L’età di Biden

 

Bollettino elezioni americane (2)

di Raffaella Ferraiolo Depero

Ragazzi non c’è niente da fare, anche se Balordo44 ha proposto Michell Obama e Strullo45 AOC come alternative a Biden nelle elezioni presidenziali la scelta è binaria: Biden oppure Trump.
La convenzione democratica è al lavoro, chiedendo freneticamente il parere dei vari Strulli e Balordi, ma pare che non ci sia niente da fare.

Fin qui ho scherzato ma scherzi a parte, leggendo alcuni commenti su Poliscritture e altri giornali italiani, mi sono accorta della completa disinformazione e del delirio isterico e non documentato degli italiani sulle elezioni americane.
Osservando anche l’ossessione frenetica sull’età del presidente Biden, in Italia e in US, sono profondamente preoccupata per il futuro degli US e mi sembra possibile che entro il prossimo anno la democrazia americana possa essere irrimediabilmente alterata dall’ascesa alla presidenza di un pericoloso, squilibrato, già condannato stupratore e aspirante dittatore, imbroglione e bugiardo che porterebbe alla distruzione della Costituzione e della democrazia americana e alla annessione dell’Europa alla Russia.
Le preoccupazioni sull’età di Biden hanno messo in ombra la vera posta in gioco nelle elezioni del 2024. Questo delirio mi ricorda il furore del 2016 sulle emails di Hillary Clinton, che era un problema minore ma che ha finito per far pendere le elezioni a favore di Donald Trump.
In questo contesto vorrei soprattutto sottolineare l’irresponsabilità dei media, sia italiani che americani, che crocifiggono un valido candidato sull’altare del “FARE NOTIZIA”.
Dobbiamo tutti alzare la voce nel denunciare anche una sia pure parziale copertura delle storie.
Cade a questo proposito questa lettera che abbiamo scritto al NYT.

A: ‘editorial@nytimes.com’

Oggetto: Distorsioni e false dichiarazioni del NYT

Siamo un gruppo di resistenza a Trump affiliato con Battleground New York, Working Families Party, Planned Parenthood, United Healthcare Workers East , Communications Workers of the America, Indivisible, MoveON, swing Left, Center for Common Ground, The States Projects … e siamo sconvolti dalla copertura politica del NYT nelle ultime settimane.
Cominciamo a temere che voi abbiate intenzione di fare a Biden quello che avete fatto a Hillary Clinton, crocifiggendola sull’altare del vostro disperato bisogno di apparire imparziali.

Solo due esempi recenti:

1) https://www.nytimes.com/2024/02/08/us/politics/biden-legal-exoneration-political-nightmare.html

Esenzione legale, incubo politico.

Il procuratore speciale Robert Hur [repubblicano] che indagava sui documenti classificati di Biden, ha esordito dicendo che non c’è stata alcuna azione sbagliata, nessuna accusa, niente da indagare e avrebbe dovuto fermarsi qui.
Ma ha continuato affermando in maniera subdola che Biden non deve essere chiamato a testimoniare perché è un uomo anziano e con scarsa memoria. In questo modo Hur ha colpito la più grande vulnerabilità politica del presidente Biden.
Perché mai avete scelto di inquadrare questa storia esattamente come Robert Hur desiderava – ovvero una narrazione sulla decrepitezza e incapacità di Biden – quando la storia è che non c’è stata alcuna azione sbagliata, nessuna accusa, niente da indagare! Non c’è stato alcun offuscamento, nessun pericolo per la sicurezza nazionale, nessun intento malizioso o scambio di informazioni per guadagno personale, come avviene nel continuo cattivo trattamento dei documenti classificati di Trump.
Biden è stato un presidente sorprendentemente efficace e produttivo, ed è decisamente forte rispetto al suo altrettanto “anziano” aspirante-dittatore avversario che non riesce a trovare la maggior parte dei paesi su una mappa, confonde Nikki Haley e Nancy Pelosi, parla con parole sconnesse, cita Hitler, ed è in procinto di distruggere la Costituzione e ogni norma e istituzione democratica. Dove sono le storie sull’enorme ignoranza, venalità e confusione mentale di Trump, sulla sua evidente inidoneità a ricoprire cariche pubbliche di qualsiasi tipo?
PERCHÉ nel mezzo della storia di Peter Baker del 2/11/24 sulla promessa di Trump di porre fine agli impegni degli Stati Uniti nei confronti della NATO c’è un riquadro “Cosa dicono gli americani più anziani sull’età e sulla leadership”?
Perché persistete nel rendere l’età la questione dominante nella campagna piuttosto che la leadership, le politiche, il carattere e i risultati? Avete intenzione di appoggiare una presidenza Trump?

2) https://www.nytimes.com/2024/02/09/world/europe/putin-ukraine-deal-tucker-carlson-interview.html

Putin agli Stati Uniti: facciamo un accordo sull’Ucraina (alle mie condizioni)

Il leader russo crede chiaramente di poter ora negoziare con forza, come si evince dal messaggio a seguito all’intervista a Tucker Carlson [ex reporter di FoxNews, cacciato via addirittura da FoxNews].
Invece di questa storia sulle sconclusionate idee di Putin sarebbe valsa la pena di sottolineare l’assurdità di questo viaggio di Carlson che è andato in Russia per negoziare una vittoria russa sull’Ucraina e riformulare la politica estera degli Stati Uniti? La storia era incentrata sull’idea che Putin sembrava non riuscire a far capire i suoi punti e sul fatto che Carlson era “scioccato” e che gli altri erano “perplessi”.
Perché non avete riportato il fatto che Carlson era perfettamente felice di fungere da “utile idiota” di Putin e che, senza un pubblico tutto suo, sembra che abbia tentato senza successo di inventare qualcosa, qualsiasi cosa, sensazionale nel tentativo di riconquistare un po’ di ascolto?
Perché mai, insensatamente, avete trattato la visita di Carlson come se fosse stato il fallimento di una sorta di serio incarico diplomatico?
Perché non si è assolutamente discusso delle implicazioni per la stabilità mondiale e la solidarietà della NATO se si permettesse all’Ucraina di perdere questa guerra?
Dalla chiacchierata di Tucker Carlson con Putin, emerge che il leader russo aveva più volte sottolineato che l’invasione della Polonia da parte di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale era giustificata (la Polonia “lo ha costretto a farlo”, Hitler “non aveva scelta”). Due giorni dopo, Trump ha detto che avrebbe “incoraggiato” Putin a invadere qualsiasi alleato della NATO.
Il NYT non ha menzionato l’attenzione di Putin sulla Polonia (nostro alleato della NATO) nella storia della visita di Carlson, concentrandosi invece sulle “divagazioni” di Putin.
Infine, apprezzeremmo davvero che voi vi concentrasse meno sulle ricette, su quali case hanno scelto i nuovi acquirenti, sulle diete e più sulla disintegrazione della nostra democrazia, sull’assenza di un discorso civile e sulla totale disfunzione del Congresso.
E dobbiamo ancora vedere qualche discussione del NYT sull’impatto dei principali risultati di Biden: infrastrutture, Semiconductors and Science Act (CHIPS), produzione, ripresa dalla pandemia, piena occupazione senza recessione, azioni per il clima, riduzione dei costi dei farmaci, estensione dell’assicurazione sanitaria, ecc., tutti risultati notevoli per l’economia americana e la qualità della vita.
Il fatto che la possibilità della Terza Guerra Mondiale evocata da Trump non sia nei titoli giganti di tutti i giornali, che sono invece ossessionati dall’età di Biden, è decisamente agghiacciante.
Siamo veramente in un momento degli anni ’30.
E il NYT e gli altri media cantano e suonano mentre Roma brucia.

Raffaella Depero e gli altri reSisters&Brothers
-ancora iscritti al NYT (per ora)

36 pensieri su “L’età di Biden

  1. a quanto pare, eliminate le “pagliuzze” nell’occhio di Biden, a detta dello stesso procuratore repubblicano, resta ancora da rimuovere la trave, di cui non si fa cenno nella lettera collettiva da voi inviata, al NYT, a favore del presidente in carica…Cioè, durante il suo mandato, la diffusione e l’incremento di armi e materiale bellico in ogni teatro di guerra nel mondo da parte degli US. Lontano dal loro territorio, cosi’ che la distruzione e la morte riguardi sempre gli ALTRI…Sarà che è ormai difficile credere che con le armi oggi si possa risolvere qualsiasi questione o conflitto, importante sarebbe prevenire le guerre e procedere a vie diplomatiche…Con cio’ non sarei sostenitrice di Trump…né di Putin
    Magari ci sarà anche una risposta da parte del NYT, grazie Raffaella se vorrai darcene notizia

    1. Certamente se il NYT risponde ve ne darò notizia. Non succede quasi mai. Ma intanto il nostro pensiero l’abbiamo mandato.
      Sono anch’io contro la fornitura di armi, comunque qui le cose stanno così.
      E NON vogliamo Trump ! Con lui le cose starebbero molto peggio. Ci ritroveremmo AOC avvelenata come Navalny.

  2. Santa polenta! Ormai col riscaldamento globale il mare si svuota di squali e si riempie di boccaloni, che ripetono con sincera convinzione le idiozie che Radio Europa Libera ci propinava negli anni 50, dal pericolo russo da cui solo gli eroici USA ci difendono alle cascate di democrazia che bagnano tutte le pianure americane. E giustamente se la prendono con quei giornalacci che vedono sole le crepe e non il sole splendente che ci passa attraverso.
    Il guaio è che qui in Europa si è diventati scettici, e i serbi non ci credono che se li bombardano è per il loro bene, ché le radiazioni fanno venir la democrazia; anche in Italia dopo tante bombe nelle banche e sui treni messi dal trio CIA/Mafia/fasci siamo un po’ meno entusiasti; pure nel Kosovo, dove d’improvviso han visto gli USA trasformare le guardie del corpo dei trafficanti di droghe in fronte di liberazione prima e loro governo poi, è sorto qualche dubbio. Per non parlare di iracheni, libanesi, afghanistani, siriani…ma si sa, i levantini son sempre diffidenti. E sempre qui in Europa persino i nostri generali ci hanno raccontato dei retroscena antipatici sull’Ucraina, con tal Viktoria Nuland che, su indicazioni di tal Biden, defenestrava nel ’14 un governo legittimo con l’aiuto dei neonazisti.
    E per dirla tutta, quello che è successo in Europa con l’Ucraina è stato piuttosto antipatico: la Germania che perde l’energia su cui si basava la sua ricchezza (e lo sbocco ad est su cui si basava il suo futuro), l’Europa che va a remengo economicamente e politicamente, e come in tutte le crisi l’ascesa politica delle destre; e non certo per colpa di Putin, che ha reagito allo strangolamento progressivo del pitone USA/Nato; la malafede di Biden si è vista nel 22, quando ha spedito Boris Johnson a bloccare l’accordo di pace già raggiunto. Se una cosa si può rimproverare al NYTimes è di parlar poco o nulla di queste cose, non certo di discutere del rintontimento di Biden che è cosa di cui il 70% degli americani son già convinti. Mentre fa finta di credere ai buffetti di Biden a Netanyahu mentre gli manda le bombe con cui bombarda Gaza e porta a termine indisturbato il genocidio dei palestinesi.
    Queste cose su TikTok però girano e portano l’80% dei giovani americani (e degli arabi immigrati) a disprezzare Biden.
    C’era una vecchia battuta attribuita a Dario Fo: ‘Tra un cretino e un ladro preferisco un ladro: almeno ogni tanto si riposa’; tra Biden e Trump si potrebbe dire lo stesso: Trump è un furfante egocentrico..ma guerre non ne ha fatte.
    E dato che ormai han tutti rinunciato ufficialmente ad occuparsi del pianeta che brucia, questi anni che ci restano da stare in padella vorremmo passarli senza anche le bombe in testa.

  3. Temo sia un errore, un limite, mettere in primo piano alcuni aspetti morali e di facciata dei due leader politici (Trump e Biden) che si contenderanno la carica di presidente degli US alle prossime elezioni. La nostra attenzione dovrebbe volgersi a capire gli interessi economici, politici e culturali che ruotano attorno a loro e che essi riassumono e interpretano più o meno bene. E non farsi ingabbiare nei clichè delle opposte propagande (quella che gioca la carta del Trump “pazzoide”; quella che insiste sul Biden “rimbecillito”) che mirano entrambe, con la potenza dei loro strumenti di persuasione e di manipolazione, a impedirci di ragionare per quel che ancora oggi è possibile. Trump e Biden sono soltanto figure, comparse della pesantissima crisi della democrazia americana (o occidentale). I due hanno fatto e faranno scelte – in politica internazionale o interna – che risponderanno all’ingrosso per il 90% agli interessi di lobbies potenti (economiche, militari, della comunicazione) e solo per il 10% a quelle del cosiddetto “popolo”. La proporzione potrà variare di poco o di molto a seconda delle contingenze ma il divario resta enorme e si perpetua. In questo divario sta la crisi della democrazia. Che è il vero problema che abbiamo di fronte tutti: americani, europei e “resto del mondo”.
    Ho l’impressione che oggi dobbiamo scegliere o stiamo scegliendo fra tre posizioni quasi “obbligate” ma per nulla entusiasmanti o rassicuranti:
    – quella di chi rimuove la crisi della democrazia, sorvola sul suo “invecchiamento” (paragonabile a quello subìto nel romanzo di Wilde da ritratto di Dorian Grey), ragiona come Churchill nel 1947 ( “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”) e trema per il peggio che potrebbe arrivare (Trump alleato di Putin);
    – quella di chi preferisce il “tanto peggio tanto meglio” o, con le parole di Dario Fo, riprese da Di Marco (‘Tra un cretino e un ladro preferisco un ladro: almeno ogni tanto si riposa’) e opta per Trump, concludendo con: “Trump è un furfante egocentrico..ma guerre non ne ha fatte” (per ora, aggiungerei, ricordando anche la prima immagine della presidenza Obama);
    – quella di chi (come me) pensa che con Biden questa crisi si trascinerà e con Trump peggiorerà o precipiterà ancora più; e crede di cogliere l’aspetto più tragico della situazione in due fenomeni: 1. la preoccupazione per la crisi della democrazia vale al massimo per la parte del mondo occidentalizzato ma non per il resto, che ha assaggiato le “guerre democratiche” e odia la “nostra” libertà costruita sulle loro rovine; 2. L’assenza, per il crollo della prospettiva socialista nel Novecento, di una alternativa reale capace di fermare la corsa alle guerre o riequilibrare almeno in parte nelle scelte governative dei vari Paesi la sproporzione 90/10 di cui ho detto sopra.
    P.s.
    Mentre preparavo questo commento, ho letto sulla pagina FB di Alessandro Visalli delle considerazioni “teoriche” o di “filosofia politica” che, anche se “intellettuali” a me paiono avere un legame con la questione qui in discussione. Ne riporto un pezzo:

    “Gli atteggiamenti contemporanei sono ovviamente figli della disperazione e della crisi, della caduta delle tradizioni critiche e delle relative comunità. Espressione inconsapevole dell’individualismo contemporaneo e dell’elitismo ad esso connaturato […] Quel che tendono a formarsi, nelle condizioni di una contemporaneità fatta di disorientamento e disgregazione delle identità politiche e sociali tradizionali e consolidate, sono ‘bande di fratelli’ armate contro tutto il mondo.
    Questo atteggiamento esprime il bisogno di trascendenza che è una delle condizioni necessarie del politico […] Uno dei nodi è cosa significa essere ‘oltre la destra e la sinistra’ e cosa non significa . Da un punto di vista semplice indica l’opposizione a quelle forze che si presentano sulla scena elettorale come ‘di destra’ o ‘di sinistra’, ma condividono tutto ciò che è oggi essenziale (ovvero la struttura economica, il posizionamento geopolitico, l’ancoraggio nel liberalismo). Da un punto di vista culturale significa rispondere ad una domanda del tempo presente non eludibile: cosa trattiene nell’ordine concettuale il tempo presente ed impedisce l’aprirsi di un nuovo mondo che, pure, spinge alle porte? […] Senza sciogliere questi nodi, guadagnando una reale indipendenza dalle egemonie delle destre (nuove e vecchie) e delle sinistre liberali (anche travestite in panni aristocratici), non si potrà che fallire nel riattivare un politico capace di futuro. Al meglio si otterranno ‘bande di fratelli’ serrate nei loro rifugi e armate le une contro le altre (questo è l’attuale destino di tutte le diaspore delle vecchie culture politiche, socialista, comunista, democristiana, ed anche delle nuove forme di radicalismo più o meno ‘rossobruno’). “

    (da https://www.facebook.com/alessandro.visalli.9/posts/pfbid02JFzxsTJhoDsDnk6qsdx6Afm1XwK1cWhF928HVojF5gcHC2nTT2yHPdR55ibsUyChl)

    1. Non credo che la gaglioffaggine propria dei 2 antagonisti (Trump ha dichiarato, pare, ma forse era Biden, che il legame tra Italia e Usa c’è da millenni, dall’impero romano…) sia così trascurabile rispetto agli “interessi economici, politici e culturali che ruotano attorno a loro”, per una ragione semplice: che gli interessi pesanti che ruotano attorno ai due accettano -o scelgono- di farsi rappresentare da loro. Sono quindi i primi, gli interessi, a sabotare l’immagine e il senso della democrazia. Qual è l’obiettivo? Forse il passaggio a una “democratura”, sistema che funziona alla grande in altri grandi imperi del mondo…

  4. Mi piacerebbe che, accogliendo anche l’invito di Ennio (da lui stesso poi in parte disatteso) si rimettessero le discussioni sui piedi, che una volta erano le basi materiali, il capitale, le forze imperialistiche ecc, e adesso si sono rintanati lasciando il posto ad una testa tutta fra le nuvole, che guarda ai caratteri, alla psicologia, ai personaggi e trascura del tutto i legami coi fatti materiali.
    Esemplifico: i fili Koch,ovvero la destra armata dei petrolieri, non ha mai appoggiato Trump (in seconda battuta le prime elezioni, per ora è con Nikky Haley); l’industria degli armamenti, coi suoi 40000 dollari annui a famiglia, è tutta schierata con Biden; il golpe in Ucraina è stato fatto con Biden vicepresidente e la Nuland sua assistente;
    la guerra su più fronti alla Cina è stata tutta organizzata da Biden.
    Trump aveva iniziato le salve anticinesi, ma senza arrivare al livello di guerra (quando si dichiara da interpreti autentici dell’amministrazione: ‘vogliamo farli tornare all’età della pietra..e assicurarci che ci restino’ questa è una dichiarazione di guerra); in compenso Trump è in sintonia con l’isolazionismo tradizionale repubblicano, che è l’opposto dell’interventismo democratico e che, pur provocando le lacrime dei resisters e brothers di Central Park, farebbero un gran favore all’Europa e al resto del mondo.
    Ecc Ecc
    E non mi pare un tanto peggio tanto meglio, anzi..

  5. Aggiungo: il buon reazionario Tucker Carlson, oltre all’intervista a Putin (che ci fa una figura da gigante rispetto ai candidati presidenziali americani) ne fa anche una a Snowden, quello dei documenti di Wikileaks; e va ricordato che il tutto avveniva con Obama presidente e vice un tal Biden; che nello spionaggio a danno di nemici e soprattutto amici mostra tutto il suo buon carattere (gli amici lo chiamano Nasty Joe).

  6. I vostri commenti mi convincono sempre più della disinformazione sugli US che dilaga in Italia. Mi dispiace. Qualcuno è rimasto addirittura ai tempi di Kissinger.

    1. Io cerco sempre le fonti; altri si accontentano delle favole.. mi sembra che il problema è che, secondo l’interpretazione bayesiana delle coscienza, è molto difficile smuovere un tifoso (sia delle Juve sia di Biden o degli USA) dalle sue convinzioni;
      come diceva recentemente Orsini a proposito della guerra in Ucraina, gli scienziati (ivi compresi gli storici seri, come lui) seguono una logica binaria (vero/falso) che rimane politicamente inopportuna o antipatica;
      io sto ancora aspettando che tu dica se sei andata a vedere il filmino di Zapruder…è una cartina di tornasole

        1. quindi pensi sempre che l’assassinio di Kennedy sia stato seconda la versione ufficiale, con Oswald solitario?
          grazie

          1. Io, che universitario, fui folgorato dal film JFK di Oliver Stone e mi misi a leggere libri e poi ricerche su internet ecc, su Oswald, alla fine, da ormai molto tempo, ho capito che sì, è stato Oswald, senza dubbio, da solo. Hanno fatto anche le ricostruzioni al computer e le traiettorie dei proiettili venivano da lì. E ricostruzioni balistiche, che fanno vedere come la testa colpita da dietro va … all’indietro, non in avanti. Ho letto pezzo per pezzo analisi che hanno smontato ogni ipotesi complottista. Il film di Stone è pieno di imprecisioni e cose di fiction, ora non riesco più a guardarlo. Delusione, lo so. Stessa cosa per inciso con Moro, in via Fani c’erano solo brigatisti, hanno sparato solo loro, idem il 9 maggio.

  7. Beh, Raffaella, chi ci capisce davvero cosa sta accadendo o accadrà negli US?
    Ho letto appena adesso questoarticoletto sulla pagina FB di Pierluigi Sullo e, siccome mi pare che, abbia a che fare – indirettamente – con il tema che stiamo dibattendo, lo copio….

    SEGNALAZIONE

    Pierluigi Sullo

    Ho visto l’ultima puntata di True detective e ho letto quel che ne pensa Lanfranco Caminiti, e sono molto d’accordo con lui. La quarta edizione della serie, diversa da tutte le altre, che sono diverse l’una dall’altra, è alla fine una faccenda di donne: le due detective, la ragazza uccisa, la ragazza che si suicida camminando nel ghiaccio, il gruppo di donne finale (non dirò come finisce, sarebbe indecente) sono le protagoniste assolute. Gli uomini o accessori e dipendenti o nocivi e assassini.
    E in tutto questo, il genio di Jodie Foster, la migliore attrice del mondo, che mostra i suoi bellissimi 61 anni tutti interi (tra tante labbra rigonfie e zigomi polposi): un personaggio che lei stessa giudica troppo severamente, in un’intervista la qualifica di “razzista”. Ma è in realtà, la detective Liz Danvers è solo americana. Ma è questo a metterla in rotta di collisione con tutti quanti, perché vive in un ambienta estremo, un paese in mezzo ai ghiacci dell’Alaska e per di più nel periodo dell’anno in cui non sorge mai il sole. Si vive al buio. Un’idea geniale, che dà, o meglio toglie, colore a tutto.
    Quel che aggiungerei, alla lettura di Lanfranco, è che le donne sono, a parte Danvers, tutte indigene, di un popolo artico, che parlano la loro lingua e hanno il loro modo di vivere (in quell’ambiente, appunto), e i loro rapporti forse matriarcali. Ed è come se la normalità della vita negli Stati uniti, quella appunto da cui proviene la detective Danvers, si frantumasse e si ferisse nell’incontro e scontro con un altro mondo, e in cui i modi consueti di ricercare benessere e ricchezza, la miniera, la ricerca scientifica sul permafrost, apparisse di colpo pazzoide e letale, con l’inquinamento che ammazza la gente, fa nascere morti i neonati e rende l’acqua un veleno.
    Secondo me, gli americani sono alle prese con la constatazione che la loro civilizzazione, che hanno esportato in tutto il mondo e portato all’estremo a casa loro (e Trump ne è una scoria), sta vacillando, e dunque scoprono le culture originarie, quelle di prima degli Stati uniti, e non solo quelle dei neri già schiavi o degli “ispanici” inurbati (tra Texas e California il nome di neonato più frequente, scriveva Mike Davis già anni fa, è “José”), ma appunto quelle degli indigeni di prima della “scoperta”. La detective Danvers, a un certo punto, parlando del paese dove vive e dove si svolge tutto il dramma, dice che “esisteva prima che esistesse l’Alaska”. E Jodie Foster, in una intervista, dice che tutto quanto “è al servizio dei popoli originari, mai trattati”.
    Come se il famoso “melting pot”, basato in realtà sul predominio bianco-anglosassone con qualche incursione italoamericana e irlandese, si stia disfacendo, ciascun ingrediente per sé (o per lo meno ciascun ingrediente suscita domande e dubbi ai bianchi-anglosassoni).
    Non so, magari proietto su True detective quel che penso io del mondo. E vabbè, si fa per chiacchierare.

  8. Ti ringrazio, Ennio.
    Ma trovo anche questo articolo che gentilmente hai copiato pieno di pregiudizi e falsità.
    Secondo me per capire gli US bisogna viverci.
    Comunque grazie.

  9. non ci siamo: ho amici e parenti negli USA, e ho sempre visto che, come capita a molti, hanno un’ìmmagine spesso sfalsata, come capita a guardare troppo da vicino; come per l’Italia, dove sono stati ottimi storici e sociologhi statunitensi a dare il la a molte ricerche. Il problema è che non puoi accettare (dentro di te) affermazioni che mettano in crisi i tuoi valori fondanti: con un amico newyorkese, ultimo erede di una famiglia di Harlem di gangster ebrei, abbiamo discusso accanitamente sulle torri gemelle, e lui si arrampicava sugli specchi per nascondersi la realtà (diceva che si sapeva che l’acciaio messo nelle torri era di cattiva qualità..e ingenuità analoghe); in tutti questi casi l’unica soluzione è quella scientifica: dati e fonti e ancora dati su cui ragionare. Che è cosa che fanno anche molti americani, come Krugman sul NYT, che nonostante sia un Nobel è persona seria e intelligente.
    Ma per tutti quando vai a toccare certi tasti trovi un muro..gli psicanalisti lo sanno bene; come anche i giornalisti: per un pò, sempre sul NYT, Zeynep Tufekci è stata la stella scientifica, quella a cui ci si rivolgeva nelle situazioni difficili; è bastato che toccasse dei tasti dolenti (l’origine del Covid) tirando fuori documenti compromettenti per vedersi messa in disparte,; ogni tanto un articoletto ma non più su questioni delicate…
    E quindi dovresti evitare giudizi trancianti tipo ‘pregiudizi e falsità’ in modo generico, ma sforzarti-so che è difficile-di entrare nel merito; se no è pura tifoseria

  10. … e se si azzerassero tutte le ipotesi e si guardasse al futuro? cosa possono essere gli USA? che può essere la alleanza italiana (non dirò “europea”) con gli Usa? cosa può essere il mondo oggi tra imperi potentissimi che si contrapongono?
    Il futuro della Terra (e nello spazio): chi lo sa pensare al nostro livello di persone comuni?

  11. SEGNALAZIONE

    Usa mettono il veto, bocciata la risoluzione araba su Gaza
    Londra si astiene, 13 voti a favore
    20 febbraio 2024, 18:02

    Redazione ANSA

    Riunione del Consiglio di Sicurezza dell ‘Onu sul conflitto a Gaza © ANSA/EPA

    Riunione del Consiglio di Sicurezza dell ‘Onu sul conflitto a Gaza © ANSA/EPA
    ROMA – La risoluzione araba del Consiglio di Sicurezza è stata bocciata per il veto degli Stati Uniti.

    La Gran Bretagna si e’ astenuta. Tredici membri del Consiglio hanno votato a favore.

    Prima del voto il Rappresentante Permanente dell’Algeria, il paese membro non permanente del Consiglio che ha presentato il testo, aveva sottolineato che la bozza di risoluzione presentata dal Gruppo Arabo all’Onu è “equilibrata” e “frutto di lunghi negoziati”, aggiungendo che “il Consiglio di Sicurezza non puo’ permettersi di restare passivo di fronte alla situazione a Gaza”. “Votare per questa bozza significa votare per il diritto dei Palestinesi alla vita”, aveva concluso.

    La risoluzione presentata dal Gruppo Arabo chiede il cessate il fuoco “immediato” tra Israele e Hamas e anche il rilascio di tutti gli ostaggi e il rispetto “scrupoloso” delle misure a protezione dei civili.

    Per gli Stati Uniti la risoluzione araba influenzerebbe negativamente, se adottata, i delicati negoziati in corso che rappresentano “l’unica” via per una pace duratura nella regione. Lo ha detto la Rappresentante Permanente americana Linda Thomas Greenfield prima di mettere il veto sulla bozza oggi in agenda. L’ambasciatrice ha annunciato ufficialmente il progetto di Washington per una risoluzione alternativa: “Ci sono molte cose su cui possiamo andare d’accordo”, ha detto Thomas-Greenfield invocando un cessate il fuoco “appena praticamente possibile”, la prima condanna di Hamas in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza e un monito a Israele a non lanciare un’offensiva di terra su Rafah.

    Riproduzione riservata © Copyright ANSA

  12. Cessate il fuoco…”appena praticamente possibile”…Questa la ” promessa” ovvero l’inganno, degli USA. Non bastando le migliaia e migliaia di vittime, la distruzione di un intero territorio, compresi ospedali, centri profughi, sedi ONU, forniture di acqua e di cibo…
    L’ invio continuo di armi ad Israele, mentre a parole si dice di voler frenare …Diplomazia sarebbe uguale a ipocrisia….e, secondo loro, siamo tutti d’accordo! Cosi’ non si puo’ pensare di liquidare il problema con : “…comunque qui le cose stanno cosi'” Non trattandosi di un ciuffo in piu’ alla capigliatura, oggi le armi e la loro diffusione, sconsiderata e assassina, rappresentano il male assoluto, la certezza della fine del genere umano…D’altra parte la logica dei potenti è questa: possiedo piu’ armi e piu’ potenti…quindi ti ammazzo…quindi ho ragione. Non fa una piega

  13. Rispondo non ad una sola persona ma a tutti voi che mi avete attaccato . Io la penso esattamente come voi. Solo che forse sono più pratica.
    Che cosa fareste voi al mio posto? Non andreste a votare? E consegnereste l’America ai fascisti e l’Europa a Putin?

    1. Io al suo posto farei quel che avrei fatto già per la contesa Al Gore – George W Bush: avrei votato per Ralph Nader.

      Rimasi impressionato dai film di Michael Moore, che era amico di Nader e forse in passato anche attivista verde, non ricordo, ma all’epoca consigliava di votare per Nader negli stati a sicura vittoria di Gore e di votare per Gore negli stati in bilico. Eh già, bisognava fermare quel pazzo di George W. Bush, no? Una anomalia per i repubblicani.

      Ecco, non le sembra che siamo sempre in una fase di emergenza perenne? Che ogni anno che passa pare che non ci sia fine al peggio, per cui bisogna votare il meno peggio sennò arriva la catastrofe? Io ho 53 anni, in Italia da quando ne ho 20 siamo in fase di emergenza, c’era tangentopoli, il debito, il deficiti, Scalfaro che chiama Ciampi per risanare l’Italia, e poi? Poi via di governo tecnico in governo tecnico, qui in Italia, sempre per via dell’economia, Prodi diventato eroe degli ex comunisti per fermare lo spauracchio Berlusconi….

      E in America? Ah, no, in America mentre noi avevamo i due vecchi Prodi e Berlusconi, loro avevano Obama, giovane, nero, bello, il rinnovamento! Idolo della sinistra, ovviamente, che va in turné in Europa e dice basta muri a Berlino, oh come era rivoluzionario. (io però già allora avevo notato che in Israele non diceva basta muri, e anzi ripeteva Gerusalemme capitale unica dello stato di Israele, cosa che ha ricordato Trump anni dopo quando ha messo l’ambasciata a Israele, ma i democratici scandalizzati vero?)

      E intanto Michael Moore si era omologato anche lui e votava Obama salvo poi accorgersi puntualmente che pure lui… e infatti nell’altro suo documentario vede Obama fregarsene dell’acqua di Flint. E dei verdi non parla più nessuno, c’è Obama… e ovviamente quello più radicale forse era Howard Dean, non il moderatissimo Obama.

      E poi è arrivata la Clinton (sono una monarchia di famiglie gli Usa?) e Trump.
      E ora abbiamo Biden vecchio bacucco e rimbambito e Trump: Prodi e Berlusconi al confronto erano dei giovani.

      Ma davvero ci fasciamo la testa se vince Trump? Forse farebbe finire la guerra in Ucraina e l’Europa sarebbe meno colonia american-sionista, con Trump. Chissà.
      Certo, negli States stareste peggio, suppongo.

      Guardi, l’unico vero motivo per cui Trump è molto peggio di Biden, per il futuro del mondo è l’ambiente. Quello sarebbe l’unico mio dubbio, il surriscaldamento climatico. Per inciso, surriscaldamento di cui parla più nessuno perché le guerre producono diossido di carbonio a iosa, quindi politiche di guerre e di riarmo non sono compatibili con politiche ambientali (oltre al fatto che tolgono soldi a welfare, istruzione e sanità).

      Ma arrivati a questo punto, faceva bene Michael Moore a dire che bisognava essere meno radicali e votare Gore anziché Nader negli stati in bilico? Che fine hanno fatto i verdi? Che all’epoca qualcosa contavano? Hanno smesso di crescere, suppongo, e quindi andremo avanti per tutta la vita a dire che bisogna votare democratico, anche un quasi demente e certo guerrafondaio come Biden perché nei repubblicani c’è un pazzo, razzista, omofobo ecc?

      Insomma, io se ci fosse un partito di sinistra vera lo voterei, e poco mi importerebbe se non avesse nessuna chance di avere rappresentanti eletti.

        1. io non sono mai stato per il non-voto, e infatti ho detto che fossi americano voterei per un partitino di sinistra, ma ora credo ci sia un salto di qualità nel marciume raggiunto dal sistema democratici vs repubblicani: George W. Bush era peggio di Biden? Non lo posso dire, e non è una provocazione la mia: in fondo gli elettori democratici hanno eletto un uomo che si sta rivelando complice del più grande genocidio recente. Si merita di essere rieletto? Non basta criticarlo come leggo ovunque per l’appoggio dato a Israele con infiniti veti all’Onu (l’ultimo oggi sul massacro della farina, chiamiamolo così), c’è un limite alla decenza, secondo me, se si vuol essere democratici: non merita di essere rieletto. I complici di un genocidio (poco importa se formalmente o meno dichiarato, i fatti parlano chiaro) a mio parere non dovrebbero avere alcun tipo di sostegno. Gli elettori democratici dovrebbero ripensare la loro storia alla radice.

          1. “Gli elettori democratici dovrebbero ripensare la loro storia alla radice.” (Galbiati)

            E cioé? Votare un “partitino di sinistra” ferma Trump?
            Tanto varrebbe votare subito Trump che il “genocidio” di Netanyahu lo ratificherebbe….
            Proprio qualche ora fa ho segnalato:
            COSA ACCADRA’ AL POPOLO DI GAZA?
            di Gilbert Achcar
            https://rproject.it/2024/02/cosa-accadra-al-popolo-di-gaza/
            e lo stralcio in cui dice:

            ” I leader israeliani attendono con ansia ciò che produrranno le imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti, poiché tutti credono che il ritorno di Donald Trump alla presidenza, se raggiunto, fornirà a Israele un’opportunità storica per procedere con la realizzazione del “Grande Israele” da dal mare al fiume, allontanando i palestinesi da quelle due parti, dalla terra di Palestina su cui erano rimasti dopo la Nakba del 1948.”

            Temo che la tragedia in arrivo sfugga…

          2. “Tanto varrebbe votare subito Trump che il “genocidio” di Netanyahu lo ratificherebbe….”

            Io mi chiedo: Biden non lo sta ratificando? Al di là di alcune dichiarazioni di principio dette probabilmente per le imminenti elezioni (chiedere uno stato palestinese) contraddette da tutti i fatti possibili (il sostegno alle colonie, i veti Onu a ogni vero cessate il fuoco e al riconoscimento dei crimini israeliani), Biden sta partecipando attivamente a tutto quello che fa Israele. Se la Corte dell’Aia arrivasse alla sentenza di genocidio, i democratici cosa farebbero al Consiglio di sicurezza dell’Onu? Si opporrebbero.

            Ora, l’articolista descrive la strategia israeliana molto bene nel suo articolo, niente da eccepire.

            Sul finale però c’è da eccepire. Achcar dà per scontato, in modo direi troppo assoluto (“tutti credono” che Trump ecc.), che con Trump Israele non avrà freni ad allontanare i palestinesi e a formare la Grande Israele dal mare al Giordano. Mah, qui ci sono davvero troppi SE che mancano. Come sarà la situazione a Gaza a fine 2024, quando ci saranno le elezioni? Quanto tempo resterà in carica Netanhyau? Chi gli succederà? Dove andrebbero i palestinesi “allontanati”? Biden si opporrebbe in modo fattivo o solo di facciata al piano della “Grande Israele”?

            Personalmente, non mi sembra realistico pensare che i palestinesi possano essere allontanati da Gaza o West Bank: sia per motivi interni, motivi gravi, e cioè il dissenso di circa metà della popolazione israeliana, che comporterebbe uno scontro sociale imprevedibile. Sia per motivi logistici: dove andrebbero? In tende nel Sinai? (Non penso che Giordania ed Egitto se ne farebbero carico). Sia per motivi internazionali: Iran e stati arabi starebbero ancora a guardare? L’Europa sosterrebbe ancora Israele?

            Dopo di che, non nego certo la realtà, ossia che Trump avrebbe posizioni più simili agli estremisti di destra israeliani. Ma non credo che siano Trump o Biden a decidere (né a incidere granché nel) la politica di Israele. E’ Israele a dettare le regole, e gli Usa seguono, con più o meno malumori, ma seguono sempre.

            Per concludere, il voto è personale ed anche una mediazione tra coscienza e strategia politica.
            Capisco le ragioni per non far vincere Trump (le capisco più per altri temi che non per la Palestina).
            Se fossi americano riterrei che la situazione in Palestina non cambierebbe in meglio (nella sostanza) con Biden e a ogni modo il mio disgusto e la mia lontananza politica e ideale dai democratici ormai mi impedirebbe, per coscienza, di votare uno come Biden, che considero complice di un genocidio. Sarei ben lieto se il partito democratico si spaccasse in due, ma credo che il Sistema bipolare americano sia troppo forte, per motivi forse più economici che politici, per consentire un terzo polo.

            Constato dunque, una totale disperazione per il futuro di America e Israele e mi auguro solo che i nodi vengano al pettine ossia che il sistema americano bipolare ormai incancrenito e succube della lobby ebraica, e la contraddizione israeliana tra stato ebraico e democrazia entrino in una crisi irreversibile.

  14. Cara Raffaella
    il guaio di tutto questo dibattito sono quelli che tecnicamente si chiamano ‘presupposti nascosti’, che sono le cose che si danno per scontate e però influenzano il resto del discorso.
    Il primo presupposto è che Putin sia un imperialista che vuole invadere l’Europa; cosa che non è e non si sogna di fare; come spesso qui ripetuto lui ha reagito a uno strangolamento progressivo. Ma non è per convincerti: semplicemente da voi viene dato per scontato, e da noi (perlomeno fra chi ragiona e si informa) no.
    Fra l’altro è uscito ieri sul NYTimes un bel servizio sulle basi segrete CIA in Ucraina, dove si spiega che appena dopo il golpe contro Yanukovich i capo dei servizi segreti ha consegnato alla CIA una serie di piani segreti russi, dando inizio ad una feconda collaborazione; dove oggi l’Ucraina è per la CIA la principale fonte di informazioni sulla Russia; e dove dalle basi segrete arrivano tutti i dati satellitari americani, dalle conversazioni tra generali russi agli spostamenti di truppe,…e la collaborazione si spinge fino alla recente decisione di Biden di rifornire gli Ucraini di missili a lungo raggio che possono colpire il territorio russo: rompendo così l’ultimo sottile velo che separava gli USA dalla guerra aperta; con l’unica (comoda) differenza che non ci sono soldati americani ma solo ucraini.
    L’altro presupposto nascosto è al cuore dell’ideologia americana: che la democrazia, questa (vostra) democrazia sia la migliore forma di organizzazione sociale.
    Ma come dice un’altra bella inchiesta del NYTimes, durata due anni, fatta con colloqui in tutti gli USA, la differenza fra come gli economisti e il popolo vedono l’economia (quello di cui Krugman non si capacita) non sta negli indicatori o nel paniere, ma nel fatto che la gente riassume la situazione con una sola parola: avidità (greed); sente che non ha voce in capitolo, potere reale, che chi è ricco si approfitta della sua situazione e toglie loro possibilità. In forma ingenua le classiche critiche al capitalismo dei comunisti. Epperò vedono anche, chiaramente direi, che i democratici, la Clinton, Biden, sono l’incarnazione e l’espressione di questo potere opprimente. E la cosa tragica è che un reazionario gaglioffo come Trump, alleato della destra evangelica oscurantista che lo ha spinto al potere (30 milioni di evangelici hanno spinto lui negli USA e altrettanti Bolsonaro in Brasile) si è fatto interprete di questo sentimento anti-stato (contro l’establishment). E i democratici possono solo ringraziare se stessi, che hanno fatto lo sgambetto a Sanders (che era dato vincente su Trump con margini stellari) e in questo modo si sono tagliati le poche possibilità che avevano di impedire questa saldatura (che oggi viene chiamata populista).
    Il fatto che oggi abbiate di fronte una scelta tra Biden (che sta precipitando il mondo verso una guerra continua) e Trump urla che il vostro sistema politico è marcio;
    Ma finché non vi togliete gli occhiali rosa e affrontate-in fretta- i problemi che pongo sopra, parlare di scelta, anche come Zugzwang- non ha senso.

  15. Non mi pare che le critiche di Sanders alla “democrazia” USA e dell’autore dell’articolo, Carlo Formenti siano cos’ trascurabili….(Consiglio di leggere per intero l’articolo).

    SEGNALAZIONE

    LA SFIDA DI SANDERS NON SPAVENTA IL CAPITALISMO
    di Carlo Formenti
    https://socialismodelsecoloxxi.blogspot.com/

    Stralcio:

    Eppure Sanders non si pente di avere interrotto la propria campagna per appoggiare Biden, anche se molti dei suoi sostenitori non erano d’accordo. E qui devo confessare che, malgrado la simpatia che provo nei confronti del personaggio, le motivazioni che adduce suonano, rispettivamente, speciosa (la prima) e opportunistica (la seconda). La prima consiste nel rilanciare il messaggio democratico che recita “noi non siamo un granché ma i repubblicani sono peggio”, messaggio, scrive Sanders, “ in cui c’è più di un granello di verità”. Specioso perché, come abbiamo visto, è lo stesso Sanders a dimostrare che le politiche dei democratici non sono meno aliene agli interessi dei lavoratori di quelle dei repubblicani: i 230 miliardi che Wall Street ha dato a Biden a fronte dei 135 elargiti a Trump – vedi sopra – parlano chiaro, così come parla chiaro il fatto che gli elettori poveri abbiano voltato loro le spalle. Quanto alla presunta minaccia che Trump rappresenterebbe per la democrazia, suona falsa di fronte al fatto che lo stesso Sanders ci dice che la democrazia americana è morta da un pezzo, uccisa dalla corruzione esercitata dal denaro. Resta, ed è davvero l’unico, l’argomento relativo ai sentimenti razzisti, sessisti ed omofobi del magnate repubblicano. E tuttavia Sanders dovrebbe rendersi conto che, insistendo su quest’unico tasto, offre un assist perfetto alla propaganda repubblicane contro il “capitalismo woke” (2), propaganda che suona credibile alle orecchie di quei lavoratori che vedono come le aziende impegnate a tutelare i diritti di donne, gay, lgtbq, ecc. siano le stesse che ignorano il loro diritto a un salario e a un lavoro decenti.

  16. Le prediche che Formenti fa a Sanders lasciano il tempo che trovano. Il problema non è quello: ormai si rigioca una partita con Sanders escluso e Trump che ha il monopolio degli antisistema.
    Ed è cosa che fa piangere chi ha ancora occhi per farlo.

  17. Riflessioni a margine ma adatte anche per le presidenziali USA…

    SEGNALAZIONE

    L’autoritratto politico nel contemporaneo. Fenomenologia e funzioni sociali – di Pietro Saitta

    1.
    Si può dunque asserire che dopo tutto l’istituzione struttura ancora la rappresentazione e che, per lo meno tendenzialmente, in rapporto al possesso di certe cariche, la possibilità di autoritrarsi liberamente si riduce.
    È questa, comunque, un’affermazione che conosce degli importanti caveat: per esempio quelli posti da un presidente come Trump, che non ha mai rinunciato alla “libera” espressione di sé e all’impiego dei social media; oppure di un ministro degli interni come Salvini, che ha coltivato anch’esso le medesime pratiche. L’enfatizzazione della nozione di libera espressione serve a dire, semmai vi fosse bisogno di ricordarlo, che nessuna di queste immagini, parole e video è spontanea e che, anzi, la loro messa in circolazione segue tempistiche e finalità legate alla situazione. Ciò consente di osservare anche che mentre la ritrattistica classica doveva durare, quella contemporanea è per lo più effimera. Ossia è inserita in un flusso continuo di immagini, che svaniscono rapidamente e, probabilmente, lasciano nella maggior parte dei casi poca o nessuna traccia specifica negli spettatori; ma che possono però essere anche archiviate, recuperate e riorganizzate da soggetti estranei alla platea dei sostenitori per finalità diverse, come per esempio la produzione di filmati polemici da impiegare in fasi successive dello scontro politico. 
    2.
    L’individuo politico si autoritrae perciò in un’infinità di situazioni, persino le più private. Se Luigi XIV poteva essere visto solo da pochi intimi mentre amministrava e, contemporaneamente, espletava le sue funzioni corporali, un politico italiano può  ritrarsi seduto sul gabinetto mentre legge un quotidiano, per essere così visto da milioni di cittadini. Ugualmente un suo collega può ritrarsi mentre coltiva la propria clientela di piccoli imprenditori e bottegai; oppure mentre perseguita mendicanti o immigrati, compiendo magari egli stesso una pletora di reati e abusi, certo comunque di trovare del pubblico plaudente e di generare altresì discorsi dedicati alla sua persona, familiarità, fidelizzazioni etc.

    3.
    malgrado esistano anche i comunicatori fluviali, capaci di realizzare lunghe dirette, in generale ciò fa sì che la comunicazione debba farsi per lo più breve per non superare il tempo ridottissimo imposto da gran parte dei canali. E anche che, oltre a farsi brevi, queste comunicazioni non appaiano particolarmente complesse per non sfidare la pazienza dello spettatore, per essere idonee ai tempi supposti di durata della sua attenzione e anche al suo livello culturale immaginato. L’esito pressoché obbligato è che rappresentazioni e autorappresentazioni debbano oscillare per lo più tra i canoni della leggerezza, della riproduzione di stereotipie, della polemica (sarebbe forse meglio dire del dissing e del blasting) e, in alcuni casi, di quelli legati al corpo (non importa se bello o brutto, se agghindato mediocremente o con abiti e accessori sgargianti). In questo modo, peraltro, accade che la politica smetta di essere la più importante delle attività umane e diventi così un campo come un altro tra i mille che intersecano la vita e gli sguardi sociali e individuali.

    (da https://www.altraparolarivista.it/2024/02/26/lautoritratto-politico-nel-contemporaneo-fenomenologia-e-funzioni-sociali-di-pietro-saitta/)

  18. “Constato dunque, una totale disperazione per il futuro di America e Israele” (Galbiati)

    Io ho parlato di tragedia in arrivo (anche per noi). Al di là delle distinzioni che comunque vanno fatte tra Trump e Biden (come personaggi più che per i mondi economico-militari che in quote leggermente diverse rappresentano), quel che veramente rattrista è l’assenza di una qualche alternativa a questi scontri tra potenze dominatrici. Che carte abbiamo? La denuncia, la testimonianza dell’ingiustizia… E’ per questo che giocherellare attorno alla parola ‘genocidio’ (vedi ora anche le dimissioni di Cenati dell’ANPI milanese) a me fa pena. Non basta la parolina magica che ci fa sentire nel giusto. Né il non usarla. Quando gli altri sono assassini e usano le armi, a che servono le parole che non riescono ad organizzare la lotta contro di loro?

    1. La mia impressione è che le dimissioni di Cenati siano dipese dalla sua vicinanza alla comunità ebraica, da lui stesso ribadita, non solo per la telefonata alla Segre fatta subito dopo le dimissioni. Credo che la sua contrarietà all’uso della parola genocidio sia pretestuosa. Nelle sue dichiarazioni ha assunto le posizioni tipiche di Israele, insistendo sul 7 ottobre e affermando che anche Hamas vorrebbe (secondo lui) distruggere Israele – insomma ha equiparato politicamente e moralmente il 7 ottobre e le intenzioni di Hamas con quel che sta facendo Israele. Mettere d’accordo le posizioni dell’agenda pacifista con quelle della comunità ebraica schiacciata su Israele non è possibile.
      Da qui le dimissioni.

      Infatti, come dice l’Ansa: “Le parole del presidente dell’Anpi di Milano mi lasciano stupito.
      Una delle parole d’ordine per la grande manifestazione del 9 marzo è ‘impediamo il genocidio’, parole che utilizza il Tribunale Penale Internazionale. Dire ‘impediamo’ poi significa che non c’è ancora un genocidio ma c’è pericolo che accada”. Così il presidente nazionale dell’associazione dei partigiani, Gianfranco Pagliarulo, commenta all’ANSA le dimissioni di Roberto Cenati, presentate perché in disaccordo con l’utilizzo della parola “genocidio” nei confronti dell’azione militare di Israele nella Striscia di Gaza.

      “L’Anpi – spiega Pagliarulo – fa parte di un’alleanza di associazioni che, dopo un ampio dibattito, ha costruito una serie di parole d’ordine per dar vita alla grande manifestazione nazionale del 9 marzo a Roma. Una di queste è ‘impediamo il genocidio’, frutto di una lunga riflessione. Si tratta di parole che utilizza il Tribunale Penale Internazionale e, dunque, ci siamo semplicemente adeguati a una proposta di buon senso. Vorrei sottolineare poi che impedire significa che non c’è ancora un genocidio in corso, ma c’è il pericolo che accada”. “Cenati – prosegue il presidente dell’Anpi – mi pare che sia in estrema difficoltà con le sue sezioni. Ma questo è un problema di Milano su cui non metto becco, visto che siamo un’associazione democratica”.

      Il problema relativo all’uso della parola genocidio esiste. Personalmente credo che sia una questione tecnica, giuridica, con un buon grado di arbitrarietà giudicarlo tale o meno (anche ammesso che non ci siano le inevitabili pressioni politiche internazionali). Ciò che dirà la Corte dell’Aia, quando emetterà la sentenza, per quanto mi riguarda non aumenterà né sminuirà quel che sta succedendo a Gaza. Il giudizio politico e “umano” di quanti sanno cosa sta succedendo è – dovrebbe essere – chiaro e inappellabile, indipendentemente dall’uso o meno della parola genocidio. E’ chiaro cioè che non è lo sterminio di un popolo, ma è altrettanto chiaro che non è semplicemente una guerra con tanti crimini di guerra, c’è stato un salto di qualità rispetto agli altri bombardamenti di Gaza. Il problema è che chi manifesta deve pur avere delle parole d’ordine, degli slogan o anche solo una dichiarazione di intenti, e allora dopo l’ordinanza della Corte “impedire il genocidio” mi sembra più adeguato di un semplice “cessate il fuoco” o “fine della guerra” (o il simmetrico: Cessate il fuoco e restituzione degli ostaggi).

  19. SEGNALAZIONE DALLA PAGINA FB DI GABRIELE GERMANI

    Il quadro bellico in Ucraina sta mutando -sembra definitivamente- a favore di Mosca. Mentre le truppe russe, avanzano villaggio dopo villaggio, stradina dopo stradina, la leadership ucraina favoleggia su una presunta controffensiva, probabilmente mandando in questo modo un’implicita richiesta di aiuto agli alleati occidentali.
    Nelle settimane passate abbiamo visto un crescente disimpegno statunitense, controbilanciato da un impantanamento in salita degli Stati europei: gli episodi più drammatici al riguardo rimangono la sparata di Macron sull’invio di truppe occidentali in Ucraina e la conversazione tra alti vertici militari tedeschi intercettata dai russi in cui si parla di fornire i Taurus per distruggere il ponte in Crimea, su cui quotidianamente passano anche civili.
    Tutto questo accadeva mentre il Cancelliere titubava proprio sulla possibilità di fornire i Taurus all’Ucraina: non proprio cose da poco. Ad aumentare la confusione c’è stato il viaggio di Giorgia nazionale in Ucraina per il G7 e le vacanze saudite di Zelensky (ormai un personaggio in cerca d’autore), probabilmente in cerca di risorse e fondi.
    Così l’Europa si prepara ad una (molto) probabile vittoria di Trump e quindi a un graduale disimpegno degli Stati Uniti dal continente, la Russia ad avanzare delle condizioni per una vittoria non schiacciante o ad una guerra di logoramento che comunque sembra avere le carte per vincere, mentre i BRICS si incuneano in questo sbandamento delle classi dirigenti occidentali, incapaci persino di coordinarsi.
    Rimane il sospetto che i militari tedeschi, non così sprovveduti da parlare su piattaforma non criptate di progetti militari riservati, abbiano voluto fare proprio un favore a quel governo (di Berlino) che tanto denigrano nella chiamata; ai posteri l’ardua sentenza.

  20. SEGNALAZIONE

    David Grossmann, Israele sta cadendo nell’abisso
    1 marzo 2024

    Stralcio:

    Forse il riconoscimento che questa guerra non può essere vinta e, inoltre, che non possiamo sostenere l’occupazione all’infinito, costringerà entrambe le parti ad accettare una soluzione a due Stati che, nonostante i suoi svantaggi e i suoi rischi (primo fra tutti, che Hamas prenda il controllo della Palestina in un’elezione democratica), è ancora l’unica praticabile?
    Questo è anche il momento per gli Stati che possono esercitare un’influenza sulle due parti di usarla. Non è il momento della politica spicciola e della diplomazia cinica. È un momento raro in cui un’onda d’urto come quella che abbiamo vissuto il 7 ottobre ha il potere di rimodellare la realtà. I Paesi coinvolti nel conflitto non vedono che israeliani e palestinesi non sono più in grado di salvarsi da soli?
    I prossimi mesi determineranno il destino di due popoli. Scopriremo se il conflitto che dura da più di un secolo è maturo per una risoluzione ragionevole, morale e umana.
    È tragico che questo avvenga – se davvero avverrà – non per speranza ed entusiasmo, ma per stanchezza e disperazione. D’altra parte, questo è lo stato d’animo che spesso porta i nemici a riconciliarsi, e oggi è tutto ciò che possiamo sperare. E quindi ci accontenteremo. Sembra che abbiamo dovuto attraversare l’inferno stesso per arrivare al luogo da cui si può vedere, in una giornata eccezionalmente luminosa, il bordo lontano del cielo.

    (https://www.nytimes.com/2024/03/01/opinion/israel-gaza-palestinians-hostages.html)

    1. beato lui che vede il bordo del cielo….
      qui noi sentiamo puzza di bruciato, un sacco di puzza

  21. È in corso una nobile gara su chi è più fascista: forse non tutti sanno che i bombardamenti su Gaza hanno assunto il rilievo che conosciamo grazie a TikTok: nel silenzio dei giornali e delle televisioni è stato l’unico canale visto dai giovani di tutto il mondo che ne mostrava le immagini e li faceva commuovere e infuriare.
    La reazione del paese faro della democrazia è stata rapida e bipartisan: espropriamo TikTok !(che è cinese di proprietà maggioritaria); mentre Trump, che dal canto suo aveva già firmato un atto esecutivo nello stesso senso quando era presidente, adesso si è ricreduto e non vuole fare arrabbiare i giovani.
    Mentre nel contempo sul NYT è uscito un articolo preoccupato del fatto che il controllo sul lancio dei missili è in mano a una sola persona, che nel giro di 15′ può distruggere il mondo. Ovviamente il riferimento era a Trump; ma rileggendo le trascrizioni del colloquio di Biden col consigliere speciale che lo indagava, viene fori un Biden lucido per 40′ e poi per 15′ totalmente frastornato…..
    Prosit!

  22. SEGNALAZIONE

    UNO SCAMBIO A PROPOSITO DI QUESTO ARTICOLO : L’azzardo di Biden
    (Dalla pagina FB di Francesco Barbommel
    https://jacobinitalia.it/lazzardo-di-biden/?fbclid=IwAR0-sMxVy66G3cLfXtOWe6-mdNbTHEOyjIJaxDMnQJUxG9thvNrjStkZC9k_aem_AcvlUpMcpUEAc-78B4gwPSX2b34oo1fgfvAhnIWFlwdERmA9a3hNP260l7UBKfY1mK1wqoCUsCryxU7oJKmCO4Qb)

    Stralci:

    1.
    Biden sta poi rapidamente perdendo sostegno proprio in quegli Stati indecisi che sono stati cruciali per la sua vittoria nel 2020. Nel Michigan, una campagna di base di tre settimane che invitava gli elettori a non esprimere preferenze nella scheda elettorale è stata un successo inaspettato. Le schede senza preferenze sono arrivate seconde alle primarie del Michigan con il 13%, per un totale di oltre centomila voti. Un ripudio quasi senza precedenti di un presidente in carica da parte di coloro che avrebbero dovuto essere alcuni dei suoi sostenitori più impegnati.

    Era dai tempi della guerra del Vietnam e dei movimenti di protesta della fine degli anni Sessanta che il Partito democratico non si era confrontato con una rivolta interna così determinata. Una mezza dozzina di altri Stati del Super Tuesday hanno assistito a un simile voto di protesta contro Biden, inclusa la Carolina del Nord, in cui oltre il 12% degli elettori non ha espresso preferenze. Il pericolo politico per Biden è chiaro.

    2.
    Mentre la macchina Maga controllata da Trump trasmette la sua propaganda piena di odio 24 ore su 24 attraverso innumerevoli canali radiofonici e televisivi e società di social media di proprietà di miliardari, il leader del movimento Trump demagogicamente, anche se in modo sconclusionato, infiamma le emozioni dei suoi seguaci guidati dal rancore. Durante le manifestazioni elettorali di Biden invece, i suoi consiglieri politici hanno agito sempre di più per evitare che il loro candidato incrociasse gli ormai onnipresenti manifestanti solidali con i palestinesi, poiché la sua campagna di rielezione fa molto affidamento su ingenti donazioni da parte di gruppi e individui filo-israeliani.

    ———————————————————————————————————–

    Francesco Somaini
    Non c’è mai stato un presidente americano così critico quanto Biden nei confronti di Israele. Lo dimostrano le reazioni stizzite del governo Netanyahu e i fatti di tutti questi mesi (con i continui viaggi in Medio Oriente di Blinken). E, prim’ancora dell’astensione sulla recente risoluzione ONU, lo dimostra anche la precedente proposta di risoluzione presentata dagli Stati Uniti sul cessate il fuoco a Gaza e bocciata (pensa un po’) per il veto di Russia e Cina. Che l’articolo perciò insista nel parlare di “sostegno incondizionato” di Biden ad Israele mi pare francamente miope (oltreché ingeneroso). Gli elettori filo-palestinesi del Michigan e degli altri swinging states che sulla scorta di ragionamenti come quello di quest’articolo, pensassero di votare per Trump, o comunque di favorire la sua vittoria, per punire Biden, farebbero probabilmente bene a pensare a cos’era stata la politica di Trump presidente nei riguardi dell’inguardabile Netanyahu (si pensi ad esempio al trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme voluto da Trump presidente nel 2018 come palese schiaffo anche alla semplice ipotesi di arrivare un giorno ad uno stato palestinese). Insomma, può anche essere vero che Biden abbia trascurato di coltivare i rapporti con i movinenti giovanili, ma pensare di danneggiare Biden e favorire Trump sarebbe davvero il modo peggiore di sostemere la causa palestinese. E quest’articolo, con i giudizi approssimativi su cui si fonda, mi pare porti di fatto acqua a questo mulino (è come se dicesse infatti che i movimenti hanno ragione, mentre a conti fatti ne hanno ben poca).

    Francesco Barbommel
    Biden protegge e promuove gli interessi di Israele. Che ogni tanto dalla sua amministrazione escano insulti per Netanyahu non vuol dire nulla, è solo una strategia elettorale volta ad attirare voti
    Altra cosa: perché lamentarsi della risoluzione bocciata da Russia e Cina, dopo che gli USA hanno bocciato chissà quante risoluzioni?
    I continui viaggi di Blinken non so come siano una critica di Israele.
    Poi, i soliti ragionamenti sul meno peggio.
    Uno ha il diritto di protestare contro il meno peggio.

    Francesco Somaini
    sì sì. Liberissimi. Protestino pure contro il presunto meno peggio (a me pare in realtà che il cambio di passo di Biden sia più che evidente, e basterebbe vedere al riguardo come sono incazzati in Israele). Poi però non ci si venga a lamentare se dalla (presunta) padella si precipita nella brace. Perché con Trump le cose non andranno certo nella direzione auspicata (e auspicabile). Se c’è una speranza per la soluzione “due popoli due stati”, questa passa proprio dalla riconferma di Biden (e nella caduta di Netanyahu, che dalla vittoria di Trump uscirebbe invece rafforzato). Colgo quindi nei discutibili giudizi dell’autore dell’articolo (e presumo anche in lei che lo ha rilanciato), e soprattutto nelle iniziative di chi negli Stati Uniti pensa di sabotare la rielezione di Biden per “punirlo”, quella che a me pare solo una miope, e grave, superficialità. Se poi uno vuole proprio essere l’allegro alleato del proprio becchino, beh, faccia pure.

  23. SEGNALAZIONE

    Post di Pierluigi
    Pierluigi Fagan
    https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/pfbid0PjAp51iUuzWTAUYN6rY1NraX5BcoDD8yydNTgPLH8d1R1mMngTSEytzjPqU8PqWUl

    Dai che oggi ve la cavate con poco…
    INCASTRI. Perché Biden se ne è uscito con questa notizia? Egitto, Giordania ed addirittura Qatar pronti a “riconoscere” ufficialmente Israele ed i suoi diritti di esistenza? A pacchetto e proprio ora dopo il perdurante massacro?
    Ricordo che la Giordania ha con Israele solo un Trattato di pace che vige dal 1994. La monarchia giordana, pur non essendo l’istituto monarchico conforme i dettami (per altro un po’ vaghi) del Corano sulla forma giuridica dello spazio islamico, è in realtà la più relativamente legittima. Essa infatti è detta Hascemita, discende dal nonno di Muhammad, il lignaggio è quello dei Banu Hascim, tribù dei Quraysh, la stessa di Muhammad.
    Per quanto contestato storicamente il diritto parentale di successione per cariche di rappresentanza dell’islam giuridico-politico (per provare -invano- ad affermarlo ne nacque la diaspora di Ali, fine 600 d.C., da cui il braccio iracheno-iraniano sciita e pari fondazione del blocco sunnita -che seguono la Sunna, la seconda fonte della Legge islamica che determina la Shari’a-, la faccenda avrebbe un suo peso. Un riconoscimento giordano sarebbe altamente simbolico per tutto l’islam, non solo arabo. Il Qatar poi sarebbe definitivo e clamoroso.
    Dubito fortemente ciò avverrà con la soluzione due stati, ma da questo punto in avanti toccherebbe seguire le contorsioni diplomatiche d’accompagno lo sviluppo, imprevedibili poiché soggette a mille soluzioni se dal sostanziale si passa al formale e quando poi dalle chiacchiere si passerà ai fatti duri.
    Cosa stanno promettendo a Tel Aviv? Come ne escono dal problema di Rafah? Cosa sono disposti a fare gli arabi? Cosa mette Washington sul piatto? Stay tuned, la storia si potrebbe fare Storia sotto i nostri occhi. Un fallimento da qui a prossimo novembre potrebbe determinare le elezioni americane con effetti a cascata molto importanti. Un “successo” anche.
    E’ per trattare da sempre maggiori posizioni di forza, è per forzare gli arabi ad includere lo spazio grande (Libano, Siria, Hezbollah) nel riassetto strategico, che -nel frattempo-Israele attacca Aleppo? Nel mentre si dice che Tel Aviv stia “riprogrammando” il sospeso viaggio della delegazione a Washington, sospesa dopo il voto ONU?

    Commenti:

    Pierluigi Fagan
    Alex Brunori […] Dove pensi Netanyahu sogni di mettere il milione e tre dei rimanenti a Gaza? Che fa, li ammazza tutti? Dove vanno stretti tra Egitto, mare, deserto e distruzione a nord? Mi sa che trattano:
    https://english.alarabiya.net/News/middle-east/2024/03/29/Israel-s-Netanyahu-agrees-to-send-delegation-to-Egypt-Qatar-for-Gaza-talks?fbclid=IwAR2mzDBahWAmglQJ7P67nXG47GJL8Wol53j_1g4_y34V5bW0rObu5PWE4hg_aem_AXl1gPwWjuR_rIqDRkAGEuOlBW0h0BURWI-eUs0jfYsiESSGb1NUnW0C1anRwKyBlwjYwX7HTzjv7HtKjpIEvUn8

    Alex Brunori
    ·
    Pierluigi Fagan se non sbaglio contava di rifilarli all’Egitto, che però ha dato a Nethanyahu il due di picche. Qui parli non solo di Egitto ma di Giordania e, addirittura, Qatar: quanto dev’essere grande il piatto messo in tavola da Biden per fargli riconoscere addirittura Israele? E se tu fossi loro, daresti retta a uno che con quasi certezza non verrà rieletto a Novembre?

    Pierluigi Fagan
    Certo, potrebbero aspettare Trump per dare a lui il premio invece che a Biden, ma da dove trai le sicurezze previsionali dei risultati di novembre? Cosa sa Alex Brunori a otto mesi dalle elezioni che l’intero mondo degli analisti non sa?

    Alex Brunori
    ·
    Pierluigi Fagan Biden è in una situazione critica: a) nonostante la propaganda incessante, persino l’uomo medio gli attribuisce ora la responsabilità dell’escalation Ucraina e in alcune cancellerie in Europa è amato quanto la scabbia. b) in America lo stanno – giustamente – massacrando per il genocidio di Gaza e il supporto incondizionato USA alla banda di criminali di Netanyahu c) è palesemente rincoglionito, nonostante i certificati medici. Mi spieghi su quali basi pensi che possa essere rieletto? E non dirmi perché l’economia va bene, perché il working class joe americano vede solo che il suo cheeseburger è aumentato.

    Alex Brunori
    ·
    Pierluigi Fagan gli accordi di Abramo andranno avanti, hanno solo subito un rallentamento. I paesi arabi non possono fare finta che a Gaza non sia successo nulla, sono loro ad avere bisogno di una svolta clamorosa per giustificare i rapporti con Israele, e su questo siamo d’accordo. Dubito solo che la svolta avvenga sotto Biden.

    Edoardo Guzzeloni
    Stanno forse studiando come risolvere il problema Siriano ? Giocano con il fuoco, perchè l’ Iran sa benissimo di essere il prossimo boccone e la Russia ha già dimostrato che non esiterebbe a menare le mani. Ma di sicuro qualcosa di grosso bolle in pentola, stante l’ enormità di armi che ha acquistato e acquista l’ Arabia Saudita. Per darle a chi? A chi è stato promesso l’ enorme giacimento di gas davanti a Gaza e all’ Egitto- fra l’altro scoperto dagli Italiani-? Israele si accontenterà di diventare un hub o vuole la proprietà dei giacimenti? Ho l’ impressione che considerino Gaza un problema già risolto, da come se ne strafottono dell’ ONU e della corte dell’ Aja.

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