Su Ermanno Olmi

di Alberto Panaro

Ermanno Olmi, bergamasco, morto a 86 anni ad Asiago, ha fatto tanti film. Ma qui voglio parlare di uno solo, “Il villaggio di cartone”, per le polemiche che scatenò nella cultura cattolica di destra. Il film era stato presentato fuori concorso a Venezia nel 2011.

Ecco la storia raccontata nel film. Un vecchio prete vede con sgomento smantellare la sua chiesa, che, ormai inagibile, viene spogliata man mano di tutti i suoi arredamenti sacri – persino un grande crocifisso. Quando è vuota, e il prete si è temporaneamente rifugiato in sacrestia, viene invasa da un gruppo di extracomunitari africani senza permesso di soggiorno, che per sfuggire alla polizia vi si accampano costruendo al suo interno una specie di villaggio di cartone. Nella sacrestia una donna “clandestina” dà alla luce un figlio. A quel punto il prete esce dallo sconforto. Si sente invaso da una forza nuova e intona il canto natalizio: “Adeste fideles…” “Accorrete, fedeli, è nato il re degli angeli…”. La chiesa, spogliata di ogni orpello liturgico, è diventata la “casa di cartone” degli uomini e donne sofferenti, degli ultimi della terra. Il vecchio prete riscopre il senso della sua missione. “Ho fatto il prete per fare del bene, ma per fare del bene non serve la fede”. Ermanno Olmi, nella conferenza stampa aveva dichiarato: “Non bisogna inginocchiarsi davanti al crocifisso, che è solo un simulacro di cartone, ma verso chi soffre, come gli extracomunitari”.
(Osserviamo che alla sceneggiatura del film avevano contribuito Mons. Gianfranco Ravasi e Claudio Magris).

Apriti cielo! Questa storia non piace per nulla ai cattolici integralisti. Ad esempio, il brianzolo Mario Palmaro ne scrive una recensione velenosa, ospitata su siti come “La bussola quotidiana” (8/9/2011), “Riscossa cristiana”… nonché, per chiarire le cose, sul sito di Forza Nuova.

«Il recente noiosissimo film del regista-predicatore è un manifesto dell'umanesimo ateo che soppianta il cattolicesimo, è l'attivismo per i più poveri che rimpiazza la preghiera, è il relativismo che sostituisce il realismo della verità. La Chiesa dovrebbe essere una casa che accoglie, non deve domandare se una persona è credente o no. I cattolici dovrebbero ricordarsi di essere cristiani. “Non bisogna inginocchiarsi davanti al crocifisso, che è solo un simulacro di cartone, ma verso chi soffre come gli extracomunitari". A parlare è Ermanno Olmi, soi-disant regista cattolico.
 Le farneticazioni di Olmi potrebbero anche lasciarci indifferenti, considerato che il mondo moderno ci ha fatto sviluppare una considerevole quantità di pelo sullo stomaco, e siamo abituati a sentirne davvero di tutti i colori, quando c'è da sparlare della Chiesa cattolica. Dicevamo che si potrebbe lasciar perdere, e buona notte, se non fosse che il nostro uomo è un accreditatissimo uomo-di-cultura-cattolico. Dici Olmi, e nelle parrocchie e nei cinema parrocchiali, negli oratori e nei centri culturali cattolici è tutto un compiaciuto annuire di capoccioni pensierosi e plaudenti: "Eh, Olmi, che regista! E che cattolico! E che film di denuncia!" E così via celebrando. Questo è, purtroppo, il problema: che nel mondo cattolico si considerino batteriologicamente pure delle sorgenti inquinatissime, per nulla potabili, dalle quali sarebbe molto meglio stare alla larga. Olmi è padrone di continuare a fare i suoi film, che tanto non vede praticamente nessuno. Ed è anche padrone di dire le sciocchezze che ha inanellato nei giorni scorsi. L'importante è che non pretenda di parlare "da cattolico". Perché uno che invita a non inginocchiarsi davanti al crocifisso, definendolo "simulacro di cartone" (sic), cattolico non lo è affatto. In quelle parole non c'è solo dabbenaggine, ma anche livorosa malevolenza e inquietante compiacimento per la provocazione blasfema. Ma c'è dell'altro. Il film di Olmi è a suo modo un perfetto manifesto di quel "cattolicesimo suicidato" che si dissolve nel solidarismo e nell'ossessione del primato degli ultimi. Vi si racconta infatti di una chiesa che viene sconsacrata, e del vecchio parroco che – superato il primo sconcerto – la trasforma in un luogo di accoglienza per immigrati. Invece che adorare Dio che si fa uomo in Gesù Cristo crocifisso, la "chiesa" di Olmi si mette ad adorare l'uomo che si fa dio, togliendo di mezzo Cristo e il mistero dell'incarnazione.
 E' l'umanesimo ateo che soppianta il cattolicesimo, è l'attivismo per i più poveri che rimpiazza la preghiera, è il relativismo della volontà che rimpiazza il realismo della verità. E infatti il regista-predicatore, determinato a cantarle soavi ai cattolici papisti, rincara la dose, dicendo che "non possiamo avere solo certezze; ognuna di esse è una ferita che portiamo alla fede. Il peso dei dubbi deve essere superiore alla stessa fede".
 Forse nemmeno Odifreddi, Severino, Galimberti e Cacciari, schierati insieme a coorte, avrebbero saputo dir meglio qualche cosa di così totalmente non cattolico e, insieme, di così desolatamente banale. Sarebbe poi una buona cosa che d'ora in avanti di immigrazione parlassero solo le persone comuni: quelle che vivono gomito a gomito con gli extracomunitari, fanno la spesa nel quartiere, vanno al lavoro in autobus; insomma, solo quelle persone che non fanno i registi, o i critici cinematografici, vivendo magari ai Parioli o in qualche quartiere superlusso dove l'unico immigrato è la colf. O, vista l'età di certi cineasti, la badante moldava».

Ricordiamo che, paradossamente, Mario Palmaro, che scriveva questa recensione, era anche opinionista su Radio Maria. Da cui però il direttore padre Livio Fanzaga dovette per diplomazia epurarlo (!) dopo un articolo pubblicato su “Il Foglio” nell’ottobre 2013 dal titolo “Questo Papa [Francesco] non ci piace”. E, sempre per capire cos’è questa cultura cattolica che non sopportava il “sedicente cattolico” Ermanno Olmi, ricordiamo che lo stesso Palmaro, prima di morire a 46 anni di malattia, aveva scritto un’ultima lettera-testamento al direttore di “La bussola quotidiana”, in cui tra l’altro diceva:
“Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a Lampedusa, di Gesù che era un profugo. Fra poco ci impediranno di dire e di scrivere che l’omosessualità è contro natura, e Scola mi parla del meticciato e della necessità di comprendere e valorizzare la cultura Rom».

Ecco, alla cultura integralista Ermanno Olmi non piaceva.
Ci manca la recensione che avrebbe scritto Matteo Salvini… Forse avrebbe detto: i contadini “lumbard” dell’ “Albero degli zoccoli bene”; i clandestini in chiesa del “Villaggio di cartoni”, male.
Ognuno riconosce i suoi. Può essere questo il vanto di Ermanno Olmi.

4 pensieri su “Su Ermanno Olmi

  1. …Ermanno Olmi in varie interviste dichiarò di non ritenersi un cattolico ma un “aspirante cristiano”, le sue convinzioni e
    l’opera si ispiravano direttamente ai messaggi di un testo di duemila anni fa, il Vangelo…Invece personaggi
    come Mario Palmaro [Alberto Panaro] evidentemente soffrono di amnesia, la parola originaria confusa e sepolta dai testi “cattolici”
    successivi, vedi bolle papali, di sinodi, concili…Un relativismo di convenienza, legato ai tempi terribili…Ma qualcuno non dimentica…

  2. GRANDE ERMANNO OLMI, che ha saputo utilizzare la sua arte e la sua umanità come dono prezioso a coloro che amano la vita, la Bellezza, la verità e la giustizia. Oserei definirlo il Gandhi italiano.
    Grazie per aver proposto questo articolo. Vedrò volentieri il film.
    Anch’io, nata nell’ambiente cattolico, da adulta ho amato definirmi una “simpatizzante cristiana”. Mi fa piacere sentire che anche lui si definiva un “aspirante cristiano”. Perché essere “veramente” cristiani non è certo facile…
    E in altri tempi, come si sa, chi esprimeva un pensiero difforme da quello imposto, veniva condannato come eretico e finiva molto spesso arrosto…
    Per fortuna le cose sono cambiate e la Chiesa aiutata da questo grande Papa cerca di interpretare il Vangelo nel suo vero messaggio.
    Giovanna

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