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Poesia e critica della poesia

Su rinascite, storia bugiarda e viltà non più nociva

Armand SÉGUIN (1869-1904)



di Gianfranco La Grassa (Franco Nova)

RINASCEREMO GIA’ MORTI
 
Scorrono le lunghe nuvole
e vestono d’antico lignaggio
giovani e vecchi d’epoca che fu.
Le donne corrono nei laghi
e ne sfiorano solo la superficie,
coprono le onde una ad una
fingendo la presenza femminile.
Il Sole approva gongolante,
le stelle accusano d’antifemminismo,
l’insensatezza prevale superba.
Solo gli animali sono ragionevoli,
gli esseri umani balordi e sciocchi
preparano la loro meschina fine.
Nuovi animali dotati di cervello
stanno preparando la loro regia
che darà senso e durata al mondo.
Noi saremo schiavi e zimbello,
vecchi ricordi riaffiorano e
apriranno il nuovo futuro
dove rinasceranno i morti


 
SPESSO LA STORIA E’ BUGIA
 
Scorrono rivoli di sangue
come quando la tragedia c’è.
Questa rigetta sempre il rifiuto
e lo confina nei sussulti di paura.
Improvviso lo sbocco di rosso
investe la viltà e la mostra
per quello che è nell’Uomo;
e vengono avanti i coraggiosi
per quanto poco lo siano in verità.
I diabolici con spesse maschere
sembrano i reali miti del coraggio,
falsi e bugiardi pur se creduti
da masse nude di sapere.
Sembra una reale storia ma
in un attimo avanza l’inganno.
Passano anni e tornano gli eroi,
che non servono più a nulla
mentre oggi crepano gli umili
e portano in vetta i grand’uomini,
circondati da falsi imitatori
creduti dei gloriosi sopravvissuti.





VIVANO PURE MA INNOCUI
 
I nuovi fiumi scorrono memori
dell’inconsistenza dell’Uomo,
eppure rumorosa e prepotente
nel fingere che sia lui il mondo.
In effetti questi animali pesano
rovinosamente sulla Terra e
la trascinano fuori dall’Universo.
Nel vasto luogo non compreso
violenti s’odono scrosci d’acqua
mentre lontane sono le stelle,
consce della loro brillantezza
tesa a distruggerne ogni altra.
Il Cielo azzurro è neutrale
nel modo speciale di quei falsi
personaggi solo tesi all’inganno
per prevalere e distruggere
tutto il bello del nostro mondo.
Agiremo senza requie e pietà
per relegare tutti quei vili
in canali privi d’ogni sbocco.
Vivranno ma senza prospettive,
tutte dedite a noi soltanto.

Poeti pavoni di tutto il mondo, frammentatevi!

di Ennio Abate 

«Oggi la sua [della poesia ] complessità crescente e le sue criptiche, imprevedibili e disseminate tradizioni, ne fanno una straordinaria e incomprensibile coda di pavone che sempre meno esperti riescono a apprezzare, perché la tradizione non è più unica e condivisa, ma segmentata sempre più» (Tommaso Di Dio)

Ma perché, dai! Se è dagli anni 70 –
quando Berardinelli vide «l’astro esploso»
cadde da cavallo e si pentì passando poi al Foglio –
che si ciancia di «tradizioni moltiplicate
esponenzialmente, multimedializzate e ibridate,
in modo talmente vertiginoso e acritico che
nessuno può più pretendere di avere la Poesia»,

perché, perché
i poeti dovrebbero « compiere uno sforzo
di ritorno al testo, di stare sui testi»?

Che s’intestardiscano invece
nella «implacabile lotta per la vita».
Che abbandonino gli ermi colli
(se ci sono mai stati) e bivacchino tutti i giorni
«su social network, YouTube, smartphone ecc.».

Gettino la «carne umana e sociale»
della tramortita Poesia, se ancora respira
in questo Pozzo Nero di Liquami Mondiali.

Che i pavoni del cortile A
soddisfatti come assassini inconsapevoli
ruotino «la fenomenale bellezza delle loro ampie code»
e gridino ai pavoni del cortile B: narcisisti!
E quelli dal cortile B echeggino insistenti: narcisisti !
a quelli del cortile D. E via seguitando …

Che ciascuno sia frammento e continui a frammentarsi,
fondi clan, idioletti e micro-comunità.

Così, morta la Poesia, se ne farà finalmente un’altra.

Nota

Mio commento a Il fraintendimento del reale (QUI)

 

 

 

Su futuro, bontà, destino e non vivere

Max Ernst

di Franco Nova

IL FUTURO E’ UN DI PIU’
 
Troppo poco si vive,
miliardi d’anni alle spalle
e pure quando più non saremo.
Poter parlare senza cessa,
scorgere prati e monti,
stare giocosi con gli amici
mentre ti coglie l’amore.
Non più ci sono notti,
il Sole splende e ti sorride,
l’orizzonte è carezzevole e
mostra il futuro non mai noto.
In realtà si sta sognando
ma non tutto è irreale,
nel sonno anche fatti veri
e l’animo si arricchisce.
Avremo sorprese non liete,
non conosceremo però la noia,
si eleveranno nuove montagne
che la vita avvolgeranno.
Rendiamo dolce la memoria
lanciandoci sempre in avanti
per quanto si può nell’esistenza.
I ricordi crescono mentre
si accosta irrispettoso lo zero. 
Continua la lettura di Su futuro, bontà, destino e non vivere

Il sé e l’immagine

di Cristiana Fischer

quella signora mai vista
la guardo allo specchio mi fissa
disincantata e lontana ma convenuta
all'appuntamento io sorpresa
lei chiede non sai?
ancora non sai eppure vedi 
la madre la nonna le ombre del padre
poi passa e scompare è vuoto
lo specchio nell'aria si sposta e rimane
nessuno da amare (e chi 
ringrazio se non sono io?)


			 * * * 


La faccia che vedo nello specchio mi sorprende
vedo solo la faccia sempre tua
la mia diventa un'altra che improvvisa
un rapporto tra me e chi? che non conosco
come conosco gli altri che mi vedono
io sono gli altri che mi vedono
e gli altri che vedo sono me.
Narciso si sdoppiò l'altro di lui
era se stesso irraggiunto senza specchio
e si impiccò o affogò nel nulla
di un esistere vuoto senza gli altri
per cui era presente. Velasquez 
si dipinge con gli altri nello specchio
di Las meninas. La visione chiara
del sé nudo di fronte al cieco mondo 
che mi vede alla follia conduce 
dell'unico rapporto con l'immagine
del sé che non esiste 
se non è sguardo o tatto o ascolto finalmente
dell'altro che mi crea.  


			* * * 



come ti vedo?
come sei per fiducia assoluta
che tu sai
quello che vedo
l'altro me allo specchio
che giustifichi e fondi
che non è
se non tu che rispondi
e mi nascondi
nell'oscurità e ti nascondi 

Su amore, illusioni, vita

di Franco Nova

AMORE, MA DISTRATTO
 
Il cane lupo mi copriva di ululati
per lui ebbri canti d’amore.
Avrei voluto farli anch’io e
dirigerli alla mia adorata,
tutta presa da altri pensieri
per nulla affatto a me rivolti.
Marcato è il sentiero verso lei;
non lo vede e meno ancora
nota la mia presenza in cammino
in quello spazio per me desolato.
Sarà sempre la donna amata, 
ma altri pensieri mi assilleranno
per nulla affatto ad essa rivolti.
Questo è l’amore di chi pensa
e lascia a lato tutti i sentimenti,
sempre ben nutriti e pur miseri.




LA VITA CREA FRAGORE
 
I tuoni inseguono sempre i lampi
ma restano decisamente indietro.
Eguale la mia sorte nell’inseguire
la donna uscita veloce da una porta
e salita sulla Ferrari di un danaroso.
Non fu poi difficile ritrovarla
pur con il dovuto ritardo; e lui
restò il vivido lampo ed io il tuono,
tanto fragore feci infatti per nulla.
Allontanai lei dal mio cuore,
la vittoriosa creava solo focherelli;
fui uno dei tanti e il lampo
mai s’accorse dei molteplici tuoni.
Ho imparato così ad amare e a
irridere i lampi che terrorizzano
creando a volte disastrosi incendi.
Pure in natura ci sono i presuntuosi
che godono della loro supremazia e
dell’incutere senza sosta la paura.
I tuoni segnalano il vicino piacere
da cui gli indifferenti si allontanano
mentre s’alzano gemiti d’amore

 
MAI ILLUDERSI
 
Quanti pensieri e illusioni
fanno schizzare i neuroni
di un cervello guizzante.
Sentieri sassosi sono davanti
e alla fine c’è un alto muro;
forse al di là continua la via
che ci condurrà ad una fossa.
Non ci s’intende con il destino
sempre a noi del tutto ignoto,
luci e ombre laggiù in fondo.
Nulla distinguiamo nel caos
che s’ordinerà imprevisto
per imporci le sue scelte
quasi sempre indesiderate.
Alla fine di una breve via
un gran groviglio di arbusti
e dietro la testa cascante del
vecchio che zoppica, incerto
sulla direzione da prendere
per godere della calma
cui noi tutti aspiriamo. 

 
SEMBRA VICINO, MA NON E’
 
Incerti rumori avvertono che vicino
sembra il piacere da  noi desiderato.
Gli amorfi e inutili nulla sanno e
sentono, non odono il grido d’amore.
I rumori così futili e prepotenti
vogliono deriderci per la speranza
d’incontrare tra le nuvole le
persone che furono per noi la vita.
Non ci hanno capiti; sappiamo
che non ci sono anime carezzanti,
l’amore paragoniamo non al rombo
bensì alla luce che penetra le nubi.
E’ la luce che irrompe da noi e
non la vedremmo senza il ricordo
di quelle giornate tempestose,
in cui stavamo uniti senza sosta.
Il tumulto della perfida tempesta
ci univa in una grande aureola,
che poi spariva mentre noi
restavamo come somma d’amore.
Ad ogni istante proviamo l’estasi
che ci potrà essere tolta solo
quando infine il Nulla ci coglierà.