
di Franco Nova
IL TEMPO PASSA, UN BALENO Volto le spalle al chiarore lunare ma poi mi rivolto pentito; e dal passato emergono lampi d’una gioia o d’un languore che rendono trepida l’anima. Scavavo nella sabbia circuiti per auto che mai avrei avuto; non benzina era il carburante ma il sogno della ragazzina della fatata casa, di fronte. Trepida l’attesa ogni mattina dell’aprirsi del balcone dove il sogno diffuso nel suo viso rapiva incantato l’animo mio mentr’essa manco mi notava. Non importa, mi dicevo, l’importante è che esista qui dove sempre la posso sognare. Un giorno, senza preavviso, il balcone s’aprì e fu nulla. Attesi un giorno e poi ancora; infine un viso di vecchietta apparve, salutò e mi sorrise. Fui sconvolto e non risposi, la mia vita balzò in avanti. Non più conscio del tempo che passava in triste attesa d’una nuova luce lì davanti. No, solo gentile vecchietta al cui saluto ora rispondevo. Scordai la fanciulla, altre si fecero via via presenti. Un giorno, altra vecchietta si presentò al balcone e mi salutò come conosciuto. Risposi assai circospetto e m’interrogai sul perché di così calda cordialità più simile ad un’amicizia. La risposta infine venne. Era la bimba d’un tempo; non più timida, non fingeva di non vedermi e rideva. Molto tempo era passato, ma adesso ero gioioso. IL TEMPO, MALATTIA PERENNE M’affaccio lieto alla finestra della camera di mia gioventù. Laggiù in fondo la quercia, sempre eguale a quando mi separava da un mondo in cui c’ero fantasticando. Oggi sembra solo una parte di quello che mi circonda; non così nell’epoca che fu. Fantasmi ratti apparivano; e ingordo ero di desiderio delle loro membra sinuose, senza sentore d’una realtà. Mai passavano i giorni; nello spazio tutto mutava ma il tempo era sconosciuto. Perché allora sono vecchio? Invece degli allegri fantasmi m’appaiono pietrosi pilastri; colpa del mio arido cervello o il riapparire del Tempo, il mostro che tutto inghiotte? Sì, è proprio lo scellerato contro cui lottiamo invano per l’intera nostra esistenza; fin dal primo giorno battuti senza aver commesso colpa se non quella di voler vivere! LA VERITÀ, SOLO LA VERITÀ Sferraglia il treno rapido ed esce dai binari divelti nella stazione affollata. Molti sono i morti e ancor più i feriti gravi. I vivi sono terrorizzati, corrono in pieno caos; infine sereni i deceduti. Incredibile! Si rialzano, bloccano i fuggitivi e li rassicurano con lieti sorrisi. Nulla di terribile è accaduto; il mondo è ancora in piedi, la Terra percorre tranquilla il suo giro intorno al Sole. Che volete che siano i morti quando l’Umanità tutta continua con i suoi trambusti, con le sue malvagità impunite, con le menzogne spudorate. Siamo fuori da ogni falsità, noi discutiamo solo del Vero. Minimo fastidio gli angeli invidiosi della nostra sessualità, che è ormai un puro sogno. Immensi prati tutti fioriti, boschi d’alberi mai visti che ti parlano d’eternità. Non piangete per noi morti che abbiamo pena per voi. Cercate di raggiungerci presto, insieme diremo solo verità; saremo felici come i bimbi quando vivono le loro fiabe.
be’, mi consola: le aspirazioni al Vero, e la certezza che i morti sono al cospetto della verità (in un aldilà immaginato come realepossibile) ritornano alle vecchie credenze, come fossimo ancora quieti creduloni: ma già, come si può farne a meno?
L’ateismo è difficile, e il panteismo, parente della teologia negativa, non consola.