di Ennio Abate
Riporto da qui per aprire – se possibile – una discussione a più voci. [E. A.]
@ Paolo [Di Marco]
Non so se torneranno più «i canali di comunicazione che c’erano quando eravamo piccoli, dalle sezioni di partito ai sindacati, dagli oratori ai circoli giovanili » o le manifestazioni come quelle contro la guerra in Vietnam o contro la Guerra del Golfo. La sola acqua (sporca) in cui, come pesci (maoisti) bastonati, possiamo ancora tentare di nuotare è questa del Web, dei social. Ma sapendo che la tua (o la mia) denuncia (da quanti anni ripetuta?) contro « il potere imperiale degli USA» non ha effetti sugli altri, sui giovani. La memoria della nostra storia ci fa ancora resistere alla “tempesta del dubbio”. Ma, dopo aver letto almeno qualcosa di Marx, di Lenin, di Gramsci, di Mao, come posso affidare le mie speranze all’”avvocato del popolo” Giuseppe Conte e giudicarlo « con tutti i suoi limiti un raro politico interessato ai cittadini» o augurarmi che sia lui a lanciare una « campagna travolgente sui 9 temi presentati al dimissionario etc»? O al PD di Letta, che imbarca Calenda, Carfagna, Gelmini? O, sia pur per paradosso, rimpiangere Andreotti?
@ Rita [Simonitto]
Mi pare che le tue affermazioni («Non intendevo esprimere la mia fiducia o l’appoggio alle destre»; «Non sono contro il concetto di Unione Europea ma contro il come essa viene propagandata etc .» siano in attrito con altre tue insistenti affermazioni, che a me paiono unilaterali. Quali: 1. «il nostro paese [è] incapace di una evoluzione [perché] avviluppato sempre più nelle reti ideologiche che la sinistra rappresentava il mondo dei migliori e la destra rappresentava non una alternanza»; 2. « lo sport preferito dalle sinistre [è] provocare e poi uscirsene a mani pulite»; 3. «Quel sano ‘referente’ democratico rappresentato dalla polifonia dei pensieri oggi è sparito, oppure ha cambiato forma, diventando, a sua volta, ’sirena’ di un modello di pensiero a targa sinistrorsa: il pensiero unico» ; 4. « l’alternanza è lo specchietto delle allodole di democratica fattura, ma i sinistrati non vogliono nemmeno quella, tanto per significare la loro malafede». Non capisco, cioè, perché nominare soltanto «le reti ideologiche» della ”sinistra”. O perché non soffermarsi a chiarire quale possa essere lo «sport preferito» delle destre o ex-destre. O perché attribuire al «pensiero unico» una «targa sinistrorsa» e non destrorsa.
Quanto a «sciogliere le catene che i presunti liberatori ci hanno messo addosso», ripropongo – credo di averlo fatto in precedenti commenti – la domanda cruciale: come si possono sciogliere?
Non si scappa ai dilemmi in cui vedo dibattersi (e sempre nell’acqua sporca del Web di cui ho detto!) «le migliori menti della mia generazione» e di quelle successiva (evito nomi per non deviare dalla sostanza del discorso):
A. ripensare le trasformazioni della lotta tra capitale e lavoro ormai squilibratasi in modi impensabili a vantaggio del primo e a danno del secondo;
B. rivendicare una propria sovranità nazionale appunto contro i «presunti liberatori» statunitensi (e la UE “burocratica”), mettendo tra parentesi o dando per obsoleta la lotta tra capitale e lavoro: vedi la mia replica a Cristiana Fischer (qui);
C. barcamenarsi nella crisi coi né-né dei vari populismi (grillini, leghisti, ecc.);
D. Coltivare l’utopia in forme messianiche, femministe o moltitudinarie.
Io sono molto addolorato da questo rimuginare (anche mio) piuttosto stanco o disincantato. Lo ritengo un colpevole smarrimento delle nostre ragioni di una volta. Capisco la complessità o l’indecifrabilità degli eventi che ci stanno sotterrando, l’insufficienza della vecchia “bussola” (Marx & C.) ma mi chiedo che senso ancora abbia insistere a smascherare le « balle come quelle sulla democrazia», ormai quasi senza più maschera, quando non c’è più la fiducia di poter delineare un’alternativa alla sua crisi. E se anche il mito può solo insegnare che, «quando qualcuno prende il potere, promesse o non promesse, difficilmente accetta l’alternanza», che me ne faccio?
SEGNALAZIONE
DALLA PAGINA FB DI Pietro Bevilacqua di sicuro più ottimista di me…
https://www.facebook.com/pietro.bevilacqua.7965/posts/pfbid02wbknFzbMzjzpfnFyxU5QJ2SHUvFMgujemN233QUeVdDYCrRcN9NpuEp8g74GqiCxl
Stralcio:
La cultura come strumento di lettura di un’epoca è scomparsa dall’orizzonte delle forze che erano state di sinistra. Da 15 anni sulla scena, gran parte dei quali in posizione di governo, il PD non ha neppure scalfito le disuguaglianze del Paese, che sono cresciute.Nessun “gocciolamento” verso gli ultimi.Ma l’aspetto più grave del posizionamento di questo (come di gran parte degli altri partiti) è di non scorgere che il mercato è diventato lo scatenamento dei “poteri selvaggi”, come li chiama Luigi Ferrajoli. Forze che hanno messo a soqquadro il mondo del lavoro e saccheggiano a piene mani le risorse del pianeta. Poteri che spingeranno gli stati alla guerra per conservare gli spazi sempre più ristretti della sopravvivenza.
Non c’è dunque alcuna prospettiva e via d’uscita a muoversi sulla scia di tali partiti, oggi impegnati nella campagna elettorale, l’unica forma di mobilitazione di cui sono capaci. Ma trovare altre strade di impegno politico, civile, ambientale è ancora possibile per chi non deve difendere piccoli interessi personali.
intanto chiariamo qualche piccolo particolare:
– in qualunque definizione possibile di sinistra (termine per altro talmente vago da essere poco significativo) il PD non c’entra: non ha alcun rapporto con la classe operaia, il proletariato dffuso, i lumpen, i deboli ecc; c’è ancora qualche ‘intellettuale’ che vi si appoggia per abitudine senile o semplice comodità. Le recenti scelte, culminate nell’accordo con Calenda, lo sanciscono in maniera irrimediabile. Amen.
– non vedo alcuna forza politica salvifica presente o all’orizzonte. Conte mi sembra semplicemente una persona onesta e con un minimo di programma sociale.
– ma questo non significa che i giochi siano chiusi: io vedo uno spazio enorme di discorso sia sulle prospettive di superamento del capitalismo sia sui soggetti possibili di mutamento, e alcuni accenni li ho dati nella serie che parte dal ‘Giardino dell’Eden’; fra l’altro con l’ottimismo di una possibilità di sviluppo che esca dalle vecchie secche socialiste e soprattutto non assuma caratteri ideologici e chiesastici come piaceva un tempo…
Riporto qui il commento fatto nel post del 21 luglio.
Qual è il lavoro oggi? Nei nostri anni di gioventù la lotta tra capitale e lavoro scandiva i giorni i mesi e gli anni.
Le lotte del lavoro contro il capitale alla GKN hanno suscitato collegamenti: https://www.facebook.com/insorgiamoconilavoratorigkn Lottano quelli della logistica. Anche medici e infermieri si rivoltano per il carico di lavoro causato dai tagli nella sanità dei precedenti governi (Chi può scappa all’estero dove è pagato meglio con migliori condizioni).
Gli immigrati -e le immigrate!- che raccolgono nei campi del foggiano e luoghi simili sono l’essenza della precarietà che domina quasi dovunque.
Nei 9 punti di Conte presentati a Draghi prevalgono reddito di cittadinanza e aiuti.
Landini protesta contro il governo: “su 14,3 miliardi di manovra, solo un miliardo è per i lavoratori e 1,5 miliardi per le pensioni. Questo significa che per ogni 1.000 euro, sono 10 euro di riduzione fiscale al mese. Per le pensioni significa che ogni 500 euro sono 10 euro lordi al mese. Stiamo parlando di cifre assolutamente insufficienti ad affrontare il problema”. Non che avere più soldi non vada bene… Ma la lotta?
Manca una analisi di classe.
Cambiando discorso: un punto politico complicato è quello del debito pubblico italiano versus il risparmio privato italiano. Si equivalgono, e forse il risparmio è maggiore del debito.
Molto capitale privato è investito all’estero, anche quello dei piccoli risparmiatori?
Ci si prepara una patrimoniale? L’inflazione è uno strumento finalizzato a prosciugare il risparmio? Come sostenere il debito pubblico con il risparmio guadagnando tutti e due, stato e privati?
Insomma: si discute di politica general/generica, ma mancano *diffuse* analisi sociologiche a disposizione di tutti che consentano di formarci un quadro con prospettive realistiche.
A proposito dell’ “elogio” di Andreotti…
AL VOLO/ DALLA PAGINA FB
di Gianpasquale Santomassimo
https://www.facebook.com/gianpasquale.santomassimo/posts/pfbid02JpSozKEu4p5maxdfLu91axNv75i4Vd4cQdUUCZC6UzfskPpWRUTJm3AiMCyJeyV6l
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Perché si finisce per rimpiangere quelli che un tempo considerammo avversari e talvolta nemici? Per tante ragioni, ma soprattutto perché abbiamo visto quello che hanno combinato i nostri “amici” una volta al potere.
E a proposito di Conte…
SEGNALAZIONE DALLA PAGINA FB
di Stefano G. Azzarà
https://www.facebook.com/stefano.azzara/posts/pfbid0dxZvY8JM47MVynsxFAH1c1sDG9sBgYCBe3TzfETqXjhA1YoyF4abDYEPfzSioDTgl
Settarismo e opportunismo di Conte e dei 5Stelle. Saltiamo un giro
Purtroppo prevalgono il settarismo e sopratutto l’opportunismo, due atteggiamenti che vanno sempre in coppia dialettica.
E il settarismo e l’opportunismo più grandi sono quelli di Conte e del M5Stelle. I quali pensano di poter tornare semplicemente alle origini e di poter comunque fagocitare gratis un’area intera, senza sporcarsi le mani con la sinistra alternativa.
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E che perseguono un’alleanza esclusivamente con i partiti di Fratoianni e Bonelli, e cioè con le forze più servili e subalterne del centrosinistra, dimostrando al tempo stesso di essere più che pronti a ridar vita a un governo con il Pd se per un colpo di fortuna o una coazione esterna ce ne dovessero essere le condizioni.
La strada verso un polo tipo Melenchon sembra impossibile, indipendentemente dalle chiusure autolesionistiche di alcune frange del nostro campo.
A questo punto, personalmente eviterei la fatica di comporre e presentare le liste.
Unione Popolare, cioè il progetto di convergenza a sinistra, non sopravviverebbe a una sicura disfatta e andrebbe in pezzi per delusione e rancori già il 26 settembre.
Non dovremmo uccidere il bambino nella culla, sacrificare la strategia alla tattica miope di un appuntamento elettorale.
Mi pare però che la macchina sia già partita e che sia dunque troppo tardi per qualsiasi ragionamento. Andiamo dunque tutti allegramente incontro al baratro, in questo agosto di guerra torrido e allucinato.
…certo se si allarga la visione sul mondo attuale, lo sconforto è massimo a causa della situazione derivata dalle guerre in corso, dai cambiamenti climatici, dal disagio sociale…una situazione che ci pare irreversibile, eppure una visione piu’ ampia ancora, attraversata dal tempo, ci fornisce altri modelli positivi di convivenza umana, altre prospettive…
Oggi, secondo me, bisogna raccogliere anche le briciole di un possibile cambiamento in positivo, lento lento, che parte da ogni manifestazione, politica o sociale, di dissidenza. Pertanto l’articolo di S. Azzarà mi è sembrato troppo sulla linea di una resa totale in vista delle prossime votazioni…Perché l’Unione Popolare non dovrebbe presentare i suoi candidati? Perché azzerare del tutto l’operato di Conte, l’unico ad affrontare i dinosauri e il drago con le sue 9 lance, magari spuntate? Perché non attivarsi per riunire una coalizione che comprenda uno schieramento di forze che si dichiari per la pace, contro l’invio di armi in Ucraina, per un programma sociale a favore dei giovani e degli ultimi e contro un atlantismo servile?
SEGNALAZIONE
LOTTARE CONTRO IL REGIME DI GUERRA A LIVELLO GLOBALE
Ago 7, 2022
Di SANDRO MEZZADRA e TONI NEGRI
http://www.euronomade.info/?p=15117&fbclid=IwAR3sRPVdcxGo7X7_gJ1ZKGOwMjrJYs99lULSAk7u1roTIvUK-Whz8g4OYNs
Stralci:
1. intanto vogliamo porre il problema essenziale di fermare la guerra, ovunque nel mondo e in particolare in Ucraina, dove lo scontro appena dissimulato tra la Russia e la NATO evoca ogni giorno lo spettro delle armi nucleari. La guerra va fermata in Ucraina, per mettere fine al massacro dei civili e alla distruzione del Paese. Ma va fermata anche per affermare con forza la necessità di disinnescare quello che abbiamo definito il regime di guerra a livello globale, per imporre una transizione egemonica che non passi attraverso la guerra. Diciamolo chiaramente, la guerra chiude gli spazi per la lotta per l’uguaglianza e per la libertà, è più semplicemente la negazione di ogni forma di crescita civile ed economica.
2. non abbiamo simpatia per alcun governo delle potenze oggi emergenti, e tuttavia non possiamo non sentire nel profilarsi di un mondo multipolare gli echi delle lotte anticoloniali; avversiamo l’autoritarismo e il nazionalismo di Xi Jinping, e tuttavia non possiamo non vedere nella crescita della Cina la spinta di decenni di lotta di classe proletaria; vediamo in particolare in America Latina la continuità di una spinta potente dei movimenti che giungono ad attraversare nuovi governi “progressisti” e a prefigurare processi di integrazione regionale. A noi pare che la ricostruzione di un punto di vista internazionalista, capace di collegare questi echi e queste spinte alle lotte in atto nelle diverse regioni del mondo, sia un compito essenziale, ben più urgente della corsa ad arruolarsi in uno dei fronti del presunto scontro tra “autocrazie” e “democrazie”.
3. Non v’è alcun dubbio che Putin rientri tra i nostri nemici (e in particolare tra i nemici di quanti e quante si battono in Russia per l’uguaglianza e la libertà). Ma con il passare dei mesi appare sempre più chiaro che la reazione dell’Occidente alla guerra e in particolare l’insistenza sulla “vittoria” ucraina rischiano di consolidare il regime di Putin assai più di quanto non contribuiscano a indebolirlo.
4. Siamo certi che i prossimi mesi saranno segnati da tensioni e scontri sociali; non siamo affatto certi che prenderanno la forma da noi auspicata. Fin da oggi, dentro lo stesso dibattito elettorale, occorre costruire le condizioni politiche perché questo avvenga. No alla guerra, no alle spese militari, reddito e salario degni per tutti e tutte, intersezionalità delle lotte: su parole d’ordine semplici ritroviamoci insieme per coniugare – ancora una volta, ma in modo sempre rinnovato – lotta di classe e internazionalismo.
Reazione immediata e irriverente a certe letture: ma se non ci fosse una guerra (una c’è sempre) e non ci fossero i truci schieramenti di opinione… come si potrebbe proclamare la ragionevole pace, la necessità dell’aiuto ai poveri sfortunati, l’invocazione al lavoro per tutti con paghe decenti?
@ Cristiana Fischer
Non capisco il senso della richiesta…Puoi precisare e dire di più?
Non era una richiesta ma un commento in forma di paradosso. Solo perché la guerra c’è è giusto condannarla, solo perché c’è sfruttamento si chiedono migliori condizioni di lavoro e salario… e così via.
A frequentare i social e l’insieme virtuoso di critiche e prese di distanza viene da pensare che senza le brutture non ci sarebbe nemmeno l’accumularsi instancabile di correttezza e sdegno. Rilevo una specie di gioco chiuso e simmetrico che si mantiene in piedi… e non sono sicura che in questo si riconosca la politica.
“A frequentare i social e l’insieme virtuoso di critiche e prese di distanza viene da pensare che senza le brutture non ci sarebbe nemmeno l’accumularsi instancabile di correttezza e sdegno. Rilevo una specie di gioco chiuso e simmetrico che si mantiene in piedi… e non sono sicura che in questo si riconosca la politica.” ( Fischer)
Vero (forse). Meglio, però, sforzarsi di entrare nel merito e scavare nei testi che circolano (e che anche io ogni tanto segnalo) invece di constatare che il mondo va in malora sempre di più.
A meno che non ci si voglia divertire svalutando ogni presa di posizione, contenti di distinguersi in una improbabile visione superiore dal coro dei perdenti o degli insani. Come fa in questo commento (insopportabile) lasciato su Polis FB da
Alberto Rizzi
Da una parte abbiamo una guerra (per procura) tra due dei tre sistemi economici transnazionali che si contendono l’egemonia mondiale; dall’altro c’è chi crede in un’iniziativa di popolo, la quale – per funzionare – dovrebbe vedere quel 25 – 30% di abitanti che chiamo “minoranza sana della nazione” organizzarsi, per tirarsi dietro un altro 40% di detta popolazione. Quel 25 – 30% che esiste sicuramente in ogni Paese, ma che non riesce a mettersi d’accordo nemmeno per parare i colpi della deriva totalitaria in atto in ciascuna delle Nazioni occidentali. Viva le speculazioni teoriche.
Altro esempio di sarcasmo amaro, sprezzante ma non meno impotente e senza vie d’uscita ( “chi credé allora alla possibilità di una qualche rivincita storica di quei ceti sociali, cui appartenevano i morti della maledetta miniera, oggi deve ripensare la storia e comprendere come chi comandava allora alla fin fine, pur con marginali cambiamenti sociali, comanda tuttora”) dalla pagina FB di Gianfranco La Grassa che ricopio:
“Il disastro di Marcinelle avvenne la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio. Si trattò d’un incendio, causato dalla combustione d’olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. L’incendio, sviluppandosi inizialmente nel condotto d’entrata d’aria principale, riempì di fumo tutto l’impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti, di cui 136 immigrati italiani. L’incidente è il terzo per numero di vittime tra gli immigrati italiani all’estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson. Il sito Bois du Cazier, oramai dismesso, fa parte dei patrimoni storici dell’UNESCO[1].>>.
Ricordiamo, con sentimento di partecipazione ancora intenso, quel giorno ormai così lontano. Purtroppo è lontano non solo nel tempo e nel ricordo. E’ lontano perché chi credé allora alla possibilità di una qualche rivincita storica di quei ceti sociali, cui appartenevano i morti della maledetta miniera, oggi deve ripensare la storia e comprendere come chi comandava allora alla fin fine, pur con marginali cambiamenti sociali, comanda tuttora. Ed oggi si pensa di trasformare la società – profondamente mutata da allora, ma non nel senso sperato da molti di noi – restando fermi a rivoltolarsi, in numero ormai vicino allo zero, sugli stessi ragionamenti e speranze di allora. Non credo alla stupidità di chi insiste a rimuginare le stesse cose di 70 anni fa (magari avendone oggi 30). Il loro avvoltolarsi in un numero ben vicino allo zero, su un da farsi che a quel tempo ci avrebbe riempito di vergogna, lascia increduli. Figurati se in quegli anni, e non di fronte al solo dramma di Marcinelle ma di mille altri, ci si sarebbe dispersi in polemiche e discussioni accese per vedere come eleggere nel Parlamento – la vergognosa Camera delle pure chiacchiere e compromessi avvilenti – qualche parlamentare, poi sempre pronto a tutte le giravolte possibili. Ricordiamo quella strage in miniera – ma poi, che so, anche i “morti di Reggio Emilia” del luglio 1960 o, andando più indietro, Portella della Ginestra, ecc. ecc. ecc. – pomposamente parlando dello strepitoso successo che si potrebbe ottenere con il 3% dei voti. E quando il PCI giunse fino al 33% che c….. fece, ve ne ricordate? Voi non siete meglio di quel partito di puri compartecipi di questa società – pur criticata a parole – ma non avete nemmeno la forza di “quelli là”. Non vi dico nemmeno di vergognarvi perché non sapete che sia la vergogna. Andate alle urne e poi, se entrerete in Parlamento, organizzate manifestazioni di gioia. L’unico dispiacere è che non abbiamo un commediografo, mettiamo come Goldoni, che saprebbe farci ben ridere su di voi. “
Sì, un po’ di divertimento me lo voglio anche prendere, ma non per questo mi sento “superiore al coro dei perdenti e degli insani” o uso un “sarcasmo amaro, sprezzante ma non meno impotente e senza vie d’uscita”.
Al contrario, volendo riconoscermi nella politica, auspico un “lavoro importante e complesso di tenere le parole [della legge] in relazione con le cose … in connessione con l’esperienza di ciascuno di noi”.
Così si esprime la costituzionalista Silvia Niccola, di cui propongo questo pensiero tratto dallo stesso articolo https://www.diotimafilosofe.it/larivista/assegnare-un-sesso-o-affidare-una-creatura-a-un-sesso-a-proposito-della-legge-e-del-rapporto-tra-le-parole-e-le-cose/:
“Non ho paura di affermare che le donne danno credito all’essere più degli uomini perché, l’essere, possono metterlo al mondo, possono affidarlo, e con questo possono affidarsi ad esso (altrimenti, a che pro far nascere?). L’ordine simbolico della madre è una grande scommessa sul fatto che non è vero che l’essere è niente, altrimenti non metteremmo al mondo nessuno, e tanto meno metteremmo al mondo noi stesse o ci alleeremmo con altre, e con altri, affinché siano ciò che possono essere”.
L’articolo fa parte dell’ultimo numero della rivista della comunità filosofica femminile Diotima https://www.diotimafilosofe.it/per-amore-del-mondo/il-mondo-stringe-2022/
Risposte in ritardo e, temo, ininfluenti. Ma, tant’è, prevale la spinta a non mollare!
Comincio in ordine sparso collegandomi anche al precedente Post “Collage…”, sempre su Poliscritture.
@ Ennio: “O, sia pur per paradosso, rimpiangere Andreotti?”
@ pagina FB di Gianpasquale Santomassimo: “Perché si finisce per rimpiangere quelli che un tempo considerammo avversari e talvolta nemici? Per tante ragioni, ma soprattutto perché abbiamo visto quello che hanno combinato i nostri “amici” una volta al potere”.
Sarà perché provengo da un’altra formazione culturale che cerca di entrare in contatto, in primis, con le qualità e le capacità delle persone e poi vedere come queste vengono utilizzate, quali sono i fini perseguiti. Una persona intelligente può perseguire fini dannosi: criticherò i fini e non la persona. Più problematica è la situazione quando un inetto può appropriarsi e fare propaganda per buoni fini ma, in quanto inetto, alla resa dei conti ciò porterà più danni che vantaggi. Non mi è mai piaciuta la modalità mafiosa, ovvero la ‘intoccabilità’ tra gli amici né tantomeno “il nemico del mio amico sarà il mio nemico”. A prescindere.
Ed è così (ma non solo per questa causa) che entra in gioco il concetto di ‘nemico’ (che coinvolge l’apparato visceral-emotivo), anzichè quello di ‘avversario’ (che coinvolge le capacità cognitive ma anche quelle emotive di natura superiore, il rispetto dell’altro, il senso dell’onore, ecc. ecc.). Il ‘nemico’ invece, in quanto portatore del Male è solo da sgominare, da abbattere. Per questo posso dire che Andreotti sapeva fare il SUO lavoro (Scelba ed altri ad esempio no): eravamo noi che, non sapendo fare il nostro, facevamo di ogni erba un fascio e imputavamo ad altri i nostri errori.
Questo modello di pensiero ha degli effetti anche nella lettura dei commenti sui vari siti, dove si va ‘quasi’ esclusivamente alla ricerca del ‘pelo nell’uovo’, ovvero se l’intervento riflette le posizioni del lettore oppure no.
“Mi pare che le tue affermazioni siano in attrito con altre tue insistenti affermazioni, che a me paiono unilaterali”. Così scrive Ennio, senza entrare nel contesto. E così che cosa succede? Una sterile rincorsa al “Io non ho detto questo”, “ma io intendevo un’altra cosa” ecc. ecc. Perché le ‘precisazioni’ non finiscono mai’, è un atteggiamento sterile.
La povertà linguistica che ha ridotto gli avversari a ‘nemici da abbattere’ è figlia degenere di una sinistra che, trincerandosi dietro specchietti per le allodole (= popolazione bisognosa di credere che ciò che veniva detto e fatto dai suoi vertici era per il loro bene – che ne dite del mercato delle vacche a cui assistiamo oggi in previsione delle elezioni, dove, prima vengono contrattati i posti di potere e poi, solo poi, si parlerà di programma? Lo ha detto, spudoratamente Letta stesso: “dobbiamo unirci per vincere le elezioni e sconfiggere la destra!” – e so bene che questa legge elettorale propone le ammucchiate prima e i programmi poi ma c’è un limite a tutto! – ). Ma le elezioni si fanno per governare un paese, con dei programmi, con delle idee politiche che devono lavorare all’unisono e non riprodurre quelle frizioni all’interno del parlamento a cui, ahimè, abbiamo assistito – e di cui abbiamo patito – in questi due ultimi anni!
E, come succede quando la moneta cattiva caccia quella buona, anche la Meloni vorrebbe mettere prima le sue bandierine! In questo momento le grancasse non servono, anzi, sono controproducenti! Ci si espone inutilmente!
Quanto alla osservazione di Ennio: “perché nominare soltanto «le reti ideologiche» della ”sinistra?”. O “perché non soffermarsi a chiarire quale possa essere lo «sport preferito» delle destre o ex-destre?”. O “perché attribuire al «pensiero unico» una «targa sinistrorsa» e non destrorsa”?, rispondo con due osservazioni.
La prima riguarda il fatto che la ‘sinistra’ si è arrogata, da molti decenni a questa parte (equivocando in modo improprio e fraudolento il pensiero gramsciano che riteneva necessaria la egemonia culturale onde gli intellettuali organici, diventando dei dirigenti politici, non si staccassero dal “popolo-nazione”, cercando di sentire le sue passioni, collocandole nel contesto ed elaborarle) una pseudo-egemonia culturale, di potere fine a se stesso , quella egemonia che poteva decretare in modo univoco chi rientrava nei canoni e chi no. Lo fece anche con i gruppi extraparlamentari, tenendosi però buoni coloro che accettarono di fare i ‘grilli parlanti’, pseudo oppositori, ma sempre guardati con un occhio di riguardo.
La seconda attiene alla mia esperienza personale. Io ho vissuto, e l’ho detto anche qui più volte, sia l’esperienza del potere ‘democristiano’ (chiamiamolo così) e sia quello del potere strisciante della cosiddetta sinistra. Nel primo caso, se dissentivi, eri un ‘oppositore’ e in quanto tale venivi perseguito. Lo sapevi, prendevi le tue misure, cercavi delle soluzioni, delle alleanze. Con la sinistra, in caso di dissenso, non sei un oppositore (con gli oppositori, a volte, anche si dialoga o, se no, sai bene con chi hai a che fare), ma un nemico da abbattere, non tanto per le idee ma soprattutto per la paura che queste vadano a minare il potere e l’impianto ideologico su cui questo potere si è fondato. La cosa tragica riguardava il fatto che ciò non avveniva ‘fisicamente’ bensì ‘moralmente’, dove l’opinabilità è massima, ma solo chi ha il potere di gestirla avrà il sopravvento!
Come mai Tangentopoli risparmiò il PCI? Eppure di traffici, malversazioni, soldi ‘oscuri’ che finivano alle Botteghe Oscure e poi sparivano, se ne conoscevano a bizzeffe! Ma ciò che mi ha sempre fatto paura è la modalità dello sputtanamento, del farti terra bruciata attorno, non ti colpiscono no, frontalmente, ma attraverso la politica del sospetto, della calunnia. Da quelle non c’è difesa che tenga. Quando cadi in quel vortice, sei distrutto! Chi è entrato in quella bolgia non ne esce più. Il problema è che non riguarda solo alcuni soggetti (infatti si potrebbe dire che le mele marce ci sono dappertutto!), no, è un sistema, una forma mentis che ha permeato un gruppo di potere.
E, a proposito di nemici, come si fa a scrivere “Non v’è alcun dubbio che Putin rientri tra i nostri nemici (e in particolare tra i nemici di quanti e quante si battono in Russia per l’uguaglianza e la libertà)”. Da “Stralci di SANDRO MEZZADRA e TONI NEGRI” riportati su Poliscritture. Ma chi si vuole imbrodare ancora con quegli slogan (uguaglianza e libertà) su cui alcuni hanno fatto le loro fortune e molti ne hanno patito le disgrazie!?
Oppure, sempre dagli stessi Stralci: “Diciamolo chiaramente, la guerra chiude gli spazi per la lotta per l’uguaglianza e per la libertà, è più semplicemente la negazione di ogni forma di crescita civile ed economica”. Quanta ipocrisia in queste ‘ovvietà’ per acchiappare i gonzi, non una analisi, non una rivisitazione dei propri errori… I vessilli di ‘uguaglianza e libertà” continuano a garrire da quel mo’, inutilmente. Certo, mi si dirà, “Non è questo il contesto!”. D’accordo! Ma allora state zitti e smettetela di pontificare!
O, ancora: “No alla guerra, no alle spese militari, reddito e salario degni per tutti e tutte, intersezionalità delle lotte: su parole d’ordine semplici ritroviamoci insieme per coniugare – ancora una volta, ma in modo sempre rinnovato – lotta di classe e internazionalismo”. Ma ‘reddito e salario degni per tutti e tutte’ derivano dal lavoro, dalla produttività, dalla competitività. Il denaro non cresce sugli alberi né si può fare debito continuo! Ma se ‘produttività’ e ‘competitività’ sono tabù, ovvero sono a priori guardati negativamente senza alcuna analisi, che succede? La decrescita felice?
“Intersezionalità delle lotte”?!
2022, inflazione galoppante, crisi di sistema… rimango basita, non ho parole di fronte a questi sproloqui! Non hanno nessun pudore, nessuna vergogna, quando sventolano ancora questi slogan ormai privi di ogni consistenza ATTUALE se non di utilità mediatica per coloro che li declamano?
Non che a destra siano messi meglio, ingannati dalle trappole mimetiche nelle quali la sinistra – foraggiata da chi? – continua a invischiarli. Prima spingendo Salvini (che più che ‘capitone’ o ‘truce’ è privo di scaltrezza politica) alla intemerata del Papeete; poi ‘truffandolo’ nel coinvolgimento della rielezione di Mattarella e, infine, addossando alla destra la responsabilità della caduta di Draghi il quale, invece, si era dimesso da sé! Ma così continua a circolare la vulgata (falsa) che la destra è inaffidabile e che porterà il Paese nel baratro!
Avere capacità politica significa avere una visione non condizionata dal breve termine a cui il paradosso capitalistico porta: i cerchi concentrici del ‘particulare’ sono riservati a singole porzioni di società che sono ‘costrette’, vedi il richiamo continuo alle ‘emergenze’, a non alzare la testa, mentre i centri concentrici più ampi, dove si pensa e si perseguono strategie, sono riservati a pochi. Salvini non si è reso conto di ciò che avrebbe comportato la rielezione di Mattarella (al di là degli standing ovation da parte del mondo intero!), non ha intuito il potere che affidava a QUEL Capo dell’Ostato (sì, avete letto bene: Ostato, ovvero colui la cui parola può ‘ostare’ determinate scelte di campo politico, così come è accaduto con l’economista Paolo Savona, da lui rifiutato al Ministero dell’Economia) e i cui riflessi adesso si vedranno in questa partita elettorale.
Al di là dello starnazzare di Letta & Co., il temuto attacco alla Costituzione non arriverà dalla ‘eventuale’ vittoria delle destre ma dagli attacchi che verranno sia dall’alto di questa compagine politica e sia, dal basso, da un certo ceto sociale che andrà a rispolverare “Bella Ciao”!
Ma ci si chiederà, vivaddio, perché, nonostante quelle che la stampa chiama ‘batoste’ per Letta, lui continui a veleggiare tranquillo? Su quest’ultima di Calenda non ci sarà alcuna perdita nella sinistra, anzi, verranno erosi voti alla destra. E poi, come ha sempre funzionato all’interno di questo accrocchio di sinistra, entrerà in funzione il “Compagni, tutti stretti attorno al Caco – pardon Capo -, come Guareschi amava ironizzare sulla trinariciuta solidarietà delle masse nei confronti del Capo in difficoltà, anche se quel capo le aveva portate alla rovina!). Il bisogno di ‘credere, obbedire e combattere’ prolifera in tutte le situazioni in cui aumenta l’incertezza: ma vi siete chiesti perché in Italia, a fronte del crescente disagio sociale, le uccisioni per futili motivi, l’aggressività senza freni, lo spregio di ogni regola, il Ministro dell’Interno (che dovrebbe garantire la ‘sicurezza’) è latitante, le forze dell’ordine sono in balia di loro stesse, la Magistratura è in tutt’altre faccende affaccendata? Ed ecco apparire all’orizzonte i “Salvatori della Patria dalle orde barbariche”; i “Costituzionalisti dell’ultima ora – in assenza di Costituzione, perché gli stessi le hanno fatto lo sgambetto in questi ultimi anni –“; quelli che sono i soli depositari della Verità a cui bisogna credere senza ‘se’ e senza ‘ma’.
Non parlo né da delusa perché sono stati traditi i meravigliosi destini promessi, né da depressa perché l’età non permette più quegli slanci pieni di voglia di cambiare, non sono nemmeno demotivata anche se riconosco quanto sia difficile non esserlo: voglio parlare solo da testimone.
E recupero qui, facendolo mio, quel pezzo del messaggio di Piero Angela, venuto a mancare oggi (13.08.22) : “ho cercato di raccontare quello che ho imparato. Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese”.
@ Simonitto
No, non risponderò più.
Leggerò tutte le cose che abbiamo scritto.
Il mio lutto segue altre vie.[*]
P.s.
[*] Dal fiume uscirono nuotando in due, lo storico e prof Samizdat. Lo storico si asciugò e poi se ne andò in disparte sotto un albero. Inforcò gli occhiali e, aperta la borsa di cuoio marrone ancora gocciolante, cominciò a tirare fuori e a riordinare il contenuto: volantini, giornali, documenti, cassette con le registrazioni delle voci di quegli anni. La sua mente prese a lavorare, profondamente assorta in quel passato ma non insensibile al fluire dell’acqua che continuava. Sopportava senza problemi la sua separazione dall’elemento acquoso e torbido nel quale fino a pochi attimi prima era stato immerso e che l’aveva messo in difficoltà non di poco conto.
Prof Samizdat, invece, rimaneva sotto un’arcata della metropolitana che avevano portato fino in periferia sventrando vari quartieri di condomini popolari e non voleva entrare nella grande sala illuminata dal neon dove una folla ascoltava un conferenziere che parlava degli “anni di piombo”. Temeva quel convegno. Alla fine si fece forza e ci andò. Appena però le prime voci al microfono cominciarono a rievocare e a condannare il ’68 e quelle idee e i fatti tremendi di quegli anni, inneggiando all’Esistente e all’Ordine, fu preso dal desiderio di ritirarsi in un cerchio di solitudine. Uscì.
(1989)