in memoriam di ezio bosso

https://youtu.be/AHe6AzhRa3o

di Antonio Sagredo

Oggi le note sono a lutto senza contrasto coi ceri accesi,
ma i quattro angeli non hanno ancora disteso il drappo 
sul feretro, e i ritardi non s'addicono  ai viventi.
  
Le abbiamo viste implorare luminose sulle rotelle
immobili e, sbalordite dallo sconcerto, si sono rivoltate
per i suoni circolari dei suoi gesti, ma sul nostro volto ricordiamo
tutto il suo sorriso estremo a contagiare anche la tetraggine.
  
Dovevamo conteggiare i passi dai suoi occhi e dalle sue parole,
la compassione schiacciare con le sue stesse mani sui pentagrammi,
e delle sue gesta colmare ogni stanza  fino alla Dodicesima,
e poi  liberare i lacci dai  neuroni.
  
Le sue mani ci resteranno come ali sonore
a sussurrare alla musica  le note felici
che amò dovremo abituarci alla sua gioia!
  
C'è bisogno stanotte della luce delle sue mani!
 
Brindisi, 15 maggio 2020

7 pensieri su “in memoriam di ezio bosso

  1. In memoria di Ezio Bosso

    Ora basta. Non tollero più morti che si appiccicano,
    nude le presenze, ai resti di un mondo senza domani.
    Falsi necrologi addio, retoriche d’accatto
    riesumazione di buoni sentimenti e il dolore lontano,
    nel suo deserto, sabbiose le memorie
    “e tu dov’eri, quando…?”
    viscere aperte, preda facile a corvacci
    ottusi così come si conviene a un oggi
    che ha tradito se stesso
    nella bellezza del suo darsi,
    nel magico fluire di musica che si fa incanto
    e memoria e storia
    le dita appassionate che attraversano l’aria
    poi si attorcigliano nel mistero del suono
    il tremendo martirio dell’impossibile.
    Adesso basta.
    Sfinito nell’inerme canto, ora danzano farfalle
    nei colori lussuriose, bistrati gli occhi
    scivolìo di petali morti
    come stagioni morte che non hanno
    salvaguardato la vita.

    16.05.2020

  2. p.s.
    Ovviamente non sto rispondendo in modo critico alla partecipata manifestazione di cordoglio di Sagredo, che condivido appieno nella sua forma poetica e nel suo contenuto. Volevo solo aggiungere un taglio più ‘estensivo’.
    R.S.

  3. Come sempre fino allo sfinimento, Sagredo ci dona la sua ultima perla, e non solo cronologicamente, per renderci umili di fronte ai suoi sentimenti e, come ogni volta che lo si legge… rende difficoltosa apposta la lettura dei suoi versi e ogni volta, forse per questo motivo, ci affascinano, come tantissimi del resto. Non é Sagredo a scrivere questi (suoi) versi, ma un qualcosa che lo trascende , perché i suoi versi possano avviluppare tutti i suoi lettori e anche quelli che sono sordi alla sua poesia.
    Come antica lettrice del poeta, questi versi mi sorprendono e mi seducono.
    ——- I versi della Simonitto invece sono in effetti tagliati più “estensivamente” e sono nello stesso tempo una denuncia efficace e realistica di tanti necrologi o epitaffi, inutili a ben ragione, ma bisogna accettarli anche nelle forme e nei contenuti non del tutto giustificabili.

    msc

  4. Del compositore Ezio Bosso ho apprezzato moltissimo non solo la sua arte ma anche la sua capacità di fronteggiare la sua disabilità.

    Mi erano rimaste impresse due sue considerazioni:

    1) “A volte non controllo una mano ma la musica svela sempre altre opportunità. Quando un dito non funziona ne uso un altro e magari esce un suono più bello; se la mano s’inceppa rallento il tempo, forse scoprendo che in tal modo mi piace di più. Allora lo rifaccio e mi diverto: in me non c’è frustrazione».

    2) E, a proposito della“musica classica”: «Preferisco parlare di musica libera da costrizioni e forme di ego. La musica di cui mi occupo è universale: Beethoven puoi suonarlo anche in Africa e arriva a chiunque. Ciò che scrivono Bach o Beethoven non ha regole di mercato né di nicchie o d’intellettualismo”.

    Vale a dire che l’intellettualismo lo mettiamo noi

    Non mi sembra che ci sia altro da aggiungere.

  5. E’ la commozione “musicale” il tratto distintivo di tantissimi versi di Sagredo, e anche in questo caso ci riesce, perché non è semplice affatto costruirla coi versi… in questo “in memoriam” il poeta tracima parole affettuose e di pietas colme di affetti profondissimi , come una volta nei tempi antichi… questa pandemia ci ha così abituati alla “morte seriale” da svuotarla da ogni connotato sacrale…
    questa sacralità stava scemando e scivolando verso la banalità, ma i versi di Sagredo ci restituiscono tutta la dignità che stavamo perdendo giono dopo giorno… pretesto o no, questi versi per Ezio Bosso li terrò a memoria .

  6. 1. EZIO BOSSO PER ME

    Non ricordo di aver visto Ezio Bosso al Festival di Sanremo del 2016. Di sicuro l’ho visto in Che storia è la musica. E ne restai attratto, incuriosito, innamorato. Trasformava tutta la sua fragilità in forza. E in questo gesto mi ricordava assai il mio amico Pietrantonio, anche lui sofferente di una malattia neurodegenerativa. Mi ricordava pure mio fratello altrettanto sofferente e costretto alla carrozzina. Da quel momento l’ho seguito con grande interesse e simpatia.
    Lui era nato a Torino nel 1971. La mia prima figlia è nata a Milano nel 1972. Potrebbe essere un mio figlio. La sua morte mi addolora assai.
    Grazie a voi tutti per aver scritto in sua memoria. Io non lo conosco così bene da potergli dedicare parole mie. Ho raccolto allora alcuni suoi pensieri e stralci di coccodrilli apparsi su alcuni giornali.

    2. ALCUNI SUOI PENSIERI

    «La musica ci cambia la vita e ci salva. La bacchetta mi aiuta a mascherare il dolore e non è una cosa da poco» confessava dopo una diretta TV su Rai 1.

    «Ho combattuto il pregiudizio perché tutti guardavano la mia malattia, è evidente. Sul palco quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti.»

    «Per quanto mi rimane, il mio unico progetto è la speranza di lasciare qualcosa. L’unico modo per essere poesia è farla.»
    «La musica come la vita si può fare solo in un modo, insieme.»

    «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono.»

    «Oggi fare musica classica è un gesto rivoluzionario, è come essere punk. Perché non basta far bene, bisogna andare oltre, arrivare alla gente, non aver paura del cambiamento.»

    «Il sorriso è uno strumento musicale senza tempo e senza età, che tutti, giovani e vecchi, possono suonare.»

    «A un certo punto ho perso tutto, suonavo e piangevo, per mesi non sono riuscito a far nulla. La musica non faceva parte della mia vita, non riuscivo ad afferrarla. Ho scoperto così che potevo farne a meno. E non è stato brutto. È stata un’esperienza. Ho imparato che la musica è parte di me, ma non è me.» (dopo l’intervento al cervello del 2011, nella fase del trauma. Poi, dal 2015, riconquista la musica)

    3. STRALCI DI COCCODRILLI

    Ha manifestato «un autentico amore filosofico per la musica. E non solo come bellezza»
    (Fabio Francione, Il manifesto, pag.13)

    «In me sto bene / come il mare in un bicchiere, / ma se sono confinato / in questo calice / qualcuno mi può bere.» Sono versi di Vittorio Varano, un poeta ingiustamente poco conosciuto. Alla scrittrice Chiara Gamberale fanno sempre venire in mente Ezio Bosso: «Ezio Bosso era bicchiere ed era mare. / Il bicchiere l’ha tradito. / Il mare, si sa, non finisce mai»
    (Chiara Gamberale, La Stampa, pag. 19)

    «Nel mondo come rappresentazione Ezio Bosso suonava la musica della volontà. Il talento purissimo era lo spartito, l’esecuzione veniva affidata alla sua straripante interpretazione della vita. […] È entrato facendo esplodere il sorriso, le braccia come ali. […] Giocava con l’orchestra, entrava nella musica. Era come un pittore che non usa il pennello ma direttamente le mani, uno scrittore in trance che riempie le pagine e solo alla fine scopre come. […] Se avevi la gentilezza di osservare, le sue mani ferite disegnavano continuamente cerchi: comprendevano, in ogni possibile senso. Dentro c’era tutto. Non potevi certo essere tu a spiegare a uno come lui la sofferenza, la bellezza, la morte, la rinascita. Le aveva già incontrate tutte. E tutte aveva trasformato in musica. […] Si definiva “solitario, ma non solo” e per capire che cosa intendesse occorre aver sfogliato non vocabolari, ma possibili destini, in notti interrotte, dentro camere separate. Aveva ideato un progetto partecipato dal titolo And the things that remain, “E le cose che restano”, invitando a spedirgli i reperti di una vita trascorsa. Aveva raccolto oggetti, fotografie, frasi. Alla fine, per sé, aveva scelto una catena di note “perché sono una catena di vita, si trasmettono, mutano, ci seguono”.
    Ha composto, anzitempo, la musica di questo tempo confinato: The 12th room, la dodicesima stanza, piano solo. Un susseguirsi di pareti dentro cui la vita rimbalza. Se hai avuto un passato splendente puoi uscirne con la memoria; se confidi nel futuro con la fantasia. Se hai solo il presente puoi farti portare dalle parole di uno scrittore o dalla musica di un compositore.
    Sonata numero1, in sol minore: Ezio Bosso ci entra con un adagio doloroso, conclude con un allegro molto. È stato il suo percorso: come Benjamin Button se n’è andato bambino, ridendo fra le lacrime.»
    (Gabriele Romagnoli, la Repubblica, pag.33)

    «Né il talento né la malattia bastano a spiegare tanto successo. Il fatto è che per Ezio ogni nota, ogni accordo, era come fosse il primo e l’ultimo. Si buttava a rotta di collo in ogni concerto come non ci fosse un domani. Viveva l’istante, nella musica come nella vita.»
    (Giuseppina Manin, Il Corriere della Sera, pag. 43)

  7. Stupenda la poesia di Antonio Sagredo…
    E’ un grandissimo inno alla vita e alla gioia di Ezio Bosso… e’ davvero un dono d’amore

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