10 pensieri su “Omaggi a poeti amici: Paolo Ottaviani

  1. Belle! Soprattutto quella sui tetti, e la montagna, racchiusa in un riccio … e le testuggini. Il rimando alla memoria è sempre presente, e anche la paternità.

  2. Un poeta e una poesia indimenticabile.
    Natura e umanità , caparbiamente strette in un destino che le accomuna, le parole di Ottaviani rendono forte e dolce questa unione. Un legame che dovrebbe essere un insegnamento , una paternità, una maternità. Commossa ringrazio.

  3. Maestri di noi stessi: è un’affermazione che sto considerando da diversi giorni, che vorrei portare a semplice constatazione. Forse non semplicissima ma utile, e vorrei condividerla. Questo video me ne offre l’occasione.
    E’ una ripresa in diretta, senza stacchi e montaggio di sequenze; quindi, prima di iniziare, Paolo Ottaviani ha dovuto progettarla: ha scelto le poesie, ha pensato a cosa dire per la presentazione, ha scelto una musica per sottofondo, ne ha controllato il volume; non ha trascurato di porgere i suoi affettuosi saluti, e poi Via! dall’inizio alla fine del pur breve percorso, ma come un equilibrista sul filo.
    Sono così anche i videomessaggi che altri poeti hanno mandato alla rassegna di poesia di Matera, organizzata da Luciano Nota; tutti bravissimi (tranne me che il montaggio delle immagini me lo sono fatto; ma io sono un poeta ancora inedito ed è già molto che mi abbiano ospitato). Nel video messaggio di Ottaviani ho però ho notato alcune qualità invisibili, che in parte gli ho comunicato commentando su La presenza di Erato: partendo da quella piccola selva di capelli, posta sulla cima della testa (non è una ridondanza, a me sembra che la sua testa abbia per davvero una cima), per poi arrivare a quella sua espressione seria, da persona schiva, che non ama esibirsi… lì ho visto e pensato al maestro, al maestro che l’accompagna e lo sorveglia anche mentre scrive. Sto dicendo sciocchezze? eppure è quel che mi sembra accada: il bambino-poeta scrive liberamente, il maestro sorveglia, decide, suggerisce… tutto questo nell’animo di una sola persona. Meglio non esserne consapevoli, mi son detto riflettendoci in questi giorni, ne andrebbe della salute mentale. Ma è quel che accade, e penso sia riduttivo dire del poeta-bambino e del poeta-critico, perché di fatto si tratta di uno sdoppiamento della personalità (Rita Simonitto lo saprebbe spiegare, sicuramente meglio di me). Chissà quand’è che il poeta scopre il maestro dentro di sé, chissà dopo quanto lavoro, quanti ripensamenti e quante letture! Ma quando il maestro arriva, ecco che sei in una botte di ferro: non sei più solo un bambino, non sei più un bambino solo.

  4. Ho sempre creduto e sostenuto che le poesie le debbano leggere i poeti, e questi video lo dimostrano in maniera certa, perché la voce rende molto altro, forse il maestro di cui parla Lucio, al quale faccio anche i miei complimenti per quel modo schivo e riservato di parlare di sé, perché in effetti non è facile parlare di se stessi senza cadere nel protagonismo. Per questo dico, bravo Lucio, ma anche un bravo a Paolo Ottaviani che ho ascoltato con piacere, e bravi tutti per le poesie. Bella iniziativa questa di Luciano Nota, complimenti davvero. Matera (con i suoi sassi) merita tutta la poesia che c’è e sicuramente altro, con ciò intendendo l’attenzione, che manca a volte per luoghi a lungo dimenticati come questo.
    GDL

  5. Ringraziando l’amico Ennio Abate della squisita ospitalità inserisco, a beneficio dei lettori, il testo delle cinque poesie che ho letto nel video, tutte presenti, per chi volesse approfondire, nella mia ultima raccolta “Nel rispetto del cielo”, puntoacapo Editrice, giugno 2015.
    A tutti la mia riconoscenza e il mio più cordiale saluto. Paolo Ottaviani

    Le tre tartarughe

    Tre tartarughe sognano gli stessi
    ventosi bagnasciuga dove varia
    batte e rientra l’onda e brevi amplessi
    offre alla terra. Qui più necessaria
    si fa l’essenza occulta della quiete
    e corre un balenio, va nell’aria
    in fragile evidenza. È la sete
    d’amore prima del buio, del vuoto
    immenso. Le tre testuggini inquiete
    sognano un lido ventoso ed immoto.

    Mio padre dipingeva una montagna

    Mio padre dipingeva una montagna
    e faggi e mulattiere dalla tela
    gemmano ancora, la neve accompagna
    una bianca memoria che tutela
    la terra e i boschi dell’immaginare
    come linea ignota e parallela
    corre dalla tempesta al limitare
    del cuore dove nasce lo scompiglio
    che dura dentro i sogni, in quell’amare
    confuso tra la neve, il padre, il figlio.

    Balestrucci

    Toccano le foglie e la memoria
    azzurra dell’ellissi
    planano sugli ossidi tra cimase
    sgretolate i balestrucci
    inquieti sulla smarrita via.
    Non chiedono che il nido sfidi l’eterno.
    È l’uggia passeggera dello stentato volo
    la tegola divelta
    i platani bruciati del viale
    il crollo subitaneo di quest’ora
    a ridere sui tetti tra le antenne.

    Graziosa epifania

    Dove andrà questa sera
    piovosa di settembre
    in quale antro d’azzurro, in quale schiera
    di morti, in quale pianto di novembre,
    dentro quale memoria
    di roccia ogni goccia si farà storia,
    fulmine e poesia?
    Graziosa epifania
    di una pioggia immortale che ricade
    sui vivi ma bagna i morti nell’Ade.

    Treccia della parolamontagna

    salì sul monte… si mise a parlare
    MATTEO, 5, 1-3

    La parolamontagna nasce dentro la roccia,
    come un’ebbra giunchiglia nel cuore oscuro sboccia
    di un profeta: castagna chiusa nel riccio, figlia
    della terra e del fuoco nel talentuoso giuoco

    che natura ci dona: qui la vita s’intreccia
    con radici e pietruzze veggenti di corteccia
    cerebrale, risuona tra escrementi e pagliuzze,
    qui solerti fanciulle vanno nude su brulle

    pianure beate:
    la terra abitata
    da furie malate
    è terra beata!

    Nell’assalto del vento la montagna racconta
    ai clementi le storie più arcane: c’è l’impronta
    bianca di un sedimento di voci e di memorie
    sulle remote cime. Vaporosa e sublime

    la parola abitata da vette e gioghi irriga
    i deserti di dolci fiumi, indora la spiga
    del grano ed echeggiata dai poeti nei dolci
    carmi agresti, prepara nel silenzio un’ignara

    stagione di lodi.
    Grida nel deserto,
    cecità degli odi
    sotto il cielo aperto.

  6. …ringrazio Paolo Ottaviani per aver trascritto i testi delle sue molto belle poesie…poesie che a me suonano come una strenua ed estrema difesa e testimonianza di quanto di più valido la natura e i sentimenti umani ci possono ancora offrire, anche se solo sulla scia dei ricordi o delle speranze…Uno sguardo concavo, serio e consapevole: “E’ la sete/ d’amore prima del buio, del vuoto / immenso…” delle tre tartarughe…

  7. Sono riconoscente a P. Ottaviani sia per la lettura delle sue poesie e sia per avercele messe a disposizione qui nel Blog.
    Al di là dell’impatto evocativo di alcuni passaggi (gioco sottile tra immagine e parola), poterci ritornare sopra e riassaporarli di nuovo e farci delle riflessioni è una importante opportunità.
    Grazie per la sua generosità.

    R.S.

  8. Treccia della parolamontagna, una poesia sul poeta.
    Mi chiedo: chi parla? la montagna o chi salì e si mise a parlare? Ma ho sbagliato, salì il monte, e si mise a parlare, cioè salì su una postazione eminente. La parolamontagna sboccia nel cuore oscuro di un profeta. Nella oscillazione tra la montagna e il profeta un avvertimento: la veggente corteccia cerebrale ha radici e pietruzze.
    La castagna è chiusa nel riccio, dal cuore può parlare una terza persona, che ha la stessa autorialità e della montagna e di chi vi salì.
    La terza persona racconta: la terra abitata da furie malate è beata, nella purezza della montagna la parola sublime echeggia nei poeti e prepara “nel silenzio/un’ignara (poesia esodante a se stessa) stagione di lodi”: nel deserto grida che sono forse richiami, cecità degli odi perchè forse sono irrilevanti, il cielo “aperto” è senza un empireo oltre cui collocare dio, ma anche aperto per poterlo contenere.

    1. Gentile Cristiana Fischer,
      la ringrazio di cuore di tanta appassionata e intelligente lettura. Lei ripercorre i ritmi e i significati della mia poesia arricchendola di nuovi suggestivi orizzonti e quindi di nuovi dubbi e di nuove domande. È proprio ciò che io chiedo al poetare. Meglio se tutto ciò viene fatto donando bellezza, come mi sforzo di fare.
      Non ho seguito il dibattito sulla “poesia esodante”, forse anche perché un po’ spaventato da quella brutta parola – “esodante” – semisconosciuta ai dizionari e di cui ignoro l’esatto significato. Non saprei quindi risponderle nel merito.
      Il mio più cordiale, partecipe saluto.
      Paolo Ottaviani

  9. gentile Paolo Ottaviani, la bellezza…

    inenarrabile bellezza
    inappropriabili forme inarrivabili
    con rara conoscenza ricevuta
    esemplare di dio che le forme
    regala per confonderci
    pensiero così bello che si perde
    in fuggitiva
    esteriorizzazione primazia
    di azione in esteriorità
    che solo saprei dire e vorrei dire
    in pace di tua volontà
    la lentezza delle cose
    ferro e legno trasformate la bellezza
    pace e forza
    di sua mostruosa sua terribile
    esteriore intensità

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