Dopoguerra

di Giorgio Mannacio

 IL PADRE DELL’EROE

                                                                                              (Regina: “ Amleto, mi hai spaccato il cuore in due “                       
 Amleto: “Buttane via la parte peggiore “                                                                    Shakespeare: Amleto, atto III scena IV )
 
  
 Il vecchio che troneggiava
 tra gli ascari schierati in sospettosa  gloria
 aveva appuntata al petto una medaglia.
 Si pensa che sia d’oro.
 La distanza di questa immagine
 dalla voragine
 di quello che divora tutto e niente
 divide in parti eguali  mente e cuore.
 Si può fino a che punto
 gettare nei cascami della storia
 la favola peggiore?
 Ma il dado è tratto e svela  
 i numeri della sorte.
 Il luogo, il giorno, l’anno,  
 persino, a volte,  l’ora
 e il senso mai chiarito del ritratto.
  LA MADRE DELL’EROE
 
 
 Ti mando  là dove stai
 il diario di tuo fratello, ritrovato.
 Ci sono nominati tanti luoghi
 che non conosco;
 si parla d’altra gente
 credo simile a noi
 e poi
 lunghe pagine di battaglie
 e di compagni morti
 e fin che questo
 mi fu permesso ho respirato.
 E adesso è solamente
 disperazione.
 Un segno di interpunzione.
 
 
 
 

 TURISMO POSTBELLICO  
 
 
 Visitarono  un giorno
 le spiagge di Normandia fuori stagione
 e per questo non c’era  
 nessuno intorno.
 Un altro, nel fulgore  
 di un novembre latino,
 i marmi d di Redipuglia.
 Silenzio sui gradoni  
 ma chiasso nelle cantine
 per il  vino novello.
 Salì i gradoni per ricercare
 nei lunghi elenchi   appesi al cielo
 il nome di quell’avo cacciatore
 di selvaggi e pernici,
 ma quel nome non c’era
 chissà dove finito.  
 Ed è troppo tardi ormai  
 per qualche ripentimento
 e presto per una grazia.
 Così se andò pensando che nessuno  
 può leggere interamente  
 il gran libro dei morti.
 

 
   
 VALLI OSSOLANE
 
 
 Tronchi d’albero come
 tormentate sculture,
 e segrete correnti che raccontano  
 dell’ultimo paradiso
 così chiamato
 quest’angolo di terra insanguinato.
 Tanta bellezza da cartolina
 da spedire a qualcuno
 nasconde le cicatrici   
 ma  non del marmo a valle
 dove il lago senza tempeste si riposa
 perché la coscienza oscura d’una storia
 della presente come della passata
 non perda la memoria.
 

5 pensieri su “Dopoguerra

  1. Poesie quanto mai “sonore”, ma non grazie alle rime, tranne l’irrinunciabile storia/memoria, e forse anche mente/niente. Poi una disinvolta rima trisillabica immagine/voragine, invece sorte assona con volte.
    Si tratta invece di gruppi sonori in opposizione: no/vem/bre nasalizzato versus gr/adon/i che suona leggero e scivola via; così come f/inìt/o e gr/adòn/i, p/ensan/do e n/essun/o.
    E anamorfosi: “cacciatore selvaggi pernici”, ritorna il gruppo *ci*, il raddoppiamento, e un *ici* che scioglie il verso. Poi *gl*oria e meda*gl*ia. Poi le consonanti doppie che si richiamano: *eggiava*, *ettosa*.
    Potrei continuare, ma occorre tirare le somme di questa trama sonora, tenendo anche conto del tessuto ritmico cantante, soprattutto settenari e endecasillabi, volutamente spesso interrotto in versi… sovrabbondanti.
    Tirando appunto le somme, il risultato mi appare tematico, cioè importante è l’argomento trattato. Senza però volere e forse neppure potere dimenticare la dolcezza che la poesia rappresenta.

  2. @ Cristiana Fisher
    Cara Cristiana grazie dell’attenzione riservata ai miei testi.
    L’acribia critica esercitata sulel ” modalità ” di essi mi riporta ad un mia opinione su quella che ho sempre considerato la ” miseria ” dells scrittura automatica. Credo di individuare nelle tue osservazioni un interesse per la componente meditativa e costruttiva dei percorsi poetici.
    Se rifletto sulla genesi ( o se preferisci gestazione ) di essi confesso che il pensiero ( un pensiero ) mi ha costamenete seguito con tutto ciò che in termini di difficoltà e responsabilità esso comporta. Che poi sia riuscito negli esiti estetico-espressivi o meno è problema sul quale sarebbe come minimo inelegante che parli. Nunquam Cicero pro domo sua. Un cordiassimo saluto. Giorgio Mannacio

  3. …”Poesie quanto mai sonore” (Cristian Fischer). Sì concordo, le poesie di Giorgio Mannacio mi richiamano degli spartiti musicali, in cui le parole si tengono tra loro come in un sistema…In particolare mi sembra di ricordare che lo stesso autore parlando della rima affermò che le parole in rima spesso evidenziano tra loro un legame necessario e misterioso, non interamente spiegabile con una mera scelta linguistica…Anche il tema della memoria storica spesso occultata dal tempo che scorre sulle cose e sui luoghi e dalla conseguente dimenticanza viene affrontato con misura e incisività. Si svelano le due facce della stessa medaglia: prima quella che “Si pensa che sia d’oro”( Il padre dell’eroe)e poi quella devastante di uno dei tanti “Dopoguerra”…

  4. Una cifra si coglie nitida in questa prova poetica di Giorgio Mannacio: il rapporto immagine-parola, come ad esempio in questi tre versi

    “[…]La distanza di questa immagine
    dalla voragine
    di quello che divora tutto e niente[…]”,

    rapporto che il poeta indaga percorrendo l’estetica dell’archeologo, (rimuove con gesto cauto e consapevole gli strati di sabbia del tempo finché non appare un frammento, la verità del poeta…) nella idea cara a Iosif Brodskij:

    « Nel rapporto immagine-parola, le immagini rappresentano il contro movimento delle parole. C’è un rapporto debitorio tra le immagini e le parole, o un rapporto creditorio, uno squilibrio della contabilità, della partita doppia ».

    Certo, il poeta-uomo che in questi componimenti di realismo visionario si distacca pro-pongono un Giorgio Mannacio abitatore di spazi, di luoghi, di paesaggi, ma l’uomo-poeta è soprattutto se non soltanto abitatore di ‘parole’: Giorgio Mannacio
    propone questi versi come un suo viaggio nelle parole da “abitare”, ancora alla ricerca di una sua patria linguistica nella quale non trovi più ospitalità nessuna parola ‘disabitata’…Poesia pensante, pensiero poetante dentro intelaiature di immagini,
    e altro ancora.

    (gr)

  5. @ Annamaria e Gino
    Grato dell’attenzione rispondo.
    Ricorda bene la prima. In un mio breve saggio sulla rima rilevavo il ruolo ” ambiguo ” della rima e per questo suo carattere del tutto ” conveniente ” alla Poesia. Anche i linguisti di professione oscilano – come ricordavo – nell’assegnare ad essa tra una funzione di ordine e quella opposta di disordine.
    Al secondo debbo in primo luogo delle scuse. Ho ricevuto alcune sue cose interessanti e non vi ho dato riscontro. La ragione esiste. Da tempo sono afflitto da una maculopatia che mi rendono difficoltose la lettura e la scrittura. Mi risparmio un po’ e seleziono il lavoro visivo spesso in modo improprio e irregolare. Ovviamente tendo a lavorare su miei testi che urgono sul mio tempo ridotto Me ne dolgo. Grazie anche a lui per le osservazioni sui miei testi, osservazioni che sono uno stimolo al mio lavoro e che raccolgo con gratitudine e attenzione. Ad entrambi un abbraccio. Giorgio.

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