Riordinadiario su Michele Ranchetti (1)

 appunto 1 (1995-1997)

di Ennio Abate

Michele Ranchetti, dopo Franco Fortini, è stato per me un altro dei “padri impossibili”. (Poi ci sono stati anche i “fratelli impossibili”, di cui qualcosa ho detto e dirò altrove). Ma anche in questo rapporto con Michele – tardivo, saltuario, forse intiepiditosi dopo la prima fase del “riconoscimento” da parte sua con l’ Introduzione alla mia “Salernitudine” (Ripostes 2003) di un pezzo della mia ricerca poetica e troncato d’improvviso dalla sua morte nel 2008 – ho imparato che si può volere bene anche ai “padri impossibili” e continuare la propria strada. [E. A.]

Il nome di Michele Ranchetti appare per la prima volta nel mio diario in un appunto del 28 gennaio 1995:

* [28 gen.‘95 - COMMEMORAZIONE DI FORTINI ALLA LIBRERIA “CLAUDIANA” DI MILANO]- Ranchetti: ricorda la partecipazione di Fortini a “fogli di discussione” [?], una rivista fondata da Delfino Insolera (matematico) e Renato Solmi. Articoli [di Fortini?] su violenza e bomba atomica.

Lo rividi dopo la morte di Franco Fortini (novembre 1994), nel dicembre 1995, quando fui presente alla sua commemorazione organizzata dall’università di Siena. Rimasi molto colpito dall’intervento fatto da Michele Ranchetti. ( E per complesse ragioni che solo in tempi successivi sono diventate a me stesso più chiare…), quando finì di parlare, lo avvicinai chiedendogli il recapito postale per scrivergli. In un mio “Narratorio dopo Siena” appuntai  alcuni motivi  immediati che mi avevano sorpreso e e anche alcune delle parole da lui pronunciate:

Abbiamo amato un poeta “fragile”

Ranchetti è stato il solo
a spogliar Fortini da mantelle letterarie
e religiosizzanti

parlare di letteratura
è un alibi
questo commercio con l’Olimpo cristiano
Fortini l’odiava

tragica/ esemplare
è l’empietà dei suoi ultimi versi

c’era una fragilità di fondo
nell’ambito degli affetti

certo/ se abbiamo da difendere
la Letteratura
o l’anti-Letteratura
la Religione o la Laicità
la caverna psicoanalitica di Ranchetti
non la si frequenterà

La lettera che poi gli spedii non ebbe risposta. Nel giugno 1996 l’incontrai – di nuovo e per caso –  a Milano.   Andavamo – io e Salzarulo – alla presentazione della LUHMI  [Libera Università  di Milano e Hinterland (qui)]  da poco fondata da Sergio Bologna.  Non riuscivamo a trovare la sede del dopolavoro ferrovieri dove si teneva l’incontro. Ma in via S. Gregorio riconobbi sul marciapiedi opposto Ranchetti. L’avvicinai. Anche lui  era venuto a Milano per quella presentazione, sapeva dove si trovava il dopolavoro e ci andammo insieme. Gli dissi anche della mancata risposta alla mia lettera da parte sua e gli riscrissi:

Cologno Monzese 19 giugno ‘96

Caro Ranchetti,
le scrivo all’indomani del nostro fortuito incontro di ieri sera in via S. Gregorio a Milano in occasione della presentazione della Lumhi. Nell’altro incontro, all’Università di Siena in occasione della commemorazione di Franco Fortini, le avevo chiesto l’indirizzo per scriverle. Perché molto mi aveva colpito il suo intervento. Mi era parso fuori dal cerimoniale. E vi coglievo uno stile “da solitario”, una capacità di stare serenamente in disparte dalla “chiacchiera” su Fortini, di vedere “altro”: gli accenni alla “tragica esemplare empietà” e alla “fragilità” degli affetti. Ne ho avuto una conferma leggendo ancheil suo L’ultimo saluto su Testimonianze n.372.
Lei ha conosciuto Franco da molto più tempo di me e da vicino; e, credo, vi siete accompagnati in una condizione storica, che si è andata logorando ma non vi ha mai fatti sentire [l'uno all'altro] estranei. Io - del ‘41, salernitano d’origine, immigrato inquieto e insegnante di massa nella scuola di massa - ho sentito sempre di non poter mai avere accesso, se non per letture (desideravo invece frequentazioni e colloqui...), al “vostro” mondo. Non è un lamento. Constato gli incontri che mi sono mancati.
Ora tutto il paesaggio culturale si è stravolto. Siamo tutti dei dispersi. Io forse ho rinunciato a cercare “maestri” nelle persone più anziane e sagge che incontro. Ma ne misuro ancora la disponibiltà al colloquio, sperando che si diano spunti di cooperazione. Di mutuo soccorso, dovrei dire, se l’idea della Lumhi - che anch’io ho cercato di praticare, nella forma clandestina e periferica di una piccola Associazione Culturale (“IPSILON”) [a Cologno Monzese], a cui anche Franco ebbe modo di contribuire - non evaporerà...
Non so se mi riuscirà di costruire un colloquio misurato e fecondo. Ma ci provo. Ho letto alcuni suoi articoli su il manifesto e su altre ragioni. Nel mio curriculum di studente universitario lavoratore ricordo di aver letto con interesse - fra ‘64 e ‘65, quando avevo ripreso gli studi - un suo libro (poi smarrito..) su Buonaiuti e il modernismo. Un amico  nell’88 mi regalò la sua raccolta di poesie, La mente musicale. E mi ero ripromesso di partire da questa per iniziare un dialogo con lei. Ma la recente rilettura mi ha intimidito e le piccole incombenze quotidiane mi hanno sospinto altrove. Per non ridurmi ad un ossequio imbarazzato, le invio un mio ultimo libretto[1].Si abbia la mia simpatia e attenzione.

Di nuovo non ebbi risposta. La lettera, forse perché indirizzata all’Università di Firenze che Ranchetti stava per lasciare o altro motivo, non gli giunse.  Ci rivedemmo ancora a qualche incontro, a Firenze, del Centro Fanco Fortini  e alla fine, il 15 aprile 1997, dopo una sua telefonata gliela rispedii. Così il nostro scambio poté cominciare:

Cologno Monzese 15 aprile ‘97

Gentile prof. Ranchetti,
dopo la telefonata di ieri le rimando la lettera del giugno ‘96 e il libretto.
Aggiungo anche un altro libretto [2] su Fortini, che nel frattempo abbiamo prodotto qui a Cologno e il programma annuale della nostra Associazione culturale [Ipsilon]. Mi pare di cogliere una certa concordanza fra l’immagine di Fortini di cui vorrei/vorremmo “aver cura” e quanto lei scrive nel suo breve intervento apparso in “Uomini usciti di pianto in ragione” (“in questo momento storico, questo punto di riferimento che è Fortini, non è assolutamente di proprietà di nessuno”). Per il momento la saluto e resto in attesa...

Note

[1] Non sono sicuro oggi quale sia questo primo libretto. Forse  “Samizdat Colognom”, Edizione CELES, 1983, l’unica mia pubblicazione stampata  in qualche centinaia di copie. Le altre sono tutte successive al 2003.
[2] “Se tu vorrai sapere…” [qui]

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