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Sine titulo

di Roberto Bugliani

“Sono dialoghi costruiti in modo particolare, di cui che io sappia non conosco esempi in letteratura (a parte testi che vi s’avvicinano come quello di Carlo Coccioli, “Le case del lago”, o alcuni di Manuel Puig e Antonio Lobo Antunes). Sono dialoghi in cui i dialoganti non hanno indicatori semantici (quello che nei dialoghi “normali” indica l’identità e il tipo di “comportamento” dialogici, come “disse a voce bassa X” o “Y rispose con voce alterata”). Quando poi un dialogante interrompe il discorso dell’altro per fretta o per ribattere una cosa contraria, allora la stringa dialogica di chi interrompe ha inizio subito sotto il discorso del primo, con la prima parola in minuscolo e senza punteggiatura finale fino a che le interruzioni non finiscono, come una sorta di gradino o i versi d’una poesia. Graficamente questa disposizione spaziale è importante perché connota semanticamente una situazione. Qualora i dialoganti siano più di due, il dialogo si arricchisce di altre voci, diventa un dialogo plurale, dove nelle interruzioni che aggiungono altre voci valgono le stesse norme del dialogo a due. Le parole straniere, poi, le ho scritte come si pronunciano.” (da una mail di R.B. a E. A.)

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Tre poemetti da “ODISSEO NOTTURNO”

di Lidia Are Caverni

Lidia Are Caverni ha scritto da una vita versi, racconti e romanzi e continua a scriverne. Numerosi sono gli interventi critici sui suoi lavori, alcuni tradotti in varie lingue. E attualmente, continuando ad interessarsi a studi di carattere antropologico, storico e linguistico, collabora con  diversi blog letterari. Nei poemetti che mi ha inviato per Poliscritture ce ne sono diversi (“Il Ciclope risvegliato”, “Proserpina”, “Odisseo notturno”)  che rielaborano le figure del mito, addolcendone  – a me pare – i tratti oscuri, ambivalenti e anche  minacciosi. Ho scelto però di pubblicare tre testi:  “La casa”, dove le figure arcaiche del mito sono assenti e un simbolo di solitudine si offre in tutta la sua dichiarata finzione; “Incantesimo”, per  la immersione quieta e solenne in un paesaggio trasognato;  e  “ Oscure meraviglie”, dove l’osservazione dei fenomeni naturali vuole essere più oggettiva. Con l’intento non  di mettere tra parentesi  la sua produzione su temi mitici ma di evidenziare la levità del suo sguardo poetico, che – mia ipotesi interpretativa – ha altre origini. (Riporto comunque in Appendice  il primo componimento omonimo di “Odissseo notturno” e invito a leggerne altri apparsi sul Web, in modo che  i lettori si facciano la loro opinione). [E. A.]

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