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Su CLASSE E PARTITO di Alessandro Visalli

Una nota sulla presentazione del libro a Milano

di Ennio Abate

Giovedì 11 ottobre 2023. Alla presentazione del libro di Alessandro Visalli, astratto “amico su FB” ora conosciuto di persona al Ferrobedò, «uno spazio culturale polivalente nel pieno centro di Milano» scoperto in questa occasione. Qui in breve le impressioni che ho avuto dalla serata; e che correggerò o confermerò con più argomenti dopo la lettura completa del libro:

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Appunti per il Riordinadiario del 3 aprile 2022

a cura di Ennio Abate

1. DALLA PAGINA FB DI CATERINA DAVINIO II/UCRAINA

Emanuele Andrea Spano : si vero ma bisognerebbe chiarire che, per esempio, Stepan Bandera in Ucraina è un eroe nazionale pur essendo stato un criminale di guerra efferato che ha ampiamente contribuito alla persecuzione ebrea in Ucraina con partecipazione dei cittadini, come ha fatto notare la Knesset a Zelnsky quando ha sovrapposto strumentalmente la sua guerra all’olocausto. A Stepan Bandera è dedicato addirittura un viale a Kiev. Il dato che stona è che noi siamo capaci di parlare per un mese di Durigon ma poi scordiamo che Zelensky ha premiato in parlamento Dmytro Kotsyubaylo, un esaltato neonazista con l’onorificenza di “Eroe dell’Ucraina”. cerimonia con tanto di foto. Tutto ciò non è un motivo per invadere uno stato sovrano, assolutamente criminale l’Invasione, Ma nemmeno è una ragione per non parlare di queste strane commistioni diffusamente, io non capisco cosa c’entrino i nazifascisti in uno stato democratico, evidentemente non lo è più di tanto. Gli Italiani dovrebbero sapere non solo che Putin è un invasore criminale, ma che l’Ucraina, per esempio, secondo l’ “Anti Defamation Ligue”, è il paese più antisemita d’Europa dopo la Polonia. IL Governo Zelensky rifiuta i ripetuti inviti ad entrare nell’ “Holocaust Remembrance Alliance” nonostante la propaganda sulle origini ebree del presidente Zelensky. E questo non lo dico io, lo sostiene il direttore generale del comitato ebraico ucraino Eduard Dolinsky. Magari chiediamo agli ospiti di chiarire anche questi punti perché è molto chiaro che sono stati invasi, però andiamo a scavare per bene nello scenario ucraino oltre la guerra non certo per evallare Putin ma per essere razionali e non isterici. Continua la lettura di Appunti per il Riordinadiario del 3 aprile 2022

Facebookando sull’assalto di Forza Nuova alla sede della CGIL


Appunti politici

di Ennio Abate

Questa è  la posizione  generale su vaccinazione e green pass che avevo espresso il  4 settembre 2021 in risposta a X su FB:

 Bisognerebbe essere cauti e non confondere il proprio discorso con quello degli avventurieri. Come singoli poi non vedo nessuna strada alternativa. O ti vaccini e fai il green pass. O ti associ e protesti con questo movimento ambiguo e senza un vero progetto alternativo.  Per me l’attuale “opposizione” sfrutta il malcontento, ma non ha una reale alternativa di governo della pandemia. Dire no, criticare le scelte (anch’esse ambigue o di parte) del governo non basta, purtroppo, a costruire un’alternativa. E ancheconsiderando soltanto il piano della salute, ammesso che le “terapie domiciliari”  siano scientificamente valide (per la maggioranza dei casi a rischio) non esiste oggi una forza politica organizzata per imporre questa scelta all’attuale governo. O fare un altro governo che cambi strategia. Con la realtà si fanno i conti. Non saltandola e guardando solo al malcontento.

Negli ultimi due giorni (9 e 10 ottobre)  ho  avuto modo di confrontarla (e confermarla) leggendo su FB le reazioni di alcuni tra i commentatori politici che seguo con più attenzione . E a chi mi ha fatto notare che a Roma in piazza c’era il “popolo” ho obiettato così:

'Popolo' è un termine ambiguissimo. Popolo sarebbe questo della foto, quello di piazza Venezia ai tempi di Mussolini, quello delle manifestazioni degli anni '70? Non è soltanto il numero a qualificare una folla come 'popolo'. Vanno considerati almeno gli obiettivi, la composizione sociale (ceti, classi o gruppi sociali), i leader che in esso agiscono più o meno approvati, le forme di lotta attuate.

Sulla solidarietà (critica e circoscritta a questa aggressione) alla Cgil non ci piove. Ma evitiamo di farla diventare “santa subito” soltanto perché assaltata dai neofascisti di Forza Nuova. Bisogna dirlo che da tempo non è più in grado di difendere gli interessi dei lavoratori.

APPENDICE

Qui di seguito una selezione dei commenti letti su FB

Vittorio Agnoletto

Tutta la mia solidarietà alla CGIL per il vergognoso attacco subito. Indecente e inaccettabile il comportamento della polizia che ha lasciato mano libera ai fascisti.

Conversazione con Adriano Sofri

L’assalto alla sede della Cgil da parte di manifestanti sedicenti No Green-pass è un episodio osceno all’interno di una vergognosa manifestazione di fascisti e di imbecilli al centro di Roma.


Massimo Tesei  

 su fascisti non c’è dubbio, basta guardare i ceffi di Forza nuova infiltrati in ogni iniziativa. Imbecilli non c’è dubbio perché nemmeno vi accorgete di essere sempre strumentalizzati dai fascisti, veri campioni di libertà e di democrazia.

 Cosimo Minervini 

Quello che è successo a Roma è gravissimo. Aver permesso l’assalto della sede della Ggil da parte della polizia è ancora più grave. I leader di queste manifestazioni sono noti fascisti. Non ci sono né scuse, né giustificazioni. I così detti no green pass si dissocino pubblicamente o sono complici dei fascisti. Tertium non datur.

Stefano G. Azzarà 

Capitanata dalle bande fasciste uscite a bella posta dalle fogne, la feccia piccoloborghese che ha nell’arbitrio assoluto il proprio unico credo tracima per le strade e assalta le sedi delle organizzazioni dei lavoratori, tirandosi dietro i lumpen di ogni classe sociale.

Speriamo che la Costituzione della Repubblica – la cui verità è l’equilibrata prevalenza dell’interesse generale sugli interessi particolari – sappia difendersi e venga difesa.

Purtroppo, in assenza di una sinistra seria tutta questa sceneggiata porterà a una ulteriore stabilizzazione dell’ordine grandeborghese.

Lino Di Martino 

REAZIONE SALUTARE DELLE FORZE POLITICHE E SINDACALI ANTIFASCISTE.

Ci contavo, perché i fatti di oggi sono gravissimi, ma radicati in una ‘distrazione’ di molti anni. Ottima l’idea di una manifestazione nazionale a Roma, ma soprattutto la volontà politica esplicita di mettere al bando, secondo Costituzione,le organizzazioni, sette e bande neofasciste e neonaziste. Necessarie una vigilanza antifascista permanente e una mobilitazione dell’Unione Europea. IMHO, of course.

Riccardo Rosati

 la mia non è una teoria, ma una valutazione. Le tutele sono venute a mancare gradualmente negli ultimi decenni con la sconfitta di un glorioso ciclo di lotte contro il capitale. Non mi importa se chi partecipa ad una protesta imbecille non sia tale perché possiede qualche talento individuale, resta un idiota sociale. Il punto di vista che difendo non è l’intelligenza astratta, ma quella degli interessi di classe, che per quanto di aperture larghe io sia, non credo vengano rappresentate da confuse bandiere new age, libertari del weekend, stregoni, terrapiattisti, impauriti senza criterio, esercenti di discoteche e cazzari vari. Chi non accetta la sconfitta non conosce più il nemico, chi non conosce il nemico si aggrappa a tutte le scorciatoie immaginabili, che non funzionano più, se non per assaltare una sede sindacale, che per quanto criticabile, non va assaltata al comando di una armata brancaleone di fascisti satolli

Nicola Lagioia

Gli intellettuali che, per puro narcisismo, per appannamento, per sopraggiunta anzianità, per orgasmo televisivo, per terrore di un passaggio del testimone, hanno portato avanti in questi mesi discorsi del tutto alieni alla ragione, al buon senso, alla statistica, persino alla matematica, si ritrovano oggi (nemmeno più cattivi maestri, ma utili idioti) branditi dai violenti, dovrebbero avere la decenza di riflettere un po’ di più, e l’intelligenza di fare ciò che non fanno da decenni: mettersi in discussione.

Francesco Bertolotti

Adesso i neofascisti stanno rompendo veramente i coglioni. Cosa c’entra il no Green pass, il no vax con assaltare la sede della CGIL e poi come si fa a caricare le forze di polizia che stanno garantendo la legge questi sono i prodromi del Fascismo

Marco De Guio

Questa volta non ci sarò. Il fascismo violento delle squadracce ha avuto un ruolo in un preciso periodo storico, alla fine di una guerra mondiale, in un contesto politico nel quale le forze di sinistra avevano una presenza non compatibile con i programmi del capitale di riconversione e sviluppo dell’apparato produttivo. Non credo che oggi il pericolo sia determinato dall’agire di qualche frangia violenta della destra estrema. Il controllo sociale è totale, il governo Draghi ha disarmato le organizzazioni della sinistra e imbrigliato i sindacati.

La mobilitazione contro la CGIL sembra un’arma di distrazione di massa a conferma delle linee tracciate dal governo e difese dalla cosiddetta sinistra. La condanna dei fatti di Roma da parte di tutti gli attori della scena politica ed economica mi lascia sconcertato.

La mia parola d’ordine è sempre stata “scendere in piazza ogni volta che la destra provoca azioni violente”, ma questa volta non riesco a mobilitarmi, mi sento preso in giro, sento di avere di fronte solo le scelte che qualcun altro ha deciso di lasciarmi.

Non vengo al presidio e non parteciperà allo sciopero generale del sindacalismo di base che non ha avuto il coraggio di inserire nell’elenco delle rivendicazioni l’opposizione all’utilizzo del Green pass come elemento di discriminazione, dei lavoratori in primo luogo.

Giovanni Scirocco

Ulteriore domanda: come mai i capi di forza nuova, presenti a fare danni in tutte le manifestazioni, sono sempre a piede libero? E a coloro che si ritengono molto di sinistra e che marciano con costoro, una calda raccomandazione: attenti a non fare la fine degli anarchici e dei sindacalisti rivoluzionari finiti con Mussolini…

Antonio Moscato

i toni populisti e l’agire violento sono una replica in sedicesimo della violenza squadrista di cento anni fa. E’ bene essere chiari: questo tipo di violenza è sempre contro i lavoratori e le lavoratrici, anche quando sembra scagliarsi contro obiettivi istituzionali e rivendicare “libertà”. Forse i raid di questa sera turberanno l’armonia fra neofascisti dichiarati e settori di piccola borghesia che, fin dall’inizio della pandemia, si sono mostrati insofferenti alle misure di precauzione ma anche i cosiddetti settori pacifici sono del tutto estranei alle rivendicazioni di un servizio sanitario pubblico e di un reddito per tutte e tutti che, invece, sono state agite dai settori più avanzati dei movimenti sociali e del movimento operaio

Michele Corsi

TRE DOMANDE

a seguito dell’assalto fascista alla sede CGIL

  1. Cosa sarebbe accaduto se al posto dei no green pass ci fosse stato un corteo dei centri sociali o di metalmeccanici incazzati o di studenti mobilitati in manifestazioni non autorizzate?
  2. Cosa sarebbe accaduto se nel corso di una manifestazione di sinistra ci fossero stati atti di vandalismo e attacchi alla polizia?
  3. Cosa sarebbe accaduto se un gruppo di manifestanti di sinistra avesse fatto irruzione nella sede NAZIONALE di un partito di destra minacciando e devastando?

[…]

Siamo il Paese dove al G8 di Genova chi ha diretto il massacro è stato promosso, chi l’ha perpetuato, ha sequestrato e ha torturato non è nemmeno stato identificato, ma chi ha divelto un segnale stradale ha trascorso anni di carcere. Ma basta che uno sia di estrema destra e in questo Paese non gli succede mai assolutamente NIENTE. Quando le combinano proprio grosse e li mettono al gabbio, tornano fuori in men che non si dica e si rimettono a fare indisturbati le stesse cose.

E non mi si dica che là era pieno di poveri no green pass che sono tanto da comprendere. Non ho alcun rispetto per gente che manifesta contro il green pass come se fosse il grande problema su questa terra e se ne fotte allegramente che la gente venga licenziata e prenda stipendi da fame. Gente che non si accorge di essere manovrata come pupazzi dall’estrema destra per quel che mi riguarda può solo andare a farsi fottere. E non mi si dica che la CGIL non merita solidarietà perché non difende i lavoratori, dato che mi si dovrebbe spiegare perché non sono state assaltate le sedi della CISL o della UIL.

Ma quello che mi preoccupa è un centro sinistra imbelle che continua a stare dentro un governo DA CUI DIPENDONO LE DECISIONI ANCHE SULL’ORDINE PUBBLICO. Mentre l’estrema destra si organizza, si espande, saccheggia indisturbata assaltando le sedi del movimento sindacale. Allarmismo? NON è fantasia: perché E’ GIA’ ACCADUTO.

Brunello Mantelli

In merito all’assalto squadrista di ieri alla sede centrale della CGIL, a Roma:

Prego l’amico e compagno Andrea Colombo di non fare confusione, una confusione tipica della piccola borghesia (merdosa), tra mob, mass, e class. Il mob è quello dei linciaggi, il mass è quello dei mouvements, il class è quello che si riconosce come soggetto collettivo.

Il mob è strumento della reazione, il mass è ambiguo in sé, il class è rivoluzionario (se intendiamo per rivoluzione NON la presa di qualche palazzo d’inverno, ma un processo di trasformazione della società)).

Quello di ieri a Roma era mob, esattamente come, oltre due secoli fa, i “lazzaroni del cardinale Ruffo”.

Se questi ultimi ti dovessero piacere, caro Andrea Colombo, allora per favore fatti smettere di piacere Eleonora de Fonseca Pimentel; casomai scrivi che l’aristocratica e colta dama (tale era) se l’è cercata, ad essere contro quelle che tu chiami, sbagliando, “masse” (io invece mob).

Mi sa comunque che più che un seguace di Karl Marx sei un adepto di Gustave Le Bon. Saresti, lo sai, in ottima, calva e mascellare compagnia.

Marco Revelli

Condivido. Quelle sono piazze naturaliter fascistoidi. Chi non lo vede è cieco o in cattiva fede.

Alessandro Visalli

Chiariamo. Non ce ne sarebbe bisogno, ma forse è meglio scrivere due righe.Sono la stessa persona che nel lontano 2014 ha scritto un duro post di commento della famosa intervista di Luciano Lama alla Repubblica nel 1978. Ma non ho alcun dubbio a stare con la CGIL quando viene assaltata da una folla che urla “libertà” ed è guidata da FN.
E’ chiaramente più facile scaricare sul singolo lavoratore e affidare il controllo alle imprese. Più facile e più coerente con la costituzione materiale del nostro paese. Opporsi a questo è sacrosanto. Farlo per le ragioni sbagliate è disastroso, ci troveremo con un enorme rafforzamento del senso comune neoliberale.
Dunque nessun fascismo nella folla
Ma quando questa folla, unita dalla rabbia per le promesse tradite, si forma intorno al significante tutt’altro che “vuoto” della “libertà” mostra di essere piena della cultura del nostro tempo. Vera figlia del completo dominio neoliberale. Si tratta, è semplice dirlo, di una folla liberale. Come ogni altra, solitaria.Dunque il sono dalla parte della CGIL e non sono dalla parte delle folle solitarie liberali. Oggi.

Pino Timpani

La mia impressione è che questo inasprimento dipenda anche dal risultato elettorale delle amministrative, in cui i grenpassari hanno preso una solenne bastosta, come prevedibile. Peggio di tutti Paragone, con tutto quello che ha speso in propaganda e con l’alleanza con Grande Nord, costola fuoriuscita dalla Salvini Premier. Hanno dato “fuori di matto” come suol dirsi. E’ diventato, ora, evidentissimo quanto questo movimento sia profondamente reazionario, compresi quelli che portano sigle “comuniste” in questa pagliacciata grottesca. E’ il sintomo del delirio particolarista.

Pasquale Cirillo

Perché io dovrei lavorare a fianco di un non vaccinato aumentando la possibilità di crepare? Il mio diritto alla salute va prima della paura e della manipolazione di soggetti asociali deboli psicologicamente? Perché la CGIL dovrebbe difendere questa gente e non me?

Lanfranco Caminiti

1.

l’assalto di ieri alla cgil a roma – è la nostra giornata del 6 gennaio a washington alla casa bianca. non abbiamo jake angeli cornuto – ma di cornuti ce n’erano parecchi. lì c’erano QAnon e trump a guidare i “patiti del complotto mondiale”, qui c’erano i fasci e castellino e fiore a guidare quelli del no green pass. certo, dobbiamo capire – e c’è sempre un tempo per capire. c’è pure un tempo in cui finisce, la necessità di capire.

2.

non tutte le motivazioni dei “complottisti americani” sono strampalate. come, di certo, non tutte le motivazioni dei no-green pass. poi, c’è la questione “politica”: lì la voce era trumpista. qui la voce è progressivamente (e a roma, sempre) diventata fascista

3.

[…] a roma i fascisti hanno fornito l’ossatura e la militanza alla “gente comune” che non li ha di certo cacciati dalle manif ma li ha accolti (sono quelli delle bombe, delle stragi eccetera, ma non da ieri, non nell’ultima settimana, ma durante tutte le manif no-green pass di questi mesi). si poteva e doveva rompere – e non, gridare “libertà libertà” insieme ai fasci

4.

 […] sono mesi che castellino e i suoi scherani organizzano queste cose – e mesi che ci lavorano sui social. poi, c’erano famiglie, gente con bambini eccetera. potevano benissimo – costoro, che hanno diritto a manifestare e dire la loro, prendere le distanze e organizzarsi per conto proprio. fare da “copertura sociale” a castellino e fiore mi sembra un “ragionamento” fuori di testa. ieri, era tutto pensato e organizzato: i media non danno più lo spazio di prima a questa protesta e non danno più spazio a castellino e fiore. dovevano farla grossa per riconquistarlo – era questo il “segno” di tutto

5.

noi – e lo dico in senso molto vasto, largo – non siamo stati in grado dire una beneamata mazza di senso su tutta la questione della gestione del contagio, parcellizzandoci su questo o su quello, intessendo discorsi generici e generali sul capitalismo apocalittico. siamo rimasti “tagliati fuori” da ogni possibile soggettività su questa vicenda enorme, epocale. impauriti per un anno e mezzo, rintanati, mentre le piazze venivano lasciate a ristoratori e destre (politiche e di piazza). poi, ci siamo svegliati, appena hanno allentato un po’. la partita però – l’arbitro l’aveva già dichiarata chiusa e tutti negli spogliatoi. così è andata. ci sono ultras sugli spalti che fanno ancora casino ma la partita, questa partita è già finita da un pezzo

Renato Tassella

Comunque i fatti successi ieri sono stati paradossalmente utili. Quella gentaglia ha smesso di manifestare il sabato pomeriggio, almeno a Roma. Chiuso. Gli stronzi che hanno imitato i trumpisti, tra le ovazioni dei “compagni”, così come all’epoca di Capitol Hill, sono e saranno al gabbio, riconosciuti attraverso i loro stessi filmati in possesso della polizia che li ha già identificati.

Daniele De Stefano

Purtoppo ieri è stato uno schifo dappertutto. Ieri sono passato per sbaglio vicino la manifestazione no green pass a Piazza Dante. Hanno detto al microfono che non esiste il cambiamento climatico. Gli ho urlato contro d’istinto. Gente che parla di grande complotto, di abolire la scienza e i giornalisti. Cioè 30 anni di lotte sociali cancellate in un lampo: Le lotte ambientali in Campania e la giustizia climatica, le lotte universitarie per l’istruzione pubblica e la ricerca libera. Le lotte per l’informazione libera e dal basso. C’erano pure persone che giravano nei cortei sociali. Qui non è più tempo di fare analisi del disagio. Al microfono c’erano persone alfabetizzate e alcuni erano persone che stanno negli spazi o organizzazioni sociali, in più pare che fosse stata organizzata da studenti universitari contro il green pass. Le cose che sono state dette sono gravissime. Per me non è ne giustificabile, né sostenibile.

Riordinadiario 6-14 settembre 2021

di Ennio Abate

6 settembre 2021

Cercando Gilbert Simondon

Il monumentale lavoro di Simondon può essere letto come un tentativo di sovvertimento radicale del concetto di individuo, inteso come elemento di base del cosiddetto principio di individuazione. Questo principio è stato infatti principalmente declinato, lungo il corso della storia del pensiero occidentale, in due maniere, al contempo opposte e consonanti. Da un lato, infatti, esiste la tradizione sostanzialista (o atomista) – che, risalendo fino a Democrito e Leucippo, prosegue carsicamente il proprio corso fino alle soglie della fisica moderna, passando per la monade leibiniziana; dall’altro lato, invece, troviamo la tradizione che potremmo definire ilomorfica, di provenienza aristotelica, che si pone a fondamento di ogni filosofia dualista. In quest’ultima tradizione di pensiero, infatti, l’individuo rappresenta una sorta di complemento o, per meglio dire, una sorta di compromesso tra forma e materia.

Simondon ha tentato di aggirare entrambi questi approcci, provando a sovrapporre al concetto di forma il concetto d’informazione, non inteso meramente come messaggio differenziale in un sistema comunicativo, bensì letteralmente come in-formante, cioè come ciò che si forma, si produce e si rigenera deformandosi. Il concetto d’informazione ha permesso così al filosofo francese di penetrare nei meandri delle più diverse branche del sapere, muovendosi trasversalmente dal “mondo” fisico e biologico a quello psichico. Essendo alla ricerca del principio d’individuazione (che, come vedremo, è tutto fuorché un principio), Simondon ha cercato di indagarlo in tutta la sua complessità, affrontandolo simultaneamente da un punto di vista fisico, biologico e psichico.

A questo scopo Simondon ha elaborato una nozione d’individuo radicalmente in contrasto con quella delle due “scuole” atomista e ilomorfica, le quali – pur trovandosi apparentemente agli antipodi – non hanno mai cessato di declinare in maniere differenti l’idea che l’individuo (sia esso atomo o complesso materia-forma) sia il principio fondamentale – ovvero il termine radicale e ultimo, condizione e scopo finale – della relazione globale di cui esso partecipa. Mentre, per Simondon, l’individuo non è che una fase dell’individuazione, cioè momento di un processo di trasformazione che attraversa diversi stadi e differenti cariche di “potenziali”. Questi ultimi – concetti mutuati da alcuni tardi riferimenti del suo “maestro” Merleau-Ponty (a cui è dedicata l’opera) – vengono concepiti da Simondon come elementi preindividuali.

Per Simondon l’errore principale delle filosofie sostanzialiste e/o dualiste è stato infatti, da sempre, quello di considerare l’individuo come un principio, come un quid da cui si può partire per comprendere la realtà. Ma questa è per Simondon un’idea statica del mondo, che concepisce la realtà come un gigantesco paradosso di Zenone, in cui gli stati sono separati nel tempo e non comunicanti. Simondon si fa beffe del principio di equilibrio stabile e, appoggiandosi alle scoperte della fisica quantistica e della termodinamica, elabora una teoria in cui ogni stato che possieda ancora dell’energia residua – e che non sia quindi morto – si trova in un equilibrio detto metastabile, perché comunque carico di potenziali.

Una concezione così radicale e innovativa non poteva non includere anche una diversa concezione dell’essere, e sarà proprio in questo ambito che Simondon effettuerà un vero e proprio ribaltamento. Scrive:

L’essere non possiede un’unità d’identità, come nel caso dello stato stabile, nel quale non si possono verificare trasformazioni; al contrario, l’essere possiede un’unità trasduttiva: in altre parole, esso può sfasarsi in rapporto a se stesso e può straripare da una parte e dall’altra del centro. Ciò che si concepisce nei termini di relazione o dualità dei principi, consiste, in verità, nel dispiegamento dell’essere, che si configura, a sua volta, come più che unità e più che identità. Il divenire costituisce una dimensione dell’essere e non può essere concepito come ciò che gli accade sulla base di una successione cui sarebbe soggetto in quanto essere originariamente dato e sostanziale

L’operazione d’individuazione, dunque, “produce” l’essere individuale – non ne è la logica emanazione. L’individuo è una “fase” di quell’essere la cui dimensione è il divenire e il cui stato è in tensione metastabile, perché carico di potenziali. L’informazione è il mezzo attraverso cui le fasi si producono all’esterno e all’interno dell’individuo in base al suo essere fisico, biologico o psichico. Mentre la trasduzione è il processo attraverso cui l’essere si dispiega nelle sue dimensioni. Si tratta qui, per Simondon, di elaborare la possibilità teorica di un processo che sia allo stesso tempo al di là della logica e al di là della dialettica: un movimento analogico, né deduttivo, né induttivo.

(da Gilbert Simondon, il filosofo dell’avvenire? di Cristiano Carchidi 12 Dicembre 2016 http://www.chartasporca.it/gilbert-simondon-il-filosofo-dellavvenire/

 

13 settembre 2021

Memoria: Proust/Fortini

Oggi come oggi non c’è quasi quarta di copertina, articolo di webzine, pronunciamento intellettuale di piccolo o medio cabotaggio che non contenga la parola ‘memoria’. Segno che il fenomeno ha perso rilevanza.

Si può stare abbastanza sicuri che se qualcuno parla di memoria, nelle due o tre righe seguenti salterà fuori Proust. A un più attento esame, si scoprirà che il qualcuno o non ha mai letto Proust, o, se l’ha letto, se lo è dimenticato.

In Proust l’unica memoria che conta, la memoria involontaria, non ha quasi nulla a che fare con la memoria quale la si intende generalmente. A propriamente parlare, non è nemmeno un fatto di memoria ma di sensazione. È il ripresentarsi, in due momenti distinti del tempo (che chiameremo A e B), di una stessa sensazione (la sensazione deve essere abbastanza rara per non confondersi nella routine dell’abitudine, essere ad esempio una sensazione dell’olfatto o del tatto) che l’io percepisce come identica, cioè indistinguibile, nei due momenti; che è di fatto indistinguibile; per cui l’io percipiente non ha, a partire dalla sensazione, alcun appiglio per sapere in quale dei due momenti del tempo si trova, il che significa letteralmente che il tempo trascorso fra A e B è abolito, che l’io percipiente si trova fuori dallo scorrere del tempo, e che dunque tutto ciò che il tempo, nel suo scorrere, ha precipitato nell’oblio è di nuovo presente e fruibile. Seguono numerosi e importantissimi corollari. È chiaro che qui il senso di ‘memoria’ è un senso molto particolare. A rigore, non posso nemmeno dire che sono io che mi ricordo.

Il passaggio funambolico che i cultori della memoria non tentano neanche, ma danno per acquisito, è quello da “la memoria” a “Le Mie Memorie”, cioè da una facoltà che rimane per moltissimi versi oscura, alla parte interessante in cui porca miseria posso parlare di me e delle mie succosissime esperienze, ne posso fare un bel racconto, cioè precisamente quello che Proust aborriva e alla cui fattibilità in determinatissime circostanze tutte da esaminare è arrivato dopo un percorso lungo e travagliato.

Dopo aver assicurato, ai pilastri della memoria involontaria e a un paio di altre cosine su cui ora non ci soffermiamo, la struttura della sua cattedrale (gotica), Proust può applicarsi alle “parti di riempimento”, cioè ai muri non portanti fra un pilastro e l’altro. Quando la gente parla di Proust e di memoria, normalmente è di questo che parla: del “riempimento”, che è importantissimo, certo, e in un certo senso il midollo da succhiare della Recherche, ma che cos’è? L’idea è che il narratore racconti la sua vita (a quello gli serve, no, la scoperta della memoria involontaria) articolata grosso modo in sette parti che corrispondono ai sette volumi della Recherche. Nel corso della vita il narratore ha inoltre incrociato un gran numero di “personaggi” che, com’è ovvio, ora popolano il romanzo. Ma è proprio così? Se il narratore raccontasse la sua vita il lettore avrebbe fondati motivi di lamentarsi: un racconto sconclusionato, pieno di buchi e in certi punti apparentemente contraddittorio, cronologia non lineare e anche all’interno dello stesso “nucleo” narrativo assai incerta: se in una pagina il narratore appare come un bambinetto di otto o nove anni, ecco che alla pagina seguente gliene daresti quindici. Biografia per nuclei tematici allora? Se si vuole; ma anche lì il narratore è tutto fuorché sempre in primo piano, spesso e volentieri cede la ribalta ad altri, è ridotto al ruolo di osservatore, di narratore della storia altrui, storia che eventualmente si è svolta prima della sua nascita, per cui non si può nemmeno parlare di memoria. Certo, la famosa madeleine è il “clic” che mette in moto tutto ciò che si trova fra il momento in cui il dolcetto tocca il palato del narratore, nel primo volume, e la fine del romanzo. Ma è la storia di una vita? O non è piuttosto, fra un pilastro e l’altro, l’analisi ironica, profonda, geniale e puntuale, secondo il modello dei classici francesi del XVII secolo (les moralistes, che non sarebbe da tradurre ‘i moralisti’, ma ‘gli psicologi’), della psicologia umana nei vari personaggi e nel narratore stesso? Non è il tema il funzionamento della coscienza e dunque anche della memoria? Un romanzo che tematizza se stesso; così in ogni caso lo intende il narratore. E l’articolazione che collega la teoria della memoria (pilastro) ai portati dell’analisi psicologica (riempimento) è ben salda, e comporta lo sbriciolamento di quello che generalmente si intende per “io”. Cioè il contrario dell’intenzione dei memorialisti, che è ricostituire, arrivare a una verità identitaria.

Proust però, alla fine, è uno scrittore per letterati e decadenti. La salvezza che propone è esoterica: per pochi eletti. Non è democratica. Anzi no, è troppo democratica. In un articolo del 1982 (vedi nota in basso), come dice egli stesso enunciando in modo assertivo senza dimostrare, Fortini compie in non più di otto righe il rimarcabile tour de force di passare da quella che egli chiama la “formulazione elitaria” di Proust alla sorprendente affermazione che “il genere di vita quotidiana ormai solidamente costituito nelle società urbane del moderno universo tecnologico di produzione e consumi ha creato nel giro di un cinquantennio le condizioni perché in masse grandissime di uomini gli episodi di emergenza della memoria involontaria si moltiplichino e dilatino sino ad occupare una larga parte della vita psichica, di altrettanto riducendo e svalutando la funzione del «ricordo» [si intende il ricordo consapevole e volontario].” Se lo dice lui. È il processo, dice, che altrove ha chiamato “surrealismo di massa” e che consiste appunto nell’ipertrofica e generale proliferazione dell’”universo della «memoria involontaria» (ossia del piacere e del sogno)“. Ora, Fortini può giocare coi termini come gli pare – e a me sembra che almeno della memoria involontaria si sia fatto un’idea tutta sua -, ma memoria involontaria e surrealtà, se pure hanno dei legami, da precisare, col piacere, certamente nell’intenzione dei loro scopritori non sono “sogno”, anzi esattamente il contrario: sono l’unica realtà veramente vera, e se non marciano al suono del piffero marxista, non mi pare però corretto stravolgerle per arruolarle a forza. Ma per Fortini il punto non è né Proust né tantomeno i surrealisti. Quello che gli interessa è rivalutare il “ricordo”: la memoria discorsiva e facilmente trasmissibile di un passato collettivo, senza tante fisime di opere d’arte o stati psichici strani, e non importa se, non essendo ancorato nella verità della memoria involontaria o della surrealtà, il discorso collettivo è sempre tendenzialmente retorico, quindi falso, manipolabile, manipolato, necessariamente parziale, alla fine inutilizzabile. Questo non conta. L’importante è che abbia una “sua definitività narrativa“, che “già in sé [contenga] giudizio e scelta” – che sia cioè arbitrario, rispecchi una cocciutaggine, e che la sua definitività sia sufficientemente definitiva per passarlo di mano in mano nei secoli.
(da  SULLA MEMORIA di Elena Grammann, https://dallamiatazzadite.com/2021/09/08/sulla-memoria/)

 

13 settembre 2021

Ma noi discutiamo di…

Non so se nel frastuono che tutto copre delle polemiche su Green Pass e vaccini ci sia un’astuzia del potere, o se, semplicemente è l’effetto di una banale dinamica autorafforzante del mercato delle ‘notizie’ (il tema ‘vende’), unito alla lotta partitica feroce in corso sottotraccia, entro l’artificiale perimetro governativo (per cui si provoca la Lega, per danneggiarne il leader rispetto ai competitori esterni -Meloni- ed interni -Giorgietti-, e, d’altra parte se ne subiscono i veti, da cui la politica vorrei-ma-non-posso del GP), ma l’effetto oggettivo è quello di una nuvola nerastra e polverosa di polemiche vacue e urlate che nascondono completamente le tantissime cose serie, importanti, persino epocali che stanno accadendo (entro e soprattutto fuori del paese).

La dinamica dei prezzi e della sconnessione delle supply chain mondiali mostra l’avvio di un passaggio tra il modo di produzione neoliberista mondializzato e qualcosa di diverso (quanto, come e quando, nonché dove lo potremo misurare in qualche anno); la ritirata anglosassone prelude ad una avanzata del ‘mondo multipolare’ (che ha molto a che fare con il punto precedente); il lavoro potrebbe cambiare, tornando ad una qualche forma di potere e, al contempo trascinando modifiche della forma territoriale; la risposta politica a queste tensioni di trasformazione potrebbe prendere la forma di un attivismo statalista di nuovo conio. Nessuna di queste cose è già formata, sono tutti piani di conflitto intrecciati e possono andare in direzioni diverse.

Ma noi discutiamo di ciò che ci viene messo davanti agli occhi. Se uno insiste a sottoporre un tema ciò che bisognerebbe chiedersi non è se è giusto o sbagliato, ma quale altro nasconde. Ovvero, di cosa non si deve parlare.

( da Alessandro Visalli https://www.facebook.com/alessandro.visalli.9/posts/10219403875584090)

14 settembre 2021

 Fernando Savater su malattia mentale

 Savater sollecita l’attenzione di chi intende venire a capo della sofferenza comunicativa sopra il contesto in cui chi soffre è preso e si muove. Non tuttavia allo scopo di addebitare al contesto la responsabilità della sofferenza, perché alla determinazione del contesto di vita di chi soffre partecipa il soggetto stesso, qualora commetta l’errore di regolare le forme comunicative a modalità che egli trasferisce da alcune infelici forme comunicative in cui si era ritrovato in precedenza. I difetti di comunicazione – scrive Savater – possono essere messi in conto sia al «contesto in cui il soggetto si muove, sia ai […] principi applicati dal soggetto stesso»; dipendono, cioè, tanto «dall’incomprensione ostile dei destinatari del messaggio»,quanto«dalla perdita di autonomia che la sua accettazione positiva comporterebbe per il soggetto».[6]

A volte sono le forme comunicative presenti che non danno modo alcuno agli interlocutori di riconoscersi in una veste umana. A volte, non è tanto la relazione presente ad imbalsamare la comunicazione, ad afferrare in una morsa alienante il soggetto: in qualche caso è la parte che giuocano gli altri attori della comunicazione, quando il volto dell’incomprensione è necessario all’interlocutore per mantenere ruoli di potere e di prestigio; altre volte è lo stesso soggetto a porre la relazione comunicativa in una impasse: o perché giuoca il ruolo di partecipante passivo, secondo esperienze comunicative precedenti, o perché se ne sta chiuso in un mondo proprio, in cui rintanarsi, diffidente, se non chiaramente ostile, verso ogni interlocutore; oppure perché assume atteggiamenti camaleontici, disposizioni adattive ed imitative che evitano qualunque tensione tra gli interlocutori, assumendo condotte che, annullando il giuoco delle parti, vanificano la comunicazione.

In sintesi, Savater sostiene che il disagio e la sofferenza psichica possono esser accostati analogicamente alla malattia, perché accadono quando “cadono malate” le forme comunicative alle quali determinati individui affidano la funzione di riflessione della propria identità e di messa a punto della propria soggettività. Cioè, la comunicazione può essere definita, oltre che difettosa, come quasi sempre è, anche “malata” quando il difetto riguarda la possibilità concessa ai suoi interlocutori di rimanervi presenti nel ruolo di soggetti, i quali patiscono l’eventuale dislocazione dal piano delle affermazioni e dei riconoscimenti della propria soggettività.

 (da Riflessioni di Savater sopra la nozione di malattia mentale e le relative sue concezioni (prima parte) – di Piernicola Marasco https://www.altraparolarivista.it/2021/09/12/riflessioni-di-savater-sopra-la-nozione-di-malattia-mentale-e-le-relative-sue-concezioni-di-piernicola-marasco/ )

 

  • L’immagine di copertina è ripresa dalla rivista “altraparola”

Un confronto

di Cristiana Fischer

Perché donne spesso abbiamo, e abbiamo avuto, dei nemici (ma anche certe “nemiche” non scherzano) soprattutto quando ci organizziamo per rinforzarci, riferendoci alle esperienze delle madri di tutte, e con la cura di trasmettere sapere e idee del mondo alle più giovani.

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Aguzzi,  Fischer e Grammann

di Samizdat

Ma come si fa a passare da «Proletari di tutto il mondo, unitevi!» a «Meritevoli di tutto il mondo, unitevi!»? Da Marx a Berlusconi & C.? Continua la lettura di Aguzzi,  Fischer e Grammann

Il plebeo-leninismo (socialista?) di Formenti e Visalli

di Ennio Abate

L’idea sarebbe quella di «partire da un’ampia alleanza di soggetti sociali che abbiano almeno la potenzialità di evolvere in senso socialista» e «nella prima fase prevedibile» è d’obbligo che questi soggetti sociali assumano un «carattere nazional-popolare e neogiacobino con l’obiettivo primario di ricostruire almeno le precondizioni (del socialismo)» che consisterebbero in una «reale partecipazione al processo decisionale e di redistribuzione del reddito». Questa, in sintesi, è la proposta del libro «Il socialismo è morto. Viva il socialismo» di Carlo Formenti che la recensione di Alessandro Visalli (qui) condivide e avalla.

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Disoccupazione

di Davide Morelli

Ho appena pubblicato uno stralcio di romanzo (“La gente per bene”) che ha per tema il problema della mancanza del lavoro o della sua precarizzazione; e  arriva un altro racconto sullo stesso tema. Vedo pure che lo stesso tema è oggetto d’attenzione di uno studioso come Alessandro Visalli (qui e qui). Non esito perciò a pubblicare di seguito al testo di Francesco Dezio il racconto di Davide Morelli. Per dare  risalto alla questione del lavoro e far notare,  come segno dei tempi (bui), che soltanto allo strumento ambivalente  (perché consolatorio e di testimonianza) della scrittura  e della letteratura sono costretti a ricorrere quanti vivono sulla loro pelle un problema non personale ma sociale e politico, che in altri tempi  riusciva a scuotere sindacati, partiti, intellettuali e opinione pubblica.  Difficile è oggi passare dai  cahiers de doléances privati o letterari all’organizzazione di  un discorso pubblico non genericamente populistico ma di rivendicazione collettiva ragionata (cosa che non è – sia chiaro – la chiacchiera attuale sul  reddito di cittadinanza). Il primo passo, comunque, è non chiudere gli occhi, ascoltare tutti i balbettii che salgono dai singoli umiliati ed offesi, riuscire ad immaginare anche il silenzio dei tanti che sono stati dimenticati non solo dai governanti ma anche da quanti un lavoro o una pensione ce l’hanno. [E. A.] Continua la lettura di Disoccupazione

Strategie e schieramenti in Europa

di Cristiana Fischer

1. Il 28 ottobre esce sul blog L’Italia e il mondo un articolo di Roberto Buffagni: “Due appelli, due Europe”, che analizza due documenti pubblicati sullo stesso sito qualche giorno prima.
Il primo si chiama “Appello per il rinnovamento democratico” ed è stato promosso da una importante istituzione democratica che ha sede a Bruxelles, nell’ambito del Forum 2000 riunito in maggio a Praga. L’Appello apre con la dichiarazione che “la liberal-democrazia è minacciata e chi la ha a cuore deve accorrere in sua difesa”. La minaccia proviene non solo da stati come Russia, Cina e altri regimi autoritari, ma anche da paesi illiberali, da governi che sono incapaci di rispondere alle sfide della globalizzazione, da processi politici sclerotizzati e disfunzionali, da burocrazie lontane e opprimenti. La conclusione del breve Appello dice: “Non ci sono scuse per restare in silenzio e per non agire. Non aggrappiamoci a una falsa illusione di sicurezza, mentre la democrazia è in pericolo. La attuale crisi offre ai democratici la possibilità di mobilitarsi, e dobbiamo coglierla.” Continua la lettura di Strategie e schieramenti in Europa

Appunti politici (8): Su una possibile alleanza tra “noi” e i migranti

Tabea Nineo, Rielaborazione grafica di una foto: migranti in fuga

di Ennio Abate

Rispondo qui a una domanda postami durante la discussione seguita al post “Migrazioni. Punti di vista in contrasto” (qui)da Roberto Buffagni a proposito della mia ipotesi di  una possibile «alleanza»  tra migranti e  «oppositori del governo italiano e della burocrazia UE» (qui). [E. A.] Continua la lettura di Appunti politici (8): Su una possibile alleanza tra “noi” e i migranti