Ma cos’è ‘sta NOE?

di Ennio Abate

(Il dialogo si svolge nel mondo virtuale del Web. Qualcosa a metà tra un deserto e un landa desolata. Un brulichio di poeti consumatori. Tutti consultano compulsivamente i loro smartphone e girano in tondo come nel quadro di Van Gogh, La ronda dei prigionieri.)

Fulgenzio Ciao Samizdat, ma allora me la dici la tua opinione sulla NOE di cui tanto si parla sulla Rivista Internazionale di letteratura L’Ombra della Parola?

Samizdat Ciao, Fulgenzio. Sì, te l’avevo promesso, ma fatico a pronunciarmi. Non seguo molto i siti che si occupano esclusivamente di poesia. Ma tu, dimmi la verità; hai capito cos’è ‘sta NOE (Nuova Ontologia Estetica)? A me, a naso, mi pare un’etichetta pomposa…

Fulgenzio Prima di giudicare, documentati. Sul sito -ci saranno almeno due centinaia di post che ne parlano. Lì ne discutono in continuazione.

Samizdat E tu hai provato a leggerli?

Fulgenzio Sì, un po’, ma ammetto che non ho capito molto.

Samizdat Io ogni tanto ho dato un’occhiata e ho avuto una brutta sensazione. Tutti discutono a ruota libera, non stanno sul pezzo, saltano di palo in frasca, rispondono alle domande in modi oscuri o evasivi. Oppure, quando qualche commentatore li mette alle strette, al posto della risposta, ti piazzano lì le loro ultime poesie fresche fresche. E poi fanno discorsi lunghissimi e zeppi di termini speciali tratti dalla filosofia e, ogni tanto, dalle scienze novecentesche. Una cosa, però, mi pare di aver capito: a forza di ombreggiare la Parola ombreggiano anche le loro menti e quelle dei lettori. Sono prolissi, ripetitivi, chiusi a riccio in un loro rito di gruppo. Ed io due centinaia di post per capire cos’è la NOE proprio non ho voglia di sorbirmeli.

Fulgenzio Devo darti una buona notizia. Di recente una poetessa, Donatella Biscuitti, ha posto la tua stessa domanda al fondatore della NOE, il critico Giorgio Linguadoxa, e lui le ha risposto. Potresti almeno leggere quello che scrive. Ti assicuro che è un testo breve.

Samizdat E vabbé. Dai, leggiamolo insieme…

(Leggono qui)

Fulgenzio Allora?

Samizdat  Sì, la brevità della risposta è apprezzabile, ma a me sembra una non risposta.

Fulgenzio E perché?

Samizdat Per due ragioni: Linguadoxa non chiarisce affatto cosa intendere per ‘ontologia estetica’; e non spiega perché essa sia “nuova”.

Fulgenzio Non sei troppo severo e prevenuto?

Samizdat Non mi pare. E poi non mi piace lo stile con cui “risponde”.

Fulgenzio In che senso non ti piace?

Samizdat Invece di presentare una definizione del termine ‘NOE’, svaluta il valore della stessa domanda della Biscuitti. E subito dopo alla domanda di lei contrappone le sue domande.i

Fulgenzio Sì, non è una cosa simpatica.

Samizdat E ancora: perché la NOE sarebbe una teoria nuova? Linguadoxa non lo spiega. Divaga, invece, astrattamente sulle caratteristiche ideali che dovrebbe avere «ogni nuova poesia».

Fulgenzio E’ vero anche questo.

Samizdat Secondo me, è una proposta confusa o, al massimo, piena di buone intenzioni. Una cosa sola mi pare chiara: gli Ombreggiatori si sono posti problemi di metrica. E vogliono – leggi qui – : 1. « pensare il nuovo ruolo delle parole e del metro» in un contesto storico e culturale che viene giudicato del tutto mutato (come dicono da tempo postmodernisti e ipermodernisti); 2. rinnovare «il modo di concettualizzare la «parola» all’interno del «metro»»; 3. «uscire fuori da un concetto di «metro» quale unità di misura fissa, statica»; 4. pensare «il «metro» come una entità variabile, dinamica, mutagena che varia con il variare delle grandezze (anch’esse variabili) che intervengono al suo «interno».

Fulgenzio Sì, sì. Questo è chiaro anche per me.

Samizdat E però ombreggiano sempre. Ad esempio, ricorrendo a parole specialistiche ad effetto…

Fulgenzio A cosa ti riferisci?

Samizdat All’analogia che Linguadoxa stabilisce tra««il «metro» e l’«onda pilota», o «onda di Bohm», come si dice nella fisica delle particelle subatomiche, un’onda che convoglia al suo interno le particelle che vagano nell’universo»»

Fulgenzio Beh, può essere una analogia suggestiva, uno sforzo per collegare poesia e sapere scientifico.

Samizdat Può darsi, ma su un’analogia suggestiva costruisci una “Nuova Ontologia Estetica”? E poi leggi qua: nel concetto di «onda pilota» rientrano esclusivamente i suoi amici Ombreggiatori.ii L’operazione mi puzza di propaganda e di spirito settario.

Fulgenzio Anche su questo ti darei ragione. E però, se il discorso sulla NOE ha aggregato un gruppo di poeti, a me pare un buon risultato. Specie in questi tempi di atomizzazione e di individualismi.

Samizdat Proprio perché siamo in tempi brutti, bisogna chiedersi che tipo di gruppo si aggrega? Aperto o chiuso? A me pare chiuso e intollerante. Guarda cosa succede quando qualche commentatore osa dissentire (qui). E poi – testi e raccolte alla mano – l’unica cosa che hanno davvero in comune i vari autori che si scambiano ossequiosi complimenti tra di loro a me pare la tendenza a ombreggiare soprattutto il legame della poesia con i conflitti sociali. Non sono i soli oggi. È purtroppo una tendenza generale di quest’epoca. E, comunque, come fanno a stare in gruppo, se non è chiaro cosa siano questa benedetta “ontologia estetica” i il «Grande Progetto», di cui parla Linguadoxa subito dopo?

Fulgenzio Cosa sia la NOE a me pare che Linguadoxa lo spieghi qui, vedi, quando dice:«È la consapevolezza del nuovo paradigma della poesia italiana, un modo diverso di fare poesia che albeggia, un modo inaugurato in ambito europeo da Tomas Tranströmer nel 1954 con il suo libro di esordio 17 poesie.». Credo di aver capito che la novità – magari non così radicale come la presentano – sta nel lavoro che fanno sulla sintassi. Linguadoxa dice che ora, nei testi della NOE, le parole «obbediranno ad un diverso metronomo, non più quello fonetico e sonoro dell’endecasillabo che abbiamo conosciuto nella tradizione metrica italiana, ma ad un metronomo sostanzialmente ametrico».

Samizdat Oh bella! E l’ametricità sarebbe una grande e recente novità “ontologica” ed “estetica”? Ma dai, Fulgenzio! Anche frequentando soltanto la scuola di massa abbiamo imparato che la «sintassi franta», di cui parla Linguadoxa, risale alle avanguardie del Primo Novecento. Questi riprendono la tradizione dell’avanguardia o della «lingua slogata con buone e cattive maniere», di cui parlò tanto Fortini. Ma scoprono l’acqua calda non il “nuovo” né l'”ontologico”!

Fulgenzio Però Linguadoxa parla pure dell«importanza fondamentale che rivestono le «immagini» nella NOE.

Samizdat Ohè, Fulgé, scendi dal pero. Vedi che anche il Simbolismo ha almeno qualche secolo alle spalle.

Fulgenzio Che ti devo dire. Forse mi lascio suggestionare. Però quando Linguadoxa dice che «le parole preferiscono abitare una immagine che non una proposizione articolata» io resto affascinato.

Samizdat Eh, lo so! È il fascino dell’heiddegerismo oggi di moda che viene sbrodolato: «Ed ecco la parola chiave: il verbo «abitare». Le parole abitano un luogo che è fatto di spazio-tempo e di memoria, di una «patria originaria linguistica»». E per me serve solo ad ombreggiare – e di brutto, è il caso di dirlo – la realtà delle guerre e delle migrazioni in corso. E perché la parola chiave non potrebbe essere nomandismo o «Stranieri residenti»?iii

Fulgenzio Non ti smentisci. Linguadoxa e gli Ombreggiatori mi avevano avvertito che sei rimasto un incallito marxista e non puoi soffrire per partito preso il più grande filosofo del Novecento!

Samizdat Lo lascio intero intero alla setta degli Ombreggiatori! Ti faccio notare, però, che subito dopo le parolone chiave heideggeriane l’Adorno della  Teoria estetica, che dice: «il gesto sperimentale (…) indica cioè che il soggetto artistico pratica metodi di cui non può prevedere il risultato oggettivo», non si sta bene.

Fulgenzio E perché?

Samizdat Perché l’estetica di Adorno non ha nulla a che fare con l’ontologia o con la NOE. Per me si tratta di appropriazione indebita. E tempo fa Linguadoxa arruolò nella NOE persino Fortini (qui), che c’entrava come il cavolo a merenda.

Fulgenzio Sorvoliamo su questo punto. Apprezzerai almeno il sasso che Linguadoxa e i suoi amici gettano nello stagno della poesia italiana contemporanea?

Samizdat Se il sasso colpisse un bersaglio reale, sì. Ma ti pare possibile che, nel 2019, un critico letterario scriva e con enfasi: «Quello che oggi non si vuole vedere è che nella poesia italiana degli anni sessanta-settanta si è verificato un «sisma» del diciottesimo grado della scala Mercalli: l’invasione della società di massa, la rivoluzione mediatica e la rivoluzione delle emittenti  mediatiche»?

Fulgenzio Beh, a me pare che solo Linguaglossa abbia avuto il coraggio di denunciare la cecità dei poeti e dei critici rispetto al vero e proprio terremoto avvenuto in poesia.

Samizdat Che ci sia una crisi e non solo della poesia ce ne siamo accorti in tanti, caro Fulgenzio. Nel 2005 uscì «Parola plurale» (qui), un’antologia di autori che partiva proprio dal riconoscimento di questa frattura (o “sisma”, come preferisce dire Linguadoxa) nella poesia avvenuta a metà anni ‘70. Accusare di cecità gli altri, tutti gli altri, è troppo facile. E poi avrai pur sentito parlare degli scritti di Brecht o di Benjamin o di Adorno o di Fortini sull’industria culturale o di quelli di Debord sulla società dello spettacolo.

Fulgenzio Ma ci sarà pure una parte della poesia italiana che, come dice Linguadoxa, « si è rifugiata in discorsi poetici di nicchia», o fa « poesia autoreferenziale, poesia della cronaca, del corpo, del quotidiano e chat-poetry»..

Samizdat E con questo? Una parte sostituisce tutto il resto? Sarebbe meglio indagare anche su questa produzione che pare “attardata” sull’io. E chiedersi per quali ragioni persiste. No, il settarismo induce gli Ombreggiatori alla condanna saccente. Tutti a fare «ciarla» o «chiacchiera» e solo loro al sicuro sull’Arca della NOE in possesso della «consapevolezza del nuovo paradigma della poesia italiana» a scrutare la nuova «poesia che albeggia».

Fulgenzio Ti saluto…

Samizdat Io pure. Ma ricordati che ad interrogarsi sulla crisi in generale del mondo d’oggi e anche sulla crisi della poesia (e non solo italiana) sono in tanti. E nessuno ha però una soluzione o la soluzione. Dire, come fa Linguadoxa, che «occorre un «Grande Progetto»iv è un’esigenza non una soluzione.

Fulgenzio – Riferirò.

Note

i

«A mio avviso le domande fondamentali sono: Che cos’è l’essere e che cos’è il linguaggio? E qual è il legame che unisce l’essere al linguaggio? Tutte le altre domande sono questioni secondarie, di contorno, e possiamo metterle da parte».

ii

«Vi possono essere modi molto diversi di intendere questa «onda pilota», in questo concetto sta il «tonosimbolismo» della poesia di Roberto Bertoldo, una poesia intersemica e fonosimbolica, ci può stare anche la poesia di Donatella Giancaspero, ci può stare il discorso poetico citazionista di un Mario M. Gabriele, il discorso poetico «caleidoscopico» e «disfanico» di Steven Grieco Rathgeb e il mio frammentismo post-metafisico; ci può stare la ricerca iconica e simbolica di Letizia Leone di Viola norimberga (2018), le sestine di Giuseppe Talia del libro La Musa Last Minute (Progetto Cultura, 2018), una sorta di elenco telefonico di poesie fatte al telefono, poesie discrasiche più che disfaniche; ci può stare il frammentismo peristaltico etc.»

iii

Cfr. Donatella Di Cesare, Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2017.

iv

Linguadoxa dichiara: «Occorre un «Grande Progetto»», ma non lo definisce né lo abbozza; e si limita a dire genericamente: «A chi mi ha chiesto di che cosa si tratta, dico che il «Grande Progetto» non è una cosa che può essere convocata in una formuletta valida per tutti i luoghi e per tutti i tempi, non c’è una valigetta 24 ore che custodisce il «Grande Progetto». Per chi sappia leggere, esso c’è già in nuce nel mio articolo sulla «Grande Crisi della Poesia Italiana del Novecento» che si trova su questa rivista e in altre dozzine di pagine qui rivenibili.». Amen.

17 pensieri su “Ma cos’è ‘sta NOE?

  1. Allarma la breve metafora che inquadra, quasi all’inizio, la lunga risposta di Linguadoxa (!). Cito a memoria “a questo salvadanaio ogni poeta porta la sua monetina”. Il denaro pare lo sfondo di un contenitore cui si accede per la stretta apertura, una fessura quasi quinta teatrale, dove si fa raccolta. Per successivo investimento? Per realizzare un grande dono simbolico? Per una redistribuzione egualitaria?

  2. Per la precisione: “Ciascun poeta porta a questo salvadanaio una piccola monetina, un piccolo mattone.”(Linguadoxa)

    C’è sia il risparmio sia la costruzione della casa (del linguaggio) da abitare subito dopo (heideggerianamente).

  3. Vedo che anche qui non siete immuni al linguaggio odierno delle fake news, se ne sparla per non entrare nel merito. O, per dirla forse in modo più comprensibile, si vorrebbe discutere sulla base di pregiudizi; che ridotti al loro niente, diventano monetine e salvadanaio. Ma lasciamo perdere.
    In fondo di che si tratta? Solo di questo: rivedere il discorso poetico nelle sue fondamenta, per come lo si è inteso nella tradizione e durante il secolo della modernità. E chiedersi se vi sia ancora corrispondenza tra pensiero poetico e pensiero tout court, in virtù del fatto che linguaggi e capacità cognitive non sono più gli stessi, da cinquant’anni almeno a questa parte. Se abbia senso continuare con linguaggio monolitico, assertivo e con preminenza dell’io, in forma di discorso lineare scritto, oppure non convenga dare una scossa al poetico, ma che abbia sostanza diversa rispetto allo sperimentalismo formale, all’epoca recente delle ideologie in declino.
    Nel riesame abbiamo considerato la brevità espressiva e rivalutato, portandolo al centro della questione formale, il frammento; che poi, dopo qualche anno di esprimenti ( la poesia NOE nasce all’incirca 5 anni fa), inevitabilmente ha finito col produrre un cambiamento strutturale della versificazione (adozione del distico, e recentemente il polittico).
    Quello che voi qui vorreste far passare per cricca, o élite di poeti sedicenti che trascorrerebbero il loro tempo a incensarsi, è in realtà il gioco di sempre, quello che viene fatto in ogni laboratorio di ricerca. Se poi non vi andasse per gli esiti (filosofici, politici, ideologici e o che altro) siete padronissimi di non tenerne conto. Nessuno obbliga nessuno a scrivere per frammenti e distici, tantomeno a pensarla ontologicamente. L’Ombra delle parole è un blog aperto, ma essendo divenuto un luogo di ricerca e sperimentazione, va da sé che abbia cessato di prestarsi a chiunque sia in cerca di visibilità. Del resto lo si capirebbe subito, perché una poesia NOE la riconosci facilmente. Ma all’Ombra delle parole ne abbiamo abbastanza di cose fritte e rifritte. Non riusciamo proprio a leggerle. E per voi sarà lo stesso, immagino, nei confronti nostri. Pazienza.
    Rimuginare su Fortini, come si fa qui senza più una “religione” politica a me sembra impresa temeraria. Ma, in fondo, perché no? Chi ha davvero sperimentato i dispiaceri dell’uniformità non dovrebbe confondere questa con la somiglianza di vedute e l’affinità. E attenti: prima di parlare di assoggettamento a figure carismatiche, domandatevi se non sia offensivo per chi in buona fede ci sta mettendo del suo.

    Il fiume tornerà a farmi visita. Ho anche ritrovato
    gli occhiali. Per un disegno, forse. Occhiali e visita al ponte.

    In bell’impressionismo, silente e privo di qualsiasi
    sentimento. Come poeti NOE nel tagliare aggettivi:

    – Blu, e la scarpa rosa. Sul filo steso tra due case.
    Tanti me-stesso al lavoro, anche un parrucchiere.

    Mi guardano appena. – Meccanico e giardiniere.
    Tirare la barca a riva. Sprofondare la faccia in un catino.

    Prima di cena. Tutte spente le fotosensibili.

    (Mayoor – ott 2019)

  4. Sostanzialmente da parte mia non capisco perché un puntillismo ritmico, una sintassi franta e un idolatria per le immagini dovrebbe essere più up to date di una poesia che ami la sintassi i concetti e un ritmo jazz.

  5. Due battutine sulle monetine e i mattoni non sono fake news. Nel dialogo Fulgenzio/Samizdat ho argomentato a sufficienza le critiche che muovo agli Ombreggiatori. Su quelle risponderei, se fossero mosse delle obiezioni.

    1. Senza volerlo hai fornito la miglior descrizione che si possa fare dei poeti NOE.

      Samizdat:
      “Tutti discutono a ruota libera, non stanno sul pezzo, saltano di palo in frasca, rispondono alle domande in modi oscuri o evasivi. Oppure, quando qualche commentatore li mette alle strette, al posto della risposta, ti piazzano lì le loro ultime poesie fresche fresche. E poi fanno discorsi lunghissimi e zeppi di termini speciali tratti dalla filosofia e, ogni tanto, dalle scienze novecentesche”.

      Ah ah! Non si poteva dire meglio, in che tipo di follia si sia formata da quelle parti.

      1. be’ Lucio, è una follia autoriferita, capisco l’elogio erasmiano della pazzia, del resto anche noi siamo in un’epoca di sfondamento del mondo abituale, ma non mi riconosco per nulla, per quanto proiettata al futuro, sulle coordinate che tu prospetti: jolly che impazzano? Eccome no, maxima libertad. E quelli che invece con gravità, come me, e altri, prospettano il futuro?
        Le bestie non lo hanno il senso del futuro, per quanto abbiano il senso della fine, noi sì perchè non facciamo figli per puro atto sessuale. Che dire? Calcare il presente, con ritmi di marcia che segnano il passo, mi dispiace.

  6. Scantona pure. Avevo appunto letto in contemporanea “Il sapere che viene dai folli” a cura di Nicolas Dissez e Cristiana Fanelli (DeriveApprodi, Roma 2017) per documentarmi meglio “in che tipo di follia” (cultural, politica, psichica) sia nata la NOE.

    1. Magnifico, così poi ce ne farai un rendiconto? Non credo affatto che si possa fare a meno della critica marxista, questa sì sarebbe per tutti una grave mancanza. Si capirà il perché, poi sta a ciascuno decidere se questo possa bastare.

  7. Lascia perdere questi finti omaggi postumi alla “critica marxista”. Sì, ti accontento: tra poco pubblicherò un mio rendiconto “teatrale” di una delle vostre sedute di ombreggiamento.

  8. . ..leggendo sull’Ombra delle Parole, dibattito e poesie che fanno capo alla NOE, ho ricevuto l’impressione di un gruppo di persone impegnate in una sorta di gioco, di divertimento…ciascuno spennellando di colori e simboli l’abito immaginifico di un Re Nudo…ognuno si diverte come crede, niente da eccepire, ma chiamarlo Progetto!

    1. Ho letto appena l’Ombra delle Parole, comunque le uniche poesie che conosco sono quelle di Lucio Mayoor . Mi sembrano indirizzate in un certo senso, di sconnessione culturale, in non previste direzioni. Tuttavia non colgo per la nostra presente situazione politica – nel mondo!- nessuna indicazione, nessun riferimento. Come se si viaggiasse sulle nuvole, su antichissime nuvole, che non riguardano quasi nessuno di quelli che qui stanno vivendo.
      Per carità, siamo capaci di pensare i tempi lunghi, e anche lunghissimi, ma occorre una visione che ci proietti nel futuro, una indicazione, una previsione, una immagine, una idea sostanziale… Invece ciò che appare è solo un tipo di critica franta, una atomizzazione estetica del tipo da scartine… OK, sono cattiva, senza volerlo, ma l’arte non è affare da trivii o da quadrivii.

  9. Tema:
    Da “Lavorare stanca” a fare il poeta stanca ( e figuriamoci a dialogare o a criticare). Perché?
    Svolgimento.

  10. Riguardo alla cosiddetta NOE posso dire che sono sulle stesse posizioni di Ennio per aver individuato in tempi non sospetti il velleitarismo e la superficialità di certe posizioni, soprattutto per ciò che riguarda la poetica del frammento e la scelta del verso lungo e sostanzialmente ametrico. Da qualche parte sull’Ombra è testimoniata la mia posizione (ma posso cercarla anche tra i documenti che ho salvati). Per un po’ ho osservato, da lontano e con un pizzico di ironia e di sano divertimento, i confusi tentativi di enucleare una linea poetica comune e gli incensamenti reciproci tra i componenti del gruppo, conditi da presunzione a tratti intollerabile nei confronti di chiunque non la pensasse come loro. Poi ho deciso che avevo già sprecato troppo tempo a cercare di capire dove volessero andare e li ho abbandonati al loro destino.

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