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Il padre del mio amico

Tabea Nineo, volto

 di Alessandro Franci

 

Mia madre volle portarmi con sé a vedere il morto. «È il padre del tuo amico» disse.

Io non ero addolorato né per lui né per il mio amico; d’altronde neppure lei lo era, tanto che me lo chiese come mi invitasse al cinema.

Se c’era da partecipare a un funerale, a una veglia funebre, o visitare un ammalato, lei non si tirava indietro e questo le era sufficiente per credere che chiunque doveva essere contento di farlo quanto lo era lei; non comprendeva l’avversione che molti mostravano, per quello che riteneva fosse un dovere. Continua la lettura di Il padre del mio amico

Sedici poesie inedite da “Evasori sentimentali”

Marino Marini, scultura

di Franco Arminio

 

 

Del tuo corpo so ancora poco
e delle mani
e della via benedetta
che gira intorno all’ombelico.
Ti amerò per i poeti
che non ti hanno vista,
per i poeti veri
che erano al mondo
quando tu non c’eri.
Darò tutta la mia gentilezza
alle tue mani.
Se ti vedo
mi sgretolo,
sventolerò le mie ossa
come bandiere. Continua la lettura di Sedici poesie inedite da “Evasori sentimentali”

L’acqua entra dalle mie labbra

 

 

di Arnaldo Éderle

Stavo pensando a una sequela
di ragionamenti tanto forti da farmi
vibrare il cervello e rotolarmi
nella loro burrasca e vedermi Continua la lettura di L’acqua entra dalle mie labbra

Un poeta indifeso

di Arnaldo Éderle

Qualche giorno fa, Ennio Abate, durante una nostra discussione sulla poesia, e parlando di amici poeti, mi suggerì di ringiovanire la presenza di Giuseppe Piccoli con un mio nuovo scritto sull’amico e poeta veronese che morì per sua stessa mano trent’anni fa in un ospedale giudiziario di Napoli. Ricordo che ne feci altri di questi interventi tempo fa, o per commemorarlo o per rinfrescare la sua presenza in diverse sedi competenti. Continua la lettura di Un poeta indifeso

Il mio batuffolo di cioccolata

gamba ederledi Arnaldo Ederle

(Respiro) a Nella/Tommasina

La gamba è fasciata con una stoffa bianca
poi comincia la protesi, non so
ancora com’è, ma la vedo è coperta da
da una forma simile alla sua realtà
il polpaccio il piede, è solo un po’ più
tenera della carne, ma è identica
al mezzo arto che non c’è più, ma in fondo
è quasi uguale all’altra di carne. Quando
sono nude le due gambe sono uguali,
la gamba destra è vera fino al ginocchio
si può palpare e goderne
e abbracciarla. Continua la lettura di Il mio batuffolo di cioccolata