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Da “Atropo” di Lidia Are Caverni

di Lidia Are Caverni

PRIMAVERE


Poter dire l'incanto
di teneri occhi
tesori da stringere
nel pugno
il gatto bianco percorre
tetti
più che larve non trova
fra l'albeggiare del pesco
ormai sfiorito
le lamiere piangono muschi
su zampe di velluto
agglomerato di sopravvissuti
ghetti
assuefatti cortili.
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Tre poesie

di Annamaria Locatelli

Un fiore
 
Di ritorno sul solito treno,
dopo commiati e pianti ricacciati,
risospinta lontano
in mare aperto
nella risacca di onde all’indietro...
....sul treno di ritorno,
una volta come tante,
un gran sferragliamento
e il convoglio s’arresto!
Uno scambio fulmineo? Un guasto?
No, una voce lieve di verità
in lenta carovana di sguardi
serpeggiò...
Nel vagone accanto,
sommessamente,
un uomo
la vita aveva lasciato,
il capo molle reclinato
sulla spalla
dell’ignoto vicino.
Mi prese un sussulto
di sgomento
per quell’insolito
anonimo destino,
ma infine mi rallegrai,
forse invidiai
quel cullato trapasso
dal vitale movimento
all’immoto centro
del nido agognato...




Volpina
 
Invano cercheresti
nel musetto a triangolo
la grazia del gatto..
Gli occhi sgranati
sanno la fame,
lunga eterna,
di Arlecchin Batocia
e Pulcinella.
L’affilato visetto
in piccole astuzie
trascina
l’esistenza clandestina.
Rosseggia la folta coda
nei boschi,
bersaglio in fasti di caccia.
La volpina bella
fugge
dal mondo crudele...
 
 
 
 
 
Amici dei fiori
 
Giardino di fiori e di piante
assoggettate al disegno dell’uomo
che ha mani sapienti
e stabilisce confini
assembla colori e aiuole
stabilisce la statura dell’erba
seleziona i contorni del verde
traccia meditati percorsi
ombreggia radure
soleggia tratti boschivi
...docili gli esseri vegetali!
 
...ed ora per sentieri montani
non tracciati
se non da serpi e scarponi
tra cespugli pietre e rovi
a svelare
i fiori sciolti d’altura
ritagli azzurri gialli rossi
oltre le vette irraggiungibili
e noi,
giardinieri metodici,
ad inchinarci
davanti a tanto respiro
sapiente e sconfinato
 
 
 
 
 
 
E’ quanto
 
Su una piccola mano
aperta
porgiamo quanto...
La mano
trema per la miseria
di quel quanto:
una manciata di semi
dispersi nel deserto
poi dal vento.
Eppure brillano,
raggi figli del sole,
e per un istante soltanto...
È quanto 

Da “Il posto”

di Emilia Banfi

 

Un prima (la natura!) e un poi. Un Eden (della memoria personale) e poi la rottura. E’  narrazione o più spesso evocazione di un tempo felice o ingenuo e aconflittuale. Accostamenti delicati e mai tragici. Epifanie liriche concentrate, istantanee quasi  fotografiche, perché tagliano il resto. I drammi  sono suggeriti attraverso la concisione. Molta  attenzione  alla fisicità e, nelle poesie in dialetto  lombardo, un tono salace e popolaresco con echi di Carlo Porta e Dario Fo. E un abbandono più libero alla narrazione. Sembrano questi i tratti  vivaci e immediati della prima raccolta poetica di Emilia Banfi. [E. A.]   Continua la lettura di Da “Il posto”

Tre poesie da “Il lato destro dell’armadio”

di Canio Mancuso


Piccole manovre dell’abbandono

Le prime a cadere sono state le piante
non per volontà del tempo o del destino
ma del finto giardiniere
che le aveva ficcate nella terra. Continua la lettura di Tre poesie da “Il lato destro dell’armadio”

Lo sposo sinistro

di  Alessandra Pavani 

Non finivano mai quelle scale? E quando si sarebbe concluso quell’incubo che forse non aveva mai avuto un inizio, ma che tuttavia esibiva ai suoi piedi un tappeto per meglio guidarla verso il suo abisso? Quanto più saliva, tanto più vi sprofondava, stregata soltanto da quel braccio teso che sporgeva a darle il benvenuto e che già si rigava di lacrime; e intanto queste scivolavano dolenti lungo la ringhiera, scrostandola, e attraverso il suo guanto Dimitra le sentì urlare in silenzio. Continua la lettura di Lo sposo sinistro

Da “Il centro di un’intera stagione”

 

 

di Antonio Pizzol

 

 

Uno

 

3.

Come quando giocavo a pallone
sotto tribune di tulipani,
aiuole, giurie mute piegate,
causa-effetto scontata,
già esperita, madre di tensioni
che eccitava prescrivendo perfezione
nel palleggiare. Continua la lettura di Da “Il centro di un’intera stagione”

A proposito di gatti. Memorie.

 

di Rita Simonitto

 

A Tuja
22.06.2007

“Tu non dovevi o cara
togliere la tua immagine dal mondo…” [1]

Ecco esplodere l’urlo
che poi s’acquieta
e si smorza il grido
carezzevole vagando
sul filo di dettagli
ormai perduti.
E poi ancora torna
sull’onda della pena.
Così pianse il poeta. Continua la lettura di A proposito di gatti. Memorie.

Tre poemetti da “ODISSEO NOTTURNO”

di Lidia Are Caverni

Lidia Are Caverni ha scritto da una vita versi, racconti e romanzi e continua a scriverne. Numerosi sono gli interventi critici sui suoi lavori, alcuni tradotti in varie lingue. E attualmente, continuando ad interessarsi a studi di carattere antropologico, storico e linguistico, collabora con  diversi blog letterari. Nei poemetti che mi ha inviato per Poliscritture ce ne sono diversi (“Il Ciclope risvegliato”, “Proserpina”, “Odisseo notturno”)  che rielaborano le figure del mito, addolcendone  – a me pare – i tratti oscuri, ambivalenti e anche  minacciosi. Ho scelto però di pubblicare tre testi:  “La casa”, dove le figure arcaiche del mito sono assenti e un simbolo di solitudine si offre in tutta la sua dichiarata finzione; “Incantesimo”, per  la immersione quieta e solenne in un paesaggio trasognato;  e  “ Oscure meraviglie”, dove l’osservazione dei fenomeni naturali vuole essere più oggettiva. Con l’intento non  di mettere tra parentesi  la sua produzione su temi mitici ma di evidenziare la levità del suo sguardo poetico, che – mia ipotesi interpretativa – ha altre origini. (Riporto comunque in Appendice  il primo componimento omonimo di “Odissseo notturno” e invito a leggerne altri apparsi sul Web, in modo che  i lettori si facciano la loro opinione). [E. A.]

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mandrillo

di Lorenzo Monfregola

Una foresta di giorni carnivori
Assaltata verso l’alto
Da fiori blu mutati alberi di ferro
Dopo neanche cinque notti di pece zitta
Un mandrillo narciso di viola grida
Sputa i petali puri sull’ombra del suolo
E rivolta ogni cosa
Del nostro esserci senza scusa
Se dio esiste sta in ginocchio
Di fronte alla figa della vita
E da lì le mormora
Io sarò quello che vuoi
Nel verde più atroce
Non voglio
Che le carezze dell’incertezza

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