Storia per l’anno a venire ovvero una partita di troppo

gangster 1

di Luciano De Feo

 

I fuochi di fine anno li ho guardati dalla finestra che dà sull’Oceano, mentre l’ultima mosca che ha banchettato con i resti di Fratello mi sfila davanti, sazia.

E saluta, dannato parassita!
Devo essere pazzo, per starmene qui impalato. Già! PAZZO!
Mi piacerebbe sapere cosa ne direbbe, il Giudice. Che deliziosa persona, il Giudice. Ha due mustacchi, che ci si può appendere il bucato, e un paio di occhioni verdi, gonfi, come melanzane ripiene, che ti verrebbe voglia di prenderli a morsi, tanto sono irritanti. Per tacere del faccione rubizzo, da tirolese ciuccio che … ma che cazzo può fregarmene mai, del Giudice, dico io!

Fratello era … come posso spiegarlo, ora, in due parole? Un fratello vero! Cazzo, ci sono riuscito: giusto due paroline … uno spazio … FRATELLO!
Minchia, invecchiando migliora. Quasi quasi, mi verrebbe voglia di gridarglielo in un orecchio, a quel tiracazzi di Mimmo … poi vediamo chi é che fa a cazzotti con la lingua!
Ma ne vale, poi, la pena? Mimmo! Ah, che schifo! Come può essere credibile, un coglione che si chiama così … MIMMO.
Sembra una di quelle parole con cui si usa spicciare la gente, quando non sai proprio come cavartela altrimenti.
“Mimmo, che ladro”. Uhm, suona un po’ falso.
Vediamo un po’ … Mimmo mio, come ti sei fatto grande … o ancora: mimmo mio, che paura!
Insomma, non so se mi sono fatto capire!
L’aria si è fatta più fredda! Una girata alla maniglia, per un po’ la finestra mi farà ancora da guardia del corpo, tenendomi fuori dal vento gelido carico di sole e di pioggia, che dalle montagne si spingono fin quaggiù, a cercare fortuna nella Baia.
Sono secoli che la gente viene qui, a cercare il colpo gobbo che gli cambi la vita. C’è chi c’è riuscito, con un colpo alla Slot Machine, chi con l’industria delle conserve, chi col salmone in scatola, qualcuno, invece, con le gramaglie … Io, invece, ho puntato sul piombo!
Una pallottola qua, qualche fiore “rosso sangue” sulla sparata di Fratello … E non rompete i dardanelli, con i soliti giochini di parole! Sparato è un termine tecnico, l’hanno inventato quei froci dei sarti, tutti col il culetto basso, ficcato in un paio di pantaloni di morbida flanella grigia, larghissimi sopra, ma stretti alle caviglie … E i capelli ossigenati in tono con la parlata blesa, moscia, da vere femminelle … non so se mi spiego!

Fratello spendeva una fortuna, con i froci: estetisti, parrucchieri, manicure, palestrati, marchettari con le tette siliconate e il biscottino pendulo tra le cosce coperte di nylon e stivali lucidissimi! Poteva avere tutte le donne che cadevano ai suoi piedi, con quel fisico bestiale … invece il signorino se la intendeva con le checchine!
Umiliato! Costretto a vivere in questo appartamento del cazzo, mentre il mondo intero se la spassa, là fuori, fottendosene di un povero pazzo, con la mania della letteratura impegnata.
I SIGNORONI, quelli sì, che sanno come spassarsela: festini, ricevimenti in pompa magna, con politici e grossi calibri dello sport … corse agli ippodromi importanti, droga, fica a volontà, whisky, belle macchine sportive. Il divertimento è di casa, dove frusciano a migliaia i bigliettoni.
Trovatemi uno di queste troie disposte a scoparsi il nonnino, pur di cambiarsi gli abiti tre volte al giorno!!!
Io, invece? A marcire in questo cesso, con vista sull’Oceano, per quattro miseri soldi, costretto a scrivere di tutto, per questi analfabeti con le tasche gonfie di grana … dalle lettere commerciali ai biglietti augurali, per tacere del resto … e tutto per poter tirare a campare!

E Fratello, sapete come la liquidava, lui, la questione? Con una alzata di spalle, un rutto, o una scoreggia!, e qualche sua massima da parvenu: – I libri non ti danno a campare! Io, finalmente, mi sono deciso a mettere in pratica … sì, stanotte … Come? Pochi spiccioli, piombo e polvere, un pizzico di sangue freddo, e la passione per il gioco, che dalle nostre parti è quasi una malattia. E fanculo, se uno come Mimmo, il picciotto con l’uccello più piccolo di tutta la Baia, troverebbe banale perfino l’omicidio, se c’è di mezzo il sottoscritto.

Quel fottutissimo figlio di una capra zoppa, lui e i suoi pruriti da Sapientone. Il Critico si fa chiamare, quel bastardo che faceva le collette, per pagarsi il cinema, quando avevamo “entrambi” le PEZZE AL CULO.
E il culo, si sa, è il perno intorno al quale ruota questo fottuto mondo di merda! A me è andata di lusso se ho trovato di che tirare avanti, bollette comprese … a lui, il Critico, gli si è spalancata, fino a ficcarla tra le braccia di quella sgallata della Nancy, tutta brufoli, ciccia e milioncini … quelli di papy!
E così il signorino, con la zeppola moscia e le ascelle che gli puzzavano, da brutto anatroccolo è diventato l’uomo più intelligente di tutti, la mente illuminata, lo sputasentenze dalle cui labbra secche tutti pendono , come carciofi!
Firma i libri che altri gli scrivono, guadagna soldi a palate con le Conferenze e, tra una cena e quella successiva, che cazzo si va ad inventare? L’ACCADEMIA! E non ridete … è una specie di scuola per aspiranti scrittori, guarda caso frequentata da femmine annoiate, con la fregola del Premio Pulitzer.
E il bello è che basta una sua parolina, per decidere il destino di uno scrittore. Se appena sgarri una virgola, il che significa stare fuori dal SUO GIRO, puoi dire addio alla tua carriera di autore: sei finito, FUORI!, kaputt … a meno che tu non abbia l’umiltà di ammettere l’errore, che tanto c’è modo di riparare.
Basta comprare, con i propri soldi, un Manuale che ti insegni le giuste tecniche, e correre a iscriversi all’Accademia, perché il Velo dell’ignoranza si squarci, e anche a TE, impavido autore, sia garantito il pass di accesso al Sancta Santorum dell’Olimpo Letterario.

Fratello lo sapeva, con Mimmo erano culo e camicia. Fratello gli “spianava” la strada, e Mimmo, per ricambiare, lo metteva in contatto con quelli molto IN ALTO!
Fratello sollevava la cornetta, e quel rottinculo d’un pennivendolo si metteva a sua totale disposizione. Anche io avrei potuto dare una svolta alla mia carriera, ma Fratello non aveva mai un minuto per me, dì che ripassi domani, diceva a quelle Olgettine che gli facevano da segretarie, e da Nurcery al suo uccello sempre in tiro.
Ieri sera, mentre tornavo a casa, sotto una pioggia battente, schiacciato dal peso dell’ennesima bocciatura, la cartella con il dattiloscritto sotto il braccio, mi sono detto se non era il caso di dargli una bella dimostrazione, a quei DUE!
Una volta a casa, mi sono gettato sulla poltrona e, armato di penna, ho dato qualche ritocco qua e là alla storia, poi ho fatto un paio di telefonate, invitando i miei AMICI per l’indomani a cena. Non si sono fatti pregare. Certa gente è nata con la vocazione della pappata a ufo!
L’apocalisse viola si è manifestata come le altre volte, intorno alle sei, mentre il sole si scioglieva in un languido bagno di fumi arancioni nel cavo delle colline, sbriciolandosi in scaglie lucenti che le onde portavano via.
Mimmo è arrivato in leggero anticipo. Sfoderando il mio sorriso ipocrita, l’ho aiutato a sbarazzarsi del soprabito, facendogli strada fino al salotto.
Fa’ come se fossi a casa tua, gli ho detto, versando da bere per due. Il maiale ha mandato giù il whisky, tutto di un fiato, facendo tintinnare il ghiaccio, mentre fingeva di interessarsi alle stampe appese al muro.
Che te ne fai, a capodanno?, mi ha chiesto, attaccando il secondo cicchetto, sai, NOI abbiamo pensato ad una cena carinissima, e aspettare la Mezzanotte leggendo le nostre cose.
Una specie di reading di fine anno, ho detto io, ridendo, e intanto giù altro whisky nel suo bicchiere vuoto.
Sai, ti avrei anche invitato, si è programmato di ubriacarci, e intanto strabuzzò gli occhi davanti ad una riproduzione in oro di Schiele.
Bellissimo!, ha esclamato, e il suo naso toccava il vetro di protezione.
Non darti pena per me, lo rassicurai, tanto avevo deciso di andarmene a Oxiur, da mia sorella.
Ah!, gli è scappato di bocca, in una pioggia di goccioline macchiate di biascia grigiastra. E come sta, come se la passa?
Bene, gli ho detto, e ho fatto il gesto di riempire nuovamente il bicchiere, ma lui l’ha coperto con una mano, scrollando la testa.
In quel momento avrei dato fuoco a quella sua barbetta del cazzo, invece ho sorriso, da buon padrone di casa, e l’ho invitato ad accomodarsi sul divano.
In quel mentre ha squillato il campanello. Mimmo trasalì. Godevo un mondo a vedergli tremare quegli artigli untuosi, sbiancando fino all’inverosimile.
Aspetti qualcuno?, ha balbettato, afferrando con le mani il bordo del divano.
Senza degnarlo di risposta, mi sono lentamente avviato alla porta. Quando sono rientrato nel salone, sottobraccio a Fratello, Mimmo ha fatto molta fatica a mantenere la sua proverbiale compostezza da uomo di alto bordo.
Fratello, invece, lui si che sa essere a suo agio in mezzo a tante situazioni. Dall’altro del suo metro e novanta, per centoventi chili di muscoli e cattiveria, lo ha squadrato dalla testa in giù, limitandosi a soffiargli in faccia un saluto alla nicotina intrisa del più alto disprezzo.
Con Fratello è inutile perdersi in convenevoli. Non è tipo da sopportare le smancerie da “servitore” a ore. Perciò gli ho lasciato campo libero con i liquori, sicuro che di lì a qualche minuto avrebbe fatto fuori l’intera riserva di Jack Daniels.
Dal mio angolo d’osservazione era possibile cogliere ogni più piccola sfumatura sui loro volti … persino l’impercettibile pulsare delle vene sul dorso delle mani di Mimmo, sempre più a disagio. Povero ragazzo! Forse cominciava ad intuire che quel tête-à-tête era opera mia.
Già pregustava, l’animale, l’ennesima cena a ufo della sua brillante carriera di Critico Letterario. Non immaginava certo che avrei preso la briga di invitare anche LUI, Fratello, il suo mecenate … o forse sarebbe più “giusto” definirlo: PROTETTORE!

Fratello fu il primo a scuotersi dall’assurdo torpore di una scena placcata nella comica fissità di certe sculture di gesso, reperibili per pochi soldi tra le bancarelle del Mercato Grande.
Spero che tu abbia un buon motivo, per avermi fatto venire qua, ha tuonato con quella sua voce alla carta velina, indicando con un gesto schifato del suo braccio Mimmo, che nel frattempo cercava una scusa per squagliarsela.
Avevo in mente una serata tra amici, mi sono premurato di spiegargli, con il tono di chi ammette una piccola gaffe del tutto involontaria. Sai, le solite cose, un po’ di whisky, una cenetta fredda … magari un pokerino! … così, giusto per trascorrere insieme qualche ora.
Il volto di Fratello si è improvvisamente illuminato, come l’albero di Natale nella piazza della Città.
Sapevo che accennando al poker, avrei toccato la corda più sensibile del suo animo di inguaribile giocatore. E non ignoravo che lui, Mimmo, lo “schifiltoso”, odiava perfino l’idea di un mazzo di carte da gioco su un tavolino.
Al diavolo la cena!, è sbottato Fratello, togliendosi la giacca, che buttò sul divano. Allentandosi il nodo della cravatta amaranto, si è guardato intorno, sbuffando come un cinghiale.
Venite, ho detto io, sorridendo.
Veramente, sai, io, ha provato a protestare Mimmo, guardando prima me poi il colosso che ci precedeva nella stanzetta che mi faceva da studio, per l’occasione trasformata in una piccola BISCA, con tanto di panno verde sul tavolo rotondo, che mi ero preoccupato di spostare giusto al centro, sotto il lampadario.
Allora, ha cominciato a farsi schioccare le dita Fratello, afferrando il mazzo di carte e mescolandolo con l’abilità che gli riconoscevano tutti!
Comincerei … Comincerei con una bella puntatina … diciamo di cento pezzi?
Mimmo è diventato cianotico. Potevi ficcargli uno stoppino su per il naso, e usarlo come candelina natalizia, lui avrebbe fatto di si con la testa, continuando come se nulla fosse.
Scherzavo, ha detto Fratello, calandogli una manata che quasi gli spezzava in due parti la clavicola.
Cinque deca per l’apertura, disse, e rilancio libero, e non voglio sentire ragioni!

La partita è cominciata nel più religioso silenzio, interrotto ogni tanto dal rotolare dei tuoni dietro i costoni rocciosi a ovest.
Il temporale non avrebbe tardato ad abbattersi sulla Baia. Già il vento faceva dondolare i lampioni nella strada, rovesciando ad intervalli spruzzi di luce arancione sugli oggetti nella stanza. Colti nel fosco baluginare di quel lucore rugginoso, somigliavamo alle scene di un vecchio film muto, in cui al bianco e nero si sostituiva una patina grigia, macchia inesorabile del tempo che passa.
Il sangue non ha smesso un attimo di pulsarmi nelle tempie, scandendo con precisione il trascorrere delle ore … UNA … DUE … TRE … Non so più quanto tempo siamo rimasti incollati a quel tavolo, a lisciare i punti sulle carte, mentre il denaro passava di mano in mano, sottolineando una volta di più la transitorietà dei beni materiali.
Era ormai l’alba, quando Fratello, perdendo la sua proverbiale pazienza, ha lanciato un urlo spaventoso, gettando le carte in faccia a Mimmo che, lo sguardo soddisfatto, non perdeva di vista il mucchietto di monete e banconote che gli si era accumulato davanti.
Ma sto’ figlio di una puttana sdentata, ha cominciato a urlare l’armadio, che non aveva più nulla di umano negli occhi. Aveva perso tutto! Persino il suo Rolex d’oro che, adesso, faceva bella mostra di sé al polso del più fortunato dei Critici Letterari della Baia.
Bisogna comportarsi da sportivi, ha detto Mimmo, guardandolo con commiserazione. In fondo si tratta di un gioco, dove conta molto il fattore fortuna.
Se-è!, col cazzo, si è ancora più imbestialito Fratello, alzandosi di botto dalla sedia, tanto che per poco il tavolo non si è inchiodato dalla MIA parte.
A occhio e croce, Fratello aveva perso più di diecimila dollari, gemelli d’oro esclusi!
Io ero sopra di circa cinquecento … la posta del LEONE l’aveva fatta lui, il Cotton Mother dei salotti letterari, il fiero propugnatore delle Crociate contro il vizio … Gioco d’azzardo in testa!

Affanculo!, è sbottato ad un certo punto Fratello, tornando a prendere posto sulla sua sedia traballante.
La notte è ancora lunga, non penserete certo di abbandonare la partita a metà!
Veramente io …!, ha protestato a voce tanto bassa Mimmo, che a stento potevamo udirlo, sovrastato com’era dal ringhiare animalesco del gigante, seduto come noi allo stesso tavolino.

Tutto procedeva secondo le mie aspettative.

Fratello ha cominciato a guardarsi intorno, sbavando, gli occhi orrendamente sbarrati, in una patetica espressione allucinante.
Ecco, quello era il momento per giocarmi la carta più importante della mia vita. La busta l’avevo in tasca sin dall’inizio, aspettavo solo l’occasione giusta per farla scivolare dalla “parti” di Fratello, che senza scomporsi, approfittando di un attimo di distrazione di Mimmo, se l’è fatta sparire in grembo, ringraziandomi con un sorriso.
Sapevo che non avrebbe contato il denaro, in fondo dovevo anche io qualcosa a quell’uomo. Lui non poteva certo immaginare che, in un attimo di sbadatezza, avrei fatto scivolare nella busta alcune foto “compromettenti” che mi ero procurato da Slutty Joe proprio quella mattina.
Mimmo, intanto, fremeva … era evidente il suo imbarazzo per una partita che si protraeva ben oltre le sue aspettative. Forse aveva già pensato a come spendere la sua cospicua vincita!
Io me la godevo un mondo, a studiare quelle due FACCE, mentre tornato al mio posto, distribuivo le carte. E’ successo proprio nell’istante in cui Fratello cominciava a rifarsi. Nella foga dell’ennesimo silenzio, ha pescato una istantanea dal mazzetto di banconote.
E questa, chi cazzo è?, ha urlato lui, calando un pugno sul tavolino.
Tutti, IN CITTA’, conoscevano la storia del suo matrimonio con Alicia, una sventola tutta curve, che poteva essere benissimo sua figlia. Qualcuno malignava, sussurrando che l’aveva vista come mamma l’aveva fatta, quando cantava in quel Night Club malfamato.
Fratello aveva “tappato” per sempre la bocca a quanti avevano sbavato sulla Regina delle notti, ricordando il passato della moglietta ninfomane.
In quella bella foto a colori, LEI era seduta su un “certo” signore, con la barbetta, mentre, tutto sudato, la afferrava da sotto le magnifiche tette, strizzandole.

Mimmo è diventato di pietra!

Fratello, al contrario, era l’immagine stessa della Furia Vendicatrice: una dopo l’altra, ha tirato fuori le foto, che ritraevano Alicia mentre si intratteneva, CASUALMENTE!, con una CERTA PERSONA sul sedile posteriore di una bella auto sportiva …

Schifosissimo verme rottinculo d’uno scrittore fallito!, ha ruggito Fratello, avventandosi sull’inerme avversario, che ha cominciato ad indietreggiare, rovesciando sedie, tavolo, suppellettili.
Lo squittio di Mimmo faceva accapponare la pelle, mentre le sue braccia invano cercavano di arginare la violenza dei colpi dell’altro.
Io me ne stavo fermo in un angolo, ad osservare quella scena un po’ comica. Fratello non la smetteva di martellare di colpi la sua vittima, coprendolo di ingiurie di ogni specie. Solo quando l’ho visto afferrarlo per la gola, ho cercato di fermarlo, ma lui, con una manata, mi ha gettato da parte, e ha stretto, sempre più forte, fino a quando gli occhi del poveretto sono schizzati fuori dalle orbite.

Un silenzio assurdo, quasi irreale, è calato su di noi, protraendosi per parecchi, interminabili minuti. Una opprimente, angosciosa tenebra, fatta di una pressoché totale assenza di suono.
Quindi, con un lento movimento della sua testa bovina, Fratello si è girato verso di me, rimanendo inginocchiato sul corpo senza vita del suo “ex” pupillo. Ha sbarrato gli occhi, due enormi globi iniettati di rosso, mi ha guardato, e in quello SGUARDO io ho indovinato tutto il suo terrore.
La luce arancione del lampione ha messo grottescamente in risalto i suoi lineamenti: erano stravolti fino all’inverosimile!
Ha fatto tre passi in avanti, fermandosi dietro di lui. Gli ho messo una mano sulla spalla, coraggio, gli ho detto, è finita. L’Onore della Famiglia è salvo, e senza aggiungere altro, ho fatto FUOCO!

Senza preoccuparmi della poltiglia schizzatami addosso, che disegnava oscure gramaglie sul tappeto e sul muro dietro il televisore, sono andato in cucina, e per prima cosa mi sono versato in un bicchiere di vetro del cognac. Poi mi sono lavato le mani con il detersivo per i piatti. Ho tolto i vestiti, che ho ficcato nel sacchetto della spazzatura, insieme alla cena che nessuno aveva toccato.
Sono tornato di là, per recuperare la rivoltella – piccolo calibro .32 – che Mimmo portava sempre con sé, fissato com’era che qualche pezzo grosso della concorrenza, gente di altre scuole, diceva, si fosse messo in testa di liquidarlo.
Era caduta mentre cercava di proteggersi dalla furia omicida di Fratello.
E’ stato in quel preciso istante, che il mosaico si è completato nella mia testa!

Una bella ripulita, e, UALLALA!, l’ipotesi della legittima difesa poteva anche reggere, anche se il colpo è entrato dalla nuca … ma chi se ne frega? Ai poliziotti non sembrerà vero di essersi sbarazzato di uno come Fratello. Da un pezzo cominciava a dare fastidio, nelle Alte Sfere, con quella strana idea di entrare in politica.
La polizia sapeva del suo “Archivio Segreto”, del quale si è servito per anni per tenere sotto scacco l’intera comunità. Peccato che le uniche foto compromettenti non facevano parte della sue collezione.
Come si dice, chi di scatto ferisce …!!!

L’aria fresca dell’Oceano cominciava soltanto adesso a farmi effetto. La notte s’è fatta più fredda … peccato che l’umidità ti entri sotto l’epidermide, come l’ago di un’ipodermica piena di morfina. Il profumo della salsedine in parte compensa il tempo insopportabile che impregna la stanza, ma per fortuna tra non molto sarò lontano.
Non sento ancora le sirene della polizia. Eppure ho telefonato da più di mezzora. Bah, che se la sbrighino loro, con i morti. Tra meno di 48 ore, sarò in Sud America, e di Mimmo, di Fratello, e delle cupolette mafiose della Letteratura non sentirò più parlare, almeno fino a quando mi sarà ripresa la voglia di scrivere.
Con i soldi che mi ha fruttato questo <Plot Narrativo> qua, potrò finalmente vivere anch’io, senza dovermi preoccupare di sbattere il grugno contro troppe porte chiuse!

Do un ultimo sguardo alla NATURA MORTA con fiches, pronta a trasformarsi nell’ennesimo grattacapo per il vecchio Giudice con le zucchine al posto degli occhi; spengo la luce, la borsa con il “malloppo” ce l’ho già a tracollo … addio, Fratello, riposa in pace, l’onore della FAMIGLIA è salvo … PER SEMPRE!!!

La porta che dà nella strada è socchiusa. Il Palazzo d’angolo sembra quasi uno di quei cartelli scozzesi, tanto cari al Gotico, avvolto com’è nella nebbia che arriva dalla Baia. Tendo l’orecchio, caso mai si sentissero le sirene in lontananza, ma intorno a me regna, sovrano, il silenzio.
Istintivamente la mano destra va sulla borsa, quindi dentro la tasca. La busta è ancora lì! La tiro fuori. Alla luce dell’unico lampione acceso, do un’occhiata distratta al francobollo incollato di sbieco, un pugno di colore affogato dalla foschia arancio che mi fascia la gola, gelandomi i piedi.
La giro, per leggere ancora una volta il nome del mittente, cui debbo la mia rinascita, la musa ispiratrice dei più riuscito dei miei capolavori. Sorrido, quindi mi avvio al telefono pubblico in fondo al viale, tallonato dal brontolare del cielo insaccato tra le colline, e dalla vasta eco del rumore delle onde, che continuano ad abbattersi lungo il bagnasciuga.

2 pensieri su “Storia per l’anno a venire ovvero una partita di troppo

  1. …un racconto, questo di Luciano De Feo sull’anno che verrà, davvero promettente!
    Il nostro eroe impugna l’arma per uccidere e, senza soluzione di continuità, la penna per scrivere così garantisce al suo pubblico di lettori la diretta…Appassionante: come scalare la montagna del potere letterario da parte di uno scrittore impegnato. Il gioco d’azzardo può aiutare ad eliminare gli avversari, soprattutto se si è bari e lì nessuno si salva, ma c’è sempre il più furbo…del resto l’america è il paese dei sogni che si realizzano…D’altra parte si tratta di un vero scrittore: non gli mancano il senso estetico, vedi la descrizione dei suggestivi tramonti sull’Oceano, una buona dose di humor…né crudeltà, cinismo, lacrime e sangue e volgarità…Parecchio scollato dall’uomo ma vuoi che i lettori-fruitori di mass-media se ne accorgano? Conta solo che ha avuto successo…Molto sarcastico

  2. Questo è un racconto che si potrebbe definire del”cazzo” quando certe teste hanno molto a che vedere con questa ormai diffusa parola. E’ fantasticamente vero e apprezzo la stesura così concentrata ed emotiva al punto da confondere il lettore. Una come me resta perplessa all’inizio, non trovo ironia ,direi piuttosto una grande rabbia che sfocia nel grottesco e nell’orrore dell’omicidio dove sesso,soldi,America,cinismo, trovano la loro giusta collocazione. Ah! La scrittura quali miracoli può fare! Mi è piaciuto cazzo!

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