I nodi

nulla filosofico

di Eugenio Grandinetti

Pubblico da un volumetto inedito di Eugenio Grandinetti la prima delle quattro parti, intitolata “I nodi”, che è anche il titolo dell’intera raccolta.[E.A.]

I nodi

I nodi
che la ragione non sa sciogliere
che recide
l’azzardo del volere tornano
a riformarsi ancora sì che il filo
della vita non scorra senza intoppi
ma ogni volta
ci costringa alla scelta se attardarci
a sciogliere un nodo o se decidere
di reciderlo netto con la spada
della presunzione.

Connettere

Connettere sempre, cercare
nessi e cause plausibili,
magari solo successioni logiche,
che non paia
tutto affidato al caso
cieco, allo strale di vischio
che colpisce ed acceca.

 

Ogni giorno

Ogni giorno non riesce a riconoscersi
in quello che lo precede e tutto pare
sconnesso e senza senso. Si procede
tentando come ciechi ed il bastone
che indaga la strada non prevede
gli ostacoli improvvisi, i mancamenti
del suolo sotto i passi. Se cadiamo
nessuno può aiutarci, e dobbiamo
rialzarci a fatica se vogliamo
che non si spezzi il filo e che continui
la sequela inutile dei passi.

 

Brucia

Brucia il carro del sole all’orizzonte
monti e nuvole. I contorni
si fanno incerti e pare
che il mondo voglia ancora ritornare
al caos primigenio, alla materia
indefinita che si muove oscura
come ameba e fagocita ogni cosa
intorno a sé, fino a che resti
soltanto un’inquietudine d’attesa.
E’ dunque il giorno come una metafora
della vita: un ascendere faticoso e lento
a una vetta illusoria e un ricadere
alla fine in un vuoto senza limiti?
Come sono terribili i tramonti
che sempre ci snervano e ci umiliano
perché non sono il rapido
disanimarsi, il perdere
la coscienza di sé e ritornare
indefiniti e oscuri
come una notte che non ha speranza
d’albe nuove, ma sono
un perdere chiarezza a poco a poco,
un perdere pure il desiderio
di vedere più oltre, di passare
oltre il limite, ma consapevoli
che nessun limite è ultimo se il pensiero
ha ancora la forza di percorrere
strade inusuali, itinerari forse
senza ritorno pur di non restare
come reclusi di sentirsi
inaridire e vedere
l’orizzonte restringersi, restare
solo angustia che soffoca.

 

A fatica

Il passo era spedito ma la mente
procedeva a fatica. Erano erratici
i pensieri ed incerti, non avevano
una meta precisa. Tentavano
la strada con il tocco del bastone
della memoria.
Ma il suolo era sconnesso ed il percorso
era impervio.
Dove andare senz’occhi, dove sporgersi
se il pericolo era sempre pronto a coglierli
di sorpresa, a spingerli
oltre l’orlo del baratro? Pure
ci dovrebbe pur essere un qualche angolo
remoto in qualche luogo della vita,
ed una quiete d’alberi, un’attesa
di fronde smosse al vento, di parole
promesse, di speranze
che un giorno potrebbero avverarsi
se solo si potesse ancora crederci.

 

Pensa

Pensa ad una piana orlata di montagne
forse alte, ma lontane
dietro orizzonti instabili.
Pensa ai giorni fragili che si disfano
ora dopo ora e perdono memorie
come sabbia che il vento indifferente
sparge per strada o accumula negli angoli
più remoti.
Pensa alla nostra vita che per breve
tratto attraversa questo mondo e inutile,
si sparge per le strade tra stanchezza
e indifferenza.

 

Come sarà

Come sarà – mi chiedo a volte –
quando non ci sarò? Il cielo ancora
avrà sereno e nuvole,
i giorni avranno ancora albe e tramonti
e tremori di attese? Ci saranno
stupori di sole tra le foglie
e sogni tra le palpebre o più nulla
esisterà? Si scioglierà
come una bolla di sapone questo
globo di sogni che la nostra mente
si finge per vivere?
Per ognuno che muore un mondo muore
unico e irripetibile
perché fatto soltanto di pensieri
che svaniscono quando la nostra mente
cessa di pensare, e allora,
come di bolla d’aria non rimane
altro che qualche goccia che si asciuga
in pochi istanti.  E dopo
è come se nulla mai fosse esistito
ma ci sarà nell’aria un vorticare
di bolle provvisorie che un fanciullo
soffierà da una fistola di paglia.

 

Le anime

Le anime si compiacciono di esistere
dentro corpi che giudicano caduchi
che son fatti di terra e torneranno
infine a farsi ancora terra. Ma le anime
pensano di esser fatte del respiro
di un dio creatore. Ma quando il corpo muore
dove vanno a finire?
Dicono che tornino all’origine. E allora
che senso aveva nascere in un corpo
dolente ed imperfetto, sopportare
dolori e tentazioni a cui cedere a volte
come se il più forte fosse il corpo
terreno ed imperfetto e non lo spirito
divino, ed infine tornarsene
nel mondo ultraterreno ove scontare
per le colpe commesse in una vita
transitoria e breve una pena infinita?

 

I patti

I patti che si stipulano
al limite della notte quando gli occhi
sono già in preda al sonno
e ormai non possono
discernere le clausole scritte in piccolo
che sono fatte per non esser lette
e sono il grimaldello
usato da un contraente disonesto
per forzar la nostra buona fede,
dovrebbero essere impugnabili.
Ma a chi rivolgersi
se l’altro contraente è pure il giudice ?

 

Cenotafio

A tutti gli dei
che sono morti
ma i cui corpi
non si trovano
perché erano fatti
di materia d’inganno,
duttile, che poteva
servire per farne
altri nuovi dei.

 

Oltre l’evento

Spingere gli occhi oltre l’evento, scorgerne
le cause cercando di presagire
gli effetti anche a costo
di seguire le tracce dei timori
e di rinunziare alle speranze.

 

Oggi

Confine estremo tra l’eterno e il nulla,
oggi, singhiozzo e palpito, respiro
dell’infinito, discrimine
che non separa, onda e riflusso
sulla battigia vuota dove giungono
relitti e poi ritornano
ancora al mare
oggi è il tempo di vivere, se pure
ha un senso vivere. La vita
non è un orologio che ripeta
in un unico cerchio un infinito
numero d’ore:
la lancetta falcata della morte
mentre passa recide e ieri resta
soltanto un tempo di memoria.
Solo oggi siamo,
ieri fummo come fu quell’uomo
che questa notte è morto
e tanti non sapevano
e non sapranno mai che pure è stato
o perché è stato. Eppure
era una parte del tutto che ora
non c’è più.
Non c’è più il suo respiro
la sua voce, i dolori taciuti, la presenza
dei suoi sguardi ed altro non rimane
che un corpo che si disfa in una tomba
lontano dagli sguardi della gente.

 

Fuga dall’Eden

Fuggiamo dall’Eden: non si addicono
i paradisi agli uomini che cercano
la conoscenza, non per rimanere
immoti come dei, ma per crescere
in un mondo in cui muoversi
liberi per conoscerlo e conoscersi.

 

Inusitati veri

Ora lo so che inusitati veri
sono in agguato dietro le parole
che s’assiepano informi lungo gli argini
instabili della vita.
E i veri che cercammo, quelli ch’erano
razionali o almeno ragionevoli
erano suoni d’eco e si perdevano
come fumo nell’aria senza vento.

7 pensieri su “I nodi

    1. La tristezza e la resistenza , confermano l’andare della vita descritta nel suo più duro aspetto. Resta l’amara consapevolezza di una caducità che spero si trasformi sempre in esperienza positiva. Grazie a Grandinetti e ai suoi bellissimi versi .

  1. Sono poesie effuse, distese nell’argomentazione, sempre intorno a un tema particolare, concluso in modo compiuto. Una costruzione precisa, con una lingua e un andamento discorsivi. Per cui le ho lette con intensità, come si fa coi “ragionamenti”, in cui si deve arrivare fino in fondo.

  2. Ho letto volentieri queste poesie, contengono domande e insegnamenti. Ho pensato a Pascoli, non so perché, ma senza quella sua metrica che ipnotizza, spesso rifilandoti buoni pensieri per buoni propositi. Grazie, si avanza piano, senza grida e lusinghe.

  3. …anch’io trovo questi versi lenti, meditativi, senza rabbia e senza paura, con uno struggimento infinito nel considerare la natura del destino umano…dove i nodi, sembra dirci il poeta, è difficile sia scoglierli, quanto reciderli…e allora non resta che contemplarli, dirseli tra esseri umani quasi con la consapevolezza rassegnata che a volte accomuna i malati. E chi davvero non lo è? …Sono versi che toccano nel profondo e risvegliano echi. Molto belli

  4. Se in passato – non sono sicura se ancora in tempi di Moltinpoesia o più avanti – avevamo avuto modo di apprezzare la ‘poesia-politica’ di E. Grandinetti con il suo gustoso “Porcellum” che faceva sorridere amaro, qui, con questi “Nodi” siamo di fronte ad un poetare più ‘tosto’, i cui ‘nodi’ filosofico-esistenziali suonano doppiamente crudeli perché non riguardano soltanto le comprensibili vicissitudini della vita ma anche le illusioni che ora si scoprono come *Inusitati veri*.
    E le proposte sono difficili, benché non impraticabili, come *Spingere gli occhi oltre l’evento, scorgerne/le cause cercando di presagire/gli effetti anche a costo/di seguire le tracce dei timori/e di rinunziare alle speranze*.
    Perché, paradossalmente, è proprio rinunciando all’apriorismo della speranza che se ne può costituire una vera. Seguendo *le tracce dei timori*, come se fosse un richiamo, un invito ad un ascolto più profondo, là dove giacciono quelle paure che * la ragione non sa sciogliere/ [e] che recide [….] con la spada della presunzione*.

    Mi prendono molto queste poesie perché portano a pensare oltreché sentire.

    R.S.

  5. E’ un ritmo avvolgente quello che con le parole è riuscito a creare Eugenio Grandineti, così da coinvolgere chi legge, in un susseguìrsi di riflessioni ed emozioni, sui grovigli della vita e della psiche umana in ogni sua espressione che si manifesta nel dipanarsi del “tempo”.

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