Oppenheimer e dintorni: i ricorsi di caso e necessità

di Paolo Di Marco

1- la nascita della bomba
Il film di Nolan su Oppenheimer ha 3 grandi pregi: è ben fatto, parla correttamente di tutti i temi importanti, e soprattutto oggi riporta l’attenzione su un tema che era finito in sottofondo.
E 3 sono anche i grandi fili conduttori:
1 – Oppenheimer e dintorni: i ricorsi di caso e necessità
-partiamo dal più evidente, il ruolo del potere politico (militari inclusi): la logica che lo muove è del tutto indipendente da quella degli scienziati: come si vede in una breve ma fondamentale scena loro gli han fornito uno strumento, come usarlo ci pensan loro; e la logica politica si muove non più nella prospettiva della guerra in corso, con Germania sconfitta e Giappone sull’orlo della resa, ma dei conflitti futuri; le bombe sul Giappone, nella loro efferatezza: obiettivi civili, uno per colpire, l’altro per dimostrare che non hanno scrupoli a continuare, sono rivolte all’alleato ma futuro nemico, la Russia.
-il secondo, la morale degli scienziati e le loro capacità di scelta, corre per tutto il film, segue l’opportunismo di Oppenheimer ma anche il cambio di prospettiva di Einstein e Fermi, che prima scrivono al presidente proponendogli la bomba poi sconfitta la Germania chiedono di fermarsi ; ma nonostante il suo peso in realtà soggiace a una regola molto semplice: ci sarà sempre qualcuno (prima Oppenheimer, poi Teller, poi…) disposto a metter da parte gli scrupoli; che sia per patriottismo o ideologia o interesse conta poco.
– il terzo elemento, più tecnico ma che dialoga col secondo, è se era inevitabile arrivare alla bomba; nel film lo si dà per scontato: una volta scoperta la fissione spontanea era inevitabile che qualcuno pensasse di utilizzarla per fare una bomba; e questa è la logica, legata alla paura che ci arrivassero prima i tedeschi, che spinge Fermi e Einstein a proporla per primi.
Ma la questione merita ulteriore approfondimento; non tanto perchè vi siano dei dubbi, ma perchè è uno dei grandi problemi irrisolti della scoperta scientifica: in sostanza se sia possibile indirizzarla o se le contingenze del momento e del caso la facciano da padroni; o se alla fin fine i suoi binari siano inevitabili.
È forse legato a questo anche il paradosso dei giapponesi, prime vittime di un’atroce arma di distruzione di massa eppure oggi alleati e imitatori dei loro sterminatori.

2- la pandemia prossima ventura

Qammen, l’autore di Spillover (che prevedeva dieci anni fa le pandemie umane provenienti da trasmissioni di mutazioni di microrganismi di origine animale), si è recentemente dimostrato poco attendibile, con un articolo sul NYTimes più rispettoso delle prudenze del potere che dei dati scientifici sull’origine del Covid ma anche, significativamente, come sventolando una bandierina ‘anticomplottista’, sull’assassinio di Kennedy.
Tuttavia il problema è reale ed attuale, e la preoccupazione sta iniziando a correre sottotraccia nella comunità scientifica (come ci dice sul NYTimes Zyenep Tufekci).
Ricordiamo che mentre il Covid nasce dall’ingegneria genetica della guerra batteriologica nel laboratorio di Wuhan creato dai francesi e finanziato dagli americani (opinione anche dell’FBI), l’HIV è, per quanto ne sappiamo, il risultato di una trasmissione animale, uno spillover da una scimmia; cosî come probabilmente Ebola, finora contenuto fortunosamente in Africa sotto il livello epidemico.
Ma chi preoccupa è l’influenza aviaria: estremamente letale (mortale in un caso su due) ma finora con bassissima capacità di trasmissione nei mammiferi; tuttavia una serie di dati recenti stanno modificando il quadro: casi con la stessa impronta genetica in gatti in Polonia in zone distanti, elementi sospetti negli allevamenti di animali da pelliccia in Danimarca e Canada fanno pensare che sia in corso o già avvenuta una mutazione che rende il virus molto più contagioso, con alta probabilità di passare dai mammiferi all’uomo.

3- la brace e la padella
Tutti i governi hanno allegramente rinunciato a combattere il riscaldamento globale -Exxon si frega le mani prevedendo sì 2,5 gradi in più nel ’50 ma anche una quota di gas e petrolio nel consumo energetico ancora del 50% -la stessa Exxon il cui ufficio studi nel 1970 (‘Exxon, the road not taken’) diceva ‘se non smettiamo subito di estrarre il pianeta è fottuto’; la guerra in Ucraina è stata strumento e pretesto per la rinucia alle balle verdi (greenwashing).
E mentre anche dopo la fuga del Covid la ricerca sulla guerra batteriologica va avanti indisturbata (40 laboratori dei soli americani sparsi per il mondo), Biden inizia a distribuire a destra e manca armi all’uranio e relativa tecnologia, tanto che il Bulletin of the Atomic Scientists l’ha definito il primo presidente negli ultimi 50 anni a fare da proliferatore delle armi atomiche. Per non parlare delle guerre che scatena e prepara, dall’Ucraina alla Cina, e del carattere sempre più militare della sua politica di allenze, formalizzata anche nella creazione della Nato asiatica.
Visto che la padella del nostro pianeta si sta già scaldando sembra giusto metterci dentro anche un po’ di brace atomica.

4- inevitabile?
Torniamo al quesito che c’eravamo posti sulla inevitabilità della bomba: la scissione dell’atomo e quel poco di massa in eccesso che ne scaturisce – che però diventa un sacco di energia- fanno pensare alla bomba solo perchè c’era la grandissima guerra in corso; e la guerra, con buona pace di molto soloni, non è connaturata agli uomini ma solo a una loro forma sociale particolare che purtroppo è divenuta dominante: l’imperialismo; sia nella sua firma capitalistica sia nelle sue forme promordiali (come i massacri di inglesi e olandesi e belgi e..in Africa e in Asia e America latina ci ricordano).
La scienza non segue una sua strada autonoma ma è sempre figlia anche della società che la nutre. Ed è questa a dettarne gli usi (si pensi alla medicina ‘per soli ricchi’ che sta diventando la norma negli Usa ma inizia a dominare anche l’Europa) ma non solo: ad ogni bivio la pressione dell’ordine sociale sulle scelte scientifiche è tanto più forte quanto più organizzata e ideologicamente omogenea è la società. Galileo vince solo postumo, sotto la spinta della borghesia in ascesa contro il vecchio ordine.
Ma prima ancora della storia scritta c’è una storia diversa, recuperata coi nuovi studi fatti con atomi e analisi del DNA e raccontataci da Graeber, dove la guerra non è fatto naturale nè eccezionale, e quello che più le si avvicina sono le scorrerie intertribali, sostanzialmente rispondenti ad esigenze di ampliamento della dotazione genetica. E dove i valori ideali e sociali poco hanno a vedere con quelli illuministi di cui ci parla Cristiana Fischer: nella città ucraina di 50000 abitanti di 20000 anni fa di cui ci parla Graeber la libertà non era un ideale, perchè era come l’aria, elemento dato e costitutivo dei rapporti; l’uguaglianza non era rilevante, anche se risultato naturale dell’organizzazione della città, così come la fraternità che la forma della città e soprattutto la sua topologia relazionale creavano.
Si potrebbe obiettare che ormai la storia ha seguito un altro corso, dove competizione e guerra la fanno da padroni. Ma quello che ci dice Graeber (e il movimento Occupy da lui creato ne è stato esempio) è che questo è stato un percorso non inevitabile e non definitivo, che i valori e le morali che si pretendevano veri ed eterni erano costrutti transeunti.
E allora forse la combinazione di sviluppo delle forze produttive oltre il limite del lavoro necessario, oltre la necessità della catene del lavoro, insieme alle minaccie esistenziali per tutta l’umanità hanno una possibilità di generare un’esplosione sociale che rompa l’ordine delle cose esistente.

1 pensiero su “Oppenheimer e dintorni: i ricorsi di caso e necessità

  1. Una recensione fuori dal coro. Pungere è il compito del critico. Bene.

    DALLA PAGINA FB DI ROBERTO BUFFAGNI

    OPPENHEIMER, recensione teppistica

    Ieri pomeriggio ho visto “Oppenheimer”, un brutto film. Anticipo che mi sono perso gli ultimi venti minuti perché mi sono addormentato, come al solito mi ero svegliato molto presto e non avevo potuto fare il solito pisolino pomeridiano.
    Prima di vedere il film, di Robert Oppenheimer non sapevo niente tranne quel che sanno tutti, che era stato il direttore del “Manhattan Project”, che dopo la bomba aveva citato le Baghavad-Gita, che aveva avuto qualche problema con il maccartismo, che portava un caratteristico cappello. Dopo il film, non ho imparato niente di più tranne un aspetto interessante e preoccupante della sua vita di cui parlerò dopo.
    “Oppenheimer” è un brutto film perché un film incentrato sulla vita di un uomo che non ce ne mostra l’interiorità, con le sue motivazioni, il suo percorso e il suo cambiamento è un brutto film, a meno che l’uomo non sia Conan il Barbaro.
    Dal film si evince quanto segue (che non so in che misura corrisponda alla realtà biografica):
    Oppenheimer è un fisico brillante. Quanto brillante non si sa. L’impressione che si ricava è che fosse un brillante fisico di second’ordine (essere di second’ordine quando di prim’ordine sono Heisenberg, Bohr, Einstein è ovviamente un risultato notevolissimo). Pare invece che fosse un organizzatore e un venditore di primissimo ordine; anzitutto, venditore di se stesso, della sua immagine e della sua superiorità, tant’è vero che riesce a radunare menti brillantissime e a coordinarle nel progetto che dirige.
    Non ha opinioni solide in merito alla politica o alla società. È genericamente “di sinistra” perché in quegli anni, praticamente tutti gli intellettuali che lo circondano lo sono. Il momento della verità coincide con la guerra di Spagna, che con la creazione della Legione internazionale a sostegno del governo repubblicano fornisce l’occasione per dimostrare quanto si fa sul serio a tutti gli intellettuali.
    Ovviamente si può fare sul serio per davvero, ovvero prendere parte alla guerra anzitutto per sostenere le proprie idee e la causa repubblicana e antifascista, come fanno Orwell, che poi scrive il bel libro “Homage to Catalunia”, e Simone Weil, l’improbabile guerriera che appena giunta in Spagna si rovescia sui piedi un pentolone d’acqua bollente e deve tornare a casa, e poi, letto il meraviglioso “Les Grands Cimetières sous la lune”, scrive una lettera indimenticabile a Bernanos, un uomo di destra che militava dall’altra parte; oppure si può fare sul serio per finta, cioè per far vedere a tutti quanto siamo più fighi e valorosi di voi, come Hemingway, che fa un giro in Spagna e poi scrive uno dei libri più farlocchi della letteratura universale, “For Whom the Bell Tolls”, un sogno bagnato adolescenziale che pensando all’età in cui lo scrisse risulta seriamente imbarazzante.
    Oppenheimer non fa nessuna delle due cose perché, a quanto risulta dal film, è abbastanza astuto e lungimirante da non compromettersi politicamente e così bruciarsi la possibilità di accedere all’ufficialità che desidera ardentemente. Si limita insomma a sostenere le cause di sinistra a parole.
    Allo stesso modo non ha opinioni solide in merito alla bomba atomica. È persuaso che bisogna arrivarci prima dei tedeschi, e ovviamente ci sta. Dopo Hiroshima e Nagasaki ha qualche perplessità, che si manifesta nei seguenti modi: citazione dalla Baghavad-Gita (“Io sono morte, il distruttore di mondi”) e contrarietà alla ricerca per la bomba all’idrogeno, come se un aumento quantitativo della potenza distruttiva fosse il punto chiave. Non firma la petizione contro la bomba atomica promossa da Leo Szilard. Butta lì qualche auspicio inconcludente su una trattativa mondiale per la rinuncia generale agli armamenti atomici, non cogliendo il punto della questione: l’atomica non si può disinventare, le ipotesi possibili sono solo a) gli USA finché ne hanno il monopolio nuclearizzano l’URSS e creano un governo mondiale, come suggerito da Bertrand Russell al Segretario alla Difesa statunitense b) si entra nella meccanica avventurosa della deterrenza.
    Ci sarebbe poi il tema della mutazione ontologica inaugurata dalla bomba atomica, ossia il fatto nuovo che l’uomo, uscito dalla minorità con l’Illuminismo come dice Kant, è diventato capace di distruggere sul serio se stesso, ma a questo tema Oppenheimer pare non dedicare pensiero alcuno.
    Nel dopoguerra, con l’inizio della Guerra Fredda, il sostegno a parole alle cause di sinistra lo frega perché essendo molto vanitoso ha pestato i piedi a personalità importanti che si vendicano.
    L’unica cosa nuova che ho imparato su Oppenheimer è che a un certo punto sbologna il figlio piccolo a una coppia di amici, perché sia lui sia la moglie non hanno voglia di occuparsene. Gli amici accettano, forse (è una mia inferenza, non c’è nel film) perché sono entrambi comunisti e sperano che Oppenheimer ricambi il grosso favore con informazioni sulla ricerca atomica da passare all’URSS.
    Al momento della consegna del piccolo sventurato, Oppenheimer dice più o meno: “Siamo due persone orrende, insensibili ed egocentriche” e l’amico comunista ribatte “Le persone orrende, insensibili ed egocentriche non sanno di esserlo”, una affermazione totalmente falsa, come ognun sa: sono i PAZZI che credono di essere Napoleone che non sanno di essere pazzi, gli egocentrici sanno benissimo di esserlo e salvo qualche eventuale rimorso, di solito a parole, gli va bene così, sennò non sarebbero egocentrici.
    In effetti Oppenheimer e sua moglie, se hanno fatto quel che il film mostra, SONO due persone orrende, insensibili ed egocentriche, anche perché sono entrambi ricchi di famiglia e se proprio non ce la facevano a occuparsi del bambino potevano tranquillamente pagarsi una o più governanti. Il film non spiega come mai non gli sia venuta in mente questa soluzione più semplice e tradizionale del problema “bambino piccolo che dà noia”. Si evince, o almeno io evinco, che non gli è venuta in mente perché sono effettivamente due persone orrende, insensibili ed egocentriche che vogliono sbarazzarsi totalmente della povera creatura che hanno messo al mondo, e per farla fuori non hanno abbastanza pelo sullo stomaco.
    Quanto al film come tale, il povero Cillian Murphy che interpreta Oppenheimer brancola nel buio sgranando gli occhi dal primo all’ultimo minuto (salvo errore per gli ultimi venti in cui ho dormito), perché nessun attore può interpretare bene un personaggio così, sfuggente come un’anguilla, che resta sempre identico a se stesso e inspiegato nelle sue motivazioni. Gli altri attori forniscono il minimo sindacale perché i loro personaggi – tutti di contorno anche quando sarebbero interessanti, come l’amante di O. – sono anch’essi costruiti sulla sabbia, figure di cartone.
    Bella fotografia di paesaggi, di esplosioni, di manifestazioni dell’energia con tante righine ondulatorie luminose che ci rinviano alla fisica quantistica (di cui si capisce, ovviamente, zero).
    Costo: sei euro grazie alla riduzione per vecchi over 65. That’s all folks.

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