9 pensieri su “Lo sbarco sulla luna

  1. C’è chi va sulla luna e c’è chi, per dirla con Eugenio Montale, è “della razza di chi rimane a terra”. La luna è il sogno, l’ideale o, forse, l’impossibile: il luogo, come nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, dove finisce il senno degli impazziti, di coloro che si riducono alla follia per aver troppo sperato, desiderato, creduto e, anche, per aver troppo e vanamente preteso. Ma la luna, all’opposto, è anche il luogo che accoglie il senno degli esseri umani, e lo custodisce, perché esso non può che essere bandito da questa terra di pazzi. Ma in questo racconto, più modestamente, Carlo non deve andare sulla luna, ma pencolare ogni giorno tra la casa e l’albergo dove lavora. A lui l’allunaggio non importa nulla: lui va a letto presto perché l’indomani deve alzarsi a notte e prendere il treno. Lui è della “razza di chi rimane a terra”, anche con la mente; e anche perché altri, come il suo precedente datore di lavoro, fallito, hanno mandato il proprio senno lassù, sulla luna.

    1. La poesia può farci immaginare di stare sulla luna, di toccare le stelle con un dito, di fare lo sforzo di misurare tutto l’universo, ma anche guardando in basso, se ci si pensa bene, si può guardare qualcosa di articolato, pieno di conflitti, e perché no: infinito.
      grazie Daniele

  2. si’, un racconto dai toni amari e in qualche modo profetici…L’euforia di tutti per l’evento del primo allunaggio, come fosse una tappa per chissà quale cammino di crescita per il genere umano…In realtà delude: quella luna sembra catturare i sogni e immobilizzarli…L’era nuova che annuncia non è migliore, anzi in forte declino rispetto alla precedente…Il lavoro di Carlo, il pendolare, senza giorno libero, dai turni massacranti, malpagato e in nero ha solo preceduto i nostri tempi di forte precariato lavorativo…Le temperature tropicali d’estate in zona temperata non sono episodiche si avviano e diventare il cambiamento climatico in corso, desolati il paesaggio osservato dal finestrino del treno in corsa… tra le persone della famiglia di Carlo circola una sorta di incomunicabilità, di toni, di intenti…ciascuno preso dal proprio solitario progetto del futuro…La città offre delle possibilità, ma disperde, d’altra parte anche la provincia sembra aver perso il significato di luogo piu’ umano e rassicurante…lacerazioni che si ripresentano negli scritti di Angelo Australi… bravo nel rappresentare questi inquietanti transiti d’epoca

    1. Grazie Annamaria, ci sono dialoghi a più livelli, moglie e marito, diverse aspettative dei figli… e tutto che si sviluppa intorno a quello che è da considerarsi uno degli eventi fondanti per la mia generazione, lo sbarco sulla luna (sono nato nel 1954).
      Tenere insieme il tutto era già complicato, e lo sarebbe stato molto di più negli anni successivi (Strage di Piazza Fontana in primis)..

  3. Caro Angelo,
    stavolta hai voluto conferire al tuo racconto uno sfondo storico, unendo la “macro storia” di un evento memorabile, autentico spartiacque epocale, alla “microstoria” di Carlo ed Emma (mi viene in mente la rivista “Micro-macro”…), in un importante momento di passaggio delle loro vite, chiuse nella dimensione della provincia. Gli scenari che hai delineato sono, come sempre, nitidi, e le due dimensioni narrative (micro e macro) si interpenetrano con naturalezza. Lo scetticismo di Carlo, la sua non rassegnazione ad un destino squallidamente provinciale, la distanza da quell’evento quasi incredibile, che in famiglia e nel paese vivono con tanto entusiasmo, restituiscono il senso dello sfasamento, sempre esistente, tra queste due dimensioni storiche, per cui il grande evento non incide sulla normale, e spesso difficile, realtà quotidiana. La tenace curiosità del figlio Matteo, ancora immersa entro una certa ingenuità infantile, vivrà l’evento filtrandolo con gli occhi della fantasia, proiettata verso il suo futuro.

    Rispetto ad altri racconti, il linguaggio di questa narrazione mi sembra presenti, anche nel parlato dialogico, una minore inclinazione all’utilizzo di termini e di cadenze dialettali, mantenendosi, salvo rari casi, su un adeguato registro lessicale medio, cosa che certamente contribuisce a rendere la narrazione più scorrevole, sottraendola ad una localizzazione troppo precisa, nonostante la delineazione riconoscibile degli ambienti di vita. Ciò rende più efficace la delineazione, nel ristretto ambito di un paese di provincia, di quella fase storica di passaggio che caratterizzò gli anni del boom economico ed il progressivo processo di inurbamento di masse di persone verso la città.
    Un caro saluto,
    Leonello.

  4. Ciao Angelo,
    mi sono concessa del tempo per leggere il tuo significativo racconto che tocca, come sempre tanti tasti delicati del nostro quotidiano. Sembra lontano quello “sbarco” (qualcuno dice addirittura che non c’è stato perché fu tutta una manipolazione per esaltare la tecnologia statunitense) ma in effetti è come se il tempo non sia passato.
    Questo si coglie dal tuo testo che entra nel microcosmo di una famiglia per cogliere quegli aspetti meno noti dello spicciolo vivere. E qui gli anni che passano non contano.
    Grazie per queste tue pillole di riflessione. Oggi più che mai ne abbiamo bisogno.
    Un abbraccio.
    Lucia

    1. Grazie Lucia,
      quando scrivo racconti come questo, dove gli eventi sono vissuti dal basso, ho in testa Amarcod di Fellini. Tu che scrivi anche di cinema ne sai qualcosa, è un film dove la grande Storia, come il fascismo, in fondo non riescono più di tanto a scalfire le abitudini della vita di provincia. Sì, ci sono le adunate, le bastonature, l’olio di ricino, ma poi la vita di tutti i giorni è fatta di ambienti familiari, … di piccole storie.

  5. “ in effetti è come se il tempo non sia passato. “ ( Bruni)

    “ la grande Storia, come il fascismo, in fondo non riescono più di tanto a scalfire le abitudini della vita di provincia. Sì, ci sono le adunate, le bastonature, l’olio di ricino, ma poi la vita di tutti i giorni è fatta di ambienti familiari, … di piccole storie. “ (Australi)

    Quotidiano (o “piccole storie”) impermeabile alla “grande Storia”? Lo sbarco sulla luna che diventa insignificante rispetto ai problemi familiari?
    Non mi pare. La TV è entrata nella famiglia, di cui qui narra Angelo Australi, (e nel vicinato…), condiziona – anche se moglie e marito discutono di altro – i desideri e i comportamenti dei personaggi, mutandone (magari di poco) i ritmi; ed ha un posto di rilievo nel racconto incentrato proprio su una sua trasmissione.
    Ricordarsi di Jannacci: La televisiun la g’ha na forsa de leun
    La televisiun la g’ha paura de nisun
    (https://www.youtube.com/watch?v=voXQ-31yRyk)
    Forse c’è un intreccio più complicato tra grande Storia (in questo caso le imprese spaziali) e vita sia pur di provincia. E si vede nel racconto stesso.
    Insomma, la grande Storia – (anche se non è più all’insegna del mito del Progresso) – non è acqua che scorre… e non possiamo avere più l’olimpica indifferenza di Carducci:
    “Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
    Rosso e turchino, non si scomodò:
    Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
    E a brucar serio e lento seguitò”.
    Anche perché “quel chiasso” oggi è fatto di bombe.

    1. Sì Ennio, hai ragione… La storia non è acqua che scorre. Ma è il ragazzo che sta sveglio fino a tardi, il padre e la madre sono presi da altri guai che gli girano per la testa. I dialoghi si intrecciano a più livelli, il padre con la madre, fratello con sorella, e lei con padre e con madre. Mentre in TV c’è un evento che va avanti in modo parallelo, come uno spettacolo che non c’entra niente con quello di cui stanno discutendo.

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