Reykjavík Art Museum – Foto di Luca Chiarei
di Luca Chiarei
In attesa di definire come sostituire in Poliscritture 3 la rubrica ZIBALDONE POESIA E MOLTINPOESIA pubblico questa cronaca puntuale e abbastanza disincantata di alcune iniziative celebrative dell’ultima Giornata Mondiale della Poesia. [E. A.]
Da quando la conferenza mondiale dell’Unesco nel 1999 proclamò il 21 marzo giornata internazionale della poesia, nel nostro paese – definito da fonte equivoca di poeti navigatori e santi, non sono certo mancate iniziative di ogni tipo per celebrarla. Districarsi in questo proliferare di eventi che attraversano lo stivale da nord a sud è una operazione complessa, per non dire impossibile. Nonostante questo, non sbaglieremmo se individuassimo nel magma una tendenza generale alla celebrazione, che si manifesta con letture pubbliche, concorsi e premi banditi ad hoc dai soggetti più vari (associazioni, pro-loco, comuni e fondazioni…), microfoni aperti nei quali la poesia scritta nel cassetto ha l’occasione per uscire allo scoperto.
Aggiriamo questo ultimo tipo di eventi perché, spacciati come innovativi della tradizione, nella maggior parte dei casi soddisfano solo l’autoreferenzialità dei protagonisti. Nulla di nuovo sotto il sole potremmo parafrasare, pensando alle analoghe recitationes che già movimentavano la vita culturale dell’antica Roma…ma questa è un altra storia.
Per quest’anno abbiamo partecipato, virtualmente dati i tempi della pandemia, ad eventi del nostro territorio milanese promossi da significative istituzioni culturali.
Ha anticipato i tempi la “Libreria delle donne di Milano”[1], la storica libreria che dal 1975 è riferimento per tutto il movimento femminista italiano, con un’iniziativa di presentazione del premio Nobel 2020 per la letteratura, l’americana Louise Gluck. In particolare, grazie alla guida precisa di Fiorenza Mormile e Luciana Tavernini, studiose e traduttrici della nostra autrice, sono stati presentati due testi fondamentali della sua poetica: “Averno” e “Iris Selvatico”. Durante l’incontro l’attrice Anna Nogara ha letto, in maniera piana e intensa, una selezione di poesie scelte tratte da questi testi.
Nucleo centrale di questi versi i miti classici rivisitati attraverso la propria vicenda personale a cavallo tra disagio psichico e esperienza della maternità. “Non sono una poetessa da stadio” citano le presentatrici, per sottolineare la relazione intima che la Gluck ricerca con il lettore. Ecco dunque il mito di Persefone, ovvero la condizione di chi si trova ad essere eterodiretto non solo con la forza ma anche con i modelli culturali di una società maschilista e il tema della ciclicità, dell’eterno ritorno.
Ecco i versi finali di “Migrazioni” tra le poesie più significative tratta da ”Averno”:
Cosa farà l’anima per consolarsi allora? Mi dico che forse non le serviranno tali piaceri; forse solo non essere le basterà, anche se è arduo da immaginare.
A qualche chilometro di distanza, in realtà un click sullo schermo, la “Casa della poesia di Monza”[2], costituitasi per iniziativa di un gruppo di cittadini nel 2012 con lo scopo di “mantenere alto il valore di questo insostituibile veicolo di espressione” proponeva a partire dalle 10 del mattino per ogni ora fino alle 17, una serie di riflessioni sul tema: “Poesie e natura, quale contributo può venire dalla poesia” sul quale sono invitati a dire la loro una serie di poeti più o meno noti (come sempre dipende dai punti di vista…). Inizia Maurizio Cucchi e poi a seguire Dome Bulfaro, Patrizia Burley Lombardi, Tiziana Cera Rosco, Tiziano Fratus, Davide Rondoni, Giovanna Frene, Riccardo Sonzogni…
Chi si aspettava una serie di riflessioni sui nodi problematici che intercorrono nella relazione tra l’uomo e l’ambiente temiamo resterà deluso. Tra coloro che il tema non l’hanno proprio preso in considerazione e coloro che l’hanno declinato in chiave squisitamente intima e personale, la sensazione finale dal punto di vista del tema scelto, è stata quella di un’occasione mancata. Tra Dome Bulfaro, che propone la “poetura” la poesia rivolta alla natura, per promuovere un approccio che fuoriesca dall’antropocentrismo dominante e Marco Sonzogni, che aggira le questioni “ideologiche” dei cambiamenti climatici e simili, per privilegiare una relazione diretta tra vite umane e non-umane – con una enfasi particolare sulla dimensione empatica, segnaliamo come particolarmente pregnante il contributo di Giovanna Frene: dal monte Pertica, teatro di carneficine durante la prima guerra mondiale, i suoi versi che accomunano in un unico destino l’uomo fatto soldato, il bosco, il fango, la morte:
Questi cumuli di morti tuttora morti tuttora qui trincee estinte sul nascere spalmati nella perpetua ripetizione della fotografia questi ammassi ostacolano ogni nuovo possibile cammino portano apparentemente lontano ogni sguardo sprofondano ogni passo verso la personale dissoluzione per vedere fino all'impossibilità di distinguere qualcosa nella palta puzzolente del proprio andare e non si va oltre sempre fermi sempre qui[3]
Concludiamo con la “Casa della Poesia di Milano”[4], istituzione attiva dal 2004, sotto varie forme (dal Parco Trotter, alla Palazzina Liberty fino all’attuale Laboratorio Formentini nell’omonima via a Milano, sempre sotto la guida del poeta Giancarlo Majorino) che per l’occasione propone dal 21 al 25 marzo “Poeti in parallelo. Poesia e comunità”. Si tratta nell’intenzione dei promotori di 5 “aperitivi virtuali”, a prova di assembramento, nel quale insieme al drink preferito autogestito a casa propria, si potrà ascoltare in alternanza cinque poeti italiani e cinque poeti cubani introdotti e preceduti “come una salsa di versi, all’interno di una cialda dal sapore iberico” da due poeti spagnoli. I poeti chiamati a “rappresentare” la parte italiana anche in questo caso sono tra i poeti italiani quelli più stimati dalla critica o noti: Vivien Lamarque, Maria Pia Quintavalla, Luigi Cannillo, Maurizio Cucchi, Tommaso Kemeney, Mario Santagostini, Giancarlo Pontiggia…
Per quanto riguarda invece la parte cubana e spagnola dell’evento, si potrà soddisfare propria curiosità di conoscere gli autori dopo averne ascoltate le poesie (in lingua originale e senza traduzione), seguendo la sezione “Poeti in parallelo”. In questo spazio i poeti sono messi a confronto in una sorta di dialogo, coordinato dall’animatore dell’iniziativa Amos Mattio. Abbiamo seguito la prima sessione di questi dialoghi dalla quale è emersa la pluralità di accenti e interpretazioni del senso del fare poetico, declinati in chiave assolutamente personale e intimista.
Tutte queste iniziative che abbiamo recensito sono disponibili per la visione sui canali Youtube dei promotori.
Al termine di questo viaggio virtuale a cavallo di un mouse, forse corre l’obbligo di una domanda: è questo l’anno di una primavera anche per la poesia, che sappia interpretare e dare senso ai tempi che stiamo vivendo? Possiamo ricavare un segnale, un elemento comune, una riflessione che non sia la semplice constatazione di avere ascoltato e letto poesie?
Abbiamo sentito troppi venti, ascoltato di tante ombre, crepuscoli e gabbiani in volo per rispondere positivamente a questa domanda, ma non è escluso che il lettore vi riesca ed in quel caso ci farà piacere saperlo e saperne il perché.
Non è la nostra una questione di pessimismo o meno, ma di presa d’atto della realtà che ci induce a questa considerazione finale. La celebrazione da sola non basta se non è coniugata con la riflessione critica e dialogante, e la mancanza della critica è stata l’elemento comune alla giornata mondiale della poesia che abbiamo visto.
Note
[1]https://www.libreriadelledonne.it/
[2]https://www.lacasadellapoesiadimonza.it/
[3] versi inediti trascritti dalla lettura dell’autrice
[4]http://www.lacasadellapoesia.com/index.asp
Gli eventi sono recuperabili sui rispettivi canali youtube delle case della poesia.
Ciao Luca!
E grazie
Venti, ombre, crepuscoli e gabbiani in volo. E’ un problemaccio, abitare quelle contrade aeree senza un centesimo in tasca e lontanissima da passanti indaffarati che nemmeno alzano il naso al cielo. Se le poesie le trovassi sul foglio di giornale che incarta il pesce, occhiata immediata e lampo di intesa a seguire, se la incocciassi sul calendario che regalano i negozianti a fine d’anno, un giorno sì e dieci no, in mesi diversi per creare una attesa, se l’annunciatrice del telegiornale concludesse le notizie con una poesietta di commento e commiato… di modo che l’abitudine alla poesia/alle poesie affinasse l’orecchio, l’eco interna, una attesa ormai scontata… diffidente o speranzosa, per respingere, o farsi sorprendere, per riflettere, o che metta un seme sottoterra e magari germoglia.
Rari nantes, i poeti, chiusi nei circoletti separati, a spalancare il vuoto in cui lanciare il
lirismo. Più rarefatto della stessa aria che, altrimenti, non lo reggerebbe.
Poesie come respirare: aria comune, leggera/pesante, fredda o bollente, giallastra di scarichi e svaporata in memorie, elettrica di temporali, densa di fiati, trasparente di bolla isolata. In 1, 10, 1000 poesie voglio riconoscermi e incontrare, nel linguaggio che si approssima e tenta e riprova, a raggiungere un -quasi- attimo di coincidenza.
Ai tempi del Laboratorio Moltinpoesia esaminai l’antologia Parola plurale di Cortellessa ed altri. Oggi ci sarebbe da criticare o almeno commentare questo scritto che mi era sfuggito di Matteo Marchesini ( uscito sul Foglio il 16 marzo 2013) e che ho visto per caso ripreso da L’Ombra delle Parole (https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/07/31/matteo-marchesini-quel-che-resta-della-poesia-la-poesia-del-corpo-la-pseudopoesia-la-mutazione-genetica-dei-poeti-italiani-la-poeticita-privatistica-e-lautor/).