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Il ragazzo del lago


di Alessandra Roman Tomat

Un altro tragico fatto che vede come vittima una donna, per mano del suo ex-fidanzato. Due giovani dalle facce pulite e dalla vita studiosa, che avremmo detto uguali, fino a una settimana fa, ai nostri figli e figlie. Sottolineo, ai nostri figli, includendo il giovane assassino. È successo anche nella nostra città, solo pochi mesi fa. Un copione molto simile, anche qui da fidanzato accolto in famiglia (quindi evidentemente ritenuto ‘affidabile’) ad assassino. La prima cosa che mi viene da pensare è che, quando questi giovani omicidi sono nati, la giornata contro la violenza sulle donne era già stata istituita, erano dei bambini quando hanno iniziato a diffondersi le panchine rosse e immagino siano cresciuti in famiglie non tanto diverse dalle nostre. Comunque sia, stento a credere che in tutti i casi di femminicidio, nel 2023, gli assassini vengano da contesti in cui la donna è sottomessa al marito, considerata un oggetto sessuale, svalutata. Molti non sembrano neanche (diversamente dagli stupratori da discoteca, che sono tutto un altro capitolo) soggetti particolarmente inclini alle dipendenze o inseriti in gruppi asociali. Ora, sento con un certo sollievo che perfino il governo di destra, dico “perfino”, ammette che non sono gli inasprimenti di pena a risolvere la questione, che va affrontata a livello culturale ed educativo. Tutti d’accordo da Schlein a Meloni. Ho però l’impressione che non si abbia chiaro cosa vuole dire “culturale” ed “educativo” quando si parla di relazioni personali. Della sfera amorosa e sessuale, dove tutto quello che è “razionale” salta completamente. Lo capiamo nelle nostre di vite, ma lo si vede con tragica evidenza in questi fatti di cronaca. Tanto è vero che questi assassini distruggono anche le loro di giovani vite, sconvolgono le loro famiglie di origine e, quando sono genitori, lasciano orfani i loro stessi figli … Insomma, non è che ci guadagnino qualcosa, perdono tutto, si autodistruggono, alcuni perfino si suicidano. Quindi, il piano razionale del “rispetto per la vita, rispetto per la donna” evidentemente da solo non funziona, così come non funziona la minaccia della pena severa. Non dico tutti, ma forse, molti di questi assassini qualche anno prima di compiere i crimini che hanno compiuto, sarebbero stati d’accordo con voi nel dire che queste cose orribili non si fanno, magari saranno pure andati a qualche inaugurazione di panchina, forse hanno perfino fatto un bel tema a scuola. In astratto, se richiesti di un’opinione, non credo vi avrebbero detto che è giusto uccidere un altro essere umano solo perché rifiuta una relazione. Cosa voglio dire con questo? Che, accanto al doveroso lavoro che si fa di sostegno alla donna nel lavoro e nella famiglia, per l’emancipazione, quando si parla di affettività, sentimenti, pulsioni, si deve capire che il livello deve essere un altro. Che parte dal fatto che si deve essere capaci di scrutare il buio che c’è in un essere umano e “accettare” che questo buio esiste e che non si modifica solo con un’educazione “collettiva” al rispetto e alla gentilezza. Bisogna prendere atto che l’essere umano è complesso, guidato da pulsioni irrazionali. Quindi, se ci si vuole assumere questo compito, con la giusta modestia, si tratta di aiutare le nuove generazioni ad essere forti, ad essere indipendenti, a non autovalutarsi in base all’esito di una relazione. A non pensare che “senza” quella donna o quell’uomo, si è finiti, si è qualcosa di meno, non si è realizzati. Vale per uomini e donne, perché anche noi donne siamo partecipi della stessa cultura amorosa. Però, da quel che leggo, riusciamo meglio a smarcarci. Le statistiche, ad esempio, dicono che le donne si suicidano molto di meno (in Italia, ma anche negli altri paesi, il divario è impressionante) e che accedono con maggiore facilità e consapevolezza ai servizi di aiuto psicologico. Non mi sembra poco, a voi? Molti storceranno il naso e diranno che questi ragionamenti ‘giustificano’ i criminali. È un’opinione la mia, che può non essere condivisa, ma io penso che la ricerca delle colpe individuali spetti al tribunale (non solo quello istituzionale, anche il tribunale della coscienza, se vogliamo, ed è ovvio che l’esito sia di condanna), mentre alla collettività competa un’indagine e, se possibile, un’azione che influisca sulle cause. E non possiamo capire le cause, se non capiamo gli assassini. Non possiamo neanche pensare di prevenire, se non ci abituiamo a scorgere la radice del male dentro di noi e lo vediamo sempre e solo negli “altri”.

* Dalla pagina FB ART Lista – Cologno Monzese

Colognosità e italianità


di Ennio Abate 

Questi 4 articoli, che ho pubblicato nei giorni scorsi su POLISCRITTURE COLOGNOM e altre pagine di social locali,  trattano di personaggi che recitano  in modi tragicomici il misero copione della  colognosità, che poi in fondo ha parecchio in comune con l’italianità. (Risalire fino al classico  Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani di Giacomo Leopardi? Perché no.) La colognosità – scrissi in un appunto di diario già nel lontano 1987-  è «una sensibilità verso il mondo.  Forse altri avranno parlato di “mentalità da servi”,  di “alienazione” o di “psicologia degli oppressi”. Fatto sta che la mia esperienza quotidiana con la gente che ha fatto e fa politica a Cologno Monzese (periferia di Milano), dove abito dal 1964 in partiti, associazioni culturali, liste civiche, etc. di qualsiasi colore politico mi ha  messo di fronte a numerosi e vari esempi di: doppiezze servili, tortuosità nel condurre  confronti e polemiche,  antintellettualismo esibito come un vanto,  invidie malcelate ma rivolte non contro burocrati più o meno arroganti, che si trovano  un po’ ovunque, ma proprio verso chi osi mettere in dubbio o criticare  i comportamenti e i codici da clan parentali o amicali che in politica sono pane quotidiano. E  nei molti decenni venuti dopo il lampo del ’68-’69 ho assistito al mutarsi di  ribellismi  e progressismi –  forme abbastanza false e con un fondo di malafede – in rassegnazione, in settarismi o in collaborazione subordinata ai potenti di turno (maggiori o minimi, locali o regionali o nazionali). E, dunque, allo svelarsi anche di una sfiducia profondamente impolitica sulla possibilità di costruire rapporti non esclusivamente gerarchici tra individui e gruppi  sociali.».  Negli articoli uso nomi e cognomi  di alcuni politici locali ma avverto che la mia attenzione critica  non è accanimento personale contro di loro  e  va alle maschere di ambigui interessi, desideri e bisogni sociali che essi forse inconsapevolmente esprimono. [E. A.] Continua la lettura di Colognosità e italianità

Ex area Torriani a Cologno Monzese. W la dittatura del Privato?

4 DOMANDE DI UN IMMIGRATO A COLOGNOM (DAL SUD O, OGGI, DA OGNI DOVE)

di Ennio Abate

Quello che  presento ai lettori di Poliscritture per discuterne anche con interlocutori più distanziati ed esterni è un caso di ristrutturazione di un pezzo di territorio urbano, simile a chissà quanti in Italia. Anche se caso locale, immerso nella vischiosa quotidianità di una città di periferia, il problema politico (chi decide? a vantaggio di chi?) si ripresenta in forme concrete ma non meno drammatiche o ambivalenti di quelle dei problemi generali. E impone al singolo e ai gruppi sociali oggi in grave sofferenza scelte e dialettiche non facili da dipanare: tra vecchio e nuovo, modernizzazione (di che tipo?) e conservazione (di che tipo?).  E’ possibile approfondirne il senso?   

1.
Dalla storia di questa città (tenendo presente il libro di Giovanni Mari: Nascita di una citta : trasformazioni urbane e migrazioni interne a Cologno Monzese, negli anni Cinquanta e Sessanta (*) vengo a sapere che i capitalisti “modernizzatori” – proprietari dei terreni agricoli di Cologno, immobiliari che edificarono palazzoni con regole da Far West, politici pur essi “modernizzatori” loro alleati) hanno costruito, sì, case servizi e scuole per i suoi abitanti – lavoratori in maggioranza immigrati con bisogni immediati – ma facendogli pagare il tutto a carissimo prezzo.
Risultato: i capitalisti si arricchirono 10 o 100 volte più di prima e i lavoratori (salariati o stipendiati) coi sacrifici di una vita hanno campato le famiglie e – al massimo e non tutti – sono diventati proprietari di qualche appartamento.
Era inevitabile che questa “modernizzazzione” di Cologno Monzese finisse 10 a zero (o quasi) a favore dei capitalisti?
È questa la giustizia sociale?

*(si scarica gratis a questo link: https://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/…/Mari…)

2.
Se il Comune (o Amministrazione pubblica) è sottomesso alla volontà della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale «ha fissato una generale interpretazione a difesa della proprietà privata […] nei confronti della pianificazione pubblica» e proclamato pure che «il diritto di costruire (ius aedificandi) sia sempre connaturato alla proprietà» (Alessandra Roman Tomat di ARtlist), vuol dire o no che chi è già ricco ha via libera per arricchirsi ancor più e chi non è ricco né capitalista (e vive del suo lavoro) dovrà continuare a stringere la cinghia o indebitarsi o temere per il futuro suo e dei suoi figli?
È questa la giustizia sociale?

3.
Se di fronte ad ogni nuova opera che verrà realizzata sul territorio (di Cologno Monzese o di altra città) l’unica chanche [possibilità] concessa agli amministratori (e ai cittadini) è quella di contrattare con il privato al massimo «qualcosa di utile per la città» («verde pubblico, housing sociale, dotazioni ecc.» (popolarmente parlando: le “briciole”), il diritto degli abitanti di Cologno di avere un ambiente vivibile si ridurrà al lumicino. E la città continuerà ad essere modellata INNANZITUTTO e SOPRATTUTTO dagli interessi di chi vuole sfruttare il territorio per aumentare i suoi profitti.
È questa la giustizia sociale?

4.
In passato, amministratori e cittadini di Cologno – chi in nome del comunismo (PCI), chi del socialismo (PSI), chi della democrazia cristiana (DC) – hanno accettato un’idea rozza e unilaterale di “modernizzazione”: quella imposta dai capitalisti in nome dei loro “sacri profitti” e della “sacra proprietà privata”. Ed hanno collaborato – entusiasticamente o mugugnando – allo scempio urbanistico del territorio di Cologno.
Come? Sottovalutando lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Esaltando le “briciole” ottenute per il “pubblico” dai “privati”, ai quali concedevano in cambio massima libertà di edificare come meglio credevano.
Si sono poi giustificati – quando la festa del “boom economico” è finita – appellandosi alle “cause di forza maggiore”: l’assenza di Piano Regolatore, l’urgenza dei bisogni degli immigrati, ecc.
Oggi, in nome della democrazia leghista/fratellista, con questo progetto, «avveniristico, sostenibile e ambizioso» sulla ex Torriani Rocchi & C. faranno di meglio?

Alessandra Roman Tomat ha scritto: « Piano attuativo alla mano, il Sindaco dovrà dimostrarci come ci ha tutelato e cosa ha portato a casa per noi. Oltre alla (ovvia, non possono mica costruire con l’amianto tra i piedi!) bonifica. Con l’umiltà e la consapevolezza del fatto che, in questa partita, la città pubblica parte in svantaggio».
Ha ragione.
Sarebbe meglio, però, che anche sulla ristrutturazione della ex Torriani ci tutelassimo direttamente noi cittadini, mobilitando tutte le intelligenze e le passioni ecologiste presenti a Cologno.
Certo partiamo in svantaggio, ma non possiamo inchinarci davanti al feticcio della Proprietà Privata per un eccesso di “realismo”.
In fondo anche Davide partiva «in svantaggio» contro Golia. Lo riconosceva, però, come nemico. E lo combatteva come tale.

 

APPENDICE. SCAMBI SU PAGINE FB LOCALI

DA POLISCRITTURE COLOGNOM

Alessandra Roman Tomat

Mi sembra velleitario, a maggior ragione che non è riuscito in un caso molto più lineare (vedi lago Gabbana). Non si tratta qui infatti di un’area che va lasciata così com’è per cui mi metto per traverso e impedisco (o cerco di impedire) alla proprietà di fare. Qui si deve “fare” eccome … mica si può lasciare così. Ora, io non vedo in che direzione potrebbero mobilitarsi adesso i cittadini. Costringendo la proprietà (che ha comprato per costruire, che ripulisce per costruire, che bonifica per costruire) … a fare cosa di diverso esattamente?? Con che strumenti? Secondo te un gruppo di cittadini può imporre alla proprietà un’idea di città? Onestamente non credo. È la collettività organizzata che deve farlo attraverso le sue istituzioni. D’altra parte ti ricordo che più sindaci si sono succeduti e nessuno ha voluto o potuto attivare la bonifica indipendentemente dalla proprietà. Abbiamo dovuto aspettare questi signori. Lì si doveva approfittare per intervenire.
Questo è più che realismo: è storia.

Già è tanto, secondo me, se riusciremo ad esercitare una funzione di controllo. Ovvero sensatezza nelle scelte e qualcosa di serio per la città pubblica.

Ennio Abate

1. Velleitario organizzarsi come cittadini per controllare direttamente e eventualmente opporsi a trasformazioni negative dell’ambiente in cui devono vivere? Delegare ogni cosa alle «istituzioni»? Oh, bella almeno fino alla lotta contro la chiusura della Scuola d’italiano per stranieri pensavo che le due cose non fossero in contrasto.
2. Per me va benissimo il «controllo» dei consiglieri comunali di opposizione. Ma meglio se controllati a loro volta da un bel comitato cittadino o Forum, come almeno si tentò in passato. Non ci si lamenta di continuo dello scollamento tra istituzioni e gente indifferente o astensionista? Lo dobbiamo dare per acquisito e definitivo?
3. Ho detto che l’area ex Torriani « va lasciata così com’è»? Ho parlato di un gruppo di cittadini che deve mettersi di traverso e costringere la proprietà privata a fare magari un parco o un centro sociale per i giovani?
Certo sarebbe sicuramente un progetto preferibile al misterioso (per ora) progetto «avveniristico, sostenibile e ambizioso» su cui tu stessa hai espresso dubbi.
Ma ho riconosciuto che i tempi sono duri e condiviso – come tu hai scritto – che «la città pubblica parte in svantaggio». Non ti seguo, però, nella piega rinunciataria e minimalista che ora il tuo discorso sembra prendere.
4. Questa città non ha bisogno di servizi? Gli abitanti che vengono sfrattati non hanno bisogno di case a canoni calmierati? Non possiamo imporre alla proprietà la “dittatura del proletariato” colognese, ma se già si parte dicendo che una prospettiva altra e più giusta anche sulla pianificazione e lo sviluppo di una città è irrealistica, lasciamo lavorare Rocchi in santa pace e andiamo a dormire.
5. Non devi ricordare a me che « più sindaci si sono succeduti e nessuno ha voluto o potuto attivare la bonifica indipendentemente dalla proprietà» ma chiederne conto ai loro eredi presenti in consiglio comunale.
Per ora buonanotte.
DA SEI DI COLOGNO SE…
Maurizio Garoglio
Caro Abate quando si dice che la nostra costituzione parte liberale e dopo la virgola diventa socialista non si dice certo una bugia, è scritta a quattro mani e si vede. Il buongoverno di Rocchi per certe cose si vede, è certo manutentore migliore di tutti i precedenti, per altre si vedrà. La cosa certa è che eredita un malgoverno da manuale, che ha lasciato cicatrici permanenti e guai a non finire. Altra cosa abbastanza sicura è che gli autori dello scempio non riescono proprio a capirlo, se sarà buongoverno vedremo, la cosa certa è che altrimenti ci vorranno forze e idee da qualcuno di diverso dagli eredi del misfatto precedente, con nuove idee e capacità, come valori quelli liberali ad oggi restano insuperati, si tratta solo di scegliere l’esecutore migliore. I grovigli sintattici sono ben opinabili, le sciocchezze certe e indiscutibili. Il problema non è certo stato la costruzione di una potenza economica quasi liberale quanto che la parte pubblica è stata generalmente pessima, per la sua natura intrinseca, socialista e confessionale, ed è quella la parte da combattere e vincere. Quella parte che non ha ancora capito di essere l’origine dei guai, se pensi a Davide e Golia fai parte del problema, la soluzione viene da chi pensa che Noi della specie umana siamo destinati al rispetto dei diritti fondamentali e alla ricerca della felicità e cercheremo una soluzione felice per tutti. Anche se vi “ucciderà”, che felicità e prosperità vi sono tossiche e le combattete con tetragona costanza, per esperienza più non vi piacerà tanto sarà migliore.
Ennio Abate
“la parte pubblica è stata generalmente pessima, per la sua natura intrinseca, socialista e confessionale, ed è quella la parte da combattere e vincere” ?
Beh, gli esempi che anche la parte privata sia stata “generalmente pessima” sono abbondanti. Magari sostenuta o lisciata anche dalla parte pubblica. E la storia di cementificazione di Cologno lo dimostra. ( Se hai avuto tempo di leggere Nascita di una città di Giovanni Mari (scaricabile gratis da questo link: https://www.biblioclick.it/…/catal…/D_CDIG_LNK_DET.do…).
Per me, che mi rifaccio ancora a Marx, non è questione di pubblico o privato ma di macchina del Capitale, che si serve sia del privato che del pubblico per imporre il suo dominio economico e una società modellata sul primato del Profitto. Ma, come ho scritto rispondendo ad Alessandra Roman Tomat su POLISCRITTURE COLOGNOM sulla questione dell’area ex Torriani non è tempo di dittatura del proletariato colognese, ma neppure sono disposto ( e spero di non essere il solo in questa città) a gridare W la dittatura del Privato o a sopportare che la meritevole eliminazione da parte dell’acquirente dell’amianto da quell’area debba ottenere in cambio libertà incondizionata di edificazione anche ai danni della vivibilità per tutti di questa città.
E qui a chi non vuole cedere alla dittatura del Privato viene in aiuto – guarda un po’- proprio la Costituzione e quell’articoletto 42 che ti ho copiato. Mi pare che valga la pena di usarla e con intelligenza, magari proprio per realizzare quel buon governo del sindaco Rocchi, che per il momento proprio non si vede.

Cologno Monzese, la Lega, l’opposizione. E noi?

Honouré Daumier, Les joueurs d’échecs

di Ennio Abate

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Notizie dalla cittá: le elezioni comunali a Cologno

 di Donato Salzarulo

«Pertanto, a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia              e l’uomo.» (N. Machiavelli, Il principe, cap. XVIII)                                                                                       

1.-Sono tornato in questa città il 13 settembre. Sono tornato per votare il 20 o il 21. Dovevo far sentire forte il mio NO alla “riforma costituzionale” stracolma di antipolitica e dovevo votare per il candidato Sindaco e il rinnovo del Consiglio Comunale.

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Notizie dal paese (2)

Bisaccia, Salita Scalelle

di Donato Salzarulo

La notizia è questa: il pomeriggio di lunedì 27 luglio, Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la coesione sociale, accompagnato da Franco Arminio, poeta e paesologo, suo consulente, girava informalmente per strade e vicoli di Bisaccia vecchia. Ero appena tornato da Castelbaronia e gli sono stato un po’ dietro. L’ho visto salire per un breve tratto delle Scalelle, poi ritornare e infilarsi in Via Forno Giardino. È entrato nello studio d’arte di Pietrantonio Arminio, ha fatto una foto-ricordo con gli iscritti al PD, si è fermato a parlare con una famigliola napoletana venuta in vacanza qui ed è sceso per via Cittadella…

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Oggi parliamo di Cultura

di Samizdat Colognom

 Con la modernità, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza. E per il fatto di non essere più capaci di affrontare la padronanza simbolica dell’assenza, oggi siamo immersi nell’illusione inversa, quella, disincantata, della proliferazione degli schermi e delle immagini.

Jean Baudrillard, "Il Patto di lucidità o l'intelligenza del Male" (Raffaello Cortina)

Lettera aperta ad Alessandra Roman e alla sua coalizione

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Colognom. Vicinanze e distanze

di Ennio Abate

Seconda risposta a Donato Salzarulo

 «Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l'ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l'accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l'arte di renderla maneggevole come un'arma; l'avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l'astuzia di divulgarla fra questi ultimi».

(Bertolt Brecht, «Cinque difficoltà per chi scrive la verità») 

Caro Donato,
dopo il tuo intervento (qui) rilancio ancora:

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“Un vento gentile soffia su Cologno”, ma le scarpe sono “rotte” o no?

a cura di Ennio Abate

Miseria della politica e speranza di cambiamento in un città di periferia, dove abito dal 1964. Pubblico un mio intervento critico, una mail dell’amico Donato Salzarulo, la mia replica e, in Appendice, le reazioni di vari amici e amiche su una pagina FB locale, Cologno Outside. Mi attendo approfondimenti, ma vanno bene anche ulteriori polemiche [E. A.]

1

29 maggio alle ore 07:24Ennio Abate‎ aPOLISCRITTURE COLOGNOM29 maggio alle ore 07:19

SAMIZDAT COLOGNOM

SPIACE DIRLO: A COLOGNO ABBIAMO LA STUPIDITA’ AL GOVERNO E UN’OPPOSIZIONE ABBAIANTE

Succede che il sindaco uscente leghista Rocchi si fa fotografare con tanto di gonfalone cittadino bene in vista insieme ad una giornalista locale, Jacqueline Allemant, sua servizievole fan. Lui ha la mascherina d’ordinanza anti Covid-19. Lei s’è messa una mascherina-museruola con su la scritta (famigerata per chi un po’ di storia italiana del Novecento l’abbia masticata) “Boia chi molla”. E la foto compare sui social colognesi. Succede anche che, non contenta di questo, la stessa Jacqueline Allemant pubblichi un altro selfie: lei e la vicesindaco di Cologno, Tesauro, entrambe con le mascherine-museruole e il “boia chi molla” bene in vista.

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