Non bastano gli ultimi mohicani nella scuola

di Ennio Abate

L‘affetto e la grandissima stima che ho per Romano Luperini non mi impediscono ancora oggi – in tempi politicamente  così bui –  di esprimere  un mio fraterno dissenso (o almeno la mia perplessità) per la sua – purtroppo insufficiente  presa posizione [Vedi APPENDICE). I buoi sono già scappati dalla stalla (della scuola italiana) e il pensiero critico è stato espulso non solo dall’università ma dalla società italiana. Non basta la lodevole resistenza da ultimi mohicani nella scuola.
È una critica che espressi (vanamente in verità e non per colpa sua) in una lettera che gli scrissi nel lontano aprile 1998 dopo aver letto il suo  “Il professore come intellettuale “.

Da essa stralcio e pubblico solo un punto. E soltanto per dare un’idea  delle ragioni (non banali, credo) di quelle mie critiche:

Settima  osservazione:

La riforma ecc.

La scuola va riformata assieme all’insegnamento della letteratura (23). La bandiera della riforma viene ripresa nella solita accezione:«necessità di un adeguamento alle trasformazioni economiche e culturali» (qui non definite…) (21).
Il processo riformatore di Berlinguer è condiviso. Ne critichi solo i «modi contraddittori e talora francamente inaccettabili» (21).
Temi il drastico ridimensionamento della letteratura (Solo un esame obbligatorio di letteratura italiana) e «la scarsissima attenzione che al problema della letteratura – rispetto alle altre discipline – è stata data da parte della commissione dei 39 cosiddetti saggi» (21), che mirerebbero a trasformare «il professore d’italiano ora in un esperto di grammatica e di educazione linguistica, ora, invece, in un tuttologo» (22).
Il rischio sottilmente “corporativo” di queste obiezioni è per me evidente.
L’ emarginazione della scuola e della letteratura dal centro della complessa scena culturale contemporanea non può essere negato.
Riconosci che «la letteratura non è più la loro [dei giovani] materia formativa», senza precisare da quando non lo è più e per quanti giovani lo è stata davvero (22).
Parli di «attacco alla scuola – e alla scuola pubblica in particolare» anche come «attacco alla lettura, alla letteratura, alle materie umanistiche in genere» (22).
Scuola e umanesimo sono identificate.
Ma trascuri che l’attacco alla scuola fascista-umanista è venuto in passato con buone motivazioni; che allora le tradizioni umanistiche la fecero da padrone e non servirono certo a rinvigorire la democrazia; che tutta questa emarginazione della lettura, della letteratura e delle materie umanistiche è  anche gonfiato dai mass media.
A me pare che una buona parte dei rappresentanti di quelle tradizioni umanistiche convivono assai bene con logotecnocrati o tecnocrati, come con preti, cardinali e privati d’ogni genere e non vorrei arruolarmi a loro difesa sotto la bandiera di un generico umanesimo.
Indichi puntualmente i vari fattori che concorrono alla crisi. Ma, guarda caso, sembra che ad essere in crisi sia solo o soprattutto l’insegnamento della letteratura!
Ma la crisi tocca tutti  i tipi d’insegnamento (umanistici e scientifici). E’ la scuola nella sua interezza ad essere in crisi.
La forzatura di questa denuncia umanistica appare allora involontariamente corporativa.
Quanto riferisci per l’insegnamento della letteratura va esteso, specificando, a tutte le materie. E non si tratta solo di crisi di didattica. Ma di crisi sociale, politica.
La restrizione del discorso alla didattica e alla didattica della letteratura risulta difensiva e la funzione  critica del tuo discorso viene smorzata.

APPENDICE

Lettera agli insegnanti

 · ROMANO LUPERINI · 

Pubblichiamo una lettera del nostro direttore Romano Luperini, già uscita sulla pagina web dell’editore Palumbo, che ringraziamo.

Cari insegnanti,
mi rivolgo a voi in un momento difficile per la società italiana e per la scuola. È in corso un tentativo di imporre contenuti assurdi e impropri (Dante come fondatore della cultura di destra nel nostro paese), di subordinare sempre più la scuola alle leggi del mercato e ai bisogni della economia e anche di dividere gli insegnanti attraverso gabbie salariali che porterebbero a un conflitto fra docenti meridionali e settentrionali. Divide et impera. Si sta assistendo insomma a un vero a proprio attacco alla scuola pubblica e alla sua funzione formativa.

Cari insegnanti, la Costituzione vi chiede di formare dei cittadini, non dei consumatori o dei produttori. Voi entrate ogni giorno in aula per insegnare la letteratura e insieme la democrazia. Dovete preparare i giovani a leggere e a commentare un testo letterario; e ciò comporta anzitutto studiarlo oggettivamente nella sua autonomia rispetto al lettore, considerarlo nelle sue componenti storicoculturali e letterarie, linguistiche e stilistiche; ma poi dovete anche sollecitarne la interpretazione, che comporta invece la partecipazione del lettore, chiamato a esprimere il significato per noi di un testo. Non solo e non tanto il significato per me, ma potenzialmente un significato per la intera comunità dei lettori. Lo studio della letteratura insomma è anche educazione civile, insegnamento di democrazia: a tutti è data la possibilità di parlare liberamente e di interpretare un testo, ma prima ognuno deve sapere ciò di cui si parla, conoscere l’argomento su cui prende la parola. La classe come “comunità ermeneutica” presuppone questa partecipazione collettiva interpretante e questa scuola democratica.

Per annullare o ridurre questa funzione democratica sempre più si tende a trasformarvi in tecnici dell’insegnamento, in impiegati che hanno smarrito o devono comunque smarrire la funzione intellettuale di interpreti di testi e di mediatori culturali. È un vero e proprio declassamento non solo del vostro ruolo, ma della cultura e della stessa letteratura.

Cari insegnanti, ho dedicato la mia vita in gran parte alla scuola. E se mi rivolgo a voi, è anche per un impegno con voi condiviso e durato alcuni decenni e in nome di questa lunga lotta comune. Esistono ancora degli spazi di libertà, sempre più marginali, è vero, ma esistono. Cerchiamo di riempirli di contenuti di senso. Facciamo in modo che ogni lettura in classe di un testo letterario divenga una occasione per restare fedeli al compito che la Costituzione repubblicana ci assegna.

Romano Luperini

 

 

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