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Pigrizia e “passione” utopica

di Gianfranco La Grassa

I personaggi cecoviani e Oblomov hanno certamente alcuni elementi in comune. Per certi versi, i primi sono pur essi affetti da un qualche “oblomovismo”, termine (almeno un tempo) usuale in Russia per denotare certi caratteri salienti del cosiddetto “animo slavo”: la fantasia unita alla pigrizia più spinta, l’ardore tutto immaginario per una vita “nobile ed elevata” soltanto pensata, vagheggiata, ar­dore unito alla più completa inconcludenza e incapacità di perse­guire con costanza gli “alti” obiettivi voluti nella pura e semplice immaginazione. A ciò si aggiunga l’in­cessante fantasti­care, o addirittura sognare (magari ad occhi aperti), con progressivo infiacchimento della propria volontà, della capacità di dare con­cretamente senso alla propria vita. Continua la lettura di Pigrizia e “passione” utopica

Das Ding. Rovesciamenti di prospettiva

magritte 1

di Rita Simonitto

[Quanti sé convivono in ciascuno di noi? Perché tanto smarrimento quando ascoltiamo (o siamo costretti ad ascoltare) i “messaggi” che il corpo ci manda? Serve poi a qualcosa ascoltarli? E tra ascolto allarmato del “dentro” (il corpo) ed ascolto altrettanto allarmato del “fuori” ( i medici a cui ci affidiamo, ma…) che relazione c’è? Esiste un limite chiaro tra ciò di cui vale la pena occuparsi e ciò che va trascurato? Più che una lamentazione sfiduciata o una critica al sistema medico, l’autrice, con molta ironia, vuole raccontare un’esperienza ancora più complessa: l’incontro con l’ineffabile, la Cosa senza Nome, Das Ding, appunto,  con la quale il ‘corpo’ (nostro ma non nostro)  ci impone, in circostanze quasi sempre impreviste, di fare i conti. (E.A. e S.D.)]

Si può dire che tutto cominciò da una mosca, o, a dir meglio, un moscerino. Di quelli che ti infastidiscono l’occhio e tallonano come segugi la pista del tuo sguardo quasi a non volersi sentire esclusi da niente.
Miodesopsie vengono chiamati questi effetti legati a imperfezioni nella trasparenza del corpo vitreo. Un nome simpatico, che suona bene e non fa nemmeno tanta impressione, anche se poi il fenomeno può degenerare creando seri problemi alla vista.
La sappiamo lunga su questi trucchetti linguistici per cui ‘operatore ecologico’ è più gradevole che ‘spazzino’! Così la vita ci sembra più amabile, più tollerabile.
Ciò accade anche quando ci riferiamo al corpo chiamandolo ‘nostro’.
Sappi che esso non è per niente ‘tuo’: è solo un modo di dire, che usi per darti una certa importanza, sentire che possiedi qualche cosa, che hai potere su qualche cosa. Continua la lettura di Das Ding. Rovesciamenti di prospettiva