LA MINISTERIALE

di Giuseppina Cucinella

Vorrei articolare la mia riflessione su 3 aspetti che si evincono, a mio parere, dalla lettura del testo:

  1. La CURIOSITA’ quale elemento propulsore della conoscenza

  2. L’ILLUSIONE di poter attingere la Verità da documenti universalmente attendibili, quali possono essere le narrazioni storiche e, quindi, la DEMITIZZAZIONE del potere

  3. Il processo più genuino di formazione dell’essere umano che, paradossalmente, impara a conoscere meglio se stesso dalla benefica CASUALITA’ del quotidiano.

E’ quanto ci rivela Michele, ex giornalista al quale, in un momento di apparente tranquillità ed inerzia nella sua vita, capita qualcosa che lo riporta a quella che è la sua vera essenza, come direbbe Dante “ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta è inclinabile alla sua propria perfezione”. E’ chiaro che non stiamo parlando di conoscenza nell’accezione più ampia che induce alla perfezione di cui parlava Dante, ma della spinta che caratterizza in modo particolare l’attività di un giornalista ovvero l’interesse per l’altro, per il mondo, per la società. “.. Guardai l’oggetto del mio inciampo e vidi che era una bella scrivania di epoca napoleonica… La osservai meglio. ” Da tale imprevisto ritrovamento, inizia per il protagonista un’esilarante avventura che lo conduce, dalle assurde rivelazioni della sua originale intervistata OGGETTO PARLANTE e molto più attendibile degli esseri umani, a conoscere la realtà che si nasconde dietro il potere in un’epoca storica di grande rilevanza quale l’Unità d’Italia sino ad allusivi e piccanti riferimenti ai tempi a noi più recenti. E quindi, dalle parole rivelatrici e sagaci della vera DONNA di POTERE, quale diviene un elegante mobile d’epoca, custode dei più impensabili segreti, il lettore è immerso nella storia, quella aneddotica, divertente e blasfema, che smitizza personalità inappuntabili all’apparenza, deputate alla gestione della cosa pubblica, che molto spesso si rivelano in tutta la loro meschinità, ipocrisia ed opportunismo. Tutto ciò reso accattivante dalla penna briosa e sapientemente ironica della De Santis, che ci invita a fare della ricerca del vero il motto del nostro essere. “Se la gente iniziasse a chiamare le cose col loro nome, tutto andrebbe meglio in Italia: perché molto spesso, per dire una cosa vera, bisogna far finta che sia falsa”. Ecco il riferimento alla FIABA, maniera coinvolgente di veicolare messaggi edificanti, il miscere utile dulci di cui parlava Orazio e che il grande poeta T. Tasso ripropone, allorchè dice che non si può non ammantare la cruda verità con l’alone magico della poesia, più in generale della scrittura.

SCRIVANIA: libro della memoria, luogo degli studi, delle negoziazioni, delle diatribe e… di tanto altro, spettatrice vigile e silenziosa, discreta e rispettosa.

Questa dispensatrice di saggezza, questa bocca della verità, questa ricercatrice di onestà e di persone perbene, non è solo uno splendido mobile d’epoca ingiustamente abbandonato al suo destino, ma soprattutto, a mio avviso, diviene essa stessa la “Fata turchina” della fiaba di Pinocchio, nel momento in cui scava a fondo nell’animo del suo intervistatore ( il suo alter ego), per farlo riflettere sulla sua personale storia d’amore, invitandolo a considerarla da una diversa angolatura, perché, come diceva qualcuno, “nessuno si salva da solo”. Il messaggio conclusivo che personalmente ho tratto dalla lettura del libro è quello della RIGENERAZIONE, del RESTAURO INTERIORE non disgiunto da quello esteriore. La mirabile cura che Anna riserva al prezioso mobile è simbolo dell’attenzione che si deve avere per l’altro. “Finalmente mi sembrava di poter dare un senso a quel mormorio della vita che tante volte mi era parso di sentire scivolare accanto a me”. Accostarsi per ascoltare il segreto. Significativa la scena finale: la distruzione della coscienza, solo in apparenza la morte del pregevole oggetto, è solo presaga di una rigenerazione collettiva.

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