A più concrete distanze

di Cristiana Fischer

A più concrete distanze
misurabili in anni e milioni
l’estranea mi arriva in parole
che mungono latte e portenti.
L’avversario costeggia il mio fiume
ha in mano la mia consistenza
mi tiene sveglia mi chiede
conosci l’assenza?

* * *

siamo gli spiriti dell’aria
ci distingue fogliolina all’ascella
del ramo siamo ospiti
invisibili in corpi penetrabili
siamo incontri e influssi
di sostanze viventi siamo rari
natanti in vortice vitale
ci incalza la tempesta infernale
e scorrendo memoria rendiamo
tributo al maestoso tremore
siamo viventi nel liquore
della profondità densità oscura
corpi di marea colonie di organi
radici e architetture di ingegno in misure
di conoscenza vera
che certezza chiama in vari modi
primario riconoscimento
relazione ai vivi orientamento
figurale in intrico d’ampiezza

* * *

Mia madre ci ha dato dei nomi
fuori dal tempo presente
il mio che medito su incarnazione
Eva che è madre dei viventi
e Federico che era il più debole
quello del re affogato nel breve
fiume del trapasso. Che preveggenza
di destino che segno
di antivedenza del futuro! in breve
simbolica esistenza l’assoluto
valore personale assicura

* * *
si inoltra e infittisce una foresta
di alberi astratti secolari
templi e meridiani celesti
anime di ferro in creature di argilla
e cespugli serpi e radici
allacciate e vibranti in buchi e nodi
foreste e frattali
lampi in reti neurali camminare
nei boschi in fiore
femmina sapiente da duecento
millanni intenta a generare

* * *

sassifraga estrae gli argomenti
generativa esprime i suoi tralci
si veste di materia in sostegno
si equilibra in ordini di palchi
offerta a luce e respiro
fiorisce in trasparenza
dal frutto spaccato rinasce
poesia vegetale

* * *

come fai a pensare ore e ore
sedici ore ventiquattrore a pensare
e dormire tra le ore
ah sì era ieri
come fai a distinguere
tra ieri e oggi in campagna
in collina tra i boschi e la pioggia
tra uccellini e il clima?
rotture del tempo
torture




Una Nota dell’autrice


Non so perché non ho mai cercato di pubblicare in libro le mie poesie (che scrivo da circa 70 anni). Sadio. Risultato? ne ho una caterva. Mi piacciono, le rileggo a distanza di anni e mi piacciono.
Ma quanti ne scrivono?
E quante di quelle altrui che leggo mi piacciono?
Sono un vento, un’anima che scorre.
Dicono qualcosa a qualcuno?
Non so: che interessa di me a chi?
Non affronto temi politici o sociali. E’, appunto, solo vento.
Rapido consumo, un’impressione, un piacere, forse.







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