di Ennio Abate
Da un’ombra gli amici morti annunciavano: vorremmo aiutarvi. Impossibile, tra me dicevo. Esitavo, però, e, per non rompere con loro, cominciavo: siamo tanto diversi. (Voi morti ormai, noi vivi, intendevo). In sogno ancora vi parliamo, dicevano. Più in allarme, allora, mi chiedevo: come fossimo vivi? o tutti già morti? E, per uscire dal dubbio, proponevo: su, prendiamo un caffè insieme. Ma no. Volevano restare nel sogno, non uscirne. E in coro insistevano: aiutarvi, guidarvi, passarvi la nostra saggezza. Sempre scettico aggiungevo: come riconoscervi? Siete in una folla immensa. E stizzito: O avete continuato a invecchiare e a capire più di noi? Solo morendo, potremmo darvi retta. Sorridevano ora: con le vostre guerre che fate, se non morire e far morire? Troppo ingrossate il popolo dei morti e trascinate nella nostra ombra l’azzurro del cielo e del mare, il vento, gli amori. Avvertirvi, fermarvi, vorremmo. (9 settembre 2024)
una poesia viva e vera: la richiesta di aiuto viene prima, credo, dell’offerta di aiuto da parte di chi ci ha preceduto in vita e vive di ombra ma puo’ affacciarsi a noi in sogno. Una folla di gente che la saggezza l’ha conquistata sul campo di battaglie immaginabili e inimmaginabili…Mi colpisce l’atmosfera amicale o anche familiare che si vuole instaurare con persone oltre una linea di confine (labile?) a cui si offre un caffè giusto per dare il via ad una calma conversazione…C’è un diniego, ma arriva anche un giusto rmprovero e accorato avvertimento per la nostra umana disposizione a dimenticare la lezione del passato e a persistere con le guerre che accellerano il nostro arrivo tra le ombre: “…Troppo ingrossate il popolo dei morti/ e trascinate nella nostra ombra/ l’azzurro del cielo e del mare, /il vento,/ gli amori. Avvertirvi, fermarmi, / vorremmo.”