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L’esistenza emorragica

di Donato Salzarulo

                           
              Non si placa
              l’emorragia di gennaio
 
Chissà il cervello, mi dico,
apprensivo, chissà
se prima o poi un grumo
di sangue non esploderà
sul più bello fra i neuroni
e mi lascerà silenzioso
a vegetare, per me che parlare
parlare è la torta del cuore.
 
A mia madre certe volte il sangue
affiorava spontaneo sui denti.
I capillari scoppiavano spesso.
Aveva lividi sulle braccia,
sul collo, sulle gambe. Seguiva
una terapia anticoagulante.
Temeva urti, tagli, impatti
violenti. L’esistenza emorragica.
Portava sempre con sé fazzoletti
di carta.
 
                  Il cuore esplose
all’alba del diciannove aprile
del Novantanove. Le lasciò un rivolo
di sangue all’angolo sinistro
delle labbra e la trasferì altrove.
 

Fulvio Ventura, Sagacity, il Multiverso

da Sagacity di Fulvio Ventura

di Paolo Di Marco

È uscito per l’editore americano The Ice Plant, presentato alla galleria san Fedele da Giovanni Chiaramonte il libro di fotografie di Fulvio Ventura: Sagacity.
Un libro con un curioso destino: ero nello studio di Ghirri a Modena insieme allo stesso e a Fulvio quando arrivarono le bozze dei libri rispettivi preparati per la casa editrice di Ghirri. Ma la copia di Fulvio conteneva delle scelte di impaginazione che non gli piacquero, e lo rifiutò stizzoso. Poi la casa editrice chiuse e non ci furono più occasioni. Dopo la morte avvenuta l’anno scorso una ricerca fortunata ha ritrovato le bozze, e un’altrettanto fortunata ricerca un nuovo editore.

C’eravamo incontrati nel ’60 alla Statale di Milano, accomunati da letture, Arno Schmidt, Le Clezio, Sanavio, Cortazar, dalla musica jazz e antica insieme, dal surrealismo. Lui cerca altre strade e altri mondi, il sufismo uno dei percorsi chiave della ricerca.

Dicono i neurofisiologi che l’adolescente ha un’esplosione di collegamenti sinaptici, poi nella maturità questi si ridurranno alla metà: vengono scartati quelli meno frequentati e meno utili.
E in questo modo il cervello diventa sempre meno aperto a nuove idee e nuove strade.

La ricerca di Ventura cerca di ridar vita a quelle possibilità che abbiamo perso con la selezione dell’età adulta. fa intravvedere nuovi mondi oltre quello che vediamo quotidianamente, che ci siamo ridotti a vedere quotidianamente.

C’è un’interpretazione della teoria dei quanti dovuta ad Everett che, pur nel suo estremismo, è presa seriamente da molti fisici: quella dei molti mondi:
il dilemma centrale dei quanti è che se una particella può essere in due stati, possiamo sapere in quale solo misurando, violando il suo stato di incertezza. Everett ipotizza che ad ogni scelta entrambe le possibilità si avverino, e che di conseguenza si formino due mondi paralleli. Così all’infinito.
Ed è questa infinità che la rende dubbia e indigesta.
Ma se andiamo avanti e cerchiamo di capire cosa succede a questi mondi paralleli non è detto che assistiamo ad una continua divergenza, ma possiamo pensare ad una evoluzione soggetta alle pressioni selettive dell’ambiente e di tutte le scelte circostanti: molte delle divergenze verranno probabilmente annullate, altre resteranno ma quasi indistinguibili. La molteplicità non necessariamente si moltiplicherà.
Questo scenario è certamente più interessante di quello classico, e soprattutto si apre a un confronto con la realtà che ci sembra di vedere tutti i giorni, imprevista ma immutabile.

Le fotografie di Ventura possono essere viste come un’allusione a questo scenario: giardini dove si intravedono fate sfuggenti, personaggi presenti ma mal definiti o con più dimensioni di quelle che appaiono, paesi e paesaggi che sanno di non essere immutabili. Ci fanno sentire il peso dei mondi che avrebbero potuto essere e insieme ci liberano per un poco dalle catene del mondo che ci sembra essere.

Come ci dice de Santillana ne ‘il mulino di Amleto’ molte scuole esoteriche, dai Sufi ai Rosacroce, hanno alla base l’elaborazione di una perdita: quella della via che riportava l’anima alle stelle d’origine. Un viaggio periglioso e guidato da fari che sono le costellazioni chiave. Ma a un certo punto del passato la precessione degli equinozi sconvolse le mappe, togliendo fari chiave.

E compito originale delle sette esoteriche (anche se poi si allarga a molto altro e perde talvolta lo scopo iniziale) è il ritrovamento del cammino perduto.
Questa narrazione appare riprodurre, traslato nello spazio fisico piuttosto che in quello delle possibilità, il rapporto che abbiamo/avremmo con il multiverso che ci accompagna.

Il corpetto e i genitori

 
di    Arnaldo Éderle
  
 La sorella stava ferma davanti
 allo specchio della camera si girava
 con calma ammirava la ruota della
 gonna colorata la gonna dell’abito
 della gran festa,
 intanto si accarezzava il corpetto.
 Chiese alla sorellina se era bello se
 le stava bene. Rispose sì soltanto sì
 e si voltò nel suo letto per aiutare
 il sonno a prenderla e portarla con sé.
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Che pensieri

di Franco Nova

Era uscito senza portarsi l’ombrello e aveva cominciato a piovigginare, poco ma con insistenza e regolarità; e così scelse di camminare rasente il muro delle case in modo da essere parzialmente coperto dal loro tetto sporgente, tanto più che nemmeno si era messo in testa la sua coppola. Erano in molti ad aver dimenticato l’ombrello; quando si trattava di donne, era ben lieto di cedere loro il passo e di scostarsi dal muro, bagnandosi un po’, in specie i capelli, cosa che in effetti gli dava un certo fastidio. Con gli uomini era più restio, ma alla fine lasciava il lato coperto pure a loro. Si fermò davanti alla vetrina dell’armaiolo e guardò un bel fucile a ripetizione che vi era esposto. Ritenne imprudente quel negoziante poiché qualche malintenzionato avrebbe potuto abbastanza facilmente infrangere il vetro ed impossessarsi dell’arma; ben presto, però, si rese conto che era finta, pur se fabbricata senza dubbio a regola d’arte, e tuttavia inutilizzabile per sparare. Continua la lettura di Che pensieri

Che bello il pianto!

pianto-3

di Arnaldo Éderle

Sì, il pianto è bello, anzi bellissimo,
e quando sgorga non è solo una gioia degli occhi
ma un balzo del cuore, una virgola
una grande virgola che chiude le palpebre
dell’anima fiacca la bocca e gli arti
e ti fa sentire vuoto
dei tuoi insopportabili pensieri. E, forse,
chiude l’ansimo delle tue viscere e dei
gangli corporali, e i canali alliscia
e rompe la chiusura del cerebro e le vene
rallenta e pacifica. Continua la lettura di Che bello il pianto!

Che pensieri

scivolare

di Franco Nova

Era uscito senza portarsi l’ombrello e aveva cominciato a piovigginare, poco ma con insistenza e regolarità; e così scelse di camminare rasente il muro delle case in modo da essere parzialmente coperto dal loro tetto sporgente, tanto più che nemmeno si era messo in testa la sua coppola. Continua la lettura di Che pensieri

Caio va in montagna

caio va in montagna

di Franco Nova

Il povero Caio proveniva da un paese marino, dove da piccolo era rimasto seppellito sotto una montagnola di sale. Ne aveva ingerito tanto che, se il sale fosse montato alla zucca, sarebbe diventato un inventore o un grande pensatore o chissà che cosa. Invece quel minerale aveva preso la via dell’aorta e si era accumulato, pur ivi sciogliendosi, nel ventricolo sinistro del cuore. E questa insana sostanza si trovò così bene in quel luogo che vi si depositò, mai accettando di emigrare facendosi trasportare dalle pulsazioni del ventricolo. Anzi, la notizia che costaggiù (o costassù a seconda della posizione delle altre frattaglie) vi era un solido nucleo salino fece il giro del corpo e attirò in pratica tutte le altre sostanze similari. Il cervello rimase quindi dissalato del tutto e il povero Caio non riusciva mai a pensare; agiva perché i muscoli, compreso quello cerebrale, si muovevano senza difficoltà. Continua la lettura di Caio va in montagna

Non si ragiona con i piedi

piedi-pistoletto
di Franco Nova

Si era appena svegliato e si sarebbe dovuto alzare subito, lo sapeva bene. Non ne aveva alcuna voglia, il corpo esigeva d’essere sgranchito, la mente si adagiava piacevolmente in quel semitorpore, desiderava coccolare ancora i sogni ricevuti e poi riappropriarsi gradualmente della realtà. Cos’ha in fondo di bello questa realtà che un povero cervello, appena svegliatosi e uscito da gradevoli fantasie o incubi non banali, dovrebbe subito rientrarvi? Per carità, non se ne parla nemmeno, ancora una buona mezzora di pigro addentrarsi nei meandri del pensiero rappresenta una cura contro ansia e stress. Continua la lettura di Non si ragiona con i piedi