Bambine pazziarielle

di Annamaria Locatelli

Farsi strada attraverso veti esterni e interni, paure, strati pesanti di trascuratezza e privazioni, niente facile…come da una grotta sotterranea improvvisare una cordata verso il sole! Ma quando con le forze residue, sgomitando e scalciando, si arrivava a vedere la luce, allora si apriva un universo di spazio libero, liberato nei colori nell’aria di una primavera primordiale!! Cosi’, nei miei ricordi, oltre l’infanzia difficile…
Da bambine zingarelle, emarginate e festanti, si approdava quotidianamente nei cortili, di domenica all’oratorio dei giochi forsennati, noi spauracchio delle suore, che rendevano accettabile anche l’ora della dottrinetta distratta…ma soprattutto, e non di rado, alla mitica “Isola Carolina”, una grande bassura, a due passi dal centro storico della Vecchia Lodi.
Un luogo dove prosperava, in perfetta solitudine proprio come un’isola persa nell’oceano, un’ampia area lasciata allo stato selvaggio: distesa di vegetazione incolta, sentierini per monelli scapestrati in bicicletta, ad arrampicarsi sugli alberi, ad inseguimenti furibondi…insomma, ‘maschiacci’, i poco seguiti dalle famiglie o senza del tutto. Alle bambine-bene vietato, s’intende! Ma io e mia sorella ci andavamo ed era una vera liberazione da ogni orpello o convenzione, finalmente in quello spazio ci sentivamo ‘uguali tra gli uguali’…
Due o tre volte all’anno, tuttavia, quell’area abbandonata, ghetto-eden degli ultimi, si animava di presenze e richiami e allora accorreva gente da ogni dove, anche dal contado. Succedeva quando arrivavano ‘le giostre’ con le loro svariate attrattive o ‘il circo delle meraviglie’ oppure certe stravaganti esposizioni come quella volta di una balena di grosse dimensioni, chissà come conservata, che faceva il giro di vari paesi su un carro gigantesco, attirando molto pubblico…
Noi avevamo il fiume, ma il mare, nel cuore della pianura padana del dopoguerra e poco oltre, era sconosciuto a molti, come le sue fantastiche creature, e accendeva l’immaginazione. La balena, così come mi apparve allora, l’associai nel tempo a quella dai tratti onirici in una poesia di Umberto Bellintani [1].
Nella nostra osteria, situata molto vicino al parco, arrivavano nell’ora di pausa, molti lavoranti addetti alle diverse attrattive, persone giramondo, nomadi per vocazione o per necessità, a bersi numerosi bicchierini, lasciando poi biglietti-omaggio per gli avventori, di cui alcuni finivano nelle tasche di noi bambine.
Allora diventavamo irreperibili…io trascinata da mia sorella, molto più ardita di me in qualsiasi avventura. Infatti spesso da questi ‘diversivi’ tornavo shoccata, come quando mi persi nel labirinto di cristallo e svenni, ma soprattutto per mia sorella spericolata, come quella volta che al parco Carolina fu allestito lo scheletro in ferro di un palazzo fantasma di diversi piani in occasione di una esibizione acrobatica dei vigili del fuoco di Lodi…
La struttura fu poi lasciata in piedi per un certo tempo e divenne l’impresa-scalata preferita dei più temerari ragazzi di Lodi, tra cui mia sorella Chiara. La vedevo, con il cuore in gola, arrampicarsi sino al settimo ottavo piano e oltre…come uno scoiattolo! se le fosse scivolato un piede? se le veniva un capogiro? La volevo seguire, ci provavo, ma soffrivo troppo di vertigini! Infine, lei appariva in cima alla torre, incosciente e baldanzosa…
L’Isola Carolina, un’area priva di costruzioni se non per la presenza ai margini, adiacente allo stradone che portava sulla via Emilia, di un cascinale disabitato e mezzo diroccato, per noi luogo di esplorazioni. Intorno agli anni sessanta venne ad abitarci, in alcune stanze appena rimesse in ordine dal Comune, una famiglia di sfollati, in seguito alla guerra d’Algeria…
Tra i numerosi figli c’era una bambina più piccola di me, allora ero ragazzina, che portava un braccialetto con inciso il suo nome: Anne…era il mio stesso nome e le chiesi se era scritto cosi’ per errore, ma quando la sentii parlare mi fu chiaro: certo parlava francese e non sapeva una parola di italiano! Mi affezionai a quella bambina e decisi di insegnarle la nostra lingua. Molti progressi non fece con me, ero piuttosto insicura e sgrammaticata in italiano, però nel gioco ci intendevamo bene. Dopo pochi mesi, la mia piccola amica iniziò la scuola elementare ed ebbe una vera maestra…Ho capito solo in seguito le enormi difficoltà vissute da quella famiglia, anche perché noi allora, sotto diversi aspetti, non stavamo molto meglio! Il nostro vecchio continente incominciava ad aprirsi a nuove realtà ed opportunità, volendole valorizzare…ma poi è stato parecchio diverso dalle aspettative

Nota

[1] Umberto Bellintani (1914-1999), poeta e scultore di San Benedetto Po, Mantova…ebbe una corrispondenza epistolare con il prete antifascista Don Primo Mazzolari e conobbe in guerra i campi di lavoro tedeschi e polacchi, durante la prigionia, dal 1943 al 1945

Bocca di balena

Bocca di balena dai centomila denti d’oro
per ingoiare stanotte la terra,
io sono un pescatore di anguille sulla barca
per lasciarle poi libere ondulare
nella corrente del fiume sino al mare.

Bocca di balena dai centomila denti d’oro
il tuo occhio di luna mi ha seguito quando
scesi a sciogliere la barca questa sera
dalla riva e abbandonarmi alla corrente
della vita notturna e poi solare

 

6 pensieri su “Bambine pazziarielle

  1. l’infanzia libera e piena di meraviglie è probabilmente il serbatoio di energia che ci alimenta per tutto il resto della vita, tu ne dai una bellissima testimonianza!

  2. grazie Cristiana, la penso come te, anche se con il passare degli anni risulta sempre piu’ difficile accedere a quel serbatoio di emozioni incontaminate, stupori…Si permane troppo spesso nella pancia della balena, anziché uscirne, in mare aperto…

  3. Boh, io tutta questa “infanzia libera e piena di meraviglie” non la vedo. Credo – per mia esperienza – di averla solo sfiorata. E che il mio “serbatoio di emozioni ” di allora non sia affatto incontaminato. Perciò, ho sempre più sospettato degli elogi del “fanciullino”.

    1. macché fanciullino! l’infanzia è una età reale e spesso un serbatoio creativo per il futuro, fatto di gioie e dolori, tutto normale, quindi, e per (quasi) tutti.

  4. Ho visto una balena nel parcheggio di fronte alla scuola Pio Borri. In Arezzo. Avevo 8 o forse 9 anni. Per pochi soldi salivi tre scalini ed entrati in un camion ti trovavi davanti un balenottero lungo una decina di mt. Non è stato un spettacolo esaltante non è stata una figata eppure molti salivano a vederla come si faceva con i “fenomeni da baraccone” al circo. The show mustang go on.

  5. a ognuno i propri strumenti di sopravvivenza…A me capitava che la realtà fosse talmente pesante e brutta, da venire scavalcata. Il sogno allora aureolava la realtà…era una fuga, d’accordo, ma anche una sfida a rimodellarla…Comunque la realtà, in ogni età della vita, ci investe, a volte travolge in tutta la sua crudezza: devi farci i conti, non ti molla…In me bambina erano aperti tutti e due i canali, anche quello della fantasia, per fortuna…Qualche volta anche oggi vi ricorro…
    Certo la foto della “pietà di Gaza” dove appare una nonna palestinese del tutto ripiegata sul corpo inerte avvolto nel sudario di una bimba di cinque anni, la nipotina, non lascia aperta nessuna breccia…La guerra stronca ogni scappatoia, nonchè speranza…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *