Il ragazzo del lago


di Alessandra Roman Tomat

Un altro tragico fatto che vede come vittima una donna, per mano del suo ex-fidanzato. Due giovani dalle facce pulite e dalla vita studiosa, che avremmo detto uguali, fino a una settimana fa, ai nostri figli e figlie. Sottolineo, ai nostri figli, includendo il giovane assassino. È successo anche nella nostra città, solo pochi mesi fa. Un copione molto simile, anche qui da fidanzato accolto in famiglia (quindi evidentemente ritenuto ‘affidabile’) ad assassino. La prima cosa che mi viene da pensare è che, quando questi giovani omicidi sono nati, la giornata contro la violenza sulle donne era già stata istituita, erano dei bambini quando hanno iniziato a diffondersi le panchine rosse e immagino siano cresciuti in famiglie non tanto diverse dalle nostre. Comunque sia, stento a credere che in tutti i casi di femminicidio, nel 2023, gli assassini vengano da contesti in cui la donna è sottomessa al marito, considerata un oggetto sessuale, svalutata. Molti non sembrano neanche (diversamente dagli stupratori da discoteca, che sono tutto un altro capitolo) soggetti particolarmente inclini alle dipendenze o inseriti in gruppi asociali. Ora, sento con un certo sollievo che perfino il governo di destra, dico “perfino”, ammette che non sono gli inasprimenti di pena a risolvere la questione, che va affrontata a livello culturale ed educativo. Tutti d’accordo da Schlein a Meloni. Ho però l’impressione che non si abbia chiaro cosa vuole dire “culturale” ed “educativo” quando si parla di relazioni personali. Della sfera amorosa e sessuale, dove tutto quello che è “razionale” salta completamente. Lo capiamo nelle nostre di vite, ma lo si vede con tragica evidenza in questi fatti di cronaca. Tanto è vero che questi assassini distruggono anche le loro di giovani vite, sconvolgono le loro famiglie di origine e, quando sono genitori, lasciano orfani i loro stessi figli … Insomma, non è che ci guadagnino qualcosa, perdono tutto, si autodistruggono, alcuni perfino si suicidano. Quindi, il piano razionale del “rispetto per la vita, rispetto per la donna” evidentemente da solo non funziona, così come non funziona la minaccia della pena severa. Non dico tutti, ma forse, molti di questi assassini qualche anno prima di compiere i crimini che hanno compiuto, sarebbero stati d’accordo con voi nel dire che queste cose orribili non si fanno, magari saranno pure andati a qualche inaugurazione di panchina, forse hanno perfino fatto un bel tema a scuola. In astratto, se richiesti di un’opinione, non credo vi avrebbero detto che è giusto uccidere un altro essere umano solo perché rifiuta una relazione. Cosa voglio dire con questo? Che, accanto al doveroso lavoro che si fa di sostegno alla donna nel lavoro e nella famiglia, per l’emancipazione, quando si parla di affettività, sentimenti, pulsioni, si deve capire che il livello deve essere un altro. Che parte dal fatto che si deve essere capaci di scrutare il buio che c’è in un essere umano e “accettare” che questo buio esiste e che non si modifica solo con un’educazione “collettiva” al rispetto e alla gentilezza. Bisogna prendere atto che l’essere umano è complesso, guidato da pulsioni irrazionali. Quindi, se ci si vuole assumere questo compito, con la giusta modestia, si tratta di aiutare le nuove generazioni ad essere forti, ad essere indipendenti, a non autovalutarsi in base all’esito di una relazione. A non pensare che “senza” quella donna o quell’uomo, si è finiti, si è qualcosa di meno, non si è realizzati. Vale per uomini e donne, perché anche noi donne siamo partecipi della stessa cultura amorosa. Però, da quel che leggo, riusciamo meglio a smarcarci. Le statistiche, ad esempio, dicono che le donne si suicidano molto di meno (in Italia, ma anche negli altri paesi, il divario è impressionante) e che accedono con maggiore facilità e consapevolezza ai servizi di aiuto psicologico. Non mi sembra poco, a voi? Molti storceranno il naso e diranno che questi ragionamenti ‘giustificano’ i criminali. È un’opinione la mia, che può non essere condivisa, ma io penso che la ricerca delle colpe individuali spetti al tribunale (non solo quello istituzionale, anche il tribunale della coscienza, se vogliamo, ed è ovvio che l’esito sia di condanna), mentre alla collettività competa un’indagine e, se possibile, un’azione che influisca sulle cause. E non possiamo capire le cause, se non capiamo gli assassini. Non possiamo neanche pensare di prevenire, se non ci abituiamo a scorgere la radice del male dentro di noi e lo vediamo sempre e solo negli “altri”.

* Dalla pagina FB ART Lista – Cologno Monzese

14 pensieri su “Il ragazzo del lago

  1. Naturalmente la strada del lavoro in campo educativo (inteso a 360°, quindi anche riguardo alla sfera affettiva ecc.) è la strada giusta.
    Come fare a percorrerla, visto che i genitori di questi frequentatori della banalità del male sono in massima parte la prima generazione di soggetti creati dalla deregulation scolastica, che dell’irresponsabilità fece fin dagli Anni ’80 uno dei suoi pilastri, è davvero una bella domanda.
    E siccome tale deregulation fu voluta consciamente da entrambi gli schieramenti (destra e destra moderata – parlare di sinistra mi sembra un insulto a quelli/e che “di sinistra” lo furono per davvero), credo che all’atto pratico si prenderanno solo misure di facciata: una società destrutturata è una manna, per chi governa; specie in quelle “diversamente democratiche”, cioè il modello che stanno costruendo da un po’ d’anni a questa parte.

  2. il buio dentro certi soggetti maschi… ma si’, diciamolo: come noi donne da 50 anni e piu’ abbiamo fatto autocoscienza e femminismo, loro, gli uomini devono fare -tra loro e per sé stessi- maschismo, capire chi sono, come sono, nella loro differenza sessuale, per diventare davvero soggetti pieni e consapevoli.

    1. Penso che prima o poi una reazione ci sarà; se non altro perché ogni azione porta a una reazione per tornare verso l’equilibrio.
      Le metà in sintonia si appoggeranno l’una con l’altra, anche se rimarranno metà di una minoranza, in una società così in putrefazione. Ma saranno loro la speranza per il futuro, qualunque esso sia.

  3. L’ARIA CHE TIRA 1/ SCEGLIENDO TRA I COMMENTI LETTI SU UNA PAGINA FB
    (questa: https://www.facebook.com/daniele.conti.5203/posts/pfbid02xk6RoZaDzjXBk8wgHaWmBuXwx6KkUSP9GdJYp3sNJFzYpFJxGyoqjXCpjoMqjuuul)

    Donato Chirulli
    Concordo ed aggiungo: 103 “casi” su circa 60 milioni di abitanti NON sono “un’epidemia” né tantomeno un complotto maschilista che disprezza la donna, come l’attuale propaganda del “divide et impera” vuole far credere e (per inciso) sono anche una percentuale ridotta rispetto al migliaio (circa) di OMICIDI in toto commessi ogni anno in Italia.
    Il problema è che (purtroppo) ci sarà sempre una fascia di persone psicopatiche/violente/incapaci di gestire le proprie emozioni, che ricorrono a mezzi estremi per porre fine al proprio disagio.
    Ma, invece di costruire una società più giusta, più umana, più vicina ai singoli individui ed alle loro necessità (un utopia?) gli stessi che che ora tuonano contro i “femminicidi” spingono ogni giorno l’acceleratore sulla competizione esasperata, sulla logica dell’uno contro tutti, sulla parcellizzazione dei generi, dei sessi, delle categorie. Mors tua, vita mea… su questo è oggi fondata la “moderna società” occidentale…
    E tutti, ogni giorno, rischiamo di pagarne il (definitivo) prezzo.

    Chiara Namasté
    Ho i brividi.
    I brividi nel leggere parole così. Chiamare tutto questo coincidenza.
    Ho i brividi.
    Commenti di donne inconsapevoli che giustificano tutto questo. E Troppi commenti di uomini inconsapevoli. Perché, perché vi sentite sempre chiamati in causa, accusati “ingiustamente”? Perché?
    Grazie a Dio conosco e seguo decine di uomini che almeno hanno la decenza di riconoscere CHE ESISTE UN PROBLEMA REALE. E che prendono posizione. E che sono consapevoli di milioni di cose che quasi nessuno di chi scrive e commenta qui sembra avere.
    Non spenderò un minuto di più a esporre ragioni, motivazioni, dati statistici, storici, sociologici, ecc. Non ne vale la pena.
    Rimanete nel vostro pensiero che sia solo una coincidenza perché le donne sono più debolì fisicamente. Mi viene da ridere. Invece tutto il resto non conta. La parte psicologica non esiste.
    Va bene.
    Bravi.
    Non tutti gli uomini sono uguali, è vero, ma non tutti gli uomini sono abbastanza uomini da prendere consapevolezza che esiste un problema di genere.
    Il giorno che ci saranno gli stessi numeri di uomini uccisi da donne potrete aprire bocca e parlare.
    Un po’ di sano rispettoso silenzio sarebbe auspicabile.
    Buona vita.

    Daniele Lanza
    Chiara Namasté Cara signora: il “potrete aprire bocca e parlare” lo può scrive sulla SUA bacheca, se le aggrada (che nemmeno è sua poichè nell’ambiente illusorio di FB nessuno possiede realmente nulla, ma gli viene concesso di scrivere su una parete virtuale fintanto che chi dirige il web lo permette).
    Mi spiace ricordarglielo – ma non ovunque non si segue la mentalità progressista/modernista in cui probabilmente Lei si ritrova. Se non sopporta il confronto allora sia Lei a non parlare.
    Spero di essere stato abbastanza chiaro da farmi capire. Non me ne voglia.

    Roberto Buffagni
    Quando in una coppia le cose vanno MOLTO male, l’uomo aggredisce fisicamente, la donna fa impazzire. Se vanno ancor peggio, l’uomo uccide, la donna spinge al suicidio.

    Francesco Pecorella
    Roberto Buffagni la responsabilità penale rimane personale, è soggettiva, c’è il dato psichiatrico e quello giuridico, che possono influenzarsi ma rimangono distinti. Cosa significa fare impazzire, spingere al suicidio? Esistono anche le terapie per evitare di impazzire o per non suicidarsi, non esiste invece la restituzione in vita della vittima di omicidio o femminicidio.

    Roberto Buffagni
    Francesco Pecorella E chi parla di responsabilità penale? Mica siamo in tribunale. Descrivo un fatto notissimo, ossia che la forma prevalente dell’aggressività violenta è diversa nel maschio e nella femmina.

    Francesco Pecorella
    Roberto Buffagni appunto, sono piani diversi ma con molte implicazioni, probabilmente è tutto frutto di mancanza di comprensione della psicologia del profondo. Le differenze tra uomo e donna sono inezie rispetto a ciò che ci accomuna e invece, viviamo nella superficialità dell’emotività, della corporeità e del senso del possesso.

    Francesco Pecorella
    Il tuo discorso può avere un senso ed è vero, non bisogna necessariamente rifarsi a qualche filosofia tradizionalista, ma ometti completamente la parte psicologica che sta dietro all’attuazione materiale del delitto, secondo te resa possibile dalla superiorità fisica dell’uomo. L’uomo, in questo caso come in altri, prima di agire è in preda a una psicosi da possesso, è questo e non la superiorità fisica, il punto focale, da cui deriva il coraggio di imporsi fisicamente sulla vittima. Senza molla psichica irrazionale deviata, anche un energumeno sarebbe innocuo, viene tutto dalla mente irrazionale, non è un fatto di calcolo logico razionale (sono più potente e la vittima è più debole, quindi la uccido).

    Luisa Assogna
    Il termine Femminicidio invece per me qui è assolutamente corretto. È questo il movente dell’atto compiuto. Invece sono d’accordo su quanto dici in merito alle cause profonde a cui guardare. Non è certo il residuo di un patriarcato anni 40 alla base di queste (chiamiamole) distorsioni umane. invece proprio l’assenza di valori, regole, ruoli combinati con una fragilità emozionale, una pressione sociale competitiva, tutti tipici elementi di questo tempo e che sono impressi in particolare nelle giovani generazioni.

    Paciscor Luigi
    Se l’uomo non avesse questa idea malata del rapporto con la donna come forma di possesso e fosse abbastanza centrato su di sè da non dipendere dall’accettazione o dal rifiuto dell’altro per esistere, non si sfocerebbe nella violenza. Questa idea di possesso è intrinsecamente legata al concetto di società patriarcale, che se fosse ripristinata come sembra quasi augurarsi il post, renderebbe la violenza domestica una cosa normale e tutto sommato accettata come lo è stata di fatto fino a non troppi anni fa. La differenza sostanziale poi nell’atteggiamento maschile e femminile di fronte al rifiuto dell’altro sesso, è che più spesso la.donna rifiutata si suicida, mentre l’uomo ammazza la donna. Quindi no, non è solo un ominicidio, ma un omicidio con aggravanti “ideologiche”, in un certo senso

    Emmanuele Praticelli
    Di questo post mi colpiscono due cose. La prima è l’impostazione cinica: “col dovuto rispetto per la vittima, altro non si tratta che del centesimo fatto di sangue…” e quindi? Se non si sa o non si vuole empatizzare con la morte di una persona, perché scrivere?
    La seconda è che si parla della tradizione occidentale travisandola completamente. Mai in Aristotele o nella Bibbia – fondamenti della tradizione – si trova scritto che l’uomo, più forte, deve difendere la donna; la concezione che i giudei, e poi i cristiani facendo proprio il pensiero aristotelico, hanno della donna è completamente diversa. È vero, comunque, che la tradizione occidentale è la cornice culturale entro la quale questi fenomeni avvengono e acquistano senso, solo che bisogna conoscerla e, conoscendola, non piegarla alle proprie opinioni.

  4. L’ARIA CHE TIRA 2/ SCEGLIENDO TRA I COMMENTI LETTI SU UNA PAGINA FB
    (questa: https://www.facebook.com/crisfischer/posts/pfbid02Bb8JmPGtmMmBrjAw4wBux7VXnEkN9ox9QsvBnSnJdzSBpn3DqpxqW5f5nQkyGFPYl)

    Cristiana Fischer
    Si fa un gran parlare sulla educazione da dare ai maschietti fin da una tenera età. Ma l’educazione non rischiara la zona buia dove nascono i delitti. L’autocoscienza potrebbe riuscirci, se gli uomini cominciassero a copiare quello che le donne hanno fatto con il femminismo, riunendosi tra loro stessi, interrogandosi e rispecchiandosi nelle motivazioni più profonde.
    Se il delitto era premeditato, come pare per esempio dai sacchi neri che l’omicida aveva portato con sé per coprire il cadavere, allora c’è odio. Invidia, e non una forma sbagliata di amore-possesso. “L’invidioso infatti è triste perché il suo desiderio più profondo e lacerante è quello di sottrarre all’altro i suoi beni per appropriarsene e goderne al suo posto. A ciò si accompagna in genere la sensazione, da parte di colui che invidia, che quello che l’altro possiede sia immeritato. Di qui la necessità, per l’invidioso, non soltanto di soddisfare la propria brama, ma di provocare la sofferenza, o la privazione, nell’altro.” https://www.treccani.it/…/invidia_%28Enciclopedia.

    Ennio Abate
    Non c’è solo invidia nella “zona buia”. E da “educare” non sono solo i “maschietti” ma un’intera società allo sbando (e che scivola verso la guerra).

    Cristiana Fischer
    Ennio Abate credo che Emilia Banfi ti abbia risposto. Comunque ho scritto di un nesso tra invidia e odio: la premeditazione, probabile, rivela odio, appunto. Credo che gli uomini, come abbiamo fatto noi più di 50 anni fa, dovrebbero fare autocoscienza sulla zona buia della differenza sessuale maschile: assumere la LORO differenza sessuale (interpretata, quest’ultima, sempre invece come l'”universale”) con pratiche separate per interrogarsi e rispecchiarsi tra di loro. L’educazione non c’entra (e se c’è ancora un segno di validità del sessismo-patriarcato è in questo: che gli uomini si sentono mai parziali ma di incarnare l’universale – il Padre, il Figlio, il Re, il Sovrano, eccetera). Pensatevi, e pensate anche a cosa significa democrazia, senza stupide idee di uguaglianza e/o parità.

    Ennio Abate
    Cristiana Fischer Non mi pare che Emilia Banfi abbia risposto a me. A parte ciò, la tua “soluzione” o indicazione di rimedio (“Credo che gli uomini, come abbiamo fatto noi più di 50 anni fa, dovrebbero fare autocoscienza sulla zona buia della differenza sessuale maschile”), anche fosse accettata, avrebbe un effetto non disprezzabile ma minimo. Come l’ha avuto – e solo nelle società liberali occidentali – il femminismo.
    Sulla “zona buia” (che non è soltanto maschile) ha esplorato qualcosina la psicanalisi ma con effetti ridotti e per me sempre non disprezzabili (vedi limiti di praticabilità a livello di massa messi in luce dalle ricerche di Fachinelli).
    P.s.
    “Pensatevi, e pensate anche a cosa significa democrazia, senza stupide idee di uguaglianza e/o parità.”
    E cioè? Tolte le “stupide idee di uguaglianza e/o parità” cosa sarebbe la democrazia o con cosa andrebbe sostituita?

    Emilia Banfi
    Sì, CristianA, ma l’invidia è anche femminile, come mai quelle terribili reazione sono dei maschi ?

    Cristiana Fischer
    Emilia Banfi solo loro possono rispondere! devono fare autocoscienza, mettere in comune le loro anime e fare luce su certe pulsioni rimaste sempre (da quanti millenni?) non esplorate. Cosa può fare l’educazione a scuola su pulsioni mai interrogate?

    Emilia Banfi
    Cristiana Fischer a scuola parlarne, parlarne, parlarne.
    Anche nella coppia, in famiglia…
    Educare ai sentimenti, alla sessualità che è gioia se vissuta con sentimento.
    I maschi devono capire.
    Gli uomini giusti hanno la gentilezza nel cuore, il rispetto per tutti e non solo per le donne!
    Donne, riconosciamoli!!!!

    Lucio Mayoor Tosi
    Il problema non è genericamente culturale, come sento dire, è scientifico. Serve la famigerata psicanalisi, quella, per chi pensa “ah no, a me non serve

  5. L’ARIA CHE TIRA 3/ SCEGLIENDO TRA I COMMENTI LETTI SU UNA PAGINA FB
    (questa:https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/pfbid02dafSSFGwpMEg5aGzzBnGTjuMbH7ygqnXZB8aBXVp7bi8DaeaL8J9FsiMTD3jkG1xl)

    Andrea Zhok
    ·
    Comunque, mentre noi ci distraiamo con cronaca nera e discussioni di costume, in Israele l’operazione di pulizia etnica continua.
    Parzialmente fuori dai riflettori è quello che succede in Cisgiordania.
    Mentre Israele utilizza le donazioni dei filantropi americani per radere al suolo Gaza, con la cruciale giustificazione che li si annida Hamas, nelle città di Jenin, Nablus, Tulkarem, ecc., dove Hamas non c’è, raid e incursioni si succedono ininterrottamente.
    Si tratta di operazioni di sabotaggio di infrastrutture e strade, assassinio di civili, campagne di arresti, demolizione delle case, picchiaggio dei fedeli che cercano di pregare ad Al-Aqsa, ma soprattutto c’è il via libera della polizia agli attacchi notturni dei coloni.
    L’obiettivo manifesto è di rendere la vita impossibile anche agli insediamenti in Cisgiordania, spingendo le persone ad emigrare, completando così l’operazione di pulizia etnica in corso nella striscia di Gaza.
    E così mentre in Cisgiordania assistiamo a scenari quotidiani che fanno sembrare la “Notte dei Cristalli” nella Germania nazista una passeggiata, mentre a Gaza, con il sostegno del nostro paese e del giardino occidentale, abbiamo raggiunto i 13.000 morti​ (5.000 bambini), noi qui stiamo seriamente a proporre lezioni di “affettività e rispetto”.
    Quando la menzogna, l’incoerenza, il “bispensiero”, l’ipocrisia sono diventati seconda natura, è finita, non c’è più niente da salvare.

  6. L’ARIA CHE TIRA 4/ SCEGLIENDO TRA I COMMENTI LETTI SU UNA PAGINA FB
    (questa: https://www.facebook.com/alessandro.visalli.9/posts/pfbid0YxZ3ggfJG9zdjYH939Kb1Z6yMkEcqf5CGRGuxcZHyauvgFN2zFL4ZVanTmdv4Conl)

    Alessandro Visalli
    […]Ciò che ci colpisce nella morte di una donna bella e giovane, minuta, da parte di un uomo è che viola uno dei principi cardine della cultura maschilista e patriarcale che le nostre nonne e, talvolta, madri, hanno cercato di inserire in noi: che una donna, ed un bambino, non si toccano perché sono deboli e vanno protette, piuttosto. Per questo ogni volta che viene colpito un debole, una donna, la cosa ci dà giustamente scandalo e ogni volta che muore un uomo, direi soprattutto se colpito da una parte più debole, lo ignoriamo (qualcuno lo considera tacitamente un risarcimento). 184 omicidi dall’inizio del 2023, di cui 119 uomini e 65 donne (altre fonti danno numeri diversi e più alti, questa è Istat). Su una popolazione di 60 milioni ed in calo, fortunatamente.
    Si tratta, sul piano statistico, di un fenomeno marginale in una società, la nostra, che è diventata sempre meno violenta nel tempo (in qualsiasi epoca precedente le morti violente erano enormemente superiori, oggi il tasso è di 0,37 per 100.000 abitanti, ci sono state epoche nelle quali fino all’1% delle persone erano uccise, ovvero 1.000 per 100.000 abitanti). La nostra società ha visto negli ultimi trenta anni gli omicidi ridursi del 83%, dividendo donne e uomini si vede che questa riduzione ha riguardato soprattutto i secondi (dell’88%), mentre il calo degli omicidi di donne è stato del 54%.
    Ogni omicidio è di troppo ed intollerabile, ma delle donne, uccise per lo più nel contesto di relazioni sentimentali diventate ‘tossiche’, obiettivamente è giusto fare discorso a parte. I rapporti sociali comportano sempre un coinvolgimento emotivo, e quelli sentimentali ne provocano di intensi, come ovvio. Una piccolissima parte di queste relazioni termina in una situazione di tensione emotiva, da una o dall’altra parte, che diviene difficile da tollerare.
    E’ capitato a tutti di essere lasciati, abbandonati, di perdere amori e relazioni. Sono queste situazioni che possono provocare, negli uomini e nelle donne, un’asimmetria. Se, da una parte, un rapporto può diventare ‘tossico’ per il senso di possesso, o per altri motivi di affidamento insano, sia per il protagonismo del maschio come della femmina (sì, le donne possessive esistono), dall’altra il modo di reagire allo stress provocato è mediamente diverso. In questa diversità può nascere una asimmetria nell’uso della violenza, che si può rivolgere contro sé stessi o contro l’altro.
    In ambito familiare, quello più frequente nei cosiddetti “omicidi di genere” (dove ad essere ucciso è il membro di un genere da quello opposto), abbiamo che tra le vittime maschili quasi il 30% sono stati uccisi in famiglia (quindi da donne, nel 2018 sono stati 50) e, parimenti, in tali circostanze si registrano ben l’83% delle vittime femminili (le quali, quindi, sono state uccise da uomini, nel 2018 sono state 93). Andrebbero, infine, conteggiati come violenza nello stesso ambito tossico anche molti suicidi, e certamente gli omicidi-suicidi (anche qui, prevalentemente ma non esclusivamente maschili). Questi sono molti di più (degli omicidi), pari a 4.000 all’anno. Quasi all’80% sono uomini, 11,8 per 100.000 abitanti. I restanti sono donne, 3 per 100.000 abitanti. Certo per lo più sono di persone oltre settanta anni, che non hanno rilevanza per questo discorso, ma molti sono anche giovani. Poi in questo fenomeno sono da rintracciare cause che colpiscono in maniera fortemente asimmetrica, come il tracollo economico (anche qui, figlio di una mentalità tradizionale di genere), e, infine, sarebbe da considerare la diversa attitudine fisica che rende più efficace il gesto.
    Cosa ne concludo? Che il fattore cruciale è semplicissimo, uomini e donne hanno diversa fisicità, non solo nel senso di massa muscolare quanto, e soprattutto, attitudine a manifestazioni fisiche. Gli uomini e le donne sono parimenti aggressivi, nelle circostanze appropriate, ma le donne verbalizzano molto di più (con punte di sadismo di rara efficacia) e gli uomini possono diventare più facilmente violenti. Bene si fa a condannarlo e a impegnarsi nelle forme di educazione a rispetto e controllo.
    Dunque un problema esiste, e si può anche attribuire al “maschilismo”, che è un fenomeno sicuramente reale, anche se in via di graduale riduzione (parlare di ‘potere del padre’ nella nostra società sembra più ardito). Ma il ‘maschilismo’ si nasconde anche dove non lo aspettiamo: proprio nello scandalo che ci appare, quale violazione di una persistente norma sociale, ogni volta che una donna è colpita da un uomo.

    Orlando Cinque
    Antonella Daniela nel senso che è il primo discorso sensato che leggo sull’argomento; che cioè vada oltre l’equazione maschio=femminicida, per cui dovremmo tutti, nessuno escluso, chiedere scusa per il fatto di essere maschi.

    Antonella Daniela
    Orlando Cinque nessuno accusa tutti i maschi, se vi sentite accusati è soltanto un vostro problema. Io non sopporto i personaggi, uomini, che in queste ore stanno pubblicando post in cui chiedono scusa e perdono in quanto uomini, sarò strana ma in quelle parole leggo del maschilismo

    Orlando Cinque
    Antonella Daniela io ho letto una valanga di post che accusano tutti i maschi. Il maschilismo esiste comunque, non va via nel giro di un paio di generazioni. Pensare che non ci lavoriamo e che ce ne freghiamo è un po’ offensivo. Tutto qui

    Paolo Borioni
    Condivido credo quasi tutto. Anche per una argomentazione molto forte, ovvero quella comparativa per cui siamo uno dei paesi con meno femminicidi un Europa e al mondo.
    Potremmo anche fare ragionamenti più “materialistici” sul come la società attuale abbatte e precarizza il lavoro e quindi il rispetto di sé, e su come questo incida ancora di più sui maschi frustrandoli fino alla violenza benché in un numero statisticamente minuscolo di casi.

    Raffaele Pisani
    Lorenza Mia l’Italia è praticamente il Paese europeo più sicuro per le donne (in base ai Dati a Settembre 2023 del Ministero dell’Interno le vittime di Femminicidio, in calo del 12% rispetto all’anno precedente, sono state 38 per mano di Partner o Ex su 78 complessive

    Lorenza Mia
    Raffaele Pisani quindi siccome in Europa, in Danimarca ad esempio, le donne stanno peggio e vengono ad esempio stuprate di più, allora in Italia le donne devono star quiete e contente degli stupri e dei femminicidi nostrani…
    Un bel ragionamento, non c’è che dire.

    Luigi Russo
    Quello che spiazza in questo femminicidio non è soltanto il fatto che i due erano coetanei 22 anni ma che non erano provenienti da ambienti disagiati o disagiati delle periferia urbane ma due studenti di ingegneria all’università di Padova entrambi provenienti da famiglie borghesi studi di alto livello come ci informano e nonostante questo accade quel che accade sempre dalle cronache si avanza l’idea che fa scattare la possessività sarebbe stata che il ragazzo non vedeva di buon occhio il fatto che lei si laureasse prima di lui punto non so se questo è vero ma allo stesso tempo è terribile Quindi non ci sono alibi culturali in questo fatto ma qualcosa che allora dobbiamo scoprire scavando all’interno dell’essere maschio dove alberga nascosta negli anfratti più bui una molla pronta a scattare sempre? Non lo so è difficile muoversi in questo campo resta il dato di fatto che un ragazzo della buona borghesia di buona cultura a 22 anni uccide la sua compagna coetanea e si dà la fuga come se primo poi non verrà catturato e messo di fronte alle sue responsabilità. altra cosa che mi appare straNa ma che lo stesso tempo può fare riflettere è l’appello della famiglia di lui lo ricordo bene in cui si diceva tornate fatti vivi non ti preoccupare, questo rivolto al ragazzo, siamo disposti a passare sopra quel che è successo… Passare sopra ecco forse anche in questa famiglia c’è un buio che andrebbe indagato

    Claudio Vincenzo Greco
    Si puo’ dire che in tutto questo svolgono un ruolo non secondario decenni di degrado della vita sociale, civile, ecc apparecchiati da dozzine di governi e centinaia di entita’, istituzioni …? O le condizioni sociali non contano piu’, non sono di moda, ora contano solo carattere, spirito, predestinazione, come si voleva secoli fa, come vogliono le culture irrazionaliste, come vogliono farci credere dall’alto?

    Alessandro Visalli
    Lorenza Mia vedi, i numeri sono sempre molto difficili, proprio tecnicamente, da analizzare e dipendono dalle assunzioni nascoste. Abbastanza stranamente nella stessa riga si legge che circa 50 uomini sono uccisi in ambito familiare (quindi dalle donne partner o ex partner) e che il 98% dei condannati sono uomini (ma, attenzione alla nota, in “omicidi legati a contesti violenti in ambito relazionale”, cosa che allarga il cerchio significativamente – perché include anche altri ambiti relazionali – ). Nessuno nega che siano molte più le donne uccise (soprattutto in termini relativi, più che assoluti), ma dico solo due cose: 1- si tratta comunque di numeri piccoli, per fortuna; 2- le donne non sono angeli, come gli uomini non sono demoni. Siamo tutti impastati di bene e male.

    Alessandro Visalli
    Regioni peggiori? Valle d’Aosta (1,58 per 10.000 ab. di femminicidi) e Bolzano (0,78). Le migliori? Calabria, Campania, Sardegna, Umbria, Marche e Toscana, tutte intorno al 0,2.

    Diego De Matteis
    A quanto pare quando un signor Rossi salva un bambino che sta annegando l’eroe è lui e lui solo, quando un signor Rossi uccide la moglie la colpa è di tutto il genere maschile.

    Giuseppe Mauro
    A me i numeri interessano solo se indicano una tendenza a una riduzione del fenomeno analizzato e non sono certo, se guardiamo agli ultimi due anni, che in questo caso sia così. Per il resto, Alessandro, l’analisi mi pare monca e in parte fuorviante, perché associa numeri e situazioni che c’entrano poco tra loro. Quelli dei maschi sono crimini che rispondono quasi esclusivamente a un solo denominatore comune: lo chiamiamo maschilismo per semplificare, ed è un fondamento della cultura maschile ancora adesso. Lo puoi vedere in mille ambiti diversi, dalla scuola alle fabbriche, dalla famiglia agli uffici dei “colletti bianchi”. Le discussioni con i colleghi (esperienza personale) sono spesso imbarazzanti, perché arriva sempre un momento in cui questa cultura di fondo emerge, che si tratti di “goliardia” (l’alibi più utilizzato, che somiglia a “ho tanti amici gay” o “non sono razzista”) o che si parli seriamente di lavoro o di rapporti con le donne.
    Faccio un volo pindarico, ma è così che mi sento: Rossana Rossanda, dopo Tienanmen (se ricordo bene) scrisse un bellissimo editoriale sul Manifesto che intitolò “della difficoltà di essere comunisti”. Ecco, potremmo parafrasare il concetto parlando della difficoltà di essere maschi. Perché io condivido pienamente il senso della domanda di Luigi: “Quindi non ci sono alibi culturali in questo fatto ma qualcosa che allora dobbiamo scoprire scavando all’interno dell’essere maschio dove alberga nascosta negli anfratti più bui una molla pronta a scattare sempre?”. Come lui, non lo so, ma credo che purtroppo non siamo molto lontani da qui.

    Valeria Tancredi
    Alessandro Visalli la tendenza dice che adesso siamo già a 107 donne ammazzate e l’anno non è ancora finito.

    Alessandro Visalli
    65 o 100, sempre su 60 milioni, e sempre più al Nord che al Sud, più in Nord Europea che in Italia, più negli anni passati che oggi. Orribile, e da combattere, ma senza creare argomenti fantoccio che si lasciano prendere in contropiede e favoriscono una polarizzazione opposta-polare (che io rifuggo). E’ un poco come il discorso sull’ambiente, eccedere in catastrofismo crea le condizioni del negazionismo. E, attenzione, faccio un esempio di un settore in cui lavoro da 35 anni e nel quale credo.

    Nadia Pistaro
    Mi colpisce la quantità di “maschi” che hanno messo il like a questo post. Sarà un caso? “capisco che non sia gradevole essere messi sotto accusa genericamente come categoria, ma noi donne aspettiamo da tempo non dico una autoflagellazione, basterebbe un minimo di responsabilizzazione, ad esempio, anche nell’educazione dei figli maschi, a cui, incosciamente, si trasmettono spesso esempi e messaggi sbagliati.

    Pier Luigi Alba
    Nadia Pistaro
    Grazie per l’amorevole “pensierino” sulla non gradevolezza maschile di essere considerati dei paria [dis]umani.
    Ho proprio avvertito la sua leggiadra e compassionevole manina sul mio capo…

    Nadia Pistaro
    Pier Luigi Alba Non si offenda, niente di personale. Sono considerazioni generali, come avete fatto voi, del resto. Se esistono certi comportamenti, direi quasi fotocopia, una causa specifica esisterà, non crede?

    Alessandro Visalli
    Dunque, se non si vuole offendere non si usa il termine “maschi” (che qui vale come “negri” in altri contesti discorsivi), soprattutto quando nessuno ha usato “femmine” (ovvero ha ridotto il complesso culturale e individuale di persone al loro solo sesso). Ed anche il “voi” (che implica un “noi”) allude a questa guerra dei sessi che è, come ovvio, una forma specifica di sessismo. Quanto ai ‘comportamenti fotocopia’, dato che si parla di decine e non di migliaia di casi dipende solo dalla distanza e dal frame interpretativo che applico. Si tratta di tragedie che probabilmente sono ogni volta diverse, come quelle a parti invertite (che ci sono) o quelle, molto minori, in cui si uccidono bambini. Nascono da situazioni degradate e personalità border line (talvolta con patologie conclamate, altre volte no, ma questo parla del nostro sistema sanitario allo sbando) e da ambienti sociali problematici. Vogliamo mettere l’etichetta “maschilismo”? Va bene, ma nasconde più di quel che illumina. Bisognerebbe chiedersi che succede alla nostra società, perché siamo sempre più soli, arrabbiati, in competizione e disperati.

    Massimo Di Dato
    Mi chiedevo se, come mera ipotesi di ricerca, si potrebbe supporre che la tendenza all’assassinio delle donne cresca o sia più consistente non tanto dove impera una cultura maschilista ma dove tale cultura viene messa in discussione? Nel senso che dove il conflitto è meno forte perché il ruolo subalterno della donna è più accettato si arriva meno frequentemente all’assassinio? ricorrendo a forme di violenza o costrizione meno estreme ma magari più diffuse?

    Nomen Nescio
    E’ un ragionamento che ho fatto anch’io. Il fatto in sé va affrontato su un duplice piano:
    a) è il portato di un fenomeno apprezzato sul piano sociale o antropologico? La risposta è negativa. Ci aiutano i numeri che hai citato. Pertanto il richiamo – con riferimento a questo specifico caso – alle responsabilità della Società e della Scuola sono assolutamente fuori contesto. Le le norme sociali diffuse (pre giuridiche) giudicano ab immemorabili assolutamente abiette tali condotte, unanimemente, senza alcuna frazione all’interno dello stesso sistema assiologico. Non è un caso che Maria Goretti venne santificata anche per il PCI. Diverso invece il caso di Saman Abbas laddove il delitto viene maturato in un contesto non indiviudale ma associativo, nel quale è rilevante l’elemento antropologico e culturale. Ma dovremmo aprire un capitolo a parte che qui ci porterebbe fuori tema. Dobbiamo quindi domandarci a livello di prognosi postuma, l’introduzione della materia di “educazione alla sessualità” a livello scolastico avrebbe, ragionevolmente, scongiurato il delitto? No. Quindi la reazione politica (sia della cosiddetta sinistra parlamentare, sia dello stesso Valditara) è assolutamente irragionevole.
    b) Quale è l’effetto (che io giudico pericoloso) di un recepimento, per così dire, delle proposte che vengono dall’opposizione? Quella di affrancare il reo anche parzialmente dalla propria responsabilità. Per certa narrazione non esiste il libero arbitrio, la responsabilità personale, la autodeterminazione di sé. Non si ammette che ad una condotta materiale liberamente e consapevolmente esercitata corrisponda una responsabilità. Tutto è frutto di regole o condizionamenti eteronomi: lo Stato, la Società, la Famiglia e via discorrendo, perché si considera l’individuo svirilizzato, un eterno bamboccione teleguidato, incapace di prendere una decisione autonoma e pagare per le decisioni che prende. Esiste il “tipo umano” incasellato in una categoria a priori (nel caso di specie il “maschio bianco”) frutto di una artefatta costruzione sovrastrutturale asseritamente culturale, e le sue condotte sono meccanicistiche, il portato naturale di questa asserita cultura. Ora che l’aspetto ambientale possa influire sulle condotte anche individuali è innegabile, ma non è un fatto assoluto, e si ripete, non è assolutamente questo il caso (vedi punto 1). E comunque non assolve. Mai.
    Bisogna pensare anche che il mondo perfetto non esiste, se esistono i precetti e le sanzioni è perché la variabilità umana include anche la marginalità della cattiveria e della deviazione dalla regola. Nessuna scuola, nessun libro di testo, nessuna interrogazione sul tema, potrà mai modificare la struttura della personalità individuale nella sua unicità.
    Non c’è bisogno della scuola per capire che è abietto, riprovevole, criminale infliggere decine di coltellate ad un altro essere umano, vilipenderne il cadavere e occultarne il corpo. Basta la coscienza. Ma questa – per parafrasare Manzoni – è come il coraggio: se uno non ce l’ha non se lo può dare”.

  7. L’ARIA CHE TIRA 5/ SCEGLIENDO TRA I COMMENTI LETTI SU UNA PAGINA FB
    (questa: https://www.facebook.com/brunello.mantelli/posts/pfbid02mH7cmzGiqBWNfxnPitAseQWJnsx8Z4r4Sa1xpC2h5sRsS2dujMVT2pvaDRtbC8Dml)

    Clouzot Clementi
    Maurizia Franzini è ora che vengano scritte nuove favole per le bambine e i bambini; è ora che scompaiano per sempre certi simboli di tradizione: l’abito da sposa; il matrimonio stesso, con la sua aura di sacralità; i pregiudizi sulle donne al volante o in un’officina meccanica; i tacchi a spillo e le unghie chilometriche come espressione di femminilità (attenzione: possiamo sempre usarli, chissenefreg, ma non devono essere discriminanti rispetto a quelle che non li usano. Ancora al giorno d’oggi il maschio ripo si lascia imbambolare da certi cliché).
    È necessario rivedere tutto il passato e ricostruirlo secondo le esigenze odierne: la società è cambiata, sta cambiando. Devono necessariamente cambiare le fondamenta delle nostre vite.
    Maschi e femmine sullo stesso piano senza distinzioni.
    Anche le donne dovrebbero cominciare ad avvicinarsi fattivamente alla complessa natura maschile, della quale si parla solo quando ormai è troppo tardi.
    Non faccio l’amico del giaguaro ma, a cominciare dalle abitudini sanitarie (per noi donne è normale avere incontri ginecologici cadenzati; dall’altra parte gli uomini hanno quasi pudore a programmare visite dall’andrologo, e ci vanno solo in tarda età) a cominciare dalle abitudini sanitarie, dicevo, bisogna che anche la natura del maschio venga scandagliata, in una società che sa tutto di noi e ben poco di loro.

    Clouzot Clementi
    Maurizia Franzini voglio inoltre spezzare una lancia a favore del maschio: oggi se un uomo dà dell’oca la sua donna viene GIUSTAMENTE ripreso e biasimato.
    Ma vedo mogli, tante mogli, che danno del “pirla” al marito, dell'”incapace” perché non sa far la spesa o perchè arriva tardi a prendere i figli a scuola.
    Nessuno biasima queste donne. Nemmeno io, colpevolmente. Mi ci faccio una risatina e annuisco chiosando (“sono tutti uguali”). E così passa sotto silenzio un piccolo grande sopruso.
    Chi li difende questi maschi? Perché non hanno colpe se non quelle di essere poco abituati a fare le mille cose che siamo da sempre abituate a fare noi.
    Ci vuole pazienza e ci vuole una visione chiara della società per come è adesso. Proviamo con la gentilezza. Proviamo a smettere anche noi di dire “cosa vuoi? È un uomo”
    Per quanto riguarda invece i soggetti chiaramente disturbati, proviamo ad andarcene, non restiamo invischiate o invischiati in schemi chiari già dall’inizio ma che neghiamo a noi stessi solo per il fascino che emana da questi soggetti. È fascino finto. Sono “diamanti falsi” non sono “diamanti grezzi”
    Parlo per noi donne, parlo per voi uomini. E spero di aver esposto il mio pensiero in modo sufficientemente chiaro. Se così non fosse spero di non venire aggredita inutilmente

  8. “Il ragazzo del lago” di Alessandra Roman Tomat…mi sembra giusto allargare lo sguardo anche intorno al giovane che ha commesso il delitto, senza limitarsi a condannarlo…e vedere di approfondire le dinamiche interpersonali che hanno portato all’atroce fatto…cosa che compete piu’ ai tribunali e agli psicologi, ma, penso, anche a noi, giovani anziani figli genitori umani tutti, se vogliamo incominciare a capirci qualcosa…Riferendosi agli assassini di femminicidi, A.R.T. scrive che, per l’atrocità commessa, : ” …non è che ci guadagnino qualcosa, perdono tutto, si autodistruggono…” , ma non la vita… questo é toccato, in questo caso, solo a Giulia e tra sofferenze fisiche e morali inimmaginabili. Allargando lo sguardo certo si scopriranno corresponsabilità…per esempio sulla formazione dell’individuo e in particolare riguardo ai sentimenti e comportamenti, di invidia competizione, sopraffazione possesso, motori aberranti che contraddistinguono la società in cui viviamo e rinforzati dai modelli mediatici…
    Sono d’accordo con l’iniziare seriamente nelle scuole un programma di educazione affettiva, sessuale e sui diritti per i giovani, anche se i risultati veri si potranno vedere realizzati magari solo tra due o tre generazioni…Dovrebbero seguire dialoghi e dibattiti di gruppo, piu’ in là incontri di autocoscienza inaugurati dal femminismo negli anni settanta e, credo, ancora efficaci per sviscrare nodi, ciascuno apportando, senza tabu’ o volgarità, il proprio vissuto …A questo lavoro nelle scuole dovrebbe accompagnarsi l’intera comunità educante, in gruppi vuoi separati vuoi misti…anzi meglio questi ultimi che vedrebbero seduti alla stessa tavola rotonda: femministe, Maschile Plurale, gruppi LGBQ… con le loro visioni spesso convergenti…E’ una sfida di ampio respiro che potrebbe incidere positivamente sulla nostra società deviata dalle guerre e dal proliferare delle armi…Anche la psicanalisi avrebbe un ruolo importante, se diventasse abordabile a tutti…Peccato che il femminismo si sia diviso in diverse correnti di pensiero, erigendo muri anzichè abbatterli…

  9. Prendo anch’io spunto da un testo che ho trovato in rete, che copio qui; e che si pone delle domande (forse per qualcuno/a) imbarazzanti.

    “E se i ragazzetti che ammazzano le fidanzate o ex fidanzate non lo facessero per le motivazioni “patriarcali” dei cinquantenni e delle generazioni precedenti, ma per un livello troppo elevato di educazione “matriarcale” che scuola, famiglie, associazioni (pseudo) sportive, e in generale la società hanno ad essi impartito?
    Insomma, l’educazione del nostro tempo è penosa e genera certamente immani quantità di ansia e depressione – su questo credo ci sia poco da dubitare – ma non è da escludere che in casi eccezionali, a dosi molto elevate, generi violenza.

    Dico subito che ciò che spezza la schiena ai ragazzi di oggi, intendo ai giovani uomini, non è la loro madre, come molta psicanalisi tende a pensare. Non è l’opera di castrazione quotidiana che molte madri operano nei loro figli. Quella farebbe anche parte del gioco. Ci sta. È piuttosto l’assenza del padre il nucleo della crisi. È quell’assenza che rende la castrazione tanto efficace.
    D’accordo, attorno alla madre ci sono tante altre madri e, accanto, tante altre donne asessuate che gridano che il pene è brutto e colpevole. Che il pene è assassino, violento, innaturale, inutile nella migliore delle ipotesi, e che gli uomini dovrebbero tagliarselo se volessero fare davvero un’opera socialmente meritoria.
    Tutto ciò è noto, ma è piuttosto l’assenza del padre che crea il vuoto necessario affinché quel gridare femminile diventi davvero violenza distruttiva dell’anima del ragazzo. Voglio dire: in chi potrebbe identificarsi un ragazzo, se chi dovrebbe fornirgli un modello di comportamento, appunto, non c’è? Cosa dovrebbe fare? A quale santo votarsi, se sono le donne che creano un modello per lui e, nel loro modello, il pene o non c’è o è violento? Se, nel modello che esse forniscono, l’uomo è o effeminato o stupratore? O castrato o assassino? Se, come dice Germane Greer, “I maschi sono il prodotto di un gene danneggiato”?
    Senza una identificazione possibile che lo renda uomo, cosa potrebbe fare, un ragazzo, se non frugarsi nell’anima con le unghie, come se dentro ci fosse qualcosa che ci ha messo qualcun altro, e che bisogna soltanto trovare? Dentro non c’è niente, se non ci hai messo niente! Il padre, lui dovrebbe indicargli la “via della virilità”, che viene dal latino Virtus e vuol dire capacità, forza, coraggio, valore, responsabilità.”

    1. Ne ho preso una parte, quella che per me era più significativa; provo a vedere se riesco a rintracciarne la fonte: che però – diciamocelo – ha un’importanza relativa: più importante è sapere se si ritengono queste critiche fondate o no, e – dal punto di vista altrui – perché: così da portare avanti un eventuale discussione.
      Se no ci si mette nella stessa posizione di chi, facendo propaganda, non ha argomenti per controbattere e si rifugia nel “eh, ma la fonte non è attendibile”.

      Non a caso, riguardo alla “difesa della virilità” (visto che hai toccato questo tasto), come sempre bisogna distinguere tra il problema e lo sfruttamento per altri fini (magari in modo ridicolo e stupido) del problema stesso. Questa capacità è fondamentale in una società dove la comunicazione è sempre più informata da esigenze propagandistiche di qualunque genere, colore, ecc.

    2. La violenza sulle donne in Italia riflette una mentalità sciovinista radicata. Pensate alle battute sessiste, alle pubblicità in Italia, alle molestie sul posto di lavoro e all’incapacità di molti uomini di accettare l’autorità delle donne. Non si tratta solo di un uomo violento, è un atteggiamento generale.
      Un atteggiamento che chi, come me, viene da altre nazioni trova disgustoso.
      Molte pubblicità, molte battute mi sorprendono e poi mi fanno vomitare.

      1. Sono d’accordo. Io vomito pure davanti a tutte quelle pubblicità, videoclip ecc., nelle quali il corpo della donna viene mercificato.

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