Cologno Monzese, la Lega, l’opposizione. E noi?

Honouré Daumier, Les joueurs d’échecs

di Ennio Abate

«Fare la rivoluzione in casa propria prima di tutto e poi, meglio, comune per comune, ciascuno nella propria città e a un tempo tutti insieme, in maniera utopica, forse, ma condivisa, in seno alla situazione, all’ora x per l’appunto»
(da Luciano Curreri, La Comune di Parigi e l’Europa della Comunità?)


«Ora dopo 40 anni guardiamo ai risultati. Le più vertiginose disuguaglianze sociali lacerano le società, la classe media, è drammaticamente regredita, per ampi strati sociali il lavoro non è più sufficiente a fare uscire gli individui dalla povertà, disoccupazione e impieghi precari sono esplosi, le protezioni del welfare si riducono di anno in anno. In quelle che erano state le società del benessere i legami sociali vanno in frantumi, la vita pubblica viene mercificata, il nichilismo preconizzato da Nietzsche è ormai la stoffa del vivere quotidiano. Si crede che tutto questo non abbia effetti sulla vita politica? Dismessi i grandi ideali, nei partiti d'un tempo si persegue la carriera personale, il cinico tran tran quotidiano che ha fatto rinascere i relitti del sovranismo e della xenofobia.»
 
(Norma Rangeri. Il manifesto 18 marzo 2021)

1.

Il quadro politico in cui pensiamo ed agiamo sta di nuovo cambiando: caduta del governo Conte, arrivo del governo Draghi, dimissioni di Zingaretti  da segretario del PD sostituito da Letta,  rimpasto del M5S, conversione  “europeista” di Salvini. Andrebbe studiato meglio in che direzione va. Gli scossoni si faranno sentire anche a livello locale.  Siamo pronti? Cosa possiamo aspettarci? Che fare?

2.

A Cologno Monzese oggi comanda la Lega. Comandare non significa governare o governare bene e con equilibrio. Lo si vede da quando – nel 2015 (sono ormai 6 anni) – il leghista Angelo Rocchi è diventato (a sorpresa) sindaco di questa città. E Rocchi e la Lega comanderanno ancora, perché nessuna opposizione – né sociale (ci fu nel 2017 la rondine senza primavera del Comitato 16 marzo in difesa della Scuola d’italiano per stranieri) né istituzionale (i consiglieri comunali dell’opposizione) – è in grado di buttarli giù.  

3.

I rapporti di forza tra centro destra e centro sinistra[1] non possono essere ribaltati. Quindi, continueranno ad essere approvate le scelte della maggioranza di Rocchi. E il dibattito in Consiglio comunale, che in teoria avrebbe potuto almeno chiarire di più i problemi locali di Cologno o quelli generali  è, sempre dal 2015, sistematicamente neutralizzato, rimandato o impedito.

4.

In questi sei anni l’opposizione ha cercato di proporre e discutere problemi locali veri (di recente la chiusura della Scuola d’italiano, la gestione della Biblioteca civica, la situazione sanitaria causata dalla pandemia Covid) e si è trovata  di fronte un muro, vedendo rifiutata qualsiasi sua proposta e minimizzato  ogni sua denuncia. È stato un continuo braccio di ferro ad esito scontato che ha avuto due effetti: – la maggioranza si è chiusa sempre più in una sua bolla di autismo politico; – l’opposizione si è logorata in proteste, denunce e qualche intrigo con esponenti ribelli del centro destra per sgambettare Rocchi. Vanamente, avendo Rocchi le spalle coperte dalla Regione in mano alla Lega. Che, pur di restare al governo di Cologno, non solo distribuisce incarichi e prebende agli insoddisfatti della sua traballante ma in fondo resistente coalizione, ma altre risorse economiche sul Bilancio comunale per allargare il consenso (installazione telecamere, lavori pubblici più o meno necessari, ecc.).

5.

I consiglieri d’opposizione hanno fatto bene a sorvegliare l’operato di Rocchi e dei suoi assessori e ad informare la cittadinanza sulle irregolarità, gli arbitri, gli sprechi, gli esibizionismi del potere leghista. Si sa che la politica, anche quando si dichiara trasparentissima, ha sempre lati opachi e esplorarli è atto meritorio. Tuttavia, non si può essere del tutto soddisfatti dal tipo di comunicazione dell’opposizione, che è stata egemonizzata dal più puntiglioso e caparbio  antagonista di Rocchi in Consiglio comunale, il capogruppo  del PD Giovanni Cocciro. Il quale ha certamente sollevato questioni importanti e smascherato molti difetti dell’amministrazione Rocchi, ma ha spesso ceduto a denunce allarmistiche e in “burocratese”.

6.

Il risultato elettorale del 2020, confermando la crescita del centro destra e premiando proprio la lista personale del sindaco Rocchi (al suo secondo mandato), ha chiarito che la proposta politica del centro sinistra, riassunta nel generico slogan del PD: «un altro modo di governare Cologno è possibile», era debole e non ha convinto gli elettori. Questa seconda sconfitta del centro sinistra (dopo quella del 2010) avrebbe dovuto imporre una riflessione critica sulle sue ragioni profonde. Un’analisi seria, dove venivano indicati alcuni buoni spunti, è stata fatta da Donato Salzarulo su Poliscritture (Cfr. qui ).[2] È stata però poco commentata e presto coperta dal silenzio. Anzi l’opposizione è andata in direzione opposta a quella da lui auspicata. Di fronte al deludente risultato delle urne la Coalizione con candidata sindaco Alessandra Roman Tomat si è  subito  divisa e l’esperimento appena iniziato è stato interrotto. Il PD si è pentito di averla candidata. Le liste civiche si sono pentite di essersi messe col PD. È stato il “divorzio”.

7.

Il cittadino comune, che aveva votato sperando che la Coalizione arrivasse almeno al ballottaggio (non che vincesse, cosa fuori dalla realtà) ed era contento del processo di ricompattamento della sua area politica, ha pensato una sola cosa: se di fronte a un risultato  elettorale negativo è subito rissa e se PD e liste civiche non sono capaci neppure di governare la loro Coalizione, figuriamoci   come sapranno costruire il nuovo modo di governare. E non gli si può dar torto. Non avrà capito  se le responsabilità del “divorzio” siano  dei dirigenti del PD o di quelli delle liste civiche, ma vede che la rottura peggiora le cose e che, in futuro, sarà ancora più complicato costruire altre alleanze e recuperare i voti finiti al centro destra. Non basta, dunque, un’opposizione che scopra gli altarini (o solo gli altarini degli avversari), se poi, invece di costruire, distrugge quel poco che ha appena costruito. Per costruire in altri modi e meglio? Ma quali? Ecco anche questo modo vago di definire una strategia è  segno della crescente miseria della politica.

8.

È bene allora ricordare che l’opposizione:

a. non ha avuto una chiara visione dei rapporti di forza tra centro destra e centro sinistra, tant’è vero che molti si sono illusi – chi più, chi meno – di poter scalzare Rocchi, immaginando che il suo consenso fosse solo superficiale e dovuto soprattutto all’immagine di sé sorridente e piaciona che ha mostrato alla gente; o  che sarebbe bastato contrapporgli un volto  nuovo, di una donna giovane, spigliata e preparata, per recuperare voti;

b. non ha saputo attrezzarsi in precedenza, quando governò con il sindaco Mario Soldano (2004-2009; 2010-2015), per contrastare in maniera più combattiva questo nuovo e saldo blocco di potere che stringe gli interessi economici locali a quelli regionali; né ha tuttora la capacità di leggere i mutamenti di mentalità in corso nella società (e anche nella popolazione di Cologno);

c. resta politicamente approssimativa perché da decenni ha trascurato l’analisi politica ed economica e si è accontentata di una propaganda superficiale, improvvisata e fai-da-te. E l’ha espressa anche male: con uno stile aggressivo e tagliato con l’accetta o con uno stile vago e vittimistico. È prevalsa spesso la “satira” dell’avversario. Ma a che cosa è servito stuzzicare e sfottere  Rocchi & C. sui social ogni giorno?

 9.

E allora? Bisogna costruire secondo una visione della politica ampia, unitaria e non parrocchiale o bottegaia. Bisogna costruire un’analisi della realtà sociale e politica (locale, nazionale, internazionale) in mutamento. Bisogna che la propaganda politica sia fondata su un pensiero forte e non sull’inseguimento giorno per giorno delle mosse di Rocchi. Sarà possibile farlo da “divorziati” con CSD e Artlista da una parte e il PD da un’altra?  Ci sarà un rimescolamento degli schieramenti per riadattarsi al governo Draghi? Come si uscirà dalla pandemia e con quali mutamenti nei rapporti di forza? A favore di chi?

10.

Per rispondere a queste e ad altre domande ci vorrebbe un luogo adatto.  Che si chiami forum, assemblea costituente, centro studi, circolo, quello che volete. Importante è che in esso un’area di cittadini di Cologno ragionino sui problemi della città, dell’Italia e del mondo con spirito indipendente, coraggioso e realistico. Mi si obietterà: ma lo si fa già nei partiti, nelle liste, nelle associazioni esistenti. Può darsi, ma davvero in minima parte e quasi sempre dentro la logica chiusa del proprio partito, della propria lista; e anche di un proprio modo di pensare (il mio compreso) che non trova più interlocutori disponibili a mettersi davvero in gioco. E questo non basta per mettere ordine nella confusione delle idee e bloccare i comportamenti incivili che hanno inquinato la politica, la cultura e la stessa mentalità della gente comune. Ci vuole un pensiero e una pratica che vadano oltre gli steccati. Bisogna provarsi a inventarli.

Note

[1] Eccoli: Rocchi, sostenuto da Lega, FdI e tre liste civiche: 58,56%; Alessandra Roman Tomat, sostenuta da Cologno Solidale e Democratica, Pd, +Cologno Viva, Sinistra Colognese: 25%. Vincenzo Barbarisi (Europa Verde e M5S): 8,64%; Antonio Velluto (Forza Italia, Grande Nord e altre liste): 6,74%; Gilberto Garbelotto (infondazione Comunista – Sinistra Anticapitalista): 1,06%. In Consiglio comunale la maggioranza di centro destra ha perciò 15 seggi, la minoranza 9 seggi.

[2] Alcuni passaggi del documento:

1. La tenuta del PD non vuol dire che questo partito goda chissà quale buona salute: in realtà è immerso in una crisi di lunga durata, di cui non si vede, al momento, la fine.

2. Un po’ tutti hanno riconosciuto che il nostro errore principale è stato quello di sottovalutare l’avversario. 

3. Se la Lega e Fratelli d’Italia sono la destra conservatrice e reazionaria, le liste “Noi con Rocchi” e “Cologno nel cuore” rappresentano il centro.

4. Che oggi il livello del dibattito politico e culturale sia diventato incredibilmente basso, deve essere motivo di preoccupazione per noi.

5. Provate ad applicare questo criterio al nostro materiale di propaganda. Siamo così sicuri di aver prodotto testi chiari, semplici ed incisivi?…

6. Non dobbiamo preoccuparci soltanto di continuare a tenere insieme la coalizione che ha sostenuto Alessandra; dobbiamo tendenzialmente allargare il campo. Se non lo allarghiamo noi, il rischio è che lo farà Rocchi. Anche per questo, occorreva aprire l’alleanza agli ex-socialisti. A giudicare da quello che poi è successo, non avremmo vinto. Ma noi il problema l’abbiamo risolto alla nostra maniera…che è quella dei “duri e dei puri”!

Ebbene dobbiamo dirci con chiarezza che la nostra cultura su questo punto va cambiata. Noi dobbiamo avere una cultura critica, salda, ricca, ampia, ma anche flessibile, capace di aderire alle varie pieghe della realtà sociale e culturale.

2 pensieri su “Cologno Monzese, la Lega, l’opposizione. E noi?

  1. AL VOLO

    a – “Per rispondere a queste e ad altre domande ci vorrebbe un luogo adatto. Che si chiami forum, assemblea costituente, centro studi, circolo, quello che volete. Importante è che in esso un’area di cittadini di Cologno ragionino sui problemi della città, dell’Italia e del mondo con spirito indipendente, coraggioso e realistico” ( E. A.)

    b – “Se nei social il rapporto con la realtà tende a dileguarsi, le manifestazioni pubbliche di rivendicazione e protesta, innescate dal loro interno, hanno sempre il fiato corto. I social non sono l’ambiente che possa innescare rivoluzioni sociali e politiche, vedi il fallimentare esito delle primavere arabe, perché il loro collante non sta in una realtà simbolica condivisa, oramai in fase di frantumazione, ma in un immaginario evanescente e facilmente rimpiazzabile secondo i tempi accelerati degli eventi e delle mode. Ciò porta spesso ad agire ‘come se’, quindi senza la forza di simboli condivisi, stratificati e incarnati, ma con la debolezza di immagini che spesso vengono viste ma non comprese.” (Alvise Marin, Pandemia immaginaria e social media, https://www.altraparolarivista.it/2021/03/21/pandemia-immaginaria-e-social-media-di-alvise-marin/)

    c – Ergo….

  2. Ho inviato ad amici ed amiche di Cologno questo messaggio:
    Vi propongo di discutere con me questo documento che ho pubblicato anche sui vari social di Cologno Monzese:
    https://www.poliscritture.it/2021/03/20/cologno-monzese-la-lega-lopposizione-e-noi/
    Attendo osservazioni, critiche e proposte. Se non verranno, grazie lo stesso.
    Un caro saluto
    Ennio

    PUBBLICO, RINGRAZIANDOLO PER L’ATTENZIONE E L’IMPEGNO DELLA SUA RIFLESSIONE, L’INTERVENTO DI FRANCO LISSA

    Dalle ultime elezioni comunali, che hanno riconsegnato a mani basse le chiavi della città ad Augusto Rocchi, seguo le vicende da lontano, senza intervenire direttamente. In primo luogo, perché, e qui ha ragione Alessandra Roman Tomat, la pandemia incide, eccome, sulla possibilità di partecipazione. Per noi vecchietti, abituati a far politica guardandosi in faccia, parlandosi, magari alzando la voce per poi cercare nell’espressione dell’interlocutore il possibile punto di accordo per poter continuare insieme, non avere la possibilità del contatto fisico ci consegna alla rassegnazione. Poi, molto per motivi personali, irrilevanti in questa sede, e un po’ perché la sconfitta mi ha segnato. Però credo che non si possa lasciare senza un commento, senza una possibilità di confronto, la riflessione di Ennio Abate.

    Condivido molte delle sue considerazioni, soprattutto condivido il suo punto di partenza, interrogarsi sulla situazione politica generale. E se ci guardiamo indietro sono cambiate parecchie cose.

    Innanzitutto, e per me è molto importante, Trump è stato sconfitto. Anche se non è stato sconfitto il magma reazionario che lo ha generato. Biden ha incominciato il suo mandato con un piglio deciso sulle questioni che contano di più per il mondo, le questioni economiche e sociali. Ha rovesciato le politiche di Trump: ha dato impulso alla lotta contro la pandemia, ha investito una quantità di denaro senza precedenti nella storia americana per dare sostegno alle categorie colpite dalla crisi, soprattutto ai più deboli. Ha iniziato la battaglia che era di Bernie Sanders, facendo passare alla Camera l’aumento del salario minimo a 15 dollari, ma bloccandosi al Senato per due defezioni nella destra del Partito Democratico. Bernie Sanders ha dovuto, come sappiamo, rinunciare alla candidatura per una scarsa credibilità della sua eleggibilità, ma oggi è più forte ed influente che mai, ed il suo movimento, Our Revolution, è riuscito nell’impresa che si credeva impossibile: dare una prospettiva socialista agli Stati Uniti, minoritaria certo, ma capace di influenzare il vecchio Partito Democratico, in un sistema che la storia ha ampiamente dimostrato di non poter essere altro che bipolare. Sappiamo che c’è un grosso limite nella nuova leadership americana, il solito, la sua visione imperiale degli equilibri mondiali. Non tollera concorrenti neppure sul terreno della produzione di vaccini e spinge perché l’Europa non si lasci coinvolgere dalla iniziativa a tutto campo dei concorrenti russo e cinese, vaccini da una parte, gasdotto o via della seta dall’altra.

    La sconfitta di Trump ha generato conseguenze anche da noi. Un cambio di potere reale nella Lega. Gli industriali e i produttori del Nord che tengono i cordoni della borsa e le griglie del cavallo imbizzarrito, hanno scalzato nei fatti il cavaliere, Salvini ha dovuto cedere il bastone del comando reale a Giorgetti. Al primo rimangono le “stronzate”, il nativismo identitario fino a che almeno continuerà a portare voti, mentre il secondo è l’unico uomo politico che nel governo Draghi ha tra le mani un ministero che produce e distribuisce soldi invece di spenderli e basta, quel ministero economico che interessa al padronato che foraggia al Nord la Lega.

    Cosa è cambiato per noi con il governo Draghi? Tanto e non necessariamente in meglio. Qui devo fare autocritica. Come militante di Sinistra Italiana, fino a che potevo far sentire la mia voce, cioè fino al congresso regionale lombardo, sono sempre intervenuto sostenendo che, in nome dell’unità che si era creata tra PD, M5S e LeU, dovessimo giocoforza votare la fiducia al governo Draghi. Avevo torto. Ed aveva ragione la maggioranza del mio partito che si è espressa contro la fiducia.

    La caduta del governo Conte-2, le dimissioni di Zingaretti e l’indebolimento del (già gracile) coordinamento tra i gruppi parlamentari di PD, M5S e LeU (perché di questo si trattava, non di una nuova alleanza di centrosinistra) sono il frutto della esasperata campagna condotta dagli industriali, dai cosiddetti ceti produttivi, dalla stampa mainstream e dai media di regime, per varare il governo dei migliori, delle élites tecnocratiche. Draghi, accolto tra l’entusiasmo degli “aristoi”, ha smantellato il gruppo di gestione della emergenza pandemica, isolando Speranza, ha spostato gli equilibri di governo a destra, in particolare verso la Lega “padronale” (non verso la Lega “plebea”), ma poi ha dovuto giocoforza fare di fatto le stesse cose che faceva prima Conte, senza subire naturalmente la “caciara” che prima la destra opponeva alla coalizione giallorossa. Nel frattempo la Lombardia continua ad essere lo scandalo che ben conosciamo nella campagna vaccinazioni, ma almeno a gestire i soldi del Next Generation EU (o Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, come lo si preferisce chiamare) non ci saranno uomini chiamati dalla politica (dalla democrazia) ma supertecnici per lo più bocconiani chiamati da Super Mario, con grande soddisfazione dei vari Renzi, Calenda e compagnia. Con il probabile rischio che alle prossime elezioni si ripeta quanto accaduto con l’altro Super, il professore Mario Monti: offrire su un piatto d’argento la vittoria alle destre. In altri termini, le élites sanno governare usando “la mano invisibile del mercato”, “innestano il pilota automatico”, “le leggi immutabili e naturali del mercato”, come dicono loro, ma alle elezioni vere, quelle che si svolgono nella cabina elettorale, non avendo consenso popolare, passano la mano alla destra “plebea”. E questa è la ragione per cui le élites neoliberiste sono la negazione della democrazia parlamentare.

    È un destino già segnato? E perché dico tutto questo volendo parlare di Cologno? Prima di tutto perché non è un destino già segnato, si può ancora impedire l’ineluttabile baratro, ed in secondo luogo perché a Cologno non si uscirà mai dallo stato di sudditanza alla “destra nativista” se non si incomincia a fare politica. Siamo andati ad uno scontro elettorale con un avversario molto forte del consenso popolare, avendo una buona candidata, per la prima volta una donna, usando due armi completamente spuntate o sbagliate: il dileggio verso l’avversario e la rivendicazione della superiore capacità amministrativa. Due cose che sono solo servite ad irritare e ad allontanare l’elettorato popolare.

    Naturalmente sono osservazioni fatte a posteriori e che non intendono additare nessun colpevole. Alessandra Roman Tomat ha fatto una buona campagna elettorale, ha proiettato una bella immagine di sé, donna intelligente, capace di parlare e portatrice di valori ed istanze positive. Ma tutta la campagna elettorale è stata in realtà diretta da un lato dai “civici”, da CSD, con tutti i limiti di settarismo ed elitismo del genere “noi sì che sappiamo le cose e ci facciamo il mazzo”, e dall’altro da un personaggio strabordante, di passione politica e di capacità di denuncia sui fatti, certo, ma nei fatti autocondannatosi alla necessità del protagonismo perpetuo, all’individuare sempre nell’avversario il nemico, allo stesso tempo ridicolizzandolo. Siamo stati questo, temo, ed abbiamo perso. E dopo abbiamo continuato a perseverare negli errori e ci siamo divisi. La coalizione di centrosinistra non esiste più, è sotto gli occhi di tutti.

    Ho partecipato alla battaglia elettorale dentro la coalizione, all’interno di una forza politica che ha avuto un risultato al limite dell’irrilevanza, e quindi mi sento doppiamente sconfitto. Sono comunque fermamente convinto di una cosa: noi l’elettore vero non lo abbiamo mai incontrato. Intendo dire che il nostro limite, alla fine, PD, CSD o noi, in ordine di peso, è stato sempre quello di rappresentare delle élites acculturate, come tutta la sinistra dei nostri giorni, il “partito della ZTL” (Zona a Traffico Limitato) con in più il PD, il “partito destinato a governare”, perché unico partito responsabile, europeista, garante degli equilibri verso i poteri che contano e allo stesso tempo “soi disant” rappresentante dei ceti più deboli. Alla fine, il popolo degli sconfitti della globalizzazione ci vede come “coloro che governano sempre”, che non capiscono la gente semplice, si fa convincere dalla demagogia anti-immigrati della destra, si fa penultimo e trova il nemico negli ultimi.

    Non sono osservazioni particolarmente originali. Sono state ribadite tante volte. Non oserei dire che sono dominio comune (se no, non si capirebbe la perseveranza nell’errore) ma sono moneta corrente nel dibattito politico della sinistra. Quindi cosa occorrerebbe fare a Cologno?

    Naturalmente sarei felice di avere la formula vincente in mano, ma così ovviamente non è. Alcune cose vanno però affermate, sono la mia opinione e credo debbano almeno essere prese in considerazione.

    Il PD a Cologno non esiste. Non sono informato degli ultimi sviluppi, ma dubito si sia mai accorto della segreteria Zingaretti. CSD ed il suo doppio, ARTlista, dovrebbe forzare la sua natura e cominciare a ragionare sui limiti del civismo. Il civismo non serve a scalfire le tante casematte, economico, sociali, culturali, etniche, di cui è costituita Cologno, allo stesso tempo periferia di Milano e periferia della Brianza. Occorre la politica. Occorre rimescolare le carte e provare ad allargare la visuale. Non bisogna farsi rinchiudere nell’aula del Consiglio Comunale, soddisfatti di “sapere come si governa” e implacabili nel denunciare la pochezza dell’avversario. Quello che serve, anche a Cologno, è ricostruire la sinistra. Qui si aprirebbe un altro discorso, ma qui è bene che concluda questa prima parte di ragionamento.

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