non detto, però … – e stavolta non dovetti sforzarmi, per alzare la voce. – Ciò che mi preme, ora, è abbandonare per sempre questo posto di merda. Perciò, se tu, o qualche altro dei tuoi “Crociati” vorreste darmi un piccolo strappo fino al più vicino Aeroporto, ve ne sarei immensamente grato!

– S’intende, – dissi ancora io, – che gradirei evitare le pallottole all’uranio e i colpi di mortaio, le mine anti uomo  e l’ironia feroce degli Islamiti, con i loro giubbotti al tritolo!

La vidi sorridere, finalmente!

Avevo perso l’attimo eterno! Io e lei eravamo giovani e inesperti, e la Maledizione della Crux Ansata era solo una leggenda metropolitana!

***

Sento le palpebre ovattate. Di tanto in tanto, il ronzio del condizionatore mi fa sobbalzare sul sedile. Allora apro lentamente gli occhi, e la luce verde oliva dell’Aereo, con la solita musica scassa palle diffusa dagli altoparlanti, torna ad avvolgermi come un mantello, mangiato dalle termiti.

Di “bone” in prima classe non c’erano solo le hostess, stangone alte e bionde, con forme superlative, da far girare la testa! Ma come tanti totem da sega fast food, erano “esseri angelici” e intoccabili, del tipo: guarda, TOCCATI, ma non TOCCARE MAI!!!

La musica continuava a raggiungermi, provocando conati di vomito. Due ore a destinazione, annunciò una voce metallica da un punto lontano di quel gabbione volante.

Feci un cenno a una degli Angeli biondo platino. Era una gigantessa con i tratti da asiatica, due gambe fasciate da calze più lucenti dei suoi occhi verdi; forse portava lenti a contatto!

Le chiesi dell’altro champagne. Lei mi sorrise, come un demone, e sculettando sparì in fondo al corridoio, tornando un attimo dopo con la mia ordinazione.

“Maledetta!”, pensai, avrei voluto strapparle quel suo sorrisetto da CHIAVAMIPRESTO. Invece le sorrisi, come un cazzone! Lei mi versò da bere, maneggiando sensualmente le bottiglia affondata nel ghiaccio del secchiello.

Giù, in tre sorsi, con rapidi gesti del polso. L’avevo visto fare in un bar di Cincinnati, o forse in un film, non ricordo bene. Faticai a liberarmi dal culo delle hostess che mi sfilavano davanti, e provai a dormire un po’. Ma il sudore incollatosi addosso mi svegliò di nuovo. Cazzo!

Alla faccia dei divieti, mi accesi l’ennesima sigaretta e tornai a guardare fuori dal finestrino. Con una mano aprii la scatola di latta, e fissai gli oggetti che vi erano contenuti: due vecchie istantanee polaroid, in bianco e nero, in cui ero ritratto in compagnia di gente che non c’era più.

In una delle due, ero abbracciato ad una ragazza dai lunghi capelli; sullo sfondo si notava Eddie, in tutta la sua marmorea bellezza da spiaggia.

Uno scontrino, nel suo sacchetto di cellophane. Deposito bagagli di una stazione, che probabilmente non esisteva più. Poi una chiave, appesa ad un anello da sposa sporco di unto … SANGUE?

Un vecchio biglietto d’autobus – il 4 BARRATO! – che a me diceva qualcosa, ma forse stavo confondendomi. Un coltellino a serramanico, dall’impugnatura di madreperla, un paio di occhiali scuri RAYBAN, che riconobbi come quelli di mio padre …!

… un blocchetto di matrici bancarie, chiuse con un elastico verde, delle figurine … titoli bancari, al portatore, e azioni che i recenti fatti di sangue medio orientali avevano fatto schizzare alle stelle! Ce n’era per risanare il bilancio Comunale per venti anni … o per fare di un derelitto, come me, un uomo ricco e detestato, travolto dalla Guerra dei Diseredati!

Inevitabilmente pensavo a Eddie “la sanguisuga”, alla sua sfacciata fortuna, che non aveva saputo tenere a freno …

Ricacciai quella paccottiglia dentro all’improvvisato forziere, facendo molta attenzione alla FORTUNA in pezzi di carta colorata, che sparì in un sacchetto di cuoio marrone che un tempo aveva contenuto del tabacco.

Chiusi la scatola, e la deposi sotto il sedile vuoto accanto a me, tra la giacca e le riviste che non avevo sfogliato.

Come un prestigiatore, materializzai il biglietto, per dargli un’ultima occhiata …

 <<I SOLDI TI TORNERANNO UTILI QUANDO GIUNGERA’ IL MOMENTO DEL RISVEGLIO>>

 Quest’ultima parola era scritta in neretto, e poi calcata con la mano, sottolineandola tre volte!

Un brivido tagliò in due la schiena, facendomi piegare la testa in avanti.

<<CI SONO ERRORI CHE PAGANO, ED ALTRI PER ESTINGUERE I QUALI NON BASTANO NOVE VITE. QUELLA PAGLIUZZA DONA MOLTO COLORE AI TUOI OCCHI, MA ANCHE SENZA SEI SEMPRE IL MAGNIFICO CAVALIERE CHE MI PORTAVA A CAVALCIONI, QUANDO IL TEMPO SI FERMAVA AL NOSTRO PASSAGGIO E LA CROCE VEGLIAVA SU DI NOI.

<<NON C’E’ AMORE CHE MORTE CANCELLI, MA NELLA MAGICA ORA ANCHE LA MORTE SI FA PICCINA, PER CELEBRARE IL TRIONFO DEGLI SPOSI.

<<NON DIMENTICARMI MAI!!!>>

 In calce alla scritta, una D rosso sangue, che mi faceva pensare a HAWTHORNE, e alla sua lettera di infamia.

– Si sente bene?

Ancora lei, la bionda dagli occhi a mandorla!

– Guardi che tra pochissimo saremo nello spazio aereo di New York.

Sorrisi. Poi, con la mia Parker d’oro massiccio scarabocchiai qualcosa dietro un pezzo da cento, che le misi in mano, chiedendole delicatamente: – Appena può, GIOCHI PER ME questi numeri!

Senza scomporsi, lei si abbassò, scuotendo altri centimetri delle sue magnifiche gambe.

– Io sono sposata, – sussurrò.

Le cinsi la vita, abbassandola fino a quando i suoi occhi non furono a contatto con i miei.

– Anche io lo sono stato, un volta, ma ciò non mi ha impedito di diventare quello che sono!

– Un grandissimo stronzo, – mi alitò in faccia lei, accostando le labbra alle mie, e facendo guizzare in bocca la sua lingua.

– E’ difficile, – aggiunse, poi scarabocchiando indirizzo e numero di cellulare nell’altro verso della banconota, me la restituì, strizzando l’occhio.

– Allacci la cintura, SIGNORE!

Piegai con cura il centone, e lo sistemai in un taschino del portafogli. Il biglietto di Lady D, invece, lo ridussi ad un dadino che nascosi in un porta pillole d’argento della zia Angel, che tornai a sistemare, insieme alle altre MERAVIGLIE, nella confezione di biscotti ancora ammaccata …

… la storia è tutta qui,  ho detto a quelli dei Servizi Segreti, omettendo la Stanza segreta sotto la scogliera, la bellissima Guida e i biscotti … ovviamente!

Ho fino a domani per rimpolparla ancora un po’, e renderla commestibile per Quelli del Consiglio Supremo che mi stanno già aspettando, come il Messia della Nuova Gerusalemme.

In fondo è il mio mestiere, allungare il brodo con le parole, altrimenti non avrei scritto tutti quei libri!

In quanto alla Confraternita della Crux Ansata, credo che mi comporterò come l’ammiraglio della flotta Britannica, in una grande pellicola di successo, a proposito della Fortezza degli Schiavi di Lomboko:

NON ESISTE, NON E’ MAI ESISTITA!

2 pensieri su “Via crucis stazione zero

  1. una narrazione svelta, veloce, forse un po’ troppo da poliziesco americano, con echi di certi film con Eddie Constantine, ma indubbiamente gradevole.

  2. …questo racconto di Luciano De Feo, in quanto grottesco, mi piace…L’autore sembra ironozzare sul suo personaggio, simile ai tanti protagonisti di film polizieschi all’americana, che si muove in uno scenario di guerra planetaria e in un tempo trasecolato, tra belle donne e avventure internazionali…

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