Archivi categoria: APPUNTI POLITICI

E ora ci stiamo alzando

AL VOLO a cura di E.A. 

Ci sedemmo dalla parte del torto perché gli altri posti erano occupati (B. Brecht). E ora ci stiamo alzando perché gli altri posti sono occupati dalle menzogne.

Cnn, decine di manifestanti arrestati in sgombero all’Ucla

LE TROUPE DELLA CNN SUL SITO DELL’ACCAMPAMENTO DELL’UCLA HANNO VISTO DECINE DI MANIFESTANTI ARRESTATI DAGLI AGENTI DELLA CALIFORNIA HIGHWAY PATROL.

Appunti di giornata (2)

RIPESCAGGI CASUALI/ EX SESSANTOTTINI/ MITI LETTERARI D’OGGI IN COSTRUZIONE: CARLO BORDINI

Oggi lo ricordano così: Carlo Bordini, linee biobibliografiche – “Tutto è stato già detto ma io lo dico di nuovo”, di Claudio Orlandi di Claudio Orlandi  (QUI). Io lo ricordo così:

1. Aveva risposto ad un questionario su SINISTRA 2008 IN  DISCUSSIONE  (vecchio sito di Poliscritture perso):

quando stavo in un piccolo gruppo trotskista qualcuno mi chiamava “l’empirico”, perché non leggevo e non studiavo. in effetti non ho letto la maggioranza dei libri dell’elenco, e le mie idee di basano soprattutto sull’osservazione della realtà e sull’esperienza personale, oltre che su una pratica di ricercatore di storia dovuta al lavoro che sono stato obbligato a fare per anni.
consiglierei comunque di aggiungere all’elenco un paio di libri: la storia del pci di paolo spriano, in cui si dimostra che la vittoria del fascismo è stata largamente agevolata dalle manchevolezze le esitazioni e i settarismi del partito comunista e socialista (vedi l’esperienza degli arditi del popolo, organizzazioni paramilitari di difesa antifascista boicottate per legalismo dai socialisti e per settarismo dai comunisti), e l’affaire moro di sciascia.
per quel che riguarda la prima questione, sono propenso alla seconda soluzione. il movimento socialista è fallito in tutto il mondo, nonostante marx avesse capito e previsto dove stava andando il mondo, ed è inutile tentare di risuscitare un cadavere. in italia, poi, le nostre amate organizzazioni di sinistra hanno tirato la volata a berlusconi con la bicamerale, e hanno distrutto la sinistra più radicale (dimostratasi anch’essa abbastanza inconsistente) con veltroni, che ora fa da critico-amico a berlusconi. questa gente non serve, e anzi è di ostacolo. bisogna ripartire dal basso, dalle lotte, e creare nuove forme. anche le vecchie dottrine non servono, e fanno parte, purtroppo, del bagaglio delle utopie.
carlo bordini

2. Nel 2016 su LE PAROLE E LE COSE ci eravamo confrontati polemicamente così (QUI)

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ANNI OTTANTA. MILANO-SPOESIA
Su un articolo di LPLC
https://www.leparoleelecose.it/?p=49073

Ennio Abate11 APRILE 2024 ALLE 08:04Il tuo commento è in attesa di moderazione. Questa è un’anteprima; il tuo commento sarà visibile dopo esser stato approvato.

Dimmi che aggettivi (vaghi o approssimativi) usi e ti dirò se il tuo stile è “mercantile”( G. Majorino) o meno:

1. convincente, improvviso: e di una nuova, convincente, tendenza all’affermazione individuale); per arrivare all’invecchiamento improvviso della sinistra storica in Europa

2. nuova, “amichevole”: Ciò che in Milano·poesia era ancora una germinazione di situazioni orientate in direzioni molteplici, è divenuto oggi rete collaudata di festival sostenuta dagli uffici marketing delle case editrici, di produzione cinematografica e delle gallerie d’arte: vari settori di una nuova “amichevole” industria dell’intrattenimento di qualità (ecco una definizione aggiornata della vecchia “industria culturale”).

3. adveniente: la convinzione di trovarsi sulla soglia di una adveniente stagione aurea che in realtà non arriverà mai.

 

Conflitto israelo-palestinese. Rileggersi

di Ennio Abate

Stralcio da “Su una mia critica a Israele mediante slogan”, 2014 (qui)

Domanda: «Quale idea di una soluzione del conflitto tra Israele e arabi palestinesi (perché ce l’avrai pure una tua idea di soluzione) devo aspettarmi da quello slogan?».

Risposta: Questa domanda è difficile e quasi me ne ritraggo. Quando una situazione di conflitto è da tempo tragica e senza vie d’uscita come quella in Palestina, le soluzioni ragionevoli – “per noi”  o sulla carta – sono respinte dai contendenti e manca un ‘noi’ riconoscibile e autorevole – fosse pure l’Onu! -, io m’impongo di vedere le cose in maniera politicamente elementare; e cioè di ragionare – solo in apparenza “cambiando discorso” o “allungando il brodo” – sullo Stato, sugli Stati. Sarò schematico o rozzo, ma continuo a diffidare  e non riuscirò mai ad identificarmi in pieno con uno Stato, neppure con quello italiano di cui sono cittadino. E non tanto perché tra le sue prerogative ci sono quelle di condannare, uccidere, incarcerare, fare guerra, ma perché convinto che le eserciti non contro i prepotenti ma soprattutto sui meno potenti. Non ho mai creduto alla sua imparzialità, alla sua obbiettività. È per questo che mi sono ritrovato con convinzione nell’analisi marxista dello Stato e ho accolto l’ipotesi comunista di un superamento dello Stato. Ed è per questo che sono ostile allo Stato di Israele che esercita un predominio spietato soprattutto contro i palestinesi; e pure agli altri Stati, che lo spalleggiano o ne tollerano le continue, “necessarie” prepotenze. Data l’esistenza di Stati – macchine predisposte alla difesa dei prepotenti (o dei dominanti, delle élites, delle lobby) -, in politica non sono mai riuscito ad accettare il pacifismo. Lo considero un atteggiamento ambivalente. Da una parte induce a comportamenti realistici: quando lo strapotere è estremo, fingersi pacifici è una via quasi obbligatoria. D’altra parte, se il pacifismo diventa ideologia, “visione del mondo”, fede nel valore astratto della Pace, spinge di solito alla rinuncia – motivata spesso da fattori religiosi o anche laico-umanistici -; o alla rassegnazione nei confronti dei prepotenti, all’accettazione di conviverci assieme (lasciandoli prepotenti!); oppure al godimento spicciolo di vantaggi a volte non trascurabili. Non per questo mi sono mai sentito di sbeffeggiare il pacifismo attivo. (Nell’aprile del 2011, commentando l’uccisione di Vittorio Arrigoni, ribadii che «contro l’orrore della guerra e contro le miserie locali è necessario costruire ed usare tutti gli strumenti di volta in volta necessari per contrastarla: in situazione di estrema debolezza solo la parola, la testimonianza da profeti disarmati (come faceva a Gaza Arrigoni); in situazioni di sperabile maggior forza con tutti gli strumenti di cui si riuscisse a disporre.». Questa convinzione – che pacifismo e “lottarmatismo” siano strumenti da usare a seconda le circostanze, più favorevoli o più sfavorevoli (li usano entrambi i prepotenti, perché non dovrebbero  usarli i meno potenti?)- la devo al marxismo. Questo se si vuole realizzare un Progetto che miri a mutare i rapporti sociali di dominio (di prepotenza e violenza legalizzate) tra una parte degli uomini (le élites economiche, politiche, militari, culturali) e i restanti. Fino agli anni Novanta del Novecento mi pareva che tale Progetto potesse essere ancora il comunismo. Oggi non mi sento di indicare più con questo nome il Progetto. Che comunque mi pare da perseguire. Guardandomi attorno o guardando alla Palestina, non posso dire che questo Progetto sia  rappresentato per me da Hamas. E tuttavia devo riconoscere oggi ad Hamas che, opponendosi allo Stato d’Israele, tiene aperta in qualche modo una prospettiva diversa da quella dell’occidentalismo mondializzato a egemonia statunitense.  In modo giusto o sbagliato? Sbagliato “per me”. Perché lo fa ricorrendo alla religione, che per chi pensa laicamente è una regressione rispetto alla prospettiva  illuminista e poi marxista o paramarxista. Ed è chiaro che Hamas è la negazione del marxismo o dell’opposizione laica allo Stato d’Israele. Certo, ho tanti dubbi che andrebbero meglio indagati.  Dovrei – visto il liquefarsi di un pensiero marxista – apprezzare l’ideologia religiosa islamica solo perché oggi è l’unica che incoraggia ad opporsi nei fatti – pacificamente e/o con le armi –  allo Stato d’Israele (e ai suoi alleati)? Come non vedere che al fanatismo religioso del Likud si oppone altro fanatismo religioso? Posso non badare a che cosa verrebbe da una eventuale (ma improbabile) vittoria di Hamas su Israele? Non ricordo forse gli equivoci in cui incappò Foucault invaghitosi della rivoluzione iraniana di Khomeyni? Posso non tener conto della razionalità della geopolitica, che, come detto, in alcune sue correnti considera semmai la Russia di Putin la più importante antagonista degli ancora strapotenti e ultraviolenti USA e quindi ritiene che è da lì che potrebbero “riaprirsi i giochi” e forse delinearsi i tratti di un “altro” Progetto?

Ammetto (ma senza sconforto) di brancolare nel buio. Anche se non si potesse più arrivare, come abbiamo sognato da giovani, al superamento totale dei contrasti dell’individuo e delle società, al “Mondo nuovo”, alla “Società senza classi”; e non si potesse eliminare del tutto la prepotenza, tagliarle le unghie, limitarla mi pare ancora un buon Progetto. E di fronte al dilemma tragico della storia umana, intuito e ben formulato da Manzoni in quel suo «non resta che far torto o patirlo», ho sempre scelto, per quel poco che mi è stato possibile, di tentare di far torto ai dominatori, che lo fanno sistematicamente ai dominati, ai più deboli di loro, a chi osa ribellarsi. Questi, per ora, i miei dubbi e il mio contributo a chiarire quelle che anche tu ancora chiami le «verità da proteggere per il futuro».

Per riflettere su Toni Negri


a cura di Ennio Abate

Li chiamavano cattivi maestri. Ora ci restano solo i cattivi. Queste sono le segnalazioni che ho condiviso su POLISCRITTURE FB dopo l’annuncio della morte di Toni Negri (16 dicembre 2023). Le ripropongo . [E. A.]

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Ancora, ancora sulla violenza

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Risposta a Massimo Parizzi

di Ennio Abate

Il 22 novembre scorso su Poliscritture FB  ho condiviso dalla pagina FB di Simona Borioni
l’editoriale di un generale israeliano comparso sul quotidiano Yehidiot Ahronot (qui sopra l’immagine) e l’ho introdotto con un brano di Franco Fortini sulla violenza. Ripropongo qui i due scritti assieme alla lettera di critiche ricevuta da Massimo Parizzi  e alla mia replica.

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Un’intervista a Rashid Khalidi

Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (4)

a cura di Ennio Abate

L’intervista, di cui – saltando le domande – riporto 25 miei stralci che ritengo significativi per i temi trattati, è intitolata: “Una situazione disperata che diventa sempre più disperata” ​. E’ comparda il 1 novembre 2023 sul blog FRAMMENTI VOCALI IN MO (qui), dove potete leggerla interamente purtroppo in una traduzione approssimativa. Khalidi espone le sue riflessioni (pessimistiche) sulla storia del conflitto israelo-palestinese e porta molti dati trascurati o ignorati dai media. Tratta il tema della Imprevedibilità dell’attacco di Hamas del 7 ottobre ma lo ritiene ben comprensibile alla luce delle scelte del governo israeliano (e in particolare di Netanyahu), che in questi ultimi decenni hanno visto un aumento del numero dei palestinesi uccisi in Cisgiordania, delle incursioni dei coloni, dei tentativi di organizzare il culto ebraico nell’Haram al-Sharif, intorno alla Moschea Aqsa. La sua tesi è cristallina: è avanzato a grandi passi un processo di pulizia etnica insopportabile per il popolo palestinese già provato da una lunga occupazione. Altrettanto chiaro gli appare l’intento da parte dello Stato di Israele, appoggiata dai paesi occidentali (in primis gli USA) e da alcuni paesi arabi (coi rispettivi media al seguito), di seppellire  per sempre “un orizzonte politico per i palestinesi” e di cancellare così la “questione palestinese”.  Khalidi non tace sulla crisi di Fatah e sulla corruzione  e assenza di strategia da parte di Abu Mazen e dell’Autorità Palestinese di Ramallah. Insiste pure sull’odio verso essa di molti palestinesi e sulla popolarità  che ha ottenuto Hamas in tutto il mondo arabo  dopo l’attacco del 7 ottobre. A suo parere, dopo l’Ucraina, anche gli eventi di Gaza delle ultime settimane accrescono il divario culturale tra gli occidentali, che si pensano ancora padroni del mondo e gli altri Paesi (Russia, India, Cina, Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Brasile) che non li riconoscono più come tali. Infine, giudica il sionismo storico un progetto coloniale “arrivato troppo tardi” (Tony Judt) e anacronistico, ma non senza effetti reali che rendono al momento irresolubile la questione  di come si possa avere “uno stato ebraico a maggioranza sovrana in un paese a maggioranza araba”. E, pessimisticamente fa notare che: 1. anche i tanto applauditi accordi di Oslo (1993) voluti da Rabin in realtà prevedevano uno “Stato palestinese […] meno che sovrano; […]un frammento di un frammento della Palestina storica” ;  2.  le due soluzioni (Due popoli, due Stati; Uno Stato, due popoli), di cui si continua a discutere attualmente, sono sempre più impossibili, specie dopo tanto sangue versato e che ”continuerà ad essere versato”. Continua la lettura di Un’intervista a Rashid Khalidi

Israele, palestinesi, Gaza. Cinque articoli di Pierluigi Fagan

Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (3)

a cura di Ennio Abate

Segnalo (riasssumendo o  riportandone stralci)  quattro  interessanti e coerenti articoli di Pierluigi Fagan sul conflitto  che vede di nuovo Gaza tragicamente al centro  del caos mondiale. Gli eventi sono misurati da un’ottica freddamente geopolitica  guidata dal pensiero della complessità.  Continua la lettura di Israele, palestinesi, Gaza. Cinque articoli di Pierluigi Fagan

Nota su Palestina e Israele di Peter Freeman

Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (3)

a cura di Ennio Abate

Peter Freeman 
(dalla sua pagina FB)

Vanno molto forte, tra i miei contatti, le foto della Palestina negli anni 1930-40.
Siamo negli anni in cui il suo territorio è sotto il Mandato britannico ed è un periodo di forti tensioni perché la pressione demografica degli ebrei migrati dall’Europa dell’Est e in fuga dalla Germania nazista si è fatta più forte. Nel 1923 si è costituita l’Agenzia ebraica e, clandestinamente, si è costituito l’Haganah. Ci sono stati i fatti di Hebron (1929) e la grande rivolta araba del 1936; in mezzo, altri fatti di sangue.
Questo per contestualizzare.
La condivisione di quelle foto ha provocato discussioni alquanto accese, di qua e di là, e svariati malumori per l’uso politico che ne verrebbe fatto. E come sempre accade su questa materia, con svariati eccessi.
Alcuni chiarimenti.
1. Chiamare Palestina quel territorio è assolutamente corretto, a condizione di non attribuire alla Palestina di quel periodo uno identità statuale che essa non ebbe. Irritarsi per l’utilizzo del termine “Palestina” è sbagliato: quella era la Palestina e di sicuro non era Israele. Negarlo è sciocco ed è segno di intolleranza, oltre che tragico stanti i tempi.
2. Le foto ritraggono un pezzo di società palestinese. La sua borghesia cittadina, benestante e spesso laica. Ora, che qualcuno si scandalizzi per il fatto che vi fosse (e che ci sia ancora) una borghesia palestinese, e non solo pastori e contadini più o meno incazzati e insorgenti, questo lo trovo ridicolo, da qualunque parte ci si infastidisca.
3. Nella parte rurale della Palestina di quegli anni.le cose andavano assai meno bene. Prevale il.latifondo e prevale la pastorizia: ricchezza poca, povertà molta, come peraltro in alcune aree del nostro Mezzogiorno. I latifondisti palestinesi esistono ed è da loro che il Fondo Nazionale Ebraico acquista i terreni per gli insediamenti di coloni e kibbutzim. Pecunia non olet, soprattutto se sei un latifondista e buona parte delle tue terre sono incolte o destinate al pascolo.
Tutto qui. E vi invito a riporre le armi.
P.S. È superfluo che voi citiate il Gran Mufti o l’Irgun. Siamo già sufficientemente informati sulla materia. Nel caso consiglio il documentario che come Grande Storia mandammo in onda qualche anno fa. Lo potete trovare su RaiPlay.

La questione è trattata nella prima parte del documentario. Ecco il link:
https://www.raiplay.it/video/2018/12/La-Grande-Storia-Viaggio-in-Medio-Oriente-Gerusalemme-Teheran-Baghdad-ce7bf9aa-57d4-4452-9667-a052bd6fa113.html

 

“Come vivo le cose che stanno succedendo” di Claudio Vercelli

Violet, Orange, Black (After Rothko) – Kristi Palmer

Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (2)

a cura di Ennio Abate

Segnalo  dalla sua pagina FB questa onesta presa di posizione dello storico Claudio Vercelli:

COME VIVO LE COSE CHE STANNO SUCCEDENDO – Ci sono volte, nelle quali, uno avrebbe molte cose da dire ma sa che comunque non otterrà ascolto alcuno. Quello ragionevole e razionale, beninteso. Ciò che sto/stiamo vivendo, è una di queste situazioni, prossime al collassamento delle rispettive ragioni. Ho idee ma, da adesso, gli animi sono troppo esacerbati (e divisi) per potere anche solo raccogliere il senso logico di quanto sta avvenendo. Se mai sussiste, beninteso. Quindi, con esso, anche di quanto vado, nel mio piccolo, ragionando. Tutto viene altrimenti travolto. Posto che ciò che chiamiamo con il nome di “logica” (target, obiettivi finali, equilibrio e contrapposizione tra poteri asimmetrici e cos’altro), in molti conflitti deraglia verso il puro gusto della distruzione. Quella altrui. Non sono in grado di affrontare le maree montanti del ludibrio, dello sdegno, della fazionalizzazione che stanno per sommergerci. Da più parti. Un’umile presenza intellettuale, qual è quella mia, non può fare fronte, da sé, alle incontrovertibili certezze di chi invece attribuisce agli “altri” le inconfessabili intenzioni proprie. Ossia, quelle di distruzione. Poiché la melliflua cosa – ovvero quel garbuglio di interessi, identità, storia, memorie e quant’altro -che chiamiamo, da illo tempore, con il nome di conflitto “arabo-israelo-palestinese”, si colloca in questo ordine di considerazioni. Sussiste in quanto tale. Diversamente, sarebbe già stato risolto. In qualche modo. Non importa quale (se non per i diretti interessati, si intende). Ne sono quindi intellettualmente sopraffatto, per capirci. Non ho strumenti che non siano quelli del mero ascolto. Di certuni ma, francamente, anche degli altri. Poiché in un conflitto si è almeno in due parti. Come tali, contrapposte. Del pari, non sono nessuno per immedesimarmi nel dolore di chi non avrà mai nessun risarcimento. Continuerò comunque con il mio lavoro di analista, per nulla “al di sopra delle parti” (chi si presenta, ad ognuno di voi, in quanto tale, vi sta invece concretamente ingannando: non esiste la “fredda distanza” bensì l’immedesimazione che viene però contemperata dall’impegno di continuare ad essere “ntellettualmente onesti”). Lo sforzo, sempre più spesso, non sarà quello di essere al di fuori di sé stessi – condizione pressoché personalmente impossibile – ma di capire dove si collochi la linea di divisione tra umano e disumano. Coloro che nutrono certezze (ideologiche), alla ricerca quindi di facili riscontri per i loro retropensieri, sono già allineati. Quindi, pronti a fucilare nemici così come, soprattutto, “traditori”, quelli nel proprio campo. In ogni guerra che ci chiami in causa, d’altro canto, il principio di sopravvivenza sopravanza tutto il resto. Tuttavia la realtà dei fatti, se ancora conoscibile dietro la coltre di finzioni, infingimenti e quant’altro, è ben diversa cosa. Poiché contempla, e quindi offre, non una ragione assoluta bensì più motivazioni. Nessun relativismo, per parte mia. So “dove stare”. Ma ci sto con autonomo esercizio di comprensione. In fondo non sono nessuno, anche se non vorrei essere ricordato come un nulla.

Aggiungo il commento che ho lasciato sulla sua pagina: 

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“Palestina e Israele: pensieri laterali” di Augusto Illuminati

Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele- palestinesi (1)

a cura di Ennio Abate

Dal 7 ottobre 2023 – giorno del sanguinoso attacco di Hamas contro civili israeliani partito dalla Striscia di Gaza – sto  seguendo notizie, commenti e riflessioni  sulla nuova  e – pare – inedita esplosione della crisi in Medio Oriente. In questa rubrica che riprende il titolo  dell’ultima raccolta di poesie di Franco Fortini, dal quale – a partire da “I cani del Sinai ” (1967)- ebbi la spinta a  interrogarmi con continuità sul conflitto tra israeliani e palestinesi, ritornerò,  senza rispettare l’ordine cronologico, su alcuni degli articoli selezionati, facendone innanzitutto dei semplici e chiari suntini. Spero  che aiutino  me e i lettori di Poliscritture  a mantenere ferma l’esigenza di ragionare e di scegliere con tenacia la verità,  sfuggendo le trappole delle semplificazioni propagandistiche e della disperazione. [E. A.] Continua la lettura di “Palestina e Israele: pensieri laterali” di Augusto Illuminati