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Vana attesa?

di Franco Nova

Tanta attesa per nulla,
chi era con noi se ne va,
un mondo è scomparso.
L’amicizia d’altri tempi
è sentimento sconosciuto,
è come un carico di vestiti
dismessi e gettati nei fossi.
Eravamo già esseri adulti
e ci scambiavamo sorrisi;
l’assenza d’un giorno era
mancanza d’umore vitale.
I giardini tutt’un fiore,
le case un unico vociare.
Torneranno mai quei tempi?
Solo se capiremo che esseri
alieni ci hanno invaso e reso
reale quanto fantasticato e
temuto per solo divertimento.
Vanno combattuti e respinti
nel loro mondo fatto di nulla,
soppressi pur come fantasmi,
dissolti nel nostro disprezzo.
Vedremo carrozze sognate
con cocchieri senza frusta
correre su larghe strade;
la nuova aurora ormai invitta
cancellerà gli odierni vili.
Sembra un sogno, che invece
realizzerà l’attesa rinascita
d’una vita che già conosciamo.
Non sarà solo felicità e bontà,
il turpe esisterà com’è stato
in ogni tempo dell’umanità,
ma s’alternerà alla dignità
d’una vita ricca di lotte e
d’alterne vicende, non unica
distesa dell’odierna nullità. 

In morbo salus. Dieci poesie

 di Domenico Melillo

Domenico Melillo vive a Roma. Ha la mia stessa età ed è stato un mio compagno di classe nella scuola elementare e media. Fino a poco tempo fa ha fatto il medico. Nel 2004 pubblicò con la casa editrice Pagine la sua prima raccolta di poesie. La prefazione era del poeta, scrittore e saggista Elio Pecora. La nota, nel risvolto di copertina, la firmò Franco Arminio.

Durante quest’estate ci siamo frequentati molto di più. Ci siamo fatti compagnia nel tempo del Covid 19. Ho riletto a lungo le sue poesie. Alcune contengono versi che rimangono impressi: «Sa di sole / la notte», «Interpretare il giorno, qualche volta, / è coniugare un verbo irregolare», «E sentirete in qualche strana voce / la nostra storia, la vostra, perché ognuno / è la voce dell’altro», «mentre nascondo la vergogna / di sapermi uomo che, per esserlo, / si nutre del sangue della specie». Figlio unico, mi ha raccontato delle sue estati da studente, trascorse a lavorare in fabbriche svizzere dove stavano i suoi genitori: «Ci siamo ritrovati, padre e figlio, / in fabbriche del nord, ed era un tempo / di gioia difficile.» E abbiamo riso insieme per la puntualità con cui la Svizzera gli fece arrivare la pensione. Gli ho chiesto se dal 2004 ad oggi ha continuato a scrivere poesie. Mi ha risposto affermativamente e gli ho proposto di sceglierne qualcuna da presentare al pubblico di Poliscritture. L’ha fatto. I primi quattro testi sono tratti da «Alianti Canopi», gli altri sei sono inediti e fanno tutti parte di una sezione dal sottotitolo “In morbo salus” di una  ipotetica, seconda raccolta. (D.S.)

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L’uomo in ansia

uomo sotto il lampione

di Franco Nova

Da due ore ormai, ancor prima che cominciasse ad imbrunire, l’“uomo in ansia” era sotto il lampione all’angolo tra via Fontina e via Gattinara, camminando su e giù a scatti, fermandosi e ripartendo, voltandosi bruscamente non appena si allontanava troppo dal lampione. Girava l’indice tutto dentro il collo della camicia come si sentisse stringere la gola pur avendo la camicia aperta. Subito dopo si fregava freneticamente le mani; soprattutto il polpastrello dell’indice destro continuava ad incalzare il palmo dell’altra mano, rischiando di provocargli qualche lesione cutanea. Poi tentava di fermarsi mettendosi in equilibrio su un piede solo, ma resisteva due secondi, sbandava, si riprendeva e ripartiva a testa bassa come un toro infuriato in piena carica. Continua la lettura di L’uomo in ansia

L’altra coccinella

coccinella 2

di Arnaldo Éderle

 

 

Angela mia, mia piccola coccinella
tu che sei sempre lontana e vicina,
che mi pensi, così mi dici
sempre, che mi ami, che sei costante
mente vicina al mio debole
tormento, molto lieve e consolante
con la tua sola presenza
mia piccola coccinella dai puntini
neri su quel tuo manto rosso.bacio Continua la lettura di L’altra coccinella

Prima della Sorte

ederle stanze 1

di Arnaldo Éderle

Tre e mezzo, la discesa scende fino
a mezza costa, case nude senza uomini
né ragazzi, tutti sembrano intanati
dentro le stanze mute e senza porte.
Le finestre paiono dipinte sui muri
immobili marrone pesanti e prese
da ordini perentori e sicuri,
sembrano preesistiti inappuntabili quasi
disumane. Continua la lettura di Prima della Sorte