Maestri di virtù: Marchionne Sergio

Sergio Marchionne, CEO of Fiat SpA, attends a press interview at the Italian auto maker's joint venture plant with Guangzhou Automobile Corp (GAC)  in Changsha, capital of central China's Hunan province, Thursday June 28, 2012. Fiat-Chrysler APAC announced the start of production of the Fiat Viaggio at the GAC-Fiat’s joint venture facility in China. (AP Photo) CHINA OUT

DIALOGANDO CON IL TONTO (6)

di Giulio Toffoli

“L’economia ristagna, la disoccupazione non accenna a diminuire, i consumi non crescono, la deflazione segna questa fase del nostro trend economico. Inoltre i giovani non trovano lavoro e il quadro complessivo della società italiana, ma più in generale di quella europea, è segnato da un fattore di complessiva depressione. Non solo i governi si dimostrano del tutto incapaci di trovare soluzioni e sopravvivono cercando disperatamente rimedi che alla resa dei conti non risolvono alcunché …”
Il Tonto aveva iniziato a snocciolarmi la solita analisi sulla situazione della economia che ci troviamo a ripetere quando prende il sopravvento la noia e non si sa cosa dire. E’ come ripetere un mantra che nei pochi momenti in cui l’economia sembra tirare già presagisce esiti funesti e quando poi puntualmente si verificano non fa altro che guardare le rovine con occhio disincantato come quello di chi abbia fermato la sua attenzione sulle rovine di Amatrice.
Cerco di interromperlo con un perentorio: “Questo lo sappiamo, ce lo ripetiamo un giorno sì e l’altro anche. D’altronde governi che ci erano stati venduti come lo strumento di salvaguardia e perfino di ultimo baluardo per la salvezza della patria si sono dimostrati uno più incompetente dell’altro. Da Monti a Renzi il quadro non è certo confortante …”.
“Ed è proprio qui che mi pongo la domanda. – mi dice il Tonto con sguardo sornione – Perché scegliere uomini così incompetenti? C’è Lui che sembra con le sue ultime dichiarazioni candidarsi come una chiara bussola, una coscienza critica che ha ben evidenti le linee su cui muoversi per poter modificare questo mortificante stato di cose…”
“Lui? – ho detto – Ma Lui chi?”
“Come chi? Ma Marchionne Sergio. L’uomo Fiat, anzi l’uomo FCA, ultima incarnazione del capitalismo declinato all’italiana. Non possono non averti colpito le sue ultime esternazione di fronte ai vincitori di un premio Luiss sulla finanza. Per non essere impreparato sono andato a leggere una biografia di questo grand’uomo, sia chiaro una di quelle sintetiche per cui posso benissimo non avere un quadro del tutto esatto di questa polimorfa personalità. Non solo risulta amministratore delegato di almeno mezza dozzina di aziende ed è stato premiato con una decina di lauree ad honorem nei più vari campi dell’economia fra l’altro nel 2010 gli è stato conferito a Mirandola perfino il premio “Pico”. Ci hanno già parlato a dismisura delle sue capacità di fare miracoli, manca che ci raccontino che conosce a memoria, dalla fine all’inizio, An Inquiryinto the Nature and Causes of the Wealth of Nation.
Ciò detto sicuramente costituisce una personalità interessante in un quadro depresso come quello nostrano”.
“Ma insomma cosa può aver detto di così significativo?”
“Ti sintetizzo le sue dichiarazioni. Ha iniziato, riferisco quasi alla lettera le sue parole, affermando: “Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa perché non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è”, e poi ha aggiunto di rincalzo: “l’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dover di fare i conti con la propria coscienza”.
Facendo una specie di analisi della congiuntura economica dell’ultimo decennio ha aggiunto: “gli eventi e la storia hanno dimostrato che ci reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del capitalismo stesso, e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, non la società”.
Poi ancora riferendosi ai mercati: “se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile”. Avendo forse timore di essersi troppo sbilanciato ha meglio specificato: “la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione” e “nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati” e “questo campo aperto è la garanzia per tutti di combattere ad armi pari”. Tuttavia: “il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine”. Ha concluso affermando che occorre: “creare le condizioni per un cambiamento virtuoso per promuovere una globalizzazione che sia davvero al servizio dell’umanità”.
Mi è venuto spontaneo di dire: “Siamo di fronte a un esempio di rara virtù. Se non fosse che, essendo amministratore delegato di una sfilza di imprese multinazionali, forse ha buona parte del suo tempo impegnata credo che potrebbe benissimo aspirare alla titolarità di una qualche cattedra accademica di etica e filosofia morale. I vari filosofi presenti sul mercato dovrebbero certo temerne la concorrenza …”.
“Hai ragione. – aggiunse il Tonto in uno dei rari casi in cui è parso convinto delle mie parole – Ma mi chiedo se si sia rivolto negli stessi termini agli operai di Termini Imerese quando ha chiuso lo stabilimento o agli altri del gruppo FIAT quando ha con una politica aggressiva limitato i loro diritti e modificato unilateralmente accordi sindacali liberamente sottoscritti, espellendo nei fatti la CGIL delle sue fabbriche. Non solo mi chiedo se la sua aggressiva strategia finanziaria, che lo ha portato a creare un gruppo di grandi dimensioni unendo FIAT e Chrysler, abbia mai risposto in qualche modo a principi così carichi di virtù.
Nota le parole: equità, coscienza, avidità, inadeguatezza, responsabilità morale, cambiamento virtuoso. Non è che sono le stesse parole che abbiamo sentito recitare per decenni dai rappresentanti della sinistra più o meno radicale quando ebbero la ventura di essere eletti al parlamento. Marchionne è più a sinistra di loro? Oppure la loro era una mera retorica?”
“Non so davvero risponderti. – mi è sembrato di dover aggiungere – Si tratta di un bel busillis”.
“Non so – si è avviato a concludere il Tonto, con tono dimesso – ricordi forse Gasparazzo. Era l’incarnazione dell’operaio dei primi anni settanta disegnato da tale Roberto Zamarin. Sulla copertina del libro c’era la vignetta che diceva “Felicità è una coperta …” ed era rappresentato il Gasparazzo di turno che stringeva intorno al collo di un azzimato capitalista una bella coperta. Mi dirai: “Ingenuità giovanili …” Ti rispondo certo è probabile ma quando si sentono questi signori, privi di ogni pudore, pontificare in questo modo dai loro alti scranni ti verrebbe davvero la voglia di avere fra le mani una bella coperta …”

5 pensieri su “Maestri di virtù: Marchionne Sergio

  1. Il mega dirigente Marchionne verrà ricordato, tra i suoi pari italiani, come il primo ad aver rinunciato al doppio petto, stile Steve Jobs. Per il resto, dal punto di vista di quel-che-ce-ne-viene, il fatto che dica ““Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa perché non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è” può semplicemente significare che lui, di politica, non vuole occuparsi. Ma è vero che la “macchina” non ha morale, perché la macchina non ha volto umano, quindi nemmeno testa e sentimenti. Lo sanno bene le famiglie americane che all’inizio della crisi internazionale si ritrovarono a vivere nelle roulotte (i più fortunati). Oh, piangevamo tutti, anche i dirigenti delle banche: ma che si può fare, è così che funziona quel “nessuno” che ci controlla e governa.

  2. SEGNALAZIONE

    Socialismo e Capitalismo: la versione di Albert
    di Giuseppe Masala
    (https://zeroconsensus.wordpress.com/2012/05/17/socialismo-e-capitalismo-la-versione-di-albert/)

    «L’anarchia economica della società capitalistica, quale esiste oggi, è secondo me la vera fonte del male.Vediamo di fronte a noi un’enorme comunità di produttori, i cui membri lottano incessantemente per privarsi reciprocamente dei frutti del loro lavoro collettivo, non con la forza ma, complessivamente, in fedele complicità con gli ordinamenti legali. […]

    Il capitale privato tende a essere concentrato nelle mani di una minoranza, in parte a causa della concorrenza tra i capitalisti e in parte per il fatto che lo sviluppo tecnologico e la crescente divisione del lavoro incoraggiano la formazione di più larghe unità di produzione a spese delle più piccole.Il risultato di questo sviluppo è un’oligarchia del capitale privato, il cui enorme potere non può essere effettivamente arrestato nemmeno da una società politica democraticamente organizzata. Ciò è vero dal momento che i membri dei corpi legislativi sono scelti dai partiti politici, largamente finanziati o altrimenti influenzati dai privati capitalisti che, a tutti gli effetti pratici, separano l’elettorato dalla legislatura. La conseguenza si è che di fatto i rappresentanti del popolo non proteggono sufficientemente gli interessi degli strati meno privilegiati della popolazione. Inoltre, nelle condizioni esistenti, i capitalisti privati controllano inevitabilmente, in modo diretto o indiretto, le principali fonti d’informazione (stampa, radio, insegnamento). E’ così estremamente difficile, e in realtà nella maggior parte dei casi del tutto impossibile, che il cittadino privato giunga a oggettive conclusioni e a fare un uso intelligente dei suoi diritti politici.

    Si produce per il profitto, non già per l’uso. Non esiste alcun provvedimento per garantire che tutti coloro che sono atti e desiderosi di lavorare siano sempre in condizioni di trovare un impiego; un “esercito di disoccupati” esiste quasi in permanenza. Il lavoratore vive nel costante timore di perdere il suo impiego. Poiché i disoccupati e i lavoratori mal retribuiti non rappresentano un mercato vantaggioso, la produzione delle merci per il consumo è limitata, con conseguente grave danno. Il progresso tecnico spesso si risolve in una maggiore disoccupazione, piuttosto che in un alleggerimento del lavoro per tutti. Il movente dell’utile, insieme con la concorrenza tra i capitalisti, è responsabile dell’instabilità nell’accumulazione e nell’utilizzazione del capitale, destinata a portare a crisi sempre più gravi. Una concorrenza illimitata porta a un enorme spreco di lavoro e a quel deterioramento della coscienza sociale degli individui cui ho prima accennato. Questo avvilimento dell’individuo io lo considero il maggior male del capitalismo.Sono convinto che vi sia un solo modo per eliminare questi gravi mali: la creazione di una economia socialista, accompagnata da un sistema educativo volto a fini sociali. In una tale economia i mezzi di produzione sono di proprietà della società e vengono utilizzati secondo un piano. Un’economia pianificata che adatti la produzione alle necessità della comunità, distribuirebbe il lavoro tra tutti gli abili al lavoro e garantirebbe i mezzi di sussistenza a ogni uomo, donna e bambino.»

    Albert Einstein,”Why Socialism?” – Monthly Review – New York, maggio 1949

  3. SEGNALAZIONE
    *A PROPOSITO DI ESUBERO DEI BANCARI ( DOPO GLI OPERAI) E DELLE PROSPETTIVE. TOH, UNO DELLA “CORRENTE CALDA”!

    Gli esuberi bancari tra Marx e Asimov
    di Giuseppe Masala
    http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126447&typeb=0&gli-esuberi-bancari-tra-marx-e-asimov

    – Se ci sarà un sempre maggior esubero di esseri umani nel sistema di produzione e scambio capitalista è chiaro che siamo di fronte ad una crisi che rischia di essere irreversibile (perlomeno con metodi non cruenti).
    Come uscirne? Marx proponeva la socializzazione dei fattori della produzione affinché tutti godano dell’aumentare del tempo libero e ci sia meno alienazione (insomma, in soldoni, lavorare molto meno per lavorare tutti). Oppure c’è la soluzione di riserva, ovvero quella proposta dall’unico non comunista che aveva una visione di sistema: John von Neumann. Lui proponeva (lui!) l’abbandono della ricerca scientifica e delle sue applicazioni nella produzione e nello scambio di beni e servizi tra esseri umani. Due soluzioni che poi sono molto simili, che volano nel trascendente e nello spirituale. Questi due geni, tra le menti più scintillanti degli ultimi secoli, hanno colto nel segno. Comunque sia, l’umanità dovrà confrontarsi con queste scelte, non ce ne sono altre: la pochezza delle altre teorie economiche è disarmante. Se non si affrontano i nodi, il modo di uscire dalla crisi sarà estremamente cruento.

    – Terzo punto, c’è poco da fare: il tempo di Marx non era ancora arrivato, come peraltro lui stesso diceva, quando riteneva che il socialismo sarebbe potuto venire solo ad uno stadio avanzato di sviluppo industriale. Natura non facit saltus. L’Unione Sovietica è e resta un meraviglioso scherzo della storia che ha visto l’imposizione della società socialista manu militari grazie al genio politico di Lenin. Ma ovviamente i tempi non erano maturi. Eppure ci hanno fatto vedere cose grandiose (misconosciute, nascoste, occultate dai mass-media capitalisti, nella loro implacabile opera di damnatio memoriae).

    – Alla fine Rosa Luxemburg aveva visto giusto. Quando verrà il momento bisognerà scegliere o il socialismo o la barbarie. Non si scappa. Ora sappiamo che la barbarie arriverà molto probabilmente sotto forma di guerra. Peraltro è il modo più semplice per dare un lavoro (in divisa) a milioni di persone di cui il sistema capitalista non sa che farsene.

    – chi ha provato a liquidare Marx è solo un mentecatto. Lo ha resuscitato Isaac Asimov. Eccoci qui. La storia non finisce di stupirci.

  4. Ha ragione il Tonto: “C’è Lui che sembra con le sue ultime dichiarazioni candidarsi come una chiara bussola, una coscienza critica…”, e forse Marchionne si ispira alla coscienza critica di Soros, che ha popperianamente a cuore le società aperte del mondo, anzi contribuisce da chiara bussola a orientare -a proprie spese!- quelle che non lo sono ancora, come l’Ucraina…

  5. …il dirigente Marchionne, con la sua del tutto improvvisata “coscienza critica”, si presenta travestito da agnello assurdamente vittima di se stesso lupo, già lupo, ancora lupo…per mangiarci meglio, credo, come nella favola. A Lodi in questi casi circolava un’espressione: “Che faccia di tolla!”, cioè ne può raccontare di frottole, intanto non arrossisce mai…
    Bello l’articolo di Giuseppe Masala

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